Semel in anno...
Recentemente, in un commento a un post, ho trovato una definizione dei bloggeristi che mi ha affascinato.
Diceva, nel cuore del commento: “I bloggeristi sanno creare una montagna da un granello di sabbia”.
Come dire: dal nulla sanno creare l’universo.
Fatta la premessa, passo al preambolo, girando talmente al largo che non so se arriverò lucido (?) al nocciolo.
Comincio dalle lingue e dai dialetti.
Abbiamo l’italiano come base, almeno fino a quando qualcuno non deciderà che, dopo la bandiera, anche l’italiano deve andare in pattumiera.
Con un risparmio sui docenti di questa materia, che diventeranno automaticamente inutili: altre braccia ritorneranno all’agricoltura, finalmente!
Collegati alla lingua madre, con un cordone ombelicale infinito nel tempo, ci sono i dialetti.
A loro volta, questi, sono frazionati in altri infiniti sottodialetti: ogni paesino ha un proprio idioma, che mantiene la base del dialetto principale, con modifiche che sembrano insignificanti, ma che caratterizzano però una città, un borgo, addirittura una frazione di quel borgo.
Un esempio, il primo che mi viene in mente, per indirizzare con maggior chiarezza (?) al già citato nocciolo.
A Torino, in Piemonte: un bambino, un adolescente, comunque uno più giovane, viene definito “CIT”.
A Cuneo, sempre Piemonte, circa 80 chilometri andando verso sud: lo stesso bambino, lo stesso adolescente, lo stesso comunque più giovane, viene definito “CIOT”.
Una differenza minima, irrisoria, che comunque delimita in maniera netta una distanza geograficamente quasi insignificante.
Saltiamo dalla frasca al palo, come si dice abitualmente.
Esistono i nomi, i cognomi, i soprannomi, gli pseudonimi…
Ed esistono, perloppiù ignorati, per “non saperlo” o “meglio tacerlo” i secondi nomi.
Di solito spuntano solo per coming out: una/o si sveglia una mattina e dichiara, urbi orbi e mezzacceccati, di avere un secondo nome, di conoscerlo dal sesto mese di gravidanza, ma di non averlo dichiarato prima, col timore che questo secondo nome potesse apparire come una forma di snobismo pseudo nobiliare, di sapore spagnoleggiante.
Può capitare, ma è rarissimo, che quel secondo nome comingoutato porti subito alla mente del lettore puro di mente e di cuore, malacarneèdebole, situazioni piacevolmente diversive dal tran-tran quotidiano.
Il/la portatore sano di quel secondo nome, respinge strenuamente (oh, quanto strenuamente!) l’abbinamento così abominevole : mette avanti la sua castità, la sua serietà, la sua illibatezza.
La sua santità.
Che poi sia santità cazzarola, e quanto lo possa essere, non riguarda questo post.
Che è solo una escussione filologica, che nulla ha a che vedere con pratiche trantrastiche, o come diavolo vengono definiti i rapporti culturistici tra rettili e sante.
Casualmente, avviene un altro coming out: salta fuori un nuovo secondo nome tra i bloggeristi.
(Ocio: non fate i furbi e andatevi a vedere la differenza tra outing e coming out, prima di mandare l’autore del post a stendere i panni; ci ho studiato tutto il giorno: a parte la torchiatura dell’uva, la Roby in visita all’università per l’indirizzo più appropriato, il rinnovo della patente della moglie, la risposta a Poste Italiane per l’accesso al sito, l’autospurgo che non arriva, la lettura di Perboni, non avevo niente da fare, per cui mi sono imparato).
Questo nuovo secondo nome è qualcosa che definire radioso è sminuente, poiché porta al ricordo immediato di un viso solare, di una voce caldamente fresca, fa subito pensare a fiumi puliti (certo non al Po, che da qualche anno sta diventando antipatico; ma dura poco, a forza di ampollate sta per finire), a barche che vanno finché vanno, con l'invito a lasciarle andare…
Eccetera eccetera eccetera.
Il pensiero del raffronto tra i due secondi nomi è sorto spontaneo (Marzullo docet): un primo secondo nome obbrobriato da un peccatuccio, da un attimo di disattenzione conciliato da una cameretta ovale, e il secondo secondo nome che, se va bene, manco sa nuotare (e che, comunque, la corrente la porterebbe galleggiante fino alla foce, senza infierire), che raccoglie consensi affettuosi da madri, nonne, bisnonne, trisavole e pure dalla tivvù.
Una differenza abissale tra i due sottonomi.
Agli interventi commossi alla scoperta di questa nuova creatura, si è aggiunto il commento, ufficialmente felice ma vagamente insinuatorio del primo “secondo nome”, gettato come per caso in pasto al blog.
Con falsa noncuranza, fingendo di modernizzare il nuovo “secondo nome” concorrente, lo ha abbreviato, come si fa, per esempio, con Giovanni che diventa Gio’, con Giulio che diventa Giu’, eccetera.
Questo nuovo secondo nome, così abbreviato, mi ha incuriosito e sono andato a cercare cosa potesse avere suscitato il mio interesse.
Così sono arrivato a quel detto latino (lingua madre) che parla di qualcosa, non ricordo se bucatini gnocchi cappelletti o altro che abbondano in ORE stultorum.
Così a Roma e dintorni.
Sul litorale, verso Anzio, avevano parlato latino puro, fino a uno sbarco di clandestini provenienti da oltre un oceano non ben definito.
Accolti a braccia aperte dagli indigeni, in poco tempo avevano preso possesso della città, e, per creare una colonia con ricordi della loro provenienza, avevano modificato leggermente l’idioma ufficiale, con piccole variazioni che cambiassero il parlato senza modificarne il senso.
Si erano creati un dialetto su misura.
Così, sempre ad esempio, quei bucatini gnocchi cappelletti finivano abbondanti in ORY stultorum.
Sempre con lo stesso significato di base.
Peraltro non sono riuscito a trovare un collegamento accettabile tra loro nei due “secondi nomi” di cui ho trattato.
Pazienza, sarà stata una ricerca senza alcun riferimento, fatta per passare il tempo, assolutamente inutile e fine a se stessa.
Può essere che da qualche commento di menti illuminate ed aperte arrivi qualche indizio?
Diceva, nel cuore del commento: “I bloggeristi sanno creare una montagna da un granello di sabbia”.
Come dire: dal nulla sanno creare l’universo.
Fatta la premessa, passo al preambolo, girando talmente al largo che non so se arriverò lucido (?) al nocciolo.
Comincio dalle lingue e dai dialetti.
Abbiamo l’italiano come base, almeno fino a quando qualcuno non deciderà che, dopo la bandiera, anche l’italiano deve andare in pattumiera.
Con un risparmio sui docenti di questa materia, che diventeranno automaticamente inutili: altre braccia ritorneranno all’agricoltura, finalmente!
Collegati alla lingua madre, con un cordone ombelicale infinito nel tempo, ci sono i dialetti.
A loro volta, questi, sono frazionati in altri infiniti sottodialetti: ogni paesino ha un proprio idioma, che mantiene la base del dialetto principale, con modifiche che sembrano insignificanti, ma che caratterizzano però una città, un borgo, addirittura una frazione di quel borgo.
Un esempio, il primo che mi viene in mente, per indirizzare con maggior chiarezza (?) al già citato nocciolo.
A Torino, in Piemonte: un bambino, un adolescente, comunque uno più giovane, viene definito “CIT”.
A Cuneo, sempre Piemonte, circa 80 chilometri andando verso sud: lo stesso bambino, lo stesso adolescente, lo stesso comunque più giovane, viene definito “CIOT”.
Una differenza minima, irrisoria, che comunque delimita in maniera netta una distanza geograficamente quasi insignificante.
Saltiamo dalla frasca al palo, come si dice abitualmente.
Esistono i nomi, i cognomi, i soprannomi, gli pseudonimi…
Ed esistono, perloppiù ignorati, per “non saperlo” o “meglio tacerlo” i secondi nomi.
Di solito spuntano solo per coming out: una/o si sveglia una mattina e dichiara, urbi orbi e mezzacceccati, di avere un secondo nome, di conoscerlo dal sesto mese di gravidanza, ma di non averlo dichiarato prima, col timore che questo secondo nome potesse apparire come una forma di snobismo pseudo nobiliare, di sapore spagnoleggiante.
Può capitare, ma è rarissimo, che quel secondo nome comingoutato porti subito alla mente del lettore puro di mente e di cuore, malacarneèdebole, situazioni piacevolmente diversive dal tran-tran quotidiano.
Il/la portatore sano di quel secondo nome, respinge strenuamente (oh, quanto strenuamente!) l’abbinamento così abominevole : mette avanti la sua castità, la sua serietà, la sua illibatezza.
La sua santità.
Che poi sia santità cazzarola, e quanto lo possa essere, non riguarda questo post.
Che è solo una escussione filologica, che nulla ha a che vedere con pratiche trantrastiche, o come diavolo vengono definiti i rapporti culturistici tra rettili e sante.
Casualmente, avviene un altro coming out: salta fuori un nuovo secondo nome tra i bloggeristi.
(Ocio: non fate i furbi e andatevi a vedere la differenza tra outing e coming out, prima di mandare l’autore del post a stendere i panni; ci ho studiato tutto il giorno: a parte la torchiatura dell’uva, la Roby in visita all’università per l’indirizzo più appropriato, il rinnovo della patente della moglie, la risposta a Poste Italiane per l’accesso al sito, l’autospurgo che non arriva, la lettura di Perboni, non avevo niente da fare, per cui mi sono imparato).
Questo nuovo secondo nome è qualcosa che definire radioso è sminuente, poiché porta al ricordo immediato di un viso solare, di una voce caldamente fresca, fa subito pensare a fiumi puliti (certo non al Po, che da qualche anno sta diventando antipatico; ma dura poco, a forza di ampollate sta per finire), a barche che vanno finché vanno, con l'invito a lasciarle andare…
Eccetera eccetera eccetera.
Il pensiero del raffronto tra i due secondi nomi è sorto spontaneo (Marzullo docet): un primo secondo nome obbrobriato da un peccatuccio, da un attimo di disattenzione conciliato da una cameretta ovale, e il secondo secondo nome che, se va bene, manco sa nuotare (e che, comunque, la corrente la porterebbe galleggiante fino alla foce, senza infierire), che raccoglie consensi affettuosi da madri, nonne, bisnonne, trisavole e pure dalla tivvù.
Una differenza abissale tra i due sottonomi.
Agli interventi commossi alla scoperta di questa nuova creatura, si è aggiunto il commento, ufficialmente felice ma vagamente insinuatorio del primo “secondo nome”, gettato come per caso in pasto al blog.
Con falsa noncuranza, fingendo di modernizzare il nuovo “secondo nome” concorrente, lo ha abbreviato, come si fa, per esempio, con Giovanni che diventa Gio’, con Giulio che diventa Giu’, eccetera.
Questo nuovo secondo nome, così abbreviato, mi ha incuriosito e sono andato a cercare cosa potesse avere suscitato il mio interesse.
Così sono arrivato a quel detto latino (lingua madre) che parla di qualcosa, non ricordo se bucatini gnocchi cappelletti o altro che abbondano in ORE stultorum.
Così a Roma e dintorni.
Sul litorale, verso Anzio, avevano parlato latino puro, fino a uno sbarco di clandestini provenienti da oltre un oceano non ben definito.
Accolti a braccia aperte dagli indigeni, in poco tempo avevano preso possesso della città, e, per creare una colonia con ricordi della loro provenienza, avevano modificato leggermente l’idioma ufficiale, con piccole variazioni che cambiassero il parlato senza modificarne il senso.
Si erano creati un dialetto su misura.
Così, sempre ad esempio, quei bucatini gnocchi cappelletti finivano abbondanti in ORY stultorum.
Sempre con lo stesso significato di base.
Peraltro non sono riuscito a trovare un collegamento accettabile tra loro nei due “secondi nomi” di cui ho trattato.
Pazienza, sarà stata una ricerca senza alcun riferimento, fatta per passare il tempo, assolutamente inutile e fine a se stessa.
Può essere che da qualche commento di menti illuminate ed aperte arrivi qualche indizio?
NO!
RispondiEliminamarzullo docet no...ti prego..
credo mi sia esploso il cervello a metà post. Rileggo tutto con calma, ci sentiamo dopo
RispondiEliminatanto per dirti: io mi chiamo Francesco e debbo dire che il mio nome mi piace, ebbene qui al nord ho avuto varianti tra Franco e Francè, nella mia terra di Sicilia sono stato chiamato da piccolo Ciccino, poi da più grande Ciccio, fino a raggiungere l'estrema sintesi di Ci. Si può arrivare a una crisi di identità.
RispondiEliminasaluti
E' proprio il caso di dire che hai creato una montagna da un granellino di sabbia.Il ragionamento e contorto ma logico....non e' che hai bevuto troppo barolo chinato?
RispondiEliminaMi sento presa in causa, chissà perché.
RispondiEliminaComunque era: risus abundat in ore stultorum e non cappelletti o gnocchi!
Comunque ti sei fatto un viaggio per niente perché ori-oro non si collegano proprio.
:D
Gatto... impazzirai anche una volta all'anno, ma mi devi un paio di ernie al cervello.
RispondiEliminatu e le tue stanze orali... pardon ovali...
dove abbondava qualcosa in qualche parte anatomica di qualche clandestina...
... chissà come l'avrebbe raccontato in altri idiomi, morti o vivi che fossero...
... ma forse mi sfugge qualcosa...
va bene...
RispondiEliminadunque...
l'ho letto...
però...
ho capito,a grandi linee, perché l'hai scritto, ma sinceramente...
tutti i collegamenti... NO.
Lo ammetto...
Perbaccolina!!!
RispondiEliminaUn post alquanto contorto... ma tutto sommato sottile... sei riuscito dal famoso "granello" a creare un chicco o montagna come hai citato tu... hehehehehe
I collegamenti non li trovo conseguenti... ma stanno bene ugualmente :-)))
Ciao gattonero piacere di conoscerti... grazie della visita e del complimento sei gentilissimo...
Con un abbraccio affettuoso ti lascio una felice domenica!!!
Oh mio Dio cosa mi hai combinato... Sei partito dalle Alpi e sei arrivato alle Piramidi.
RispondiEliminaPurtroppo è così che va il mondo... Pensa che in Piemonte per aggiungere una O al termine CIT hai fatto 80 kilometri, mentre a Napoli, ti sposti di 10 trovi delle cose assurde...
Tipo: Cosa hai detto che a Napoli si dice "Che ritt?" diventa "Casie ritt?" (Torre del Greco) o "Cà si ditt?" (Pompei)
E potrei continuare per ogni singolo paesino, o anche microcosmo.
Per me è davvero un piacere leggere il GATTONE! Nonostante abbia capito poco o niente di quello che ha scritto, sono stata dall'inizio alla fine col sorriso tatuato sulla faccia.
RispondiEliminaPuò essere prolisso quanto vuole..usare un italiano altisonante,saltare di palo in frasca, passando dalla la rava allla fava, che per me è sempre troppo un godere seguirlo!
Un rimprovero, però, devo fartelo Pietro...
Puoi prendermi in giro quanto vuoi per i rapporti culturistici che intrattengo con i rettili, ma NON AZZARDARTI mai più a DUBITARE
della mia CAZZARA SANITA'!
:D
@Grace (ma SANITA'?):
RispondiEliminaMia venerata, mia adorata (anche se, per conoscenza diretta, so che il codice canonico, che tu ben conosci, non prevede l'adorazione verso i santi e tanto meno verso le sante, che, chiunque esse siano, a me e altri suscitano sempre pensieri che il buon Ratzi bollerebbe, quando è allegro, come osceni), io ho di continuo problemi con l'adsl, ma tu, con i tuoi ditini da violinista, mi puoi spiegare che acci c'entra la SANITA' con la tua acclarata e riconosciuta santità?
Per questa, la santità, mi prostro, attendo che il tuo piedino sulla mia capocchia si sollevi e mi dica "alzati e cammina" (strunz è censurato, sempre da Ratzi che soffre di stitichezza e censura ogni richiamo all'argomento).
Spero che non torni su questi commenti, ma se lo fai voglio che tu sappia che il "semel insanire" del titolo mi mette in salvo da qualunque contestazione di contortismi che mi sono beccato.
E che, comunque, non voleva essere assssolutamente né offesa né presa in giro di una funzione santamonicacea da tutti i credenti apprezzata.
Accidenti, ti scopro in uno dei post più difficili penso ma posso dirti che mi sono sentita a mio agio. Complimenti yin
RispondiElimina@E/E: grazie, saluta yan da parte mia. Ciao.
RispondiEliminaPost un pò lunghetto, ma con varie notazioni interessanti. Grazie per la tua visita al mio blog e per i complimenti. Anch'io conto di leggerti, poco alla volta.
RispondiEliminaA proposito di nomi, ti segnalo sottovoce questo mio post:
http://maridasolcare.blogspot.com/2009/11/whats-your-name.html
Voglio aggiungere che hai uno stile di scrittura niente male!
RispondiElimina