domenica 31 dicembre 2017

Autopsia di fine d'anno

Ho 'rubato' queste testimonianze a laRepubblica... Il copia-incolla non fa parte del mio bagaglio, ma qui si tratta della classica eccezione che conferma la regola. Essendoci, in questo calderone (dove ci si trova cucinati a fuoco più o meno lento), ritengo che migliori auguri non sarebbero possibili. Di questi messaggi, variegati come lo è il mondo della salute in genere, rilevo un invito comune, indirizzato a chi è in buona salute e a chi non lo è (più): vivere, vivere sempre, vivere comunque. Uno dei crucci più sentiti, quando si finisce in questo pentolone, è quello di indurre "gli altri" alla pietà, al 'poverino' o al 'poveretto', quando non al 'poveraccio'. C'è la tendenza a incoraggiare, come se in queste situazioni l'avere coraggio possa essere un toccasana, o quantomeno un placebo. Certo, il mantenere un pizzico di umorismo aiuta molto; ma non si tratta di coraggio: è un dono, una prerogativa, una presa d'atto che cambiare atteggiamento non muterebbe una situazione non più controllabile. O controllabile fino a quando... e comunque non per proprio coraggio ma per interventi esterni, non sempre concessi a tutti e non sempre nella stessa misura. Auguri, auguri a tutti: chi ha la salute se la tenga stretta e la difenda come bene che più prezioso non ce n'è; chi non ce l'ha più si rallegri pensando che difficilmente, nel suo arrancare tortuoso, affonderà il piede in una guano di mucca. Ne siamo già sommersi fino al collo... e, per non farci mancare niente, non solo con i problemi di salute. 
“Le ricorrenze portano sempre con sé grandi emozioni. Perché hai la fortuna di viverle. Perché hai la gioia di poterle condividere con chi ami. Perché il dolore ti attanaglia nel vedere 'quel' posto vuoto. Perché ti senti inutile nel meccanismo… Spesso però interviene l’equilibrio, il sano equilibrio che ti fa pensare che, solo per il fatto di esserci, hai il dovere di vivere, vivere veramente al massimo. Proprio per chi non c'è più. E impegnarti per far si che qualcosa nel meccanismo globale cambi. Con l’aiuto di tutti, con la passione di tutti, con l’amore di tutti. Ecco, un augurio sarebbe proprio quello di trovare, ovviamente non solo in questo periodo, quell’amore da cui siamo nati. Quell’amore che ci fa Persone. Quell’amore che, se lasciato libero, ci indica la strada per migliorarci e migliorare, con il nostro esempio e non le nostre parole, il mondo che ci circonda”. Claudia Santangelo, Ferrara, presidente dell'Associazione “Vivere senza stomaco si può”
 “Ringrazio il mio cancro che mi ha fatto dono di tutto questo e della possibilità di apprezzare maggiormente la gioia del Natale, con l’affetto di altri angeli in terra, di altri nipoti: un Natale, tutto luci e melodie, che rinfranca l’anima e culla il cuore. Un Natale di gioia, di pace e di serenità che auguro, centuplicate, a tutti e, soprattutto, ai tanti bambini e alle donne e agli uomini che hanno avvertito su di sé il brivido del terribile e vivono nel benessere del tollerabile. Di vero cuore i più calorosi auguri”. Giuseppe Perrotta, chirurgo in pensione (71 anni) e paziente, tumore del colon
“Il Natale di quattro anni fa venivo dimesso dall’ospedale, dopo aver ricevuto la diagnosi di un tumore maligno alla testa del pancreas ed aver subito un’operazione, purtroppo non andata a buon fine. Andai a casa dopo tre mesi di ricovero: non camminavo e piano piano, con il mio bastone, mi sono nuovamente trovato tra le mura del mio focolare domestico. Dalla Sicilia venne mia madre, mia sorella con suo marito e il mio nipotino. Insieme con mia moglie abbiamo passato quel Natale del 2013 come se fosse l’ultimo. Il 2 gennaio del 2014 iniziai a sottopormi alle terapie salvavita, che si sono protratte per sedici mesi, poi non è stato possibile andare oltre. E ormai anche il Natale del 2017 è passato e mancano pochi giorni al nuovo anno. Spero di trascorrerlo serenamente con mia moglie e mia madre, e non posso desiderare altro dalla vita. Certo vorrei tanto avere altri pensieri, come quello di affrontare il problema dei canditi sul panettone, invece devo cercare di sopravvivere ancora un po’ con questa malattia. Ho percorso a piedi in quest’anno oltre 6.000 chilometri di cui 2.248 per riuscire a vedere l’oceano Atlantico. Auguro a tutti di passare delle serene festività, pronti per affrontare anche il 2018, un nuovo anno, nel migliore dei modi, con serenità e felicità. Buona vita da un malato di cancro in cammino. Andrea Spinelli, 44 anni, adenocarcinoma del pancreas in stato avanzato

“Un anno fa, il 16 dicembre, ho subito l’intervento di rimozione del linfonodo sentinella a seguito di diagnosi di melanoma. Ricordo bene quei giorni, l’atmosfera del Natale, il timore per l’operazione, l’intervento e il ritorno a casa. Poi un altro intervento, per eliminare altri linfonodi e con essi, definitivamente, il tumore. È passato un anno, sto bene, un nuovo anno è di nuovo alle porte, i ricordi si sommano e si sovrappongono al presente. L’esperienza che ho vissuto mi ha dato una consapevolezza nuova, un senso di leggerezza e distacco dagli affanni del quotidiano che cerco di mantenere. Auguro a chi naviga in questo sito di trovare notizie, informazioni, ma soprattutto auguro di trovare opportunità di condivisione, possibilità di dare voce alle proprie emozioni e intuire nell’esperienza di altri il proprio percorso”. Massimo Olivieri. 45 anni, melanoma

“Bob Marley cantava don't give the fight: non smettere di lottare. Ecco, il mio augurio per chi sta combattendo è di avere sempre energie per farlo, di trovarle anche quando si crede di non averne più. È per gli affetti di chi non ce l'ha fatta (sono loro che ci fanno capire quanto siamo fortunati) e per chi ce la farà. I malati di cancro sono guerrieri non violenti che conoscono il valore della vita e quello dei sentimenti in modo profondo. Non fosse altro perché hanno rischiato, o rischiano, di perderla. Chi sopravvive al cancro testimonia che ce la si può fare, che vale la pena tentare, con la consapevolezza che può non bastare. Auguri di trovare la terapia giusta, il sorriso del medico che ti rassicura, gli esami che vanno bene: questa è la felicità per chi è ammalato. Auguri di avere sempre il referto che ci aspettiamo, in modo che ogni volta sia Natale o l'inizio dell'Anno nuovo. Auguri ai ricercatori, ai medici, agli infermieri, a tutti quelli che lottano insieme a noi. Don't give up the fight e donate per la ricerca”. Marco Dell'Acqua, 51 anni, mieloma

“A coloro che hanno passato il primo Natale senza la persona che hanno amato, a quelli che devono andare via, fuggire dai luoghi che hanno condiviso con chi non ce l’ha fatta, perché non ce la fanno a resistere senza, vanno i miei primi auguri. Poi auguro buon anno e quelli che sono in terapia: avanti, forza! Mettiamoci ottimismo nelle cure contro questa malattia, anche se gli effetti sono pesanti, possiamo farcela. Moltissimi ce la fanno. Siamo tanti, non siamo soli! Auguri anche a chi ci sta accanto, ai nostri caregiver: ai nostri coniugi, figli, genitori. Gli effetti delle cure possono essere pesanti anche per loro, difficile da sopportare può essere l’umore. Noi sappiamo che a volte non è facile starci accanto. Infine un pensiero per il nuovo anno e per sempre: ricordiamo a noi stessi e a tutti quelli che incontriamo l’importanza della prevenzione. Non dimentichiamo mai di farci controllare i nei, se abbiamo un dubbio togliamocelo! Andiamo nei centri specializzati, rivolgiamoci agli specialisti. Non aspettiamo: prevenire salva la vita". Monica Forchetta, Associazione Italiana Melanoma

Ricevuto, li giro a chi li voglia

AUGURI A TUTTI



Quello che è stato lo sappiamo
Quello che sarà lo sapremo
Quello che È è ciò che viviamo
Quello che È è l'attimo fuggente
da vivere comunque
Bello o brutto che sia
non lo troveremo mai più.

mercoledì 27 dicembre 2017

Oggi, 27 dicembre, dovrebbe diluviare...

... invece, dopo un inizio nuvoloso, è pure uscito il sole.

Ci sono, nella vita, occasioni o, per meglio dire, situazioni che costringono a rivedere le proprie convinzioni, fino a poco prima garantite da esperienze accumulate da lunghissima data.
Passo al dunque, così non perdiamo tempo.

Lo specialista, in vista di un prossimo controllo, tra gli altri esami ha richiesto l'RX torace.
Nella visita di controllo precedente, questo esame mi aveva fatto fare i tuffi carpiati per riuscire ad ottenerlo. Telefonicamente, al CUP mi avevano rimandato al 2018; solo per avviare la prenotazione, con l'esame da prevedere sine die.
Mi ero rivolto a una clinica privata e, logicamente, lo avevo potuto avere la settimana successiva alla richiesta.
Eravamo a giugno di quest'anno.
Avevo saputo che le prenotazioni per gli esami clinici, oltre che al CUP era possibile tentarle allo sportello ticket, direttamente all'ospedale.
Molto dubitoso (si può dire?), stamattina, complice anche la giornata discreta, verso le 9,30 mi sono avviato verso la bolgia di attesa per l'accesso a quel benemerito ufficio.
Dicevo "bolgia", ché quella solitamente si trova in quei ritrovi, numerino di accesso bene in vista, occhiate e occhiatacce verso chi si presume voglia "accelerare" il colloquio saltando la coda.
Vuoto, non un'anima, come si dice.
Brutto segno.
Buttato lo sguardo oltre la porta, allo sportello c'era una signora..
Non ho preso il numero.
Dialogo allo sportello:
Io: "Vorrei prenotare questi raggi".
Lui: "Le prenotazioni, per quest'anno sono state chiuse; se ne parla dal 2 gennaio in poi".
Io, rassegnato: "Bene, ci vediamo settimana prossima".
Lui: "OK... ma, aspetta...".
Per una conoscenza profonda mi dà del "tu"...
Conoscenza profonda unilaterale, ovviamente.
Lui, di me, sa tutto: nome e cognome, luogo e data di nascita, residenza, codice fiscale; sa cosa chiedo e sa perché lo chiedo... È tutto nell'impegnativa.
Io, di lui, so neanche il nome...
I miei capelli grigio-pallido, evidentemente, invitano alla tenerezza; la stessa in uso verso un bambino.
Casualmente un po' cresciuto.
Lui smanetta per un po' alla tastiera del computer di servizio, poi...
"Mi dispiace...".
Io: "Non importa, ritorno più avanti...".
Lui: "No, no, mi dispiace che, se vuoi, puoi andare a a farti un giro e tornare qui verso mezzogiorno, direttamente in radiologia...".
Mi consegna il foglio di prenotazione.
Sono circa le 10, posso tornare a casa a prendere il referto precedente, utile per un confronto immediato sull'andamento toracico.
Prenotato per le 12,06.
Ore 11,45: consegnato il foglio al bancone della radiologia.
Nell'antistadio tre file di sedie, tutte occupate, una ventina di persone.
In attesa.
Prevista l'uscita per cena. A saperlo mi sarei portato un panino di prosciutto e formaggio, con una provetta da un quartino di vino rosso.
L'addetta: "Si accomodi, bisogna aspettare un pochino, chiamo io".
Ore 12,10, invito in sala raggi...
Mannaggia, ha ragione chi dice che quando c'era Lui (l'altro lui, non il mio di stamane) gli orari si rispettavano!.
Quattro minuti di ritardo, non ci posso credere... dove andremo a finire con questo passo?
12,20: fine dell'esame.
"Se vuole aspettare in sala d'attesa, le diamo subito il cd e il referto".
12,30: esco a rivedere il cielo.
E non diluvia...
Il mondo sta per finire.
Alleluja!


mercoledì 13 dicembre 2017

Quando il nuovo avanza


Le auto da corsa puntano a correre ad "almeno" 500 all'ora.
I treni per farli arrivare prima stanno eliminando le stazioni intermedie; i pochi minuti di sosta in quelle più importanti (ma ancora intermedie) vengono rosicchiati uno ad ad uno e cumulati fino a guadagnare almeno il quarto d'ora.
Gli aerei fanno la gara per collegare i continenti nel minor tempo possibile; i progettisti vanno a scuola da Kim-Jong-un per apprendere come trasformare gli uccelli di metallo in veri e propri missili. Con passeggeri a bordo e senza testate. Si spera.
È il futuro, bellezza...
Che poi sia un futuro che spende risorse a livello stratosferico solo a vantaggio di pochissimi, che per molto ancora resteranno pochissimi, è un particolare assolutamente insignificante.
D'altra parte si spendono fantastilioni per produrre armi ed armamenti, per poi passare a discussioni infinite per evitarne l'uso. Con poche possibilità di riuscire nell'intento.
Retorica vorrebbe che sarebbe meglio che venissero spesi per migliorare la vita nel mondo, ma per come va il mondo d'oggi questa sarebbe vista come segnale di demagogia anti progresso e retriva.
♥  ♦  ♣  ♠
Ho messo il logo delle nostre poste per indicare che l'argomento di questo post è un altro.
Queste nostre Poste hanno investito bei soldoni nell'ammodernamento strutturale dell'Azienda, e molti altri (miliardi) ne hanno stanziati per "correre di più" e rendere il cittadino partecipe delle future migliorìe che intende apportare sul territorio, sempre a favore degli utenti.
Poiché di questo futuro credo di essere vittima anonima e di nessun peso (quindi, vergin di servo encomio...) mi è venuto il buzzo di raccontare un episodio che ancora non è concluso pur essendo, forse, in dirittura d'arrivo.
Da me, la posta in cassetta viene distribuita una settimana per un giorno, quella successiva per "ben" due giorni. In quei dì fortunati la cassetta straripa di pubblicità, di mensili cui sono abbonato, di lettere che annunciano crediti/debiti liquidati un paio di mesi prima e altre bazzecole di peso relativo.
Preciso che non abito in una foresta pluviale né in un deserto. Appoggio le mie stanche membra nell'immediato circondario del paese marino, sull'unica strada di transito per arrivare al borgo interno. Poco oltre sono in corso scavi archeologici che fanno risalire questa zona a circa 2500 anni fa, quindi più che stabilizzata in loco.
Sporadici ordini di piccole merci li faccio su internet e questi rispettano sempre tempi e modalità di consegna (perfino quelli che passano da Sda, nota figlia delle Poste nostre).
Ogni tanto, ma molto raramente, arriva una raccomandata, di solito preannunciata dal mittente come data di spedizione e come contenuti di massima. Attesa, quindi indolore.
Poi, una volta nella vita, ne arriva una, spedita da ignoto e paragonabile ai telegrammi di una volta, che creavano un'angoscia cronicizzata nel tempo. Che avevano il vantaggio di essere inoltrati con vettori dedicati e a tutte le ore del giorno.
A meno che non fossero chiaramente forieri di cose belle, matrimoni lauree et similia, riconoscibili dalla ripetitività e identificabili dagli agenti postali come tali poiché in lande sperdute venivano scritturati a mano in barba alla privacy; non c'era da stupirsi che il paese venisse a conoscenza dei messaggi prima dei diretti interessati.
(Ho ancora da parte, con l'immancabile album delle foto, quelli ricevuti in occasione delle nostre nozze; scorrendoli un pensiero grato mi corre verso coloro che ci hanno fatto dono di auguri e felicitazioni. Soprattutto verso quelli che so non esserci più).
Tornando alle raccomandate e al tempo che fu.
In illo tempore venivano consegnate con la posta regolare, la cui distribuzione era prevista giornaliera. La presenza di un plico raccomandato era vincolo al portalettere a non trascurarne la consegna. Se nel suo giro di routine non trovava chi ne firmasse la ricevuta, la rimetteva in borsa e ne tentava la consegna la volta successiva.
Se anche quella andava buca, lasciava un messaggio in cui, con termini appropriati, comunicava il suo tentativo a vuoto con l'invito al ritiro direttamente all'ufficio postale, dove l'avrebbe depositata al rientro dal giro.
Tipo: "Te l'ho portata e non l'hai voluta; se la vuoi te la vai a prendere...".
La frase era più o meno così, non c'erano i finalini aggiunti poi e divenuti prassi di completamento, magari con altre interiezioni colorite.
Oggi, vuoi per la drastica riduzione dei giorni di distribuzione, vuoi per altri fattori di tipo sociologico e organizzativo, quella frase non viene più detta o scritta: viene messa in atto, punto (2.0 of course) e basta. Per la seconda parte, e modernamente aggiornata.
Cronologia:
- mercoledì 6 dicembre: trovo in cassetta un avviso di mancata consegna di una raccomandata, lasciato alle 15,30, in orario di consegna assolutamente inusuale;
- giovedì 7: verso le 12 vado in posta, fiducioso che la mia missiva sia colà giacente. Non lo è, poiché la posta inevasa viene riportata presso un centro di raccolta, nello specifico situato a circa due chilometri presso l'ufficio postale del paese vicino. Ignorando il mittente, accenno alla possibilità di andarmela a prendere... direttamente là: "Non te la darebbero poiché deve essere smaltita assolutamente da qui. E qui ritorna martedì prossimo". Bel colpo. Col pensiero di chi diavolo è questo accidenti di raccomandata: sanzioni stradali no; rilievi dal Comune lo escluderei, anche se le scarse possibilità di cassa potrebbero avere aguzzato l'ingegno ai nostri amministratori per riuscire a raschiare il fondo del barile; convocazioni per le mie visite di controllo salute? quando mai, visto che per avere un appuntamento devi piangere in cinese e quando lo ottieni viene spontaneo l'obbligo di metterti prono alla 'fedele islamico' con tanto di tocco fronte-pavimento per ringraziare la tua buona stella;
- martedì 12: puntuale come l'influenza o le gaffes dei nostri politici, in ufficio postale, sempre sul tardi, vuoi che la diligenza abbia forato la ruota di legno: "Guardo, ma mi pare che non sia arrivata...". Smanettamento sulla tastiera del pc, con inserimento del codice relativo alla mia lettera.
Negativo. Posso almeno sapere da chi arriva? No. Punto (sempre 2.0) e basta. "Torna domani".
- mercoledì 13: sarà il giorno fortunato? Sul tardi, ormai so cosa fare, e il rischio che il pony express abbia perso un ferro alla zampa è sempre possibile. Scotimento di testa iniziale come benvenuto. "Non l'ho ancora vista, forse manca ancora; al limite prova ad andare al deposito, domattina prima delle nove, sperando che te la diano (la raccomandata, mi sembra chiaro...). Comunque aspetta un attimo che sto passando quella arrivata...". Passano i minuti, ne passa davanti al sensore a decine (tra cui le temute color verde carico, notoriamente chiaro regalo per le Feste agli aspiranti suicidi). Niente, ma c'è ancora un plico sigillato, accuratamente cellophanato. Ebbene, qui c'è, finalmente e vivaddio! "C'è, eccola qui... ma non la puoi ritirare oggi, devi venire domani... Vedi sul monitor? Ritiro dal giorno 14/12/2017".

Per completare l'opera dovrei postare domani (toh, è il 14 dicembre!), ma sarebbe una conclusione non scontata. A questo punto mi aspetto di tutto, chi legge aspetti con me.

Il mondo intero corre in avanti, noi pure corriamo ma all'indietro.

P.S.: vista la busta so che non è nulla di tragico, sono tranquillizzato e pronto a tutto. Anche al peggio, tipo che andasse a fuoco l'ufficio postale con il suo contenuto; ovviamente solo le suppellettili e il materiale in giacenza. Ci sono le vittime, io modestia a parte tra quelle, al di qua dello sportello, e ci sono quelle al di là del vetro, arrotate anche loro da un modernismo che non conosce vergogna e limiti alla decenza.
Sarebbe un bel finale per una stupida saga...