domenica 30 dicembre 2018

Anno nuovo in vista, a prua

Anno nuovo anche per chi soffre
L'anno vecchio se ne va, sale in soffitta o scende in cantina, finisce nella cartella delle pratiche finite, chiuse, non più modificabili.
L'anno nuovo. un libro bianco, un po' di pagine a righe come indirizzo nella stesura di un diario, un po' di pagine a quadretti per riportare cifre, in nero quelle positive, in rosso quelle negative.
Ma è corretto definire "vecchio" un anno di appena un anno? 
Neanche il tempo di goderne la crescita, e già viene dato per morto.
Dice: ma l'esperienza maturata in questo pur breve periodo si aggiungerà a quella degli anni precedenti, che sono tanti, creando un tesoro che accrescerà la Storia.
Vero, un tesoro da cui attingere per migliorare il futuro...
Ma chi si prende più la briga di rivedere il passato, di leggere la Storia, per trarre da essa il meglio ed  evitare il peggio che lutti e rovine ha provocato?

♈ ♉ ♊ ♋ ♌ ♍ ♎ ♏ ♐ ♑ ♒ ♓
Anno nuovo anche per chi soffre
(di Raoul Follereau)
Signore, insegnaci a non amare noi stessi,
a non amare soltanto i nostri,
a non amare soltanto quelli che amiamo.
Insegnaci a pensare agli altri
ed amare in primo luogo quelli che nessuno ama.
Signore, facci la grazia di capire che ad ogni istante,
mentre noi viviamo una vita troppo felice,
protetta da Te,
ci sono milioni di esseri umani,
che sono pure tuoi figli e nostri fratelli,
che muoiono di fame
senza aver meritato di morir di fame,
che muoiono di freddo
senza aver meritato di morire di freddo.
Signore,
abbi pietà di tutti i poveri del mondo.
E non permettere più,
Signore,
che noi viviamo felici da soli.

♈ ♉ ♊ ♋ ♌ ♍ ♎ ♏ ♐ ♑ ♒ ♓
Bambini in cattedra
Il 2019 sarà l'anno buono per ascoltarli?
Avere ignorato fino ad oggi il loro allarme, la loro paura, non fa ben sperare.
Riusciremo (riusciranno?...) a far sì che il loro allarme, la loro paura,
siano finalmente recepiti e fatti nostri?
Noi vecchi siamo già morti, facciamo qualcosa perché loro vivano. 


♈ ♉ ♊ ♋ ♌ ♍ ♎ ♏ ♐ ♑ ♒ ♓

La solidarietà più semplice

Chi bussa alla tua porta non è mai un estraneo,
a meno che tu non lo veda come tale.

Chi ha fame non è mai un altro.
 Chi ha sete non è mai un altro.
Chi è malato non è mai un altro.
Chi è depresso, disperato, non è mai un altro.

Sono io che, avendo fame, sono stato nutrito.
Sono io  che, avendo sete, sono stato dissetato.
Sono io che, malato, sono stato curato.
Sono io che, depresso, disperato, sono stato consolato.

Da chi non mi ha visto come un estraneo,
ma soltanto come una persona,
come un amico, come un fratello.

IO è destinato a morire, NOI può essere eterno
solo se IO si renderà conto che solo NOI è il futuro.


♈ ♉ ♊ ♋ ♌ ♍ ♎ ♏ ♐ ♑ ♒ ♓


✌️...✌️ ✌️e✌️ ✌️che✌️ ✌️Buon✌️ ✌️Anno✌️ ✌️sia✌️ ✌️...✌️



martedì 25 dicembre 2018

Natale 2018, data storica



Oggi, 25 Dicembre 2018, alla quasi veneranda età di 926 mesi, per la prima, e per ora unica, volta in vita mia, ho fatto i fusilli.
Temo che, vista l'abilità dimostrata, non sarà l'ultima.
Fino a ieri, quando sentivo "Oggi fusilli", continuavo a veleggiare per casa in assoluta libertà, in attesa di dare il mio contributo con le gambe sotto al tavolo, consumatore finale felicemente saziato.
Dicevo, ed era ufficialmente riconosciuto, "Non li so fare", giustamente compatito come incapace.
Da oggi, al suono della trombetta, novello Garibaldi, dovrò rispondere "Obbedisco", lavarmi bene bene le mani, asciugarle con la massima cura, e avviarmi al campo di lavoro.
Sarò l'immagine spiccicata dello spot "Dal produttore al consumatore", una specie di km 0 dal tavoliere al piatto.
Quelle in video sono le mie zampe anteriori in fase operativa. 
In futuro vorrei imparare a farli anche con quelle posteriori (volgarmente dette 'piedi), per presentare la performance a Tu sì que vales; forse sbaraglierei tutta la concorrenza.


Le ragazze di casa sono astute, e non perderanno questa incredibile tarda occasione che ho loro offerto.

Prendo lo spunto per ribadire gli auguri a tutto il web. Chi vuole può prendere tutti quelli che servono, per tutti i gusti e per tutte le salse.
I miei oggi sono al ragù: questo, per ora, è fuori dalle mie capacità, ma finché c'è vita c'è speranza. 
La breccia si è aperta.



lunedì 24 dicembre 2018

Il canto della pace

Non è necessario essere credenti per apprezzare la musica e le parole di questa "canzone".
Il fatto che venga riesumata per le festività natalizie nulla toglie al suo valore universale che, pur cantato in lingue diverse, nulla perde nel suo messaggio di pace.
Lo metto come augurio generico, ciascuno lo legga e senta come gli pare.


https://www.lastampa.it/2018/12/21/spettacoli/l-apos-anniversario-Ven0BssDxRbALpxJ6Sn8gJ/pagina.html


AUGURI


















lunedì 17 dicembre 2018

"Per un bicchiere di latte"

Il virgolettato indica chiaramente che si tratta del titolo di un libro.
Ne avevo letto una recensione, piuttosto vaga per la verità, in vista della sua presentazione non ricordo più dove. A cui peraltro non avrei partecipato, dato che si sarebbe, forse, parlato di un argomento per me, ieri oggi domani, difficile da affrontare.
Andare e fare scena muta non rientrava nelle mie corde.
Ho preso il libro più o meno alla cieca, con la speranza (ma forse più con il timore...) di trovare risposte a domande contingenti.
Risposte che già conoscevo.

Nessuna prefazione; meglio così, le prefazioni limitano il campo, indirizzano già a qualcosa che magari non corrisponde a quello che si prova soggettivamente al termine di una lettura.
E neanche postfazione; giunto alla fine di una lettura mi faccio un'idea tutta mia, che potrebbe non collimare con quella di colui che la propone.

Latte: penso al primo alimento dei neonati, perlomeno quelli nati da mammiferi. Finite le poppate dal seno materno, resta nutrimento principe, sovente fino al primo bicchiere di vino che indica il passaggio al gradino successivo all'adolescenza. Non ancora alla maturità. Questa si ritiene raggiunta quando il latte viene sostituito da altre bevande o intrugli che il più delle volte fanno capire che la maturità è ancora lontana a venire.
Ma restiamo sul latte.
Solitamente si tratta di latte vaccino, o di ovino... ma volendo c'è anche il latte di mandorla, o latte non destinato al consumo orale, tipo il latte detergente per lo strucco femminile.
Non avendo potuto abusare di questo alimento né nella primissima infanzia né nella successiva adolescenza non ne ho grandi ricordi.
Forse nato già maturo, col tempo mi sono ritrovato come una pera dimenticata sull'albero, troppo matura per essere degnamente consumata, destinata a finire concime per la crescita di erbe varie, note come gramigne, perloppiù causa di allergie.
Così pensando al latte, vado subito al ricordo di Poppea, che col suo latte di asina, a suo tempo, aveva eccitato le fantasie di gioventù. Ma non credo che fosse quel latte la causa di quelle... svolazzate.
Pare che alcune Spa in cerca di emozioni sfrenate lo stiano richiamando in vasca. Ma c'è il fondato dubbio che, con la scarsità di equine a portata di mano, possa trattarsi di latte creato in laboratorio; la chimica oggi fa miracoli.

Quanto detto finora non ha niente a che fare con il libro di cui vado a parlare.
Però quel "per" mi aveva portato, prima della lettura, a un tentativo di indovinare cosa avrei trovato nel libro ancora intonso.
Per sentito dire, poi confermato dalla lettura, Console era, ed è, appassionato di motori.
Le moto di grossa cilindrata e le vetture dette di grossa cilindrata... per me, e forse per alcuni altri, di 'enorme' cilindrata, sia le moto che le auto, fuorissimo dalla mia portata.
Già il titolo mi aveva portato a Indianapolis, alla sua 500 Miglia formula Indy.
Avevo legato il suo bicchiere di latte alla bottiglia dello stesso elemento, scolata o almeno sorseggiata dai vincitori di quella gara, in vece degli champagne Magnum con cui in tutte le altre gare, di Formula 1 e succedanee, si innaffiano a vicenda vincitori e presenti sul podio; allargando poi gli spruzzi a chiunque sia alla portata di questi.
Motori e latte, sarebbe uno strano binomio per la stesura di un romanzo.

Purtroppo nel libro non ci sono riferimenti a quella 500 Miglia, né al latte che festeggia il vincitore di quella gara.
Infatti, per l'Autore, la costante presenza del latte nel suo scritto non è segno di una vittoria, bensì ricordo indelebile di una sconfitta, una di quelle sconfitte che lasciano in chi resta un vuoto incolmabile, per tanti che siano gli anni che fanno sembrare lontano l'amaro di quel calice.
Un bicchiere, mezzo litro, una caraffa di latte, non possono essere una specie di bianchetto a cancellare una vita, a modificare un destino.

La quarta di copertina presenta "Per un bicchiere di latte" come romanzo.
A sostegno ci sono tutti gli ingredienti per renderlo tale: una gioventù spericolata, al limite dall'essere letteralmente traviata; rimorsi e rimpianti; dolori, psicologici prima e fisici poi; i rialzi dopo cadute devastanti... tutto al plurale. Solo una voce è rimasta al singolare: l'amore.
Alla voce 'amore' l'Autore ha inserito un solo nome, quasi a invitare a una forma di romanticismo vecchio stampo, ormai (purtroppo) caduto in disuso.
Tra le altre cose, lui non credente, ha infilato anche una preghiera al Cielo in uno dei tanti momenti di crisi. Non crisi spirituale: uno di quei momenti in cui tutto appare perduto, nei quali anche qualunque appiglio può essere utile al loro superamento. Non al punto di gridare al miracolo quando ciò avviene...

Avverso la definizione di romanzo c'è l'uso della prima persona nello svolgimento di tutto il racconto. Un po' raro nei romanzi tout court.
In aggiunta la messa in campo del nome stesso dell'Autore affidato al protagonista.
E, non bastasse, pure del cognome.
E i riferimenti, precisi geograficamente e attuali. Altri interpreti, corollario logico alla vicenda, indicati solo con le qualifiche, ma facilmente individuabili, direi con precisione millimetrica.
Come fosse una biografia. Un'autobiografia.

Potrebbe essere una biografia romanzata, e passerebbe indenne la pignoleria dell'estensore di questo commento.
Quanto all'amore (documentato da immagini oltre che da reiterate dichiarazioni che solo un innamorato [che il volgo direbbe 'cotto'] può esternare senza tema di apparire fuori tempo) mi dà l'impressione di un caldo mantello steso a coprire, e scaldare, un passato di balordaggini e sofferenze da dimenticare.
Tornando a Indianapolis, oltre al latte del vincitore, ha un'altra prerogativa: l'avere introdotto sulle vetture concorrenti nella 500 Miglia il primo specchietto retrovisore.
Ecco, che sia romanzo o biografia, il testo di questo libro fa pensare a uno specchietto retrovisore virtuale, da cui Console ha riportato la visura, quasi fosse una cronistoria.

E se, alla fin della ventura, anziché romanzo o biografia, quanto raccontato fosse solo il riporto di un sogno?
Un sogno lungo 36 anni... mica bruscolini.



lunedì 10 dicembre 2018

Sulla cresta dell'onda

Nel tran-tran quotidiano ci sono eventi quasi ciclici, che si rincorrono e si propagano rapidamente per poi stemperarsi al sopraggiungere di altri fatti che sovrapponendosi a questi non li cancellano, diciamo che li mettono in pausa... tipo la vituperata pausa caffè.

In principio fu una specie di coming out di personaggi noti, attori, presentatori, cantanti, giornalisti, che esponevano al pubblico la loro indigenza, cadutagli tra capo e collo dopo vite "spericolate", fatte soprattutto di gioco d'azzardo, di vita brillante, donne, sovente droga, di sprezzo non celato della scarsa propensione a spendacciare propria di chi i soldi se li suda e non può permettersi di buttarli in spese sopra la capacità pecuniaria disponibile.
Se non ricordo male il filone fu iniziato dal 'Califfo', il quale nell'esporre la sua situazione di raggiunta miseria non aveva esitato a invocare la legge Bacchelli, quella che prevede aiuti concreti a persone che abbiano onorato le arti o le scienze, e che vicissitudini negative avevano portato quasi alla fame.
Non mi risulta che a lui sia stata concessa, ma sulla sua scia c'era stata una processione di derelitti ex benestanti che l'hanno invocata. Credo che in tutti i casi il commento più benevolo sia quello riferito alla faccia tosta.
Comunque pare che quel filone sia stato abbandonato. Per ora, anche se ogni tanto alcuni ritardatari si affacciano sui social o in video a raccontare le misere condizioni in cui sono costretti a vivere... forse invogliati all'esposizione dei fattacci loro dai cachet che l'editoria pietosa gli offre.

C'è stato quello che ad un certo punto sembrava un fiume in piena, che ha fatto conoscere a tutti il significato letterale del coming out: quello di specifica del genere sessuale. Anche questo messo in opera da un primo coraggioso, seguito a ruota da altri personaggi noti, che hanno preso atto che da questa "confessione" poteva derivare una maggiore visibilità nel loro campo specifico.
Che, infatti...

E vogliamo dimenticare i "furbetti", prima detti "del cartellino", in seguito furbi e basta?
In questo sostantivo rientra una pletora di furbastri che fregano quando e dove possono... un po' tutti, finché possono. Si alternano in passerella, avendo iniziato con i cartellini, poi con le invalidità fasulle, con l'evasione da tasse dovute, eccetera... In ogni attività sono presenti, a grappoli. Ovunque sia presente un cartellino da timbrare o una cedola in pagamento.
Qui i cosiddetti lavoratori autonomi non sfilano, non si mettono in mostra, non cercano visibilità... restano furbetti anonimi.
Anche per i furbetti beccati in flagranza ogni tanto una pausa (come fosse una pausa caffè) con risvegli a cascata, in ogni settore in cui la furbizia renda. Sono le volte in cui dimostrano che anche questa 'dote' ha dei limiti.

Quasi in parallelo, a ogni pie' sospinto, si affacciano alla ribalta i mascalzoni dei maltrattamenti, con offese e insulti, verso i più deboli: i bambini e gli anziani.
Asili, soprattutto, e case di cura o riposo...
Non ho ancora capito perché, quando vengono beccati, sia ricorrente il commento che da un anno, ma anche da più, erano sotto osservazione, e pertanto gli interventi di blocco di queste odiose forme di violenza avvengono dopo un ripetersi costante della loro applicazione.
Per me, ci fosse una scelta su chi 'pesare' (dialettismo che addolcisce il verbo pestare, senza nulla togliere al suo vero significato) tra le due categorie offese, peserei ben bene soprattutto quelli che pestano gli anziani, sovente disabili. Per quanto si pensi che siano i bambini i più indifesi, ritengo che questi abbiano dei genitori, o parenti stretti o presidi o insegnanti, che dovrebbero stare accorti su chi malmena i propri figli e provvedere immediatamente senza aspettare così a lungo l'intervento delle forze dell'ordine.
Sugli anziani in ricovero non veglia più nessuno, sono in totale balìa di assistenti o badanti che sfogano liberamente su di loro complessi o ire represse. Sarà perché potrei essere prossimamente parte in causa come vittima, che tendo a difendere a priori il mio possibile futuro.
D'altra parte ci fu un tempo in cui, bambino prima e ragazzino poi, potevo essere pestato senza ritegno senza che alcuno si ergesse a mia difesa. Magra consolazione, ero in buona compagnia; ma non è che la torta delle botte fosse divisa tra tanti: una 'passata' per uno non deludeva nessuno. Tutti menati, nessuno menato. Così era, che ci piacesse o meno.
Non ci piaceva.

Altro filone, ricchissimo e mai concluso: le molestie o gli abusi verso bambini o ragazzini nelle parrocchie da parte di preti scellerati. Il fatto che fossero preti ha ingigantito il peso del reato, che tra l'altro non rientra nella lista del coming prima citato. Tutti beccati da outing.
Dalle prime scoperte o, per meglio dire delle scoperchiature, il filone si sono rivelati vasi di Pandora, pozzi di san Patrizio, che hanno raccontato un sottomondo di silenzi, sudditanze omertose e coperture, esistenti da sempre, ignorate e sottaciute magari con il ricatto di inferni dopo morte.
Il filone di sai e talari 'disturbati' hanno un po' coperto atrocità e abusi a livello famigliare che, se scoperchiati, a loro volta farebbero inorridire chiunque faccia parte del genere cosiddetto umano.
Dopo decenni di silenzio spuntano ancora bambini e ragazzi, ancora traumatizzati, che hanno tenuta nascosta una vergogna che non doveva essere vergogna loro ma di chi li ha sottoposti alla violenza.
In questo caso, vista la moltitudine di bambini offesi, c'è il controcanto di chi non ha subito, che quasi si sente escluso da attenzioni "amorevoli" da parte di queste tonache fedifraghe.
Un esempio sono io: ho vissuto in ambienti, quelli sotto lente, per tutta l'infanzia e l'adolescenza; faccio qui una specie di coming, all'inverso.
Non sono mai stato non dico violentato ma neppure molestato. Il che è una botta che mi ha traumatizzato e che tuttora induce in me un senso di colpa, pur riconoscendo che colpe non ho. La mia autostima viene bastonata ogni volta che ripercorro quel periodo.
E peggiora quando spuntano altre vittime, qua e là nel mondo.
Mi domando: perché tutti o quasi sono stati attenzionati ed io no?
Risposta: ero uno scarafaggio, e a nessun essere senziente verrebbe in mente di carezzare una simile bestiola. Gli scarafaggi, da che mondo è mondo, si schiacciano... almeno fino ad oggi.
In un prossimo domani, ipotesi per ora solo virtuale ma non improbabile, li mangeremo, in vece di carni e verdure e frutti ormai talmente inquinati da essere vere bombe culinarie. La scelta se ingoiare queste bombe o sgranocchiare insetti propenderà verso quest'ultimi... nel caso fossero scarafaggi forse senza carezze... D'altra parte chi accarezza oggi i suini prima di divorarli?
Pare che le loro carni, degli scarafaggi non dei suini, siano ricche di proteine, fosforo, ferro, calcio e quant'altro andiamo a cercare in altre sostanze. Manca solo che qualche ricercatore scopra in loro capacità antitumorali e il loro successo come alimentatori sarebbe assicurato.
Infatti non risulta che negli insetti si sviluppino forme cancerogene di alcun tipo, cosa invece ormai comune tra gli altri animali viventi, umani compresi.
Male per loro, solo divenire prede gli mancava...
A parte  questa considerazione, la morale sulle violazioni giovanili, vista la moltitudine di offesi, mi pare sia limpida: mai stato molestato? sei nessuno, sei uno scarafaggio... nel mio caso pure stagionato.

A ridosso, un buon filone è stato quello delle molestie o violenze tra grandi.
Da un problema serio e universale ha finito per diventare oggetto di ironia quando non di tagliente e tranciante satira. È la stessa situazione del bambini violati...
Con due piccole differenze, chiaramente casuali: la prima è la differenza di età, di censo, di cultura e di valori pecuniari ruotanti intorno ai protagonisti, per cui i bruti sono ricconi sfondati e i violati/violate, pur stando già benino vogliono di più; la seconda sta nel fatto che i bambini molestati dai preti solitamente vivevano in orfanotrofi o frequentavano parrocchie, non hotel a quindici stelle attrezzati di tutto e anche di più.
Anche qui, chi di costoro non ha subito molestie è nessuno.

Poi, ancora in corso, c'è il rivolo degli accoppiamenti tra generi diversi, peraltro identici nella ricerca dell'apparire a tutti i costi. Amori appassionati, copertine, paparazzi in sollucchero... amori a tempo, sovente predeterminato. Manco a dirlo, non tra operatori ecologici e lavandaie. Tutti accucchiamenti d'alto bordo, sui quali non capisco come gente comune riesca a sbavarci anziché vomitare.
Ma, de gustibus non est disputandum...

Sorvolo sul periodo delle smutandate; una aveva lanciato il sasso del non portare biancheria intima e appresso erano spuntati i cloni (o le clone? mah!). Probabilmente c'è stata una riedizione di Histoire d'O, da cui menti già bacate di proprio hanno tratto motivo di eccitazione. 
Poco seguito, comunque.
Dello stesso livello la recentissima esposizione delle proprie abitudini sessuali, sempre da parte di donne già in vista. Un tempo prerogativa dei maschi (affetti da una forma particolare di priapismo già da prima che gli fosse scippata la mitica costola), il vanto, le tacche su modi e su tempi dell'atto conclusivo dell'amplesso tra chi si ama, per le donne era rimasto un atto intimo e prezioso, parlare del quale sembrava potesse sporcare la sua 'sacralità'.
Caduto anche quel tabù, come la biancheria intima.
Mi lascia interdetto il fatto che l'apripista, per quest'ultimo nuovo filone, sia la stessa persona che ha aperto quello sui tumori, di cui subito qui sotto... È possibile che ne abbia parlato come dimostrazione del suo bene stare attuale; ma non sarebbe stato più semplice dire sto bene, sto meglio, ovvero ribadire di essere guarita perfettamente dal guaio che l'aveva colpita?
Si tratta di una semplice coincidenza, o il desiderio di sempre maggiore visibilità ha prevalso sul buon gusto?
A ruota, all'amo lanciato pare abbia abboccato un'artista che se non lo fa almeno tre volte la settimana... Spontaneo il wow! di meraviglia e congratulazione; seguito appresso dalla domanda (per me ingenua, per altri malignotta): ma il marito lo sa?

Aggiunto fresco fresco: il vezzo dell'uso dello spray al peperoncino tra la folla.
Sembrava fosse finito in piazza san Carlo a Torino, con una ragazza morta; si è risvegliato in quel di Ancona, con sei morti, che solo uno psicologo cinico può diagnosticare come un segno della vita che muore. Oggi un altro homo stupidus stupidus (cit. V. Andreoli, noto psichiatra) l'ha usato nella palestra di un istituto tecnico di Pavia, piena di ragazzi in allenamento...
Resterebbe una moda cretina anche se da Ancona arrivassero segnali di non colpevolezza dello spray, perlomeno non di colpevolezza assoluta; il dubbio che altri fattori, forse maggiormente incisivi,  abbiano concorso alla tragica vicenda, non cancella l'immagine negativa dell'uso sconsiderato di questa porcheria.
Ci saranno altri deficienti a seguire? Se così non fosse, mi stupirei...
"Annamo bene, annamo propio bene...", direbbe la mitica sora Lella.

Tra tutti i panni fin qui esposti, quello che mi lascia più perplesso è quello che vado a sciorinare.
Argomento già toccato in passato, poi lasciato per indignazione. O, forse, per pietà...
Voglio parlare dei coming out sull'avere avuto, o avere in corso, accadimenti tumorali, che sono argomento che mi appassiona a livello personale.
Ultimamente pare una corsa a raccontare, urbi et orbi, di avere ricevuto tra capo e collo questo accidente. Finendo per dare l'impressione che si tratti di un male contagioso... E tale modalità espositiva si è talmente diffusa da far pensare che si tratti di una pandemia. Forse lo è, ma non da contagio.
A mia memoria, ci sono stati in passato casi di malati di cancro che hanno raccontato il loro percorso, giorno dopo giorno, cura dopo cura, tentativi di cura sopra altri tentativi, speranze e delusioni... ma erano casi talmente isolati, rari direi, per cui coloro che riuscivano a parlarne apparivano dei veri eroi, stoici di fronte al male pur non rinnegando le lacrime e le speranze fatte a pezzi da delusioni cocenti, amare.
Dicevo, da un po' di tempo l'annunciare questo malanno pare divenuto una specie di status symbol.
Forse casualmente, questi coming vengono da gente che può: attrici, presentatori, calciatori, atleti di varie discipline, politici, prelati d'alto rango... Tutte persone che ricevono assistenze e cure negate alla più parte degli ammalati comuni di questo genere.
Per par condicio, e a onor del vero, attenzioni e cure negate agli ammalati di ogni altro genere di accidente sanitario. Li chiamano tagli e sono mannaie, ghigliottine...
Ci saranno certamente mille motivazioni che giustificano questi comportamenti, ma non le accetto in una successione che non riesco a vedere come casuale. Tanto più che vengono propinate nel corso di talk show destinati a solleticare emozioni e commozioni forzate dalla tipologia specifica di quelle trasmissioni. O in interviste, scoop giornalistici in odore di cachet all'uopo concordati.
L'immediatezza dei "poverello!", dei "ma quanto è coraggioso, io non lo saprei  essere..." ecc., appare talmente spontanea da mandarmi in depressione.
E ancora più mi deprimono i messaggi di "io ce l'ho fatta, combattete anche voi e vincerete!" elargiti da questi pulpiti.
Non è un male che si combatte a mani nude, non è un male che dia la certezza di una guarigione assoluta e definitiva; i toni trionfalistici possono essere boomerang che quando ti ri-colpiscono sono più pesanti della prima botta.
Tutti messaggi, detti o indotti, che buona parte dei possibili interessati manco vedranno o leggeranno, e non so quanto sia per loro consolante sentirseli riportare da chi è loro vicino per assistenza o parentela.
Il motto principe di chi ha avuto il 'dono' di questa malattia è: credere, obbedire, combattere... Di infausta memoria, ma ben calzante.
Credere: appena ci si riprende dalla botta, credere fermamente di farcela a guarire prima possibile è tassativo, ed è sentimento praticamente comune. Se non si arriva a questa adozione, resterebbero solo i balconi, i ponti o un paio di metri di corda.
Obbedire: inteso cone seguire le indicazioni e le prescrizioni di chi prende in cura questo accidente con l'intento primario di debellarlo o, quanto meno, di evitare peggioramenti.
Combattere: non lo capisco. Oltre al crederci e all'obbedire, non riesco a capire con cosa e chi si debba combattere. Prenderla allegramente è combattere? Ignorare il proprio stato facendo finta di niente è combattere? Gozzovigliando senza freni è combattere?

Sono in una piccola saletta in compagnia di altre persone, tutte in attesa di visita oncologica, uomini e donne, chi anziano chi di mezz'età; per fortuna mai trovato bambini o ragazzi, altrimenti me ne andrei, rinunciando o rinviando la visita, forse bestemmiando.
Guardo con discrezione i miei compagni di sventura, cercando di indovinare a che punto stanno con il malanno e con le cure.
Le parole scambiate sono poche, il minimo sindacale tra persone che non si conoscono.
Qualche accenno al tempo che fa. Quello meteo, non quello di Fazio, altro contenitore di commozioni a comando, alternate a baggianate multigusto.
Anche le informazioni sugli effetti collaterali del fuoco amico delle cure non fanno parte del protocollo. Li conosciamo bene, per saperli non è stato necessario affidarsi a google o ai resoconti strappalacrime di terze persone.
Non siamo compagni né camerati... e neanche amici.
Siamo fratelli.
Siamo uno che si specchia negli altri.
Non ci sono visi rubizzi e sorrisi a dentiera piena; e le rughe si vede chiaramente che non sono tutte dovute all'età.
Sciolto il primo ghiaccio, la domanda principale è quella che chiede la provenienza, e non ho mai capito perché. Come se il sapere da dove uno arriva possa indicare il perché si trova lì.
Il perché lo sappiamo, e molto bene.
Il 'come' è ancora un mistero. Forse un cromosoma, o una serie di spermatozoi a grappolo, seminati a casaccio, ci ha tutti ingravidati, senza distinzioni di genere.
Abbiamo ciascuno un ticket, un numero di entrata in base alla prenotazione.
Non abbiamo pagato quello sanitario allo sportello; per una fortuna sfacciata siamo tutti esentati da questo balzello, per invalidità acquisita. Penso all'invidia verde di chi invece deve pagare, e mi scompiscio a quel pensiero.
Nell'attesa dell'avanti un altro non ci scambiamo recapiti o numeri di telefono; sarebbero inutili orpelli che mai andremmo a consultare. Difficilmente ci rivedremo qui: al prossimo giro di controllo, vuoi per le cadenze diverse di appuntamento, vuoi per altro motivo, ci saranno altre persone, altri sconosciuti, altri fratelli.
Volevo solo rimarcare che se siamo qui è chiaro che siamo tutti combattenti, altrimenti uno, o tutti noi, avremmo messo in atto l'alternativa al credere già citato.
Vorrei buttare lì qualche nome di quelli che ce l'hanno fatta, che forse mai si sono trovati in una piccola saletta, in 'buona' compagnia, con in mano un ticket di rispetto del turno di visita...
Non lo faccio, poiché temo di sentirmi mandare educatamente a quel paese.
La guerra vera è qui, non nei salotti televisivi; qui si combatte veramente, non si fa passerella...
Qui le lacrime non si suscitano, non si provocano emozioni per il tempo di una trasmissione: le lacrime ci sono, altroché se ci sono, ma restano interne a ciascuno, in una condivisione muta e asciutta, per non rendere insopportabile agli altri il magone che ci strizza cuore e stomaco.

Il lato positivo delle esternazioni di vittoria è che lo scarafaggio, trascurato nell'infanzia e nell'adolescenza, riposiziona la sua autostima per l'inserimento nella lista dei vip 'privilegiati', fratelli anche loro, forse benestanti, pur essendo molto lontani da queste trincee.
Avrei preferito restare lo scarafaggio ignorato e trascurato anche in vecchiaia, invece di trovarmi oggi spiaccicato sotto lo stesso piede che, a calci nel sedere, non sempre virtuali, mi ha sospinto a questa età.
Il periodo dello stato interessante è finito, ma lo stato d'interesse permane. Sine die.



domenica 9 dicembre 2018

Annunciazione

L'8 dicembre tutte le feste porta via... le altre, quelle già passate, già andate via per fatti loro.
Nel mondo ci si prepara alla festa grande, quella che è quasi vigilia di un'altra ancora più grande: il Primo dell'Anno, noto anche come Capodanno.
Nella trepida attesa di questo, prepariamoci alla festa prima detta, al Natale...
Con la speranza che non sia rovinata da imprevisti.

Chi vuole partecipare clicchi, pigi, sgnacchi sull'url qui sotto.

https://www.facebook.com/MassimoTroisiRicomincioDaTe/videos/202337857321599/

martedì 4 dicembre 2018

Basta piangere, ridiamo un po'...

O, in alternativa, basta ridere e piangiamo un po', visto che altri motivi di pianto nun ce ne stanno più...

https://www.facebook.com/leiene/videos/318859695614635/


E vediamo anche le cose belle, che meno male che la vita ce le passa...

https://video.corriere.it/bimbo-disabile-impara-camminare-sua-fisioterapista-non-riesce-trattenere-lacrime/951f4752-f793-11e8-baf6-49fdfe8622d6