lunedì 10 dicembre 2018

Sulla cresta dell'onda

Nel tran-tran quotidiano ci sono eventi quasi ciclici, che si rincorrono e si propagano rapidamente per poi stemperarsi al sopraggiungere di altri fatti che sovrapponendosi a questi non li cancellano, diciamo che li mettono in pausa... tipo la vituperata pausa caffè.

In principio fu una specie di coming out di personaggi noti, attori, presentatori, cantanti, giornalisti, che esponevano al pubblico la loro indigenza, cadutagli tra capo e collo dopo vite "spericolate", fatte soprattutto di gioco d'azzardo, di vita brillante, donne, sovente droga, di sprezzo non celato della scarsa propensione a spendacciare propria di chi i soldi se li suda e non può permettersi di buttarli in spese sopra la capacità pecuniaria disponibile.
Se non ricordo male il filone fu iniziato dal 'Califfo', il quale nell'esporre la sua situazione di raggiunta miseria non aveva esitato a invocare la legge Bacchelli, quella che prevede aiuti concreti a persone che abbiano onorato le arti o le scienze, e che vicissitudini negative avevano portato quasi alla fame.
Non mi risulta che a lui sia stata concessa, ma sulla sua scia c'era stata una processione di derelitti ex benestanti che l'hanno invocata. Credo che in tutti i casi il commento più benevolo sia quello riferito alla faccia tosta.
Comunque pare che quel filone sia stato abbandonato. Per ora, anche se ogni tanto alcuni ritardatari si affacciano sui social o in video a raccontare le misere condizioni in cui sono costretti a vivere... forse invogliati all'esposizione dei fattacci loro dai cachet che l'editoria pietosa gli offre.

C'è stato quello che ad un certo punto sembrava un fiume in piena, che ha fatto conoscere a tutti il significato letterale del coming out: quello di specifica del genere sessuale. Anche questo messo in opera da un primo coraggioso, seguito a ruota da altri personaggi noti, che hanno preso atto che da questa "confessione" poteva derivare una maggiore visibilità nel loro campo specifico.
Che, infatti...

E vogliamo dimenticare i "furbetti", prima detti "del cartellino", in seguito furbi e basta?
In questo sostantivo rientra una pletora di furbastri che fregano quando e dove possono... un po' tutti, finché possono. Si alternano in passerella, avendo iniziato con i cartellini, poi con le invalidità fasulle, con l'evasione da tasse dovute, eccetera... In ogni attività sono presenti, a grappoli. Ovunque sia presente un cartellino da timbrare o una cedola in pagamento.
Qui i cosiddetti lavoratori autonomi non sfilano, non si mettono in mostra, non cercano visibilità... restano furbetti anonimi.
Anche per i furbetti beccati in flagranza ogni tanto una pausa (come fosse una pausa caffè) con risvegli a cascata, in ogni settore in cui la furbizia renda. Sono le volte in cui dimostrano che anche questa 'dote' ha dei limiti.

Quasi in parallelo, a ogni pie' sospinto, si affacciano alla ribalta i mascalzoni dei maltrattamenti, con offese e insulti, verso i più deboli: i bambini e gli anziani.
Asili, soprattutto, e case di cura o riposo...
Non ho ancora capito perché, quando vengono beccati, sia ricorrente il commento che da un anno, ma anche da più, erano sotto osservazione, e pertanto gli interventi di blocco di queste odiose forme di violenza avvengono dopo un ripetersi costante della loro applicazione.
Per me, ci fosse una scelta su chi 'pesare' (dialettismo che addolcisce il verbo pestare, senza nulla togliere al suo vero significato) tra le due categorie offese, peserei ben bene soprattutto quelli che pestano gli anziani, sovente disabili. Per quanto si pensi che siano i bambini i più indifesi, ritengo che questi abbiano dei genitori, o parenti stretti o presidi o insegnanti, che dovrebbero stare accorti su chi malmena i propri figli e provvedere immediatamente senza aspettare così a lungo l'intervento delle forze dell'ordine.
Sugli anziani in ricovero non veglia più nessuno, sono in totale balìa di assistenti o badanti che sfogano liberamente su di loro complessi o ire represse. Sarà perché potrei essere prossimamente parte in causa come vittima, che tendo a difendere a priori il mio possibile futuro.
D'altra parte ci fu un tempo in cui, bambino prima e ragazzino poi, potevo essere pestato senza ritegno senza che alcuno si ergesse a mia difesa. Magra consolazione, ero in buona compagnia; ma non è che la torta delle botte fosse divisa tra tanti: una 'passata' per uno non deludeva nessuno. Tutti menati, nessuno menato. Così era, che ci piacesse o meno.
Non ci piaceva.

Altro filone, ricchissimo e mai concluso: le molestie o gli abusi verso bambini o ragazzini nelle parrocchie da parte di preti scellerati. Il fatto che fossero preti ha ingigantito il peso del reato, che tra l'altro non rientra nella lista del coming prima citato. Tutti beccati da outing.
Dalle prime scoperte o, per meglio dire delle scoperchiature, il filone si sono rivelati vasi di Pandora, pozzi di san Patrizio, che hanno raccontato un sottomondo di silenzi, sudditanze omertose e coperture, esistenti da sempre, ignorate e sottaciute magari con il ricatto di inferni dopo morte.
Il filone di sai e talari 'disturbati' hanno un po' coperto atrocità e abusi a livello famigliare che, se scoperchiati, a loro volta farebbero inorridire chiunque faccia parte del genere cosiddetto umano.
Dopo decenni di silenzio spuntano ancora bambini e ragazzi, ancora traumatizzati, che hanno tenuta nascosta una vergogna che non doveva essere vergogna loro ma di chi li ha sottoposti alla violenza.
In questo caso, vista la moltitudine di bambini offesi, c'è il controcanto di chi non ha subito, che quasi si sente escluso da attenzioni "amorevoli" da parte di queste tonache fedifraghe.
Un esempio sono io: ho vissuto in ambienti, quelli sotto lente, per tutta l'infanzia e l'adolescenza; faccio qui una specie di coming, all'inverso.
Non sono mai stato non dico violentato ma neppure molestato. Il che è una botta che mi ha traumatizzato e che tuttora induce in me un senso di colpa, pur riconoscendo che colpe non ho. La mia autostima viene bastonata ogni volta che ripercorro quel periodo.
E peggiora quando spuntano altre vittime, qua e là nel mondo.
Mi domando: perché tutti o quasi sono stati attenzionati ed io no?
Risposta: ero uno scarafaggio, e a nessun essere senziente verrebbe in mente di carezzare una simile bestiola. Gli scarafaggi, da che mondo è mondo, si schiacciano... almeno fino ad oggi.
In un prossimo domani, ipotesi per ora solo virtuale ma non improbabile, li mangeremo, in vece di carni e verdure e frutti ormai talmente inquinati da essere vere bombe culinarie. La scelta se ingoiare queste bombe o sgranocchiare insetti propenderà verso quest'ultimi... nel caso fossero scarafaggi forse senza carezze... D'altra parte chi accarezza oggi i suini prima di divorarli?
Pare che le loro carni, degli scarafaggi non dei suini, siano ricche di proteine, fosforo, ferro, calcio e quant'altro andiamo a cercare in altre sostanze. Manca solo che qualche ricercatore scopra in loro capacità antitumorali e il loro successo come alimentatori sarebbe assicurato.
Infatti non risulta che negli insetti si sviluppino forme cancerogene di alcun tipo, cosa invece ormai comune tra gli altri animali viventi, umani compresi.
Male per loro, solo divenire prede gli mancava...
A parte  questa considerazione, la morale sulle violazioni giovanili, vista la moltitudine di offesi, mi pare sia limpida: mai stato molestato? sei nessuno, sei uno scarafaggio... nel mio caso pure stagionato.

A ridosso, un buon filone è stato quello delle molestie o violenze tra grandi.
Da un problema serio e universale ha finito per diventare oggetto di ironia quando non di tagliente e tranciante satira. È la stessa situazione del bambini violati...
Con due piccole differenze, chiaramente casuali: la prima è la differenza di età, di censo, di cultura e di valori pecuniari ruotanti intorno ai protagonisti, per cui i bruti sono ricconi sfondati e i violati/violate, pur stando già benino vogliono di più; la seconda sta nel fatto che i bambini molestati dai preti solitamente vivevano in orfanotrofi o frequentavano parrocchie, non hotel a quindici stelle attrezzati di tutto e anche di più.
Anche qui, chi di costoro non ha subito molestie è nessuno.

Poi, ancora in corso, c'è il rivolo degli accoppiamenti tra generi diversi, peraltro identici nella ricerca dell'apparire a tutti i costi. Amori appassionati, copertine, paparazzi in sollucchero... amori a tempo, sovente predeterminato. Manco a dirlo, non tra operatori ecologici e lavandaie. Tutti accucchiamenti d'alto bordo, sui quali non capisco come gente comune riesca a sbavarci anziché vomitare.
Ma, de gustibus non est disputandum...

Sorvolo sul periodo delle smutandate; una aveva lanciato il sasso del non portare biancheria intima e appresso erano spuntati i cloni (o le clone? mah!). Probabilmente c'è stata una riedizione di Histoire d'O, da cui menti già bacate di proprio hanno tratto motivo di eccitazione. 
Poco seguito, comunque.
Dello stesso livello la recentissima esposizione delle proprie abitudini sessuali, sempre da parte di donne già in vista. Un tempo prerogativa dei maschi (affetti da una forma particolare di priapismo già da prima che gli fosse scippata la mitica costola), il vanto, le tacche su modi e su tempi dell'atto conclusivo dell'amplesso tra chi si ama, per le donne era rimasto un atto intimo e prezioso, parlare del quale sembrava potesse sporcare la sua 'sacralità'.
Caduto anche quel tabù, come la biancheria intima.
Mi lascia interdetto il fatto che l'apripista, per quest'ultimo nuovo filone, sia la stessa persona che ha aperto quello sui tumori, di cui subito qui sotto... È possibile che ne abbia parlato come dimostrazione del suo bene stare attuale; ma non sarebbe stato più semplice dire sto bene, sto meglio, ovvero ribadire di essere guarita perfettamente dal guaio che l'aveva colpita?
Si tratta di una semplice coincidenza, o il desiderio di sempre maggiore visibilità ha prevalso sul buon gusto?
A ruota, all'amo lanciato pare abbia abboccato un'artista che se non lo fa almeno tre volte la settimana... Spontaneo il wow! di meraviglia e congratulazione; seguito appresso dalla domanda (per me ingenua, per altri malignotta): ma il marito lo sa?

Aggiunto fresco fresco: il vezzo dell'uso dello spray al peperoncino tra la folla.
Sembrava fosse finito in piazza san Carlo a Torino, con una ragazza morta; si è risvegliato in quel di Ancona, con sei morti, che solo uno psicologo cinico può diagnosticare come un segno della vita che muore. Oggi un altro homo stupidus stupidus (cit. V. Andreoli, noto psichiatra) l'ha usato nella palestra di un istituto tecnico di Pavia, piena di ragazzi in allenamento...
Resterebbe una moda cretina anche se da Ancona arrivassero segnali di non colpevolezza dello spray, perlomeno non di colpevolezza assoluta; il dubbio che altri fattori, forse maggiormente incisivi,  abbiano concorso alla tragica vicenda, non cancella l'immagine negativa dell'uso sconsiderato di questa porcheria.
Ci saranno altri deficienti a seguire? Se così non fosse, mi stupirei...
"Annamo bene, annamo propio bene...", direbbe la mitica sora Lella.

Tra tutti i panni fin qui esposti, quello che mi lascia più perplesso è quello che vado a sciorinare.
Argomento già toccato in passato, poi lasciato per indignazione. O, forse, per pietà...
Voglio parlare dei coming out sull'avere avuto, o avere in corso, accadimenti tumorali, che sono argomento che mi appassiona a livello personale.
Ultimamente pare una corsa a raccontare, urbi et orbi, di avere ricevuto tra capo e collo questo accidente. Finendo per dare l'impressione che si tratti di un male contagioso... E tale modalità espositiva si è talmente diffusa da far pensare che si tratti di una pandemia. Forse lo è, ma non da contagio.
A mia memoria, ci sono stati in passato casi di malati di cancro che hanno raccontato il loro percorso, giorno dopo giorno, cura dopo cura, tentativi di cura sopra altri tentativi, speranze e delusioni... ma erano casi talmente isolati, rari direi, per cui coloro che riuscivano a parlarne apparivano dei veri eroi, stoici di fronte al male pur non rinnegando le lacrime e le speranze fatte a pezzi da delusioni cocenti, amare.
Dicevo, da un po' di tempo l'annunciare questo malanno pare divenuto una specie di status symbol.
Forse casualmente, questi coming vengono da gente che può: attrici, presentatori, calciatori, atleti di varie discipline, politici, prelati d'alto rango... Tutte persone che ricevono assistenze e cure negate alla più parte degli ammalati comuni di questo genere.
Per par condicio, e a onor del vero, attenzioni e cure negate agli ammalati di ogni altro genere di accidente sanitario. Li chiamano tagli e sono mannaie, ghigliottine...
Ci saranno certamente mille motivazioni che giustificano questi comportamenti, ma non le accetto in una successione che non riesco a vedere come casuale. Tanto più che vengono propinate nel corso di talk show destinati a solleticare emozioni e commozioni forzate dalla tipologia specifica di quelle trasmissioni. O in interviste, scoop giornalistici in odore di cachet all'uopo concordati.
L'immediatezza dei "poverello!", dei "ma quanto è coraggioso, io non lo saprei  essere..." ecc., appare talmente spontanea da mandarmi in depressione.
E ancora più mi deprimono i messaggi di "io ce l'ho fatta, combattete anche voi e vincerete!" elargiti da questi pulpiti.
Non è un male che si combatte a mani nude, non è un male che dia la certezza di una guarigione assoluta e definitiva; i toni trionfalistici possono essere boomerang che quando ti ri-colpiscono sono più pesanti della prima botta.
Tutti messaggi, detti o indotti, che buona parte dei possibili interessati manco vedranno o leggeranno, e non so quanto sia per loro consolante sentirseli riportare da chi è loro vicino per assistenza o parentela.
Il motto principe di chi ha avuto il 'dono' di questa malattia è: credere, obbedire, combattere... Di infausta memoria, ma ben calzante.
Credere: appena ci si riprende dalla botta, credere fermamente di farcela a guarire prima possibile è tassativo, ed è sentimento praticamente comune. Se non si arriva a questa adozione, resterebbero solo i balconi, i ponti o un paio di metri di corda.
Obbedire: inteso cone seguire le indicazioni e le prescrizioni di chi prende in cura questo accidente con l'intento primario di debellarlo o, quanto meno, di evitare peggioramenti.
Combattere: non lo capisco. Oltre al crederci e all'obbedire, non riesco a capire con cosa e chi si debba combattere. Prenderla allegramente è combattere? Ignorare il proprio stato facendo finta di niente è combattere? Gozzovigliando senza freni è combattere?

Sono in una piccola saletta in compagnia di altre persone, tutte in attesa di visita oncologica, uomini e donne, chi anziano chi di mezz'età; per fortuna mai trovato bambini o ragazzi, altrimenti me ne andrei, rinunciando o rinviando la visita, forse bestemmiando.
Guardo con discrezione i miei compagni di sventura, cercando di indovinare a che punto stanno con il malanno e con le cure.
Le parole scambiate sono poche, il minimo sindacale tra persone che non si conoscono.
Qualche accenno al tempo che fa. Quello meteo, non quello di Fazio, altro contenitore di commozioni a comando, alternate a baggianate multigusto.
Anche le informazioni sugli effetti collaterali del fuoco amico delle cure non fanno parte del protocollo. Li conosciamo bene, per saperli non è stato necessario affidarsi a google o ai resoconti strappalacrime di terze persone.
Non siamo compagni né camerati... e neanche amici.
Siamo fratelli.
Siamo uno che si specchia negli altri.
Non ci sono visi rubizzi e sorrisi a dentiera piena; e le rughe si vede chiaramente che non sono tutte dovute all'età.
Sciolto il primo ghiaccio, la domanda principale è quella che chiede la provenienza, e non ho mai capito perché. Come se il sapere da dove uno arriva possa indicare il perché si trova lì.
Il perché lo sappiamo, e molto bene.
Il 'come' è ancora un mistero. Forse un cromosoma, o una serie di spermatozoi a grappolo, seminati a casaccio, ci ha tutti ingravidati, senza distinzioni di genere.
Abbiamo ciascuno un ticket, un numero di entrata in base alla prenotazione.
Non abbiamo pagato quello sanitario allo sportello; per una fortuna sfacciata siamo tutti esentati da questo balzello, per invalidità acquisita. Penso all'invidia verde di chi invece deve pagare, e mi scompiscio a quel pensiero.
Nell'attesa dell'avanti un altro non ci scambiamo recapiti o numeri di telefono; sarebbero inutili orpelli che mai andremmo a consultare. Difficilmente ci rivedremo qui: al prossimo giro di controllo, vuoi per le cadenze diverse di appuntamento, vuoi per altro motivo, ci saranno altre persone, altri sconosciuti, altri fratelli.
Volevo solo rimarcare che se siamo qui è chiaro che siamo tutti combattenti, altrimenti uno, o tutti noi, avremmo messo in atto l'alternativa al credere già citato.
Vorrei buttare lì qualche nome di quelli che ce l'hanno fatta, che forse mai si sono trovati in una piccola saletta, in 'buona' compagnia, con in mano un ticket di rispetto del turno di visita...
Non lo faccio, poiché temo di sentirmi mandare educatamente a quel paese.
La guerra vera è qui, non nei salotti televisivi; qui si combatte veramente, non si fa passerella...
Qui le lacrime non si suscitano, non si provocano emozioni per il tempo di una trasmissione: le lacrime ci sono, altroché se ci sono, ma restano interne a ciascuno, in una condivisione muta e asciutta, per non rendere insopportabile agli altri il magone che ci strizza cuore e stomaco.

Il lato positivo delle esternazioni di vittoria è che lo scarafaggio, trascurato nell'infanzia e nell'adolescenza, riposiziona la sua autostima per l'inserimento nella lista dei vip 'privilegiati', fratelli anche loro, forse benestanti, pur essendo molto lontani da queste trincee.
Avrei preferito restare lo scarafaggio ignorato e trascurato anche in vecchiaia, invece di trovarmi oggi spiaccicato sotto lo stesso piede che, a calci nel sedere, non sempre virtuali, mi ha sospinto a questa età.
Il periodo dello stato interessante è finito, ma lo stato d'interesse permane. Sine die.



1 commento:

  1. è un bellissimo post, una testimonianza toccante che stampato e conservo, cosa che non avevo mai fatto prima d' ora da quando frequento il "web". Posso condividere nel mio blog?
    Grazie

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