mercoledì 19 ottobre 2022

Diciannove

'Diciannove' non è un freddo numero, anonimo, non è un numero qualunque. È una seconda decina mancata, incompleta, incompiuta.
Il diciannove è una pietra.

Oggi il 19 è una pietra storica... 

Nei giorni scorsi si è aperta la 19ª legislatura della Repubblica italiana e il fatto che sia comunemente indicata come "XIX Legislatura" riporta a un periodo in cui i numeri romani erano un completamento dell'anno solare, via via abbinati a questo come sigillo di una situazione ormai stabilizzata; i modi in cui questa stabilizzazione avvenne sono noti a tutti. 
A buona parte ignoti, da altri volutamente ignorati, da altra parte accantonati, da altra parte ancora mai rinnegati. Per una piccola minoranza quel lungo periodo fu il meglio che una Nazione potesse avere.
La storicità di questo numero, per come scritto in omaggio a consuetudini radicate, è stata confermata da un passaggio di consegne che, da solo, rende chiara un'assenza di sensibilità umana e politica che è un insulto alla già scarsa credibilità e dignità della politica stessa.
All'apertura della nuova legislatura la parte "vincente" ha imposto alla seconda carica dello Stato un fascitoide conclamato, non un neofita con la mente imbottita di una ideologia presentata come toccasana per un Paese in pre-fallimento. Il prescelto è uno che, oltre a non rinnegare il suo passato, di questo fa apertamente bandiera, arma comiziale per ricevere adesioni e applausi e voti.
Forse questa scelta sarebbe passata inosservata, anche perché l'alternativa avrebbe potuto essere quella di un personaggio molto chiacchierato, sia sul piano politico che su quello giudiziario, ancora di più sulla sua storia di vita personale. Quindi anche in quel caso la credibilità e la dignità della politica ne sarebbero state, comunque, ulteriormente pugnalate.
Forse la scelta del soggetto destinato a divenire presidente del Senato sarebbe passata, come già detto, inosservata, se non fosse stato noto a tutti che il passaggio del testimone era affidato dalla prassi a una persona che, per forza di età e di storia personale, sarebbe stata deputata all'apertura della legislatura in quel ramo del Parlamento.
Una persona con una Storia assai diversa da quella del senatore designato, anzi letteralmente agli antipodi. Nominata senatrice a vita, l'opposizione alla sua investitura era venuta dai sommi capi di due formazioni politiche; gli stessi che l'hanno "costretta" a offrire il prestigioso scranno a un individuo che offre tutti i motivi per ritenere questa XIX Legislatura un ritorno a un passato vergognoso.
Il fatto che su 200 senatori, ciascuno potenzialmente eleggibile, la scelta sia caduta proprio su questo personaggio dà alla nuova legislatura un'impronta chiaramente specifica.
Questo inizio della 19ª è una pietra, lanciata a futura, ulteriore, vergogna della nostra Storia.

Il 19 è una pietra tombale...

Era il 19 di giugno quando Angela aveva lasciato questo mondo, alle 7 del mattino, forse per non essere d'intralcio al traffico quotidiano che di lì a poco avrebbe preso il via.
Il giorno prima aveva compiuto gli anni... Se ne fosse andata due giorni prima, di lei si sarebbe detto che era prossima ai 72 anni, una 72enne che non aveva terminato del tutto il suo percorso. 
Così, invece, era in regola: aveva completato i suoi 72 anni, tondi, senza mesi o giorni in avanzo.
Circa un mese dopo l'intervento che ce l'aveva restituita, ufficialmente non più senziente, era venuto in camera il primario della struttura riabilitativa in cui era ricoverata, con il codazzo di assistenti, infermiere, portantini (così come ben raccontato da Sordi, primario della clinica Villa Celeste; peraltro senza gli eccessi comici di quel film) e l'aveva salutata con un affettuoso: 
"Come va oggi la nostra Angiolina?". 
Lei non aveva accettato quella confidenza e, freddamente, aveva risposto: 
"Angela, mi chiamo Angela, non amo i diminutivi!". 
Il primario aveva incassato e portato a casa. Noi eravamo rimasti con la lacrima asciutta agli occhi per una reazione che ci aveva, insperatamente, fatto sperare. Si era acceso un cerino, che ci aveva dato luce e calore per la possibilità balenata di un ritorno prossimo a realtà precedenti. Non andò così, era stato un falò di foglie secche, ma il ricordo di quella risposta così netta, così convinta, addolcisce ancora oggi le amarezze degli anni successivi e, infine, della sua partenza.
Negli anni precedenti, molto precedenti, ci si trovava talvolta a fare quei discorsi che (forse) si fanno tra innamorati. Ci chiedevamo a vicenda cosa avremmo fatto se lei od io fossimo morti, lasciando l'altro/a in vita. La risposta reciproca era che subito dopo avremmo seguito chi per primo avesse lasciato questo mondo. Discorsi infantili, da sciocchini innamorati, da piccioni che tubavano ignorando il tempo che passava. 
Quando aveva chiuso gli occhi per non riaprirli più io non c'ero; non potevo esserci perché, non per mia volontà, la stavo quasi per precedere in quell'ultima camminata. Poi mi sono ripreso, acciaccato ma vivo: non ho mantenuto quella "promessa" che ci eravamo fatti tante volte, non l'ho potuta mantenere perché altro mi tiene ancora legato a questa terra, e mi piace pensare che lei abbia capito e perdonato.

Il 19 è una pietra miliare...

Una di quelle pietre che indicano, in progressione, quanto percorso si è fatto su una ipotetica strada, verso un punto di arrivo del quale si è certi, ma di cui non è possibile sapere il 'quando' sarà raggiunto. Sulle antiche pietre miliari, nate in epoca romana, era indicata, a ogni miglio, la distanza dall'Urbe e il totale del cammino fatto per avvicinarsi a questa città. Era l'epoca della Roma caput mundi, che ha lasciato nei cittadini romani (con l'Italia appresso a questi) la credenza che essa sia ancora tale; e l'incuria ormai congenita della città viene quasi ritenuta retaggio del passato storico come a noi tramandato. Da salvaguardare, quanto e più dei reperti che la rendono unica a livello mondiale.
La mia pietra miliare è più concisa, non come me quando scrivo qualche riga di testo: indica solo il cammino percorso, non dà indicazioni su quanto manca all'arrivo.
E oggi, 19 di questo mese di ottobre, mi comunica che sono arrivato a un punto avanzato del cammino verso il traguardo. Ci fu un'epoca in cui questo punto di arrivo era prefissato all'anno 2000, per me e per molti miei coetanei; sembrava talmente lontano nel tempo, da apparire irraggiungibile.
È una pietra miliare un po' sbilenca, e non potrebbe essere altrimenti, ma riesce a stare ancora ritta, e già questo è un risultato inatteso, quasi una sorpresa visto quello che ho passato nel frattempo.
Mi ci siedo sopra e non guardo più al futuro, guardo indietro: la strada percorsa, nei ricordi, mi sembra breve, tanto questi sono ancora vivi. I ricordi sono la mia forza, qualunque siano, dolci o amari, lieti o tristi, dolorosi o gaudiosi.
Ho iniziato la mia vita tra anziani sconosciuti, a loro sconosciuto a mia volta: loro abbandonati, io pure. Non erano in grado di capire chi fosse e cosa ci facesse tra loro quel piccolo moccioso frignante; da parte mia non avevo la capacità di ritenere la vecchiaia un fatto anomalo nel piccolo mondo in cui ero stato accolto. Loro ed io, insieme per un atto di carità.
Non posso dire se la mia infanzia (e la seguente adolescenza) sia stato un periodo felice: fino a una quindicina d'anni non ho avuto un metro di raffronto diretto con quello che era a tutti gli effetti un mondo esterno, lontano, sconosciuto, eppure così prossimo. Per toccare con mano, per vedere, per capire quanto fosse diverso ho dovuto arrivare nei pressi della maggiore età; ed erano passate le prime venti miglia.
In quegli anni di 'domicilio coatto' sono stato calzato, vestito e pasciuto quel tanto sufficiente alla copertura dei piedi e del corpo, nonché al riempimento di uno stomaco sempre affamato. Inoltre mi sono stati insegnati due mestieri, uno lasciato a favore del secondo, che dava più certezze.
Il primo, mestiere finito, lo avevo accantonato per le poche possibilità che offriva in vista di una vita indipendente e dignitosa: lavoro sì, molto e richiesto, ma avevo preso atto che, con quanto avessi guadagnato, a malapena sarei sopravvissuto una settimana, in mesi che già allora di settimane ne prevedevano almeno quattro. 
Così, di punto in bianco, avevo lasciato quella prima scelta, accettando di restare ancora in stato coattivo il tempo per apprenderne un altro. Che è quello che mi ha poi consentito di camminare, abbastanza spedito, sulla via che mi era stata indicata da un sistema educativo ampiamente religioso, ma che non rinnegava la praticità di una vita manuale che desse da vivere. 

Oggi sono orgoglioso di ogni anno vissuto, di tutti e di ciascuno rivivo i ricordi; di questi sorrido, mi emoziono, sovente mi commuovo, talvolta mi irrito per situazioni che mi avevano fatto alterare in passato... Ho fatto tutto quello che destino mi ha invitato a fare, visto che di programmato non c'era nulla. Con un rimpianto: di non avere potuto studiare per mancanza di possibilità oggettive.
Oltre il mestiere, appreso per sopravvivere, nella vita ho imparato ad apprezzare alcune cose che, con i ricordi, sono la mia ricchezza personale, con un valore che non ha prezzo e non ha mercato.
Ho imparato che la gratitudine è un sentimento da stampigliare nel cuore e nella mente: a suo tempo ho avuto senza chiedere, e, in seguito, nessuno di coloro che mi hanno aiutato nella crescita ha chiesto di ricambiare quanto datomi.
Ho imparato che l'amore è vero quando ci si trova nella condizione di sapere che non è, non può essere, ricambiato. Negli ultimi cinque anni della sua vita, mi sono reso conto di amare Angela forse più che nei circa quarantacinque precedenti: quando credevo di avere la certezza che lei non fosse più in grado di capire, di ricambiare quell'amore. Per tanti anni avevo amato il suo corpo, in quell'ultimo periodo so di avere amato la sua anima. E la sua assenza mentale non mi era di peso... c'era lei, e tanto mi bastava.
Ho imparato a vivere con ironia, pur non avendo un passato giovanile che la giustificasse. Ironia, quasi mai sarcasmo; questo dedicato alle prepotenze, alle violazioni del vivere civile, purtroppo frequenti a tutti i livelli del quotidiano.
E ho imparato a pedalare in bicicletta, e a nuotare: ho pedalato per 81 anni, ho nuotato sempre in stile libero, pedalando e sbracciandomi in acque non sempre pure, talvolta melmose, altre letteralmente putride... credo sia ora di cominciare a nuotare supino, ferme le braccia e le gambe, fissando l'azzurro del cielo, quando tale sia. 
E quando scenderà la notte cercherò nel cielo buio una stella pulsante, che mi porterà a sussurrare un sostantivo che in questi tanti anni di vita non ho mai potuto usare: mamma!

Senza fretta, però: ho atteso l'evento per tutti questi anni, non mi dispiacerebbe aspettare ancora per almeno altrettanti, rinunciando ai canonici 'cento' che sono base di augurio per ogni compleanno. Credo che la vita sia bella finché è vissuta; non sono un patito dell'eternità, anche perché, parafrasando il Magnifico, dell'Aldilà non v'è certezza...  

martedì 4 ottobre 2022

Historia triste di parcheggi 1982/2022

Questo è un post un po' (tanto) anomalo. Non parla di racconti ameni, di commento a letture, di ricchi premi e cotillons, ma di un evento ancora in corso che mi trova coinvolto, pur essendo lontano dai miei interessi personali. È il racconto di un atto di prepotenza stupido, gratuito, foriero di sviluppi non prevedibili. Quindi chi dovesse malauguratamente leggere questo resoconto lo faccia con un occhio benevolo verso un vecchio imbecille che invece di stare bello bello in giardino o in cammino sul lungomare si fa carico di una grana che non gli appartiene. Grazie.

Prima di addentrarci nel racconto dettagliato dei fatti inerenti il titolo è opportuna una premessa. 

Premessa
La legge Ponte n. 765/67 aveva stabilito che nelle nuove costruzioni fossero riservati appositi spazi destinati a parcheggio, in misura non inferiore a 1 mq per ogni 10 mc di costruzione. Dal 1° settembre 1967 tutte le nuove costruzioni, per ottenere il provvedimento edilizio, avrebbero dovuto obbligatoriamente prevedere queste aree. Le successive modifiche apportate dalle leggi 17/85 e 122/89 avevano confermato l'indirizzo della precedente citata.
Per quello che riguarda il palazzo di cui parlerò, nato nell'82, cresciuto e pasciuto negli anni successivi, quella legge non è più richiamabile, poiché ormai prescritta. 
Stavamo passando un periodo di relativa tranquillità condominiale, quando...

I. - Misteri misteriosi
Per capire meglio quello di cui si parlerà, inserisco una planimetria, leggendone i dati.

All'art. 3 del regolamento di condominio si legge: "I diritti di ciascun partecipante sulle cose comuni sono espressi in millesimi nelle tabelle allegate al presente Regolamento di Condominio".
Del sub 22 dirò più avanti, il sub 35 riguarda il corridoio di accesso all'androne, le scale e i diversi pianerottoli di accesso alle singole abitazioni. Il 33 è riferito all'attività commerciale.
Tutti i sub del piano terra e di questo primo piano risultano assegnati in ciascuna ripartizione delle tabelle millesimali.
Quasi tutti: infatti dei sub 20 e 21 non risulta traccia in nessuna delle 15 ripartizioni. Eppure c'è la certezza visiva che esistono, sono calpestati ogni giorno...

Ci viene in aiuto il frontespizio delle tabelle millesimali, al secondo capoverso della parte "2 -  Descrizione dell'edificio". Da cui si evince che le due particine ignote sono presenti alla voce "Le parti comuni sono costituite da":


Oltre alle ovvie parti dell'unica entrata dal palazzo, delle scale e di quanto ad esse collegato, anche la sub 21 risulta 'parte comune' del condominio; che, tornando all'art. 1 (Parti comuni) recita: "Sono di proprietà comune ed indivisibile ed inalienabile fra i proprietari di tutti gli appartamenti e dell'unità commerciale".
La sub 19 risulta assegnata a un appartamento del secondo piano, forse regolarmente rogitata e inserita nei millesimi della stessa. La sub 20, indicata come posto auto, risulta inserita nelle parti comuni; diciamo che non ha una paternità definita. Anche qui, questa, ha suscitato in passato blande polemiche, accantonate per quieto vivere.
Nella distinta di specifica della planimetria, relativamente alle sub in cui si legge, qui malamente: la 20 posto auto scoperto, la 21 AREA URBANA. La prima l'ho capita, la seconda meno, anzi proprio no. Anche la 22, nella striscia di specifica (del 1° ottobre u.s.) risulta come area urbana, pur essendo stata fagocitata dall'attività commerciale... 



Ed è proprio la sub 21 l'oggetto principale di questa chiacchierata. Infatti da 40 anni a luglio scorso, quindi addirittura da prima della vicenda raccontata nel capitolo precedente, questo spazio è stato a disposizione di chi, chiunque, riuscisse a trovare un posto dove sostare o parcheggiare, senza avere mai suscitato recriminazioni da parte di alcuno dei condomini che in questi decenni se ne sono serviti. A nessuno è mai venuto in mente di sentenziare "questo posto è mio" manco si trattasse della corona reale del 'guai a chi la tocca!'.
Questo fino al pomeriggio del 24 settembre scorso, quando il figlio del costruttore ha deciso che questo spazio era suo, e che era sua intenzione piazzare un fittone metallico per indicare l'esclusività di quel parcheggio, a favore di una famiglia cui ha affittato l'appartamento di sua proprietà. Al timido accenno che forse non poteva fare quell'operazione senza avere perlomeno consultato l'Amministratore, era esploso con fare minaccioso, invitando espressamente alla denuncia legale. E aveva completato l'esproprio. Così, rendendo il posto auto inagibile, dopo i 40 anni di uso comune, ininterrotto e mai contestato. Di fatto rompendo quella quiete già citata, con il risultato che con la smossa delle acque, si raccoglierà qualunque cosa venga a galla.

Pare che prima di procedere avesse interpellato un altro condomino, offrendogli il posto auto rimasto, avendo tra l'altro già acquistato un secondo fittone in modo da chiudere i due posti a loro esclusivo uso; sempre con la ferma convinzione del "questo e mio e lo gestisco io". Il condomino, dubbioso, che peraltro sarebbe stato interessato, aveva rifiutato invitandolo a informarsi bene prima di mettere in atto l'opera.
E, parlando di parcheggi, non poteva non tornare in campo la vicenda dei posti auto nel cortile interno. Che, salvo ripensamenti dell'espropriante attualmente improbabili, sarà accorpata all'intervento legale su questo maledetto sub 21.
Nel frattempo era intervenuto l'Amministratore che, con decisione autonoma vista come atto dovuto, dice di avere inviato una diffida, con sollecito alla rimozione di quanto installato senza la preventiva approvazione della dell'assemblea; il cui parere negativo sarebbe stato  comunque (ma anche qui, forse) scontato.

Sotto la macchina nell'immagine a destra è posizionato il fittone segnaposto, ovviamente abbassato e non visibile. Nello spazio libero, secondo la versione del soggetto sarebbe possibile attuare l'offerta al condomino, da questi rifiutata.
Era intervenuto il padre, a sua detta ignaro delle intenzioni del figlio che, sempre a suo dire, lo avrebbe sconsigliato. Un modo un po' ambiguo di prendere le distanze; infatti aveva dichiarato di essere stato avvisato dalla figlia di quanto il fratello stava già facendo. In realtà, non essendoci molto traffico in giro, si sa che lui in prima persona si era recato da un pensionato suo parente per invitarlo a procedere alla installazione del blocca posto.
Per poi avanzare successivamente l'ipotesi di conferma della chiusura del secondo posto auto, "fermo restando il passaggio pedonale per l'ingresso al palazzo stesso".
Verrebbe da dire "bontà sua!... Chiaramente ci sarebbe il posto per un'autostrada con transito di Tir...

Ecco, siamo alla fine del racconto. Verrà quanto prima indetta un'assemblea che all'ordine del giorno, presumibilmente al primo punto, vedrà l'affidamento a un legale, in vista del ricorso a un giudice per far rimuovere l'abuso e, ma questo la controparte ancora non lo sa, per riesumare il diritto al posto auto dei condomini nel famoso cortile interno. Ci sono buone possibilità che andrà deserta, ovvero che affiderà a deleghe il disbrigo della faccenda.
Tra indifferenti, partigiani, non interessati, quasi sicuramente mancheranno i millesimi necessari per la validazione della stessa; ovvero che i millesimi dei contrari superino quelli dei favorevoli all'affidamento legale della cosa.
Siamo un Paese in cui l'evidenza della ragione non è sufficiente ad ottenerla. Ci sono paletti para burocratici che alla fine l'avere ragione,pur con tutte le pezze di appoggio, diventa un'utopia. 

II. - Così è, che piaccia o meno

Nella fase della vendita delle singole abitazioni, a far data dal 1982, forse anche per il fatto che queste venivano acquistate da persone non residenti, quindi in presenza sporadica, il problema dei parcheggi non era stato preso nella dovuta considerazione. Così come venne trascurata l'obbligatorietà, ope legis, dell'assegnazione obbligatoria di un posto auto a ciascun atto di compravendita.
A parte il fatto che del rispetto del dettato le autorità preposte al rilascio della concessione edilizia se ne erano fatte allegramente un baffo...
Il proprietario, da parte sua (al di là dell'inadempienza dell'obbligo) assicurava i nuovi acquirenti sulla possibilità di parcheggio in tutta la lunghezza della linea stradale che costeggiava l'edificio. Inoltre erano disponibili due posti auto nel piccolo piazzale di accesso all'entrata del palazzo. 
Il costruttore si era riservato un ampio locale a piano strada che comprendeva per intero la stessa linea stradale, in attesa di una destinazione d'uso ancora da definire. (Questo tratto di strada/parcheggio verrà indicato al sub 22, che all'atto della creazione delle tabelle millesimali fu accreditato, appunto, alla destinazione d'uso, definita come attività commerciale). 
Chiarita la destinazione finale, un posto di ristoro, si era presentato il problema di sloggiare da quella linea di parcheggio gli altri proprietari, in modo da avere libero accesso al locale e dare uno spazio di sosta ai clienti dello stesso.
Aveva quindi proposto, il titolare di quell'attività, a tutti gli interessati di parcheggiare in un cortile interno, sul retro di un panificio adiacente, di sua proprietà. Proposta a livello verbale, accettata sulla parola fino al 1° ottobre 2001.
Nella prima assemblea condominiale del 25/03/2001 veniva costituito il Condominio. Nella stessa veniva programmata l'emissione delle Tabelle millesimali e del Regolamento. Nelle more, veniva stabilito un periodo ponte in cui le quote condominiali sarebbero state suddivise pari quota per ciascuna e tutte le unità del palazzo.
A quella data risale infatti la costituzione ufficiale del Condominio, cui venne data l'intestazione del costruttore e proprietario dell'attività commerciale.
Le tabelle e il regolamento videro la luce il 1° ottobre dello stesso anno. Le prime redatte da un tecnico di fiducia del costruttore, e il secondo a norma dell'art. 1138 c.c. in sede assembleare. In quella prima assemblea condominiale fu proclamato presidente lo stesso costruttore/proprietario, che con gli altri condomini presenti, appose la firma di visione, approvazione e accettazione in ogni foglio dell'elaborato, di quanto era sancito nello stesso.
In quel regolamento, all'art. 1 vennero indicate le parti comuni del palazzo, tra le quali fu espressamente indicato, in chiusa del comma a) "... e il cortile interno adibito a parcheggio".
Per rimarcare meglio che sul do ut des in atto non ci fossero dubbi, all'art. 2 era specificato che "L'area prospicente l'unità commerciale è di proprietà dell'unità commerciale".
Il che aveva portato all'art. 6 che, al comma 1. specificava: "Ad ogni unità abitativa è assegnato un posto auto nel cortile interno. Il possesso di più autovetture non dà diritto... È vietato il parcheggio a mezzi di misura e portata superiori alla definizione comune di 'autovettura' o che comunque rechino pregiudizio alle manovre o agli spazi di parcheggio dei singoli condomini".
Allo stesso art. 6 comma 3.: "È consentito il ricovero (nella zona di disimpegno dei garages) di cicli e motocicli dei condomini, nel rispetto degli spazi di manovra entrata/uscita dai box di proprietà o da manovre di emergenza o servizio".
Quindi dalla proposta verbale antica si era passati allo scripta manent qui citate, che di fatto hanno creato una servitù sul cortile interno a favore delle unità abitative del caseggiato.
Diritto cancellato unilateralmente pochi anni fa, col passaggio della gestione del forno alla figlia del proprietario. Unilateralmente e in modo affatto lecito: la differenza tra la parola e lo scritto sta, appunto, nel fatto che verba volant (le parole volano, soprattutto se non si è 'di parola', come s'usa dire), mentre, sempre appunto, le scripta manent (lo scritto resta, a meno di accordi che ne revochino il valore; e sempre che tutti gli interessati accettino tale cancellazione). E la figlia aveva chiuso il cancello, facendoci parcheggiare solo chi le aggarbava, o per simpatia o anche solo perché clienti assidui del forno ormai suo.
Per il classico quieto vivere, nessuno si era presa la briga di protestare più di tanto per questo sopruso. E i proprietari di appartamenti di quel complesso si arrangiarono, chi trovando posto lungo la strada (mai davanti al ristorante), chi altrove, dove non so.
Certo, visti svariati precedenti (il ministro che firma un decreto legge in piena notte, salvo ritirarlo l'indomani giustificandosi con il fatto di avere firmato senza averlo letto; ovvero il parlamentare che si era trovato "a sua insaputa" proprietario di un attico prestigioso nel centro della capitale; ovvero ancora quell'alto prelato che aveva proceduto alla ristrutturazione di altrettanto attico vista Vaticano, ignorando che i soldi spesi provenissero dalle casse del noto ospedale per bambini della capitale...), nel nostro piccolo il diretto interessato potrebbe (potrà?) giustificarsi dicendo di avere firmato poiché gli fu chiesto di firmare, senza avere ben capito cosa andasse a firmare. E, in caso di contestazione, qualunque giudice darebbe (darà?) atto alla sua buona fede, dando sentenza di cancellazione degli articoli incriminati... Forse.
Il quieto vivere è stato interrotto da un intervento del figlio del costruttore, strano nelle modalità dell'esecuzione e nelle sue motivazioni e nella sua prepotenza. 
Peraltro, quando si muove la fanghiglia non è detto che spuntino solo innocui ranocchi; talvolta vengono alla luce cose che si credevano sepolte o che erano state volutamente ignorate. Appunto per quieto vivere.



Il mio guaio è di essere un bilancino, infatti in tutto il palazzo sono l'unico a non essere interessato alla vicenda. A cavallo degli anni novanta mi sono fatto un parcheggio tutto mio, togliendo un po' di spazio al giardino, entrambi con accesso diretto dall'abitazione. Inoltre a suo tempo, con l'alloggio, avevo acquistato un box dove, stringendosi un pochetto, ci potevano entrare un paio di utilitarie. E nonostante ciò, sono e sarò sempre in primissima fila per ottenere giustizia. Dice un antico e poco noto adagio: se pesti la zampa al gatto, non ti lamentare se lui caccia le unghie.