Historia triste di parcheggi 1982/2022

Questo è un post un po' (tanto) anomalo. Non parla di racconti ameni, di commento a letture, di ricchi premi e cotillons, ma di un evento ancora in corso che mi trova coinvolto, pur essendo lontano dai miei interessi personali. È il racconto di un atto di prepotenza stupido, gratuito, foriero di sviluppi non prevedibili. Quindi chi dovesse malauguratamente leggere questo resoconto lo faccia con un occhio benevolo verso un vecchio imbecille che invece di stare bello bello in giardino o in cammino sul lungomare si fa carico di una grana che non gli appartiene. Grazie.

Prima di addentrarci nel racconto dettagliato dei fatti inerenti il titolo è opportuna una premessa. 

Premessa
La legge Ponte n. 765/67 aveva stabilito che nelle nuove costruzioni fossero riservati appositi spazi destinati a parcheggio, in misura non inferiore a 1 mq per ogni 10 mc di costruzione. Dal 1° settembre 1967 tutte le nuove costruzioni, per ottenere il provvedimento edilizio, avrebbero dovuto obbligatoriamente prevedere queste aree. Le successive modifiche apportate dalle leggi 17/85 e 122/89 avevano confermato l'indirizzo della precedente citata.
Per quello che riguarda il palazzo di cui parlerò, nato nell'82, cresciuto e pasciuto negli anni successivi, quella legge non è più richiamabile, poiché ormai prescritta. 
Stavamo passando un periodo di relativa tranquillità condominiale, quando...

I. - Misteri misteriosi
Per capire meglio quello di cui si parlerà, inserisco una planimetria, leggendone i dati.

All'art. 3 del regolamento di condominio si legge: "I diritti di ciascun partecipante sulle cose comuni sono espressi in millesimi nelle tabelle allegate al presente Regolamento di Condominio".
Del sub 22 dirò più avanti, il sub 35 riguarda il corridoio di accesso all'androne, le scale e i diversi pianerottoli di accesso alle singole abitazioni. Il 33 è riferito all'attività commerciale.
Tutti i sub del piano terra e di questo primo piano risultano assegnati in ciascuna ripartizione delle tabelle millesimali.
Quasi tutti: infatti dei sub 20 e 21 non risulta traccia in nessuna delle 15 ripartizioni. Eppure c'è la certezza visiva che esistono, sono calpestati ogni giorno...

Ci viene in aiuto il frontespizio delle tabelle millesimali, al secondo capoverso della parte "2 -  Descrizione dell'edificio". Da cui si evince che le due particine ignote sono presenti alla voce "Le parti comuni sono costituite da":


Oltre alle ovvie parti dell'unica entrata dal palazzo, delle scale e di quanto ad esse collegato, anche la sub 21 risulta 'parte comune' del condominio; che, tornando all'art. 1 (Parti comuni) recita: "Sono di proprietà comune ed indivisibile ed inalienabile fra i proprietari di tutti gli appartamenti e dell'unità commerciale".
La sub 19 risulta assegnata a un appartamento del secondo piano, forse regolarmente rogitata e inserita nei millesimi della stessa. La sub 20, indicata come posto auto, risulta inserita nelle parti comuni; diciamo che non ha una paternità definita. Anche qui, questa, ha suscitato in passato blande polemiche, accantonate per quieto vivere.
Nella distinta di specifica della planimetria, relativamente alle sub in cui si legge, qui malamente: la 20 posto auto scoperto, la 21 AREA URBANA. La prima l'ho capita, la seconda meno, anzi proprio no. Anche la 22, nella striscia di specifica (del 1° ottobre u.s.) risulta come area urbana, pur essendo stata fagocitata dall'attività commerciale... 



Ed è proprio la sub 21 l'oggetto principale di questa chiacchierata. Infatti da 40 anni a luglio scorso, quindi addirittura da prima della vicenda raccontata nel capitolo precedente, questo spazio è stato a disposizione di chi, chiunque, riuscisse a trovare un posto dove sostare o parcheggiare, senza avere mai suscitato recriminazioni da parte di alcuno dei condomini che in questi decenni se ne sono serviti. A nessuno è mai venuto in mente di sentenziare "questo posto è mio" manco si trattasse della corona reale del 'guai a chi la tocca!'.
Questo fino al pomeriggio del 24 settembre scorso, quando il figlio del costruttore ha deciso che questo spazio era suo, e che era sua intenzione piazzare un fittone metallico per indicare l'esclusività di quel parcheggio, a favore di una famiglia cui ha affittato l'appartamento di sua proprietà. Al timido accenno che forse non poteva fare quell'operazione senza avere perlomeno consultato l'Amministratore, era esploso con fare minaccioso, invitando espressamente alla denuncia legale. E aveva completato l'esproprio. Così, rendendo il posto auto inagibile, dopo i 40 anni di uso comune, ininterrotto e mai contestato. Di fatto rompendo quella quiete già citata, con il risultato che con la smossa delle acque, si raccoglierà qualunque cosa venga a galla.

Pare che prima di procedere avesse interpellato un altro condomino, offrendogli il posto auto rimasto, avendo tra l'altro già acquistato un secondo fittone in modo da chiudere i due posti a loro esclusivo uso; sempre con la ferma convinzione del "questo e mio e lo gestisco io". Il condomino, dubbioso, che peraltro sarebbe stato interessato, aveva rifiutato invitandolo a informarsi bene prima di mettere in atto l'opera.
E, parlando di parcheggi, non poteva non tornare in campo la vicenda dei posti auto nel cortile interno. Che, salvo ripensamenti dell'espropriante attualmente improbabili, sarà accorpata all'intervento legale su questo maledetto sub 21.
Nel frattempo era intervenuto l'Amministratore che, con decisione autonoma vista come atto dovuto, dice di avere inviato una diffida, con sollecito alla rimozione di quanto installato senza la preventiva approvazione della dell'assemblea; il cui parere negativo sarebbe stato  comunque (ma anche qui, forse) scontato.

Sotto la macchina nell'immagine a destra è posizionato il fittone segnaposto, ovviamente abbassato e non visibile. Nello spazio libero, secondo la versione del soggetto sarebbe possibile attuare l'offerta al condomino, da questi rifiutata.
Era intervenuto il padre, a sua detta ignaro delle intenzioni del figlio che, sempre a suo dire, lo avrebbe sconsigliato. Un modo un po' ambiguo di prendere le distanze; infatti aveva dichiarato di essere stato avvisato dalla figlia di quanto il fratello stava già facendo. In realtà, non essendoci molto traffico in giro, si sa che lui in prima persona si era recato da un pensionato suo parente per invitarlo a procedere alla installazione del blocca posto.
Per poi avanzare successivamente l'ipotesi di conferma della chiusura del secondo posto auto, "fermo restando il passaggio pedonale per l'ingresso al palazzo stesso".
Verrebbe da dire "bontà sua!... Chiaramente ci sarebbe il posto per un'autostrada con transito di Tir...

Ecco, siamo alla fine del racconto. Verrà quanto prima indetta un'assemblea che all'ordine del giorno, presumibilmente al primo punto, vedrà l'affidamento a un legale, in vista del ricorso a un giudice per far rimuovere l'abuso e, ma questo la controparte ancora non lo sa, per riesumare il diritto al posto auto dei condomini nel famoso cortile interno. Ci sono buone possibilità che andrà deserta, ovvero che affiderà a deleghe il disbrigo della faccenda.
Tra indifferenti, partigiani, non interessati, quasi sicuramente mancheranno i millesimi necessari per la validazione della stessa; ovvero che i millesimi dei contrari superino quelli dei favorevoli all'affidamento legale della cosa.
Siamo un Paese in cui l'evidenza della ragione non è sufficiente ad ottenerla. Ci sono paletti para burocratici che alla fine l'avere ragione,pur con tutte le pezze di appoggio, diventa un'utopia. 

II. - Così è, che piaccia o meno

Nella fase della vendita delle singole abitazioni, a far data dal 1982, forse anche per il fatto che queste venivano acquistate da persone non residenti, quindi in presenza sporadica, il problema dei parcheggi non era stato preso nella dovuta considerazione. Così come venne trascurata l'obbligatorietà, ope legis, dell'assegnazione obbligatoria di un posto auto a ciascun atto di compravendita.
A parte il fatto che del rispetto del dettato le autorità preposte al rilascio della concessione edilizia se ne erano fatte allegramente un baffo...
Il proprietario, da parte sua (al di là dell'inadempienza dell'obbligo) assicurava i nuovi acquirenti sulla possibilità di parcheggio in tutta la lunghezza della linea stradale che costeggiava l'edificio. Inoltre erano disponibili due posti auto nel piccolo piazzale di accesso all'entrata del palazzo. 
Il costruttore si era riservato un ampio locale a piano strada che comprendeva per intero la stessa linea stradale, in attesa di una destinazione d'uso ancora da definire. (Questo tratto di strada/parcheggio verrà indicato al sub 22, che all'atto della creazione delle tabelle millesimali fu accreditato, appunto, alla destinazione d'uso, definita come attività commerciale). 
Chiarita la destinazione finale, un posto di ristoro, si era presentato il problema di sloggiare da quella linea di parcheggio gli altri proprietari, in modo da avere libero accesso al locale e dare uno spazio di sosta ai clienti dello stesso.
Aveva quindi proposto, il titolare di quell'attività, a tutti gli interessati di parcheggiare in un cortile interno, sul retro di un panificio adiacente, di sua proprietà. Proposta a livello verbale, accettata sulla parola fino al 1° ottobre 2001.
Nella prima assemblea condominiale del 25/03/2001 veniva costituito il Condominio. Nella stessa veniva programmata l'emissione delle Tabelle millesimali e del Regolamento. Nelle more, veniva stabilito un periodo ponte in cui le quote condominiali sarebbero state suddivise pari quota per ciascuna e tutte le unità del palazzo.
A quella data risale infatti la costituzione ufficiale del Condominio, cui venne data l'intestazione del costruttore e proprietario dell'attività commerciale.
Le tabelle e il regolamento videro la luce il 1° ottobre dello stesso anno. Le prime redatte da un tecnico di fiducia del costruttore, e il secondo a norma dell'art. 1138 c.c. in sede assembleare. In quella prima assemblea condominiale fu proclamato presidente lo stesso costruttore/proprietario, che con gli altri condomini presenti, appose la firma di visione, approvazione e accettazione in ogni foglio dell'elaborato, di quanto era sancito nello stesso.
In quel regolamento, all'art. 1 vennero indicate le parti comuni del palazzo, tra le quali fu espressamente indicato, in chiusa del comma a) "... e il cortile interno adibito a parcheggio".
Per rimarcare meglio che sul do ut des in atto non ci fossero dubbi, all'art. 2 era specificato che "L'area prospicente l'unità commerciale è di proprietà dell'unità commerciale".
Il che aveva portato all'art. 6 che, al comma 1. specificava: "Ad ogni unità abitativa è assegnato un posto auto nel cortile interno. Il possesso di più autovetture non dà diritto... È vietato il parcheggio a mezzi di misura e portata superiori alla definizione comune di 'autovettura' o che comunque rechino pregiudizio alle manovre o agli spazi di parcheggio dei singoli condomini".
Allo stesso art. 6 comma 3.: "È consentito il ricovero (nella zona di disimpegno dei garages) di cicli e motocicli dei condomini, nel rispetto degli spazi di manovra entrata/uscita dai box di proprietà o da manovre di emergenza o servizio".
Quindi dalla proposta verbale antica si era passati allo scripta manent qui citate, che di fatto hanno creato una servitù sul cortile interno a favore delle unità abitative del caseggiato.
Diritto cancellato unilateralmente pochi anni fa, col passaggio della gestione del forno alla figlia del proprietario. Unilateralmente e in modo affatto lecito: la differenza tra la parola e lo scritto sta, appunto, nel fatto che verba volant (le parole volano, soprattutto se non si è 'di parola', come s'usa dire), mentre, sempre appunto, le scripta manent (lo scritto resta, a meno di accordi che ne revochino il valore; e sempre che tutti gli interessati accettino tale cancellazione). E la figlia aveva chiuso il cancello, facendoci parcheggiare solo chi le aggarbava, o per simpatia o anche solo perché clienti assidui del forno ormai suo.
Per il classico quieto vivere, nessuno si era presa la briga di protestare più di tanto per questo sopruso. E i proprietari di appartamenti di quel complesso si arrangiarono, chi trovando posto lungo la strada (mai davanti al ristorante), chi altrove, dove non so.
Certo, visti svariati precedenti (il ministro che firma un decreto legge in piena notte, salvo ritirarlo l'indomani giustificandosi con il fatto di avere firmato senza averlo letto; ovvero il parlamentare che si era trovato "a sua insaputa" proprietario di un attico prestigioso nel centro della capitale; ovvero ancora quell'alto prelato che aveva proceduto alla ristrutturazione di altrettanto attico vista Vaticano, ignorando che i soldi spesi provenissero dalle casse del noto ospedale per bambini della capitale...), nel nostro piccolo il diretto interessato potrebbe (potrà?) giustificarsi dicendo di avere firmato poiché gli fu chiesto di firmare, senza avere ben capito cosa andasse a firmare. E, in caso di contestazione, qualunque giudice darebbe (darà?) atto alla sua buona fede, dando sentenza di cancellazione degli articoli incriminati... Forse.
Il quieto vivere è stato interrotto da un intervento del figlio del costruttore, strano nelle modalità dell'esecuzione e nelle sue motivazioni e nella sua prepotenza. 
Peraltro, quando si muove la fanghiglia non è detto che spuntino solo innocui ranocchi; talvolta vengono alla luce cose che si credevano sepolte o che erano state volutamente ignorate. Appunto per quieto vivere.



Il mio guaio è di essere un bilancino, infatti in tutto il palazzo sono l'unico a non essere interessato alla vicenda. A cavallo degli anni novanta mi sono fatto un parcheggio tutto mio, togliendo un po' di spazio al giardino, entrambi con accesso diretto dall'abitazione. Inoltre a suo tempo, con l'alloggio, avevo acquistato un box dove, stringendosi un pochetto, ci potevano entrare un paio di utilitarie. E nonostante ciò, sono e sarò sempre in primissima fila per ottenere giustizia. Dice un antico e poco noto adagio: se pesti la zampa al gatto, non ti lamentare se lui caccia le unghie.    

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