Una storia calabrese (seconda parte)
A parte i decessi, la vita nel nuovo paese e nella nuova casa si era instradata bene. Qualche momento di trepidazione per la scadenza dei pagamenti, ma niente di che preoccuparsi; a posteriori non erano neanche da definire sacrifici veri e propri.
Il mio lavoro mi teneva lontano da casa per giorni, ma le "ragazze" se la cavavano benissimo. Non c'erano ancora i cellulari, che sicuramente avrebbero attenuato la preoccupazione costante; era prevista una chiamata al giorno, di sera, per scambiarci le notizie del giorno e i saluti.
Nel 1985 era uscito un condono edilizio, per quanto ne so il primo di una serie di una serie infinita. Ne avevo sentito parlare, ma ero sicuro di non dovermi preoccupare, per cui me ne interessavo più per curiosità che per necessità.
Gli allacci di acqua e luce risultavano regolari; la fognatura no, poiché il paese alla marina era stato costruito ex novo senza rete fognaria. Al borgo vecchio, nella zona collinare interna, manco a pensarci... L'imposta sui rifiuti aveva preso prontamente l'avvio, per cui mi sentivo in una botte di ferro...
Una volta registrato il rogito, in catasto il nostro alloggio era stato classificato categoria A3 classe 4, mentre tutte le altre abitazioni del palazzo risultavano in classe 3. Avevo fatto ricorso contro quella che ritenevo discriminante non giustificata.
Respinto, inammissibile.
Così mi ero trovato a dover pagare (l'Ici prima e l'Imu poi) una quota maggiorata nei confronti degli altri condomini, fino alla legge che dava l'esenzione per la prima casa. Pazienza.
A forza di sentir parlare di 'condoni' concessi a pioggia, mi era venuto il dubbio se fossi in regola o meno. E, purtroppo, il nostro alloggio non lo era: il costruttore, per aderire a quanto a suo tempo da me richiesto, aveva fatto un cambio di destinazione d'uso del locale, presentandolo nel rogito come alloggio regolare, citando come supporto il codice della concessione edilizia del palazzo nel suo complesso.
L'ignoranza (o la connivenza?) del notaio e dell'amministrazione comunale dell'epoca avevano 'regolarizzato' una vendita altrimenti non fattibile. Inguaiando me, affatto pratico di queste vicende.
Anche qui, pazienza: cosa fatta capo ha. In fondo, mi ero detto, la casa ce l'abbiamo, corrisponde in tutto a quanto volevo, è inserita in un palazzo per cui sarebbe impossibile un ordine di demolizione... facciamo 'sto benedetto condono e pace sia.
21/04/1986: avevo affidato a un tecnico il disbrigo delle pratiche necessarie, avevo pagato quanto richiesto, mi aveva anticipato che sarebbe stata una cosa lunga, ma una volta avviata (già solo per il fatto di esserlo) mi avrebbe messo in salvo da pressioni fiscali o altro. Era necessario acquisire diverse liberatorie previste dalla relativa legge, vari step che avrebbero portato quanto prima alla chiusura della vicenda.
Era stato un periodo piuttosto intenso, con accadimenti che si accavallavano, un po' cercati, un po' casuali, un po' così è...
Fronte casa c'erano due piccoli appezzamenti di terreno, con due proprietà differenti, semi abbandonati, curati da due anziani. Uno scendeva, una volta ogni tanto, dal borgo vecchio, per raccogliere le zucche che crescevano senza necessità di cure, l'altro stava alla marina, ma quel pezzetto di terra evidentemente gli interessava poco. I due 'giardinetti' erano classificati come uliveti ma, essendo al centro di una contrada, risultavano come "area fabbricabile" con indice 3.
A detta di chi ne sapeva si trattava di un indice buono, anzi ottimo, in grado di attirare le attenzioni di qualche imprenditore edile. Quei terreni avevano un difetto: erano proprio davanti casa nostra, disposti su due livelli, terrazzati da muretti a secco che ne segnavano i confini a scalare di circa 3 metri, paralleli e squadrati giusto quanto casa nostra.
Una costruzione, per bassa che fosse, ci avrebbe tolto la vista mare e, se poco più alti, anche la luce... Così avevamo deciso per l'acquisto di entrambi. Problemi ereditari di uno dei due cedenti (residente in sudamerica, aveva fatto avere la delega alla vendita al suo parente, quello che sporadicamente veniva a zappettare il terreno) avevano rallentato le pratiche notarili, ma alla fine ce l'avevamo fatta.
Aree edificabili, con ottimo indice, acquistate per impedire la costruzione di alcunché. Ci abbiamo pagato per anni la tassa relativa, tra l'altro creando un polmone verde perenne per la contrada. I lavori per la recinzione, per la sostituzione dei muretti a secco, per la creazione di una zona parcheggio, la sistemazione della stradella di accesso... ci avevano visti impegnati per diversi mesi, per cui anche il pensiero del condono per la casa era rimasto alquanto velato.
Anzi, proprio trascurato, dimenticato...
In questo avanzare degli anni, c'era stata in casa la nascita di una bambina che, nel suo piccolo, ci aveva impegnato non poco, quel tanto di cure ed affetto che questa richiedeva.
Alcuni anni dopo la suocera aveva raggiunto il marito, dopo anni e anni di sofferenze e di cure più che altro palliative. Come il marito, morta a casa sua, accudita dalle figlie e dalla nipotina.
E da una cagnetta randagia che non si era più allontanata da sotto il suo letto dal momento in cui lei non ne era più scesa. L'avevamo trovata, tremante e impaurita, nascosta sotto la discesa che portava dal livello superiore a quello inferiore delle due parti di terreno. La recinzione era ancora da fare e si era rifugiata lì per sfuggire a mali trattamenti, che le ferite nel corpo chiaramente denunciavano. Non l'avevamo mai vista in giro e l'avevamo subito adottata.
Anche lei, come il suocero e la suocera, era morta anni dopo, a casa sua.
Una volta completati tutti i lavori edilizi, avevamo installato i pannelli solari per la produzione di acqua calda, per i quali, all'epoca, non era richiesta una concessione edilizia. A seguire mi era venuta la poesia di installare anche i pannelli fotovoltaici. La ditta prescelta per l'installazione e il tecnico che aveva fatto gli studi preliminari sulla fattibilità dell'opera ci avevano garantito la brevità dei tempi per l'ottenimento della concessione edilizia, indispensabile per procedere alla costruzione dell'impianto. Si trattava di una tettoia di pannelli, sistemati su una impalcatura di sei pali Innocenti, al centro del terreno area edificabile.
Eravamo i primi a metter su questo tipo di impianto, e avevamo pagata cara la novità: la raccolta delle varie autorizzazioni aveva richiesto 504 giorni, più 2 per l'installazione e i collegamenti Enel e Gse. Anno 2009...
Il rilascio della concessione edilizia mi aveva riportato alla mente che quella riguardante l'alloggio era in salamoia da 23 anni e niente faceva intravedere una prossima chiusura della vicenda.
Per una soluzione parziale avevamo dovuto attendere il 2013, quando dall'Ufficio Tecnico del Comune era partita la richiesta verso gli Uffici regionali preposti della quantificazione del danno ambientale, penultimo passo per ottenere quella concessione.
Qui termina la seconda parte del racconto. La terza è in cottura e la proporrò quanto prima. Più che alla lettura tutto il racconto lo scrivo come pro memoria personale. Dietro l'apparenza placida della storia ribolle una rabbia malamente contenuta.
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