giovedì 23 dicembre 2021

martedì 7 dicembre 2021

TIM adventures

 Prologo: la legge del Menga

Tutti la conoscono, tutti ne siamo, prima o poi, poco o tanto, vittime. È quella legge che solitamente violenta la buona fede, con l'introduzione (honni soit qui mal y pense, anche se quel pensiero corrisponde alla realtà) virtuale di un qualcosa che finisce per dolere quanto altra intrusione corporale, dolorosa e umiliante.
La si definisce bonariamente come la “famosa legge del Menga...”, cui i puntini sospensivi evitano l'avvilente rima di chiusura.
Ci sono poi leggi del Menga che nei loro formati, chiaramente anacronistici e dolorosi, possono fregiarsi (senza offesa alcuna e senza nulla togliere a possibili definizioni peggiorative) famigerate, affatto comprensibili e comunque inconcepibili, perlomeno da mente umana.
La legge del Menga formato TIM è una di queste.
Ne vado a parlare, ancora fresco di una dolenzia che il pudore innato mi impedisce di meglio raccontare.
Cercherò di essere più chiaro possibile, pur essendo compito arduo, tentando di contenere il mio sentimento nel minor numero possibile di parole.
Dunque, partiamo dal presupposto di essere cliente Tim da decenni. Fortuna volle che in tanti anni i guasti alla linea siano stati sempre risolti direttamente alla fonte, senza interventi diretti nell'abitazione.
A suo tempo, per essere adeguati alle nuove esigenze che quasi impongono l'adesione ad internet, ti sei munito di un modem/router che porta in casa, tramite la linea telefonica, quel marchingegno chiamato adsl e, collegata, la possibilità di connessione remota tramite wifi. I termini li metto come li conosco, pur essendo scarsamente illuminato sulle modalità che ne consentono l'uso.
Quel modem/router, ovviamente Tim verace, era stato fornito con un prezzo d'acquisto spalmato su un certo numero di anni, col tempo variati in base a nuovi costi in costante lievitazione, sia gli uni che gli altri. Un trucchetto per vincolare l’utente (altrimenti noto come cliente e, in seguito, paziente; soprattutto paziente) alla casa madre della telefonia, limitando le transfuganze verso altri gestori che (come Tim da parte sua) spendono milioni in pubblicità accattivanti per rubarsi a vicenda quanti più utenti possibile.
Fedele nei secoli, sovente obtorto collo a causa della, a suo tempo provata, inaffidabilità degli altri gestori, quel modem/router era stato pagato per intero, diventando di proprietà non più legata agli addebiti in bolletta.
Quando si diventa proprietari di un qualcosa, un sospiro di sollievo sale, prima dal cuore e poi dal portafoglio, sia che si tratti di una vettura, di una casa, di una dentiera o di un monopattino. Ed era valso anche per la proprietà, assoluta e legalmente acquisita, di uno scatolino di plastica, col suo ripieno di stregonerie. I pagamenti dilazionati consentono a chi cede un bene di restarne proprietario fino all'esaurimento delle quote concordate di pagamento, e fin qui non ci piove.
A un certo punto del cammino, una strana vicenda, mai chiarita, mi aveva costretto a cambiare numero telefonico. Tim for ever, era venuto un tecnico specialista per la verifica della linea, rimasta invariata, e per il collegamento a questa, ove fosse stato possibile, del benedetto modem/router, da non molto divenuto parte integrante della famiglia di aggeggi che (dicono, sovente mentendo) semplificano la vita. Fu possibile.
E all'epoca nessun tecnico o comunicazione specifica da parte del gestore avvisava che con la proprietà la garanzia di assistenza sarebbe cessata. Davo per scontato che questa fosse legata al pagamento del canone: se un bene è virtuale, e i servizi telefonici lo sono, e l'inoltro di questo bene cessa, per i più svariati motivi, che senso ha il rifiuto di assicurare che il ripristino avvenga e che l'assistenza duri fino alla cessazione del servizio stesso?
Il tempo passa e non sempre le ciambelle riescono col buco, e quando il buco manca diventano pizze o, peggio, frittate. La mia frittata la sto ancora consumando, tanto si è rivelata indigesta.

Cronaca in differita

Notte tra venerdì 26 e sabato 27 di novembre. Era stata "una notte buia e tempestosa", proprio come l'incipit del romanzo di Snoopy, mai andato oltre quello. Temporali a catena, con lampi, tuoni, acqua a bidonate, e un vento che pareva far tremare i muri.

Danni esterni relativi: tavolini e sedie di plastica, residui del periodo estivo, accatastate contro la rete di recinzione del giardino, il telone sopra il dondolo estirpato e abbandonato al suolo,  appesantito dalla pioggia; niente di che, a confronto di altri guai in giro per la Penisola.
In casa, a parte la corrente che per tutto il giorno va e viene, rivà e riviene, il computer non risponde all’accensione mattutina. Il modem/router presenta solo una lucina verde accesa, quando dovrebbero essere tre, allineate in alto; una ascendente lampeggia e, presumibilmente, indica la ricarica del modem.
Con l’illusione che si tratti di un guasto alla linea, forse alla centralina, distante un paio di centinaia di metri da casa nostra, in mattinata mi rivolgo al mitico 187, perenne grande fratello che tutela l’apparato tecnologico che è supporto alle comunicazioni. Questo aveva preso in carico la segnalazione, assicurando la rapida soluzione del problema.
Sabato e domenica, ovviamente tutto il mondo si ferma: niente telefono fisso, niente computer, i cellulari (sotto altro gestore) solidarizzano con il resto silente, e anche loro si mettono a riposo alternato.
Lunedì 29: tutto taceva, nulla si muoveva: avevo riprovato col 187 (tasto 1, tasto 2) e una voce registrata che mi aveva invitato a confermare il sollecito. Poco dopo aveva chiamato un tecnico da remoto, chiedendo informazioni sul collegamento, effettuava delle prove e stabiliva che il modem era defunto. Rip.
Martedì 30: avevo insistito col 187, deciso a scassargli i pendenti pur di avere risposte. Altro tecnico, prove, conferma della condizione de cuius del modem, aveva preso i dati di contatto per inoltrare la richiesta di sostituzione. Alleluja!
Stesso giorno: chiamata da 187... incredibilmente doveva trattarsi del contatto previsto per le modalità di consegna del nuovo modem. Incredibilmente, appunto: era un tentativo di sondaggio sulla soddisfazione dei servizi Tim. Avevo glissato, chiudendo semplicemente la chiamata, non essendo in grado di esprimere un giudizio sereno. Ignorando che il peggio doveva ancora arrivare...
Mercoledì 1° dicembre: sul cellulare aveva chiamato un tizio dicendo di essere della Tim, inviato per la verifica dell'impianto e procedere alla chiusura della pratica relativa. Dopo attente prove con un tester confermava la dipartita del modem, dopo di che avevamo iniziato una conversazione dal sapore kafkiano che, una settimana dopo, era ancora in corso, con un cambio continuo di corrispondenti avversi.
Il ‘mastro’ spiegava che, essendo il modem di proprietà, la sostituzione non poteva avvenire in automatico, bisognava chiamare il 187 o recarsi a un Punto Tim e provvedere all’acquisto di un modem nuovo. Domanda spontanea e affatto ingenua: dove trovo un Punto Tim preposto a queste vendite? (Di cosiddetti punti Tim è pieno l’universo, ma sono dedicati al cosiddetto ‘mobile’, ai cellulari, e non sono punti esclusivi poiché trattano tutti i gestori di telefonia in un unico negozio).
Non lo sa, o non vuole saperlo… e qui gli zebedei già cadono al suolo, qui rimbalzando fino a sbattermi sui denti; una persona si spaccia (mi pare evidente) per tecnico Tim e non sa i punti di appoggio prossimi della sua casa madre? Ma dai!
Fatto sta che per trovare questo dannato Punto, in assenza di internet e wifi, avevo chiesto a un amico d'internet munito di trovarmi il recapito più vicino a me. Ce n’è uno a una quarantina di chilometri, abbastanza pratico da raggiungere, ma avevo preferito chiamare prima per non rischiare un viaggio a vuoto. E bene feci: a) per dare il modem ci vuole l’autorizzazione di Tim, che per ora non risulta; b) comunque non lo hanno e dovranno chiedere e attendere l’invio da parte di Tim, previa sua (sempre di Tim) autorizzazione. Grazie per avere chiamato e buongiorno.
Giovedì 2: mi ero ripromesso di chiamare ogni giorno il 187 fino a fusione del numero stesso, così ero tornato all'attacco, riuscendo (non per niente aveva ripreso a diluviare) a parlare con l'ennesimo tecnico. Che ripeteva la solfa dei suoi predecessori, via via smanettando per arrivare alla definizione del guasto; lo avevo avvisato che un suo esimio collega aveva già stabilito la morte del modem, ma lui voleva verificare di persona. E da questa sua verifica era venuto fuori che non il modem ma la linea era la fonte dei miei guai. Avrebbe subito inoltrato la segnalazione per mettere fine al disagio. 
Venerdì 3: ormai abitudine mattutina, avevo chiamato fratel 187, pigia qua pigia là era stata inoltrata la consueta richiesta di sollecito. Bene, finalmente!
Stessa mattinata: chiama un emissario (ormai definirli tecnici comincia a darmi la nausea) di Tim che chiede la posizione dell'abitazione per una verifica in loco. Era uno nuovo, munito di green pass ("altrimenti non potrei lavorare"), con valigetta di attrezzi e una scatola che mi aveva fatto supporre contenere un modem. Incredulo, avevo chiesto conferma che di quello si trattasse e, a conferma, il brillìo dei miei occhi avrebbe illuminato a luci natalizie tutto il corso principale, al pensiero che fossi arrivato al fondo del tunnel. Non ho champagne, ma una bottiglia di prosecco l'avrei sturata sul momento.
L'età, diciamo pure avanzata, mi ha insegnato a fare i passi adeguati a questa, ma ogni tanto c'è un risveglio di giovinezza che mi porta a corricchiare... ma basta poco per rendermi conto che non è più cosa. Nello specifico mi affido al coetaneo Trap quando diceva: "Non dire gatto se non l'hai nel sacco". Infatti...
Prove a conferma di un modem morituro, avevo azzardato il responso del giorno precedente, ossia che non il modem ma la linea erano da verificare. "Io vedo qui dal vivo, crede a me o preferisce dar retta a uno che chiama da Tirana?". Avevo sussurrato, con poca convinzione, che la chiamata era dall'Italia (così mi era stato precisato), ma, in vista di una imminente chiusura del caso, non avevo insistito più di tanto.
Si era collegato con non so chi, chiedendo indicazioni per la compilazione di una modulistica per l'intervento avvenuto, poi mi aveva dato un aperitivo amaro, che avrei poi saputo essere solo un bicchierino di olio di ricino in vista della tazza di cicuta.
Avendo il modem di proprietà il suo intervento sarebbe stato addebitato in bolletta; a questo era dedicata la sua attenzione nella compilazione del modulo sul tablet. A quanto ammonterebbe il costa della sua piacevole visita? Non lo sa, lo stabilisce Tim alla fonte.
Pazienza, visto che aveva appresso il modem nuovo avevo pensato che avrebbe segnalato anche la vendita dello stesso... No, avendo il modem vecchio di proprietà (questa storia sta diventando un mantra fastidioso) non poteva lasciare quello nuovo, posato in terra, solo da estrarre dalla scatola e collegare; tra l'altro, essendo logicamente di Tim, era 'autoconfigurante', quindi senza altri orpelli oltre al collegamento dei vari cavi.
Dovevo andare a un Punto Tim e procedere all'acquisto, senza cambio; l'importo sarà diluito in bollette che avranno la durata di 48 mesi. Così facendo, i futuri interventi saranno gratuiti per i quattro anni di durata della dilazione. Potrà decidere di pagare cash, in una botta sola, ma così perderà il diritto all'assistenza, da subito.
Bontà sua, forse impietosito da una situazione che forse a lui stesso appariva assurda, suggeriva che non era indispensabile che acquistassi un modem Tim, era sufficiente andare in un qualunque centro che trattasse prodotti telematici e prendere un modem generico... che, tra l'altro, sarebbe costato meno della metà di un modem Tim a parità di resa. Era andato oltre, indicandomi i centri più vicini; certo, il modem generico sarebbe stato da configurare, ma sicuramente l'assistenza sarebbe stata fornita al momento dell'acquisto, forse con l'aggiunta di qualcosina al prezzo di vendita. 
Avevo apprezzato la sua correttezza... la sua inusuale correttezza nei miei confronti, certo non verso la casa che gli dà lo stipendio, la quale, venendolo a sapere, forse avrebbe avviato una denuncia per alto tradimento. 
Grazie e a mai più rivederci.
Sabato 4: dal giorno prima avevo ritirato gli ambasciatori, visto che non c'era più motivo di dialogare con Tim; ma il suo velo 'assistenziale' aveva continuato a perseguitarmi. Alle 9 e 16' un sms mi comunicava che "in riferimento alla segnalazione xxxxxxx ci scusiamo del protrarsi del disservizio causato da problematiche di particolare complessità e ti confermiamo il nostro massimo impegno per la risoluzione nel più breve tempo possibile. Puoi verificare lo stato della tua segnalazione sul sito https://comunica.tim.it/?3Dh9 o sull'app MyTIM https://app.tim.it/asto. Grazie Assistenza Tecnica TIM".
Quello che solitamente viene definito dulcis in fundo, con la ciliegina del fatto che il sito era fuori uso da una settimana e che l'app, sovente data come alternativa all'infernale 187, mi dava solo l'importo della fattura in prossima scadenza. E offerte, offerte, offerte... regali, regali, regali...

Breve riassunto: cliente/utente Tim da un secolo e mezzo, pago il giusto canone mensile, acquisto da Tim un modem che pago nel tempo, divenendone proprietario. Nel secolo e mezzo trascorso qualche scontro dovuto più che altro a fatti commerciali (ritocchi al canone e poco altro). Guasti tecnici mai, fino al 26 novembre di quest'anno. La chiamata in causa per la (ritenuta dovuta) assistenza tecnica per un guasto occasionale, si è scontrata con tutta una serie di controsensi che mi lasciano tuttora basito. Tim sa benissimo che ero (ormai il defunto è già nel loculo) proprietario di un modem Tim, non ci mette molto a rilevare il danno; già alla prima chiamata al 187, che ad ogni tornata procedeva "al recupero delle informazioni" sul numero. E dopo una settimana vengo a sapere che col modem di proprietà non ho diritto all'assistenza gratuita, non ho diritto alla sostituzione del modem, e che Tim trova umanamente accettabile la presenza del tecnico col modem in casa dell'utente e consenta che questi se ne vada, insalutato ospite, dopo avere comunicato l'addebito dell'intervento, lasciando il paziente con un palmo di naso. E questo dopo una intera settimana di inusuabilità della linea telefonica e dei servizi ad essa connessi... Ma poi, perché diavolo si era portato appresso la scatola sapendo che il cambio non sarebbe stato possibile?
Per di più con una pioggia incessante (ma di questo la colpa è come sempre del governo [eternamente ladro] e assolvo Tim. Con riserva...
Il titolo iniziale mi pare sia ampiamente giustificato... e il bruciore conseguente pure.
  

Da adesso in poi la vicenda non riguarda più Tim, ma continuo a raccontarla per completezza d'informazione; stavolta sintetizzata.
Sabato pomeriggio: centro informatico nel paese, avevano il modem, e pure il tecnico disponibile alla configurazione. Era venuto, aveva verificato la linea, aveva montato il modem, configurato, tutte le lucine accese, wifi regolare... ma continuava ad essere assente la connessione ad internet. Qualcosa era saltato anche nel parallelepipedo noto come pc; verifica interna dell'elettrodomestico: nel bailamme temporalesco era partita anche una piccola scheda, quella appunto specifica per la connessione. Si era fatto tardi per recuperarla, quindi aveva rinviato il rendez vous al mattino di lunedì 6, non appena recuperata la scheda.
E in quel giorno  questo tecnico anonimo aveva mantenuto l'impegno a risolvere: molto presto era arrivato con la schedina, l'aveva montata... e luce fu. 
E fu la fine anche della bottiglia di prosecco ripescata dal frigo dopo la goduria precedentemente interrotta.
    
Epilogo

Ha ragione chi dice che un'immagine vale più di mille parole; vale ancora di più delle 2749 che ho usato per raccontare una situazione che, nella sua normalità incidentale, mi ha portato a conoscere più a fondo comportamenti di una palese (a parer mio) disonestà commerciale, che in questo episodio ha toccato un vertice che ritenevo non possibile.
Alla fine dell'avventura, a una eventuale richiesta di come mi sento, in vece delle 2749 parole dedicate al fatto, mostrerei questa figura, tanto tacita quanto espressiva. 
Il risultato di otto giorni di dialogo/non dialogo con una entità che sempre più appare siderale, di un altro mondo, lontana anni luce da quelli che sono i rapporti tra persone umane, soprattutto a livello commerciale.
Devo dare atto a Tim che il periodo dell'intervento di cui in cronaca non è stato dei più favorevoli: tutto l'apparato deve essere elettrizzato in vista dell'americanizzazione dell'impianto, nelle diverse componenti tecniche e umane, ma credo che la cura dei clienti-utenti-pazienti indigeni sarebbe un valore aggiunto da mettere sulla bilancia della contrattazione. 
Vuoi mettere un portafoglio clienti-utenti-pazienti soddisfatti contro lo stesso portafoglio ma di clienti-utenti-impazienti e alterati? Quest'ultimo termine è chiaramente un eufemismo, a copertura di altri che buona educazione suggerisce di tenere nell'intimo di un pensare, peraltro affatto recondito. 

Buone feste, TIM, con la speranza che nel sacco del carbone 
un'anima buona metta anche un sacchetto di coerenza 
tra quanto offri a parole e quanto invece (non) offri nel tuo operare.
Amen

Aggiornamento in diretta

Quando l'ironia supera la fantasia: stamane ho pubblicato questo post, che non mi pare un peana verso Tim, senza peraltro definirlo dissacrante. Non mi illudo che a Tim leggano i miei sproloqui, anche se nello specifico mi piacerebbe lo facessero, quindi mi domando a quale casualità stramba sia dovuto il messaggio, che qui riporto paro-paro ricevuto alle 12 di oggi, sempre 7 dicembre, poche ore dopo la pubblicazione del post. Sono stato promosso cliente Premium, presumo con i vantaggi connessi a questo grande onore. 
Chiudo gli occhi e sogno: il mio fegato non sarà più paté de fois, l'addebito per la chiamata sarà ignorato, riceverò un modem/router Tim nuovo di zecca, più uno di ricambio in tinta silver, avrò in dote un cerca persone per le chiamate di un tecnico a scelta 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, festivi compresi...
Riapro gli occhi: niente di tutto questo, però... ha smesso di piovere; il governo si è pentito, Tim non credo proprio. 








martedì 26 ottobre 2021

Godot sta arrivando

La lettura di questa poesia è di facile interpretazione: il Godot immaginario rappresenta un po' tutte le attese che nel corso della vita ci ossessionano, dal momento della nascita in poi. L'attesa spasmodica della poppata che appaghi una fame che ha un vago sapore ancestrale, l'attesa di una maturità legata all'anagrafe, l'attesa di un posto di lavoro migliore, l'attesa di un'anima gemella che soddisfi il nostro desiderio di un supporto esterno alle nostre necessità... 'Attese' che trovano prima o poi  accoglimenti positivi; altre volte si trasformano in Godot ripetitivi e demoralizzanti. L'unica attesa, che preferiamo ignorare e che puntualmente arriverà, è la morte. Sappiamo che arriverà, ma evitiamo di stare (su una banchina o su una panchina, su un letto o su un tetto) ad aspettarla: è il Godot sicuro, inalienabile, del quale faremmo volentieri a meno; invano. 
Alcune coincidenze mi hanno colpito nel corso di questa ennesima ri-lettura e mi hanno spinto a proporla, più a mio uso e consumo che per un desiderio di divulgazione, tardivo e, forse, di cattivo gusto; perlomeno nell'accostamento. Comunque, buona lettura... non dico buon divertimento, poiché di divertente in essa c'è ben poco.
Divertente direi proprio no... consolante sì: nella parte finale, quando ci si rende conto di quanto fossero effimere le precedenti attese e, preso atto che non c'è più altro da attendere dalla vita, si diventa più forti e le cose, belle o brutte che siano, ci scivolano addosso come una pioggia che elimina le scorie accumulate nel tempo. Il passato è stato vissuto e quanto al futuro... qualcuno ci sostituirà nell'attesa di quel Godot personale, nell'attesa di quel 'meglio' che, a suo tempo, si rivelerà vano come fu il nostro.

Vivo tutti i miei giorni aspettando Godot
Dormo tutte le notti aspettando Godot
Ho passato la vita ad aspettare Godot

Nacqui un giorno di marzo o d'aprile, non so
Mia madre che mi allatta è un ricordo che ho
Ma credo che già in quel giorno però
E invece di succhiare io aspettassi Godot

Nei prati verdi della mia infanzia
In quei luoghi azzurri di cieli e aquiloni
Nei giorni sereni che non rivedrò
Io stavo già aspettando Godot

L'adolescenza mi strappò di là
E mi portò ad un angolo grigio
Dove fra tanti libri però
Invece di leggere io aspettavo Godot

E giorni e giorni a quei tavolini
Gli amici e le donne vedevo vicini
Io mi mangiavo le mani però
Non mi muovevo e aspettavo Godot

Ma se i sensi comandano, l'uomo obbedisce
Così sposai la prima che incontrai
Ma anche la notte di nozze però
Non feci altro che aspettare Godot

Poi lei mi costrinse ed un figlio arrivò
Piccolo e tondo, urlava ogni sera
Ma invece di farlo giocare un po'
Io uscivo fuori ad aspettare Godot

E dopo questo un altro arrivò
E dopo il secondo un altro però
Per esser del tutto sincero dirò
Che avrei preferito arrivasse Godot

Sono invecchiato aspettando Godot
Ho sepolto mio padre aspettando Godot
Ho cresciuto i miei figli aspettando Godot

Sono andato in pensione trent'anni fa
Ed ho perso la moglie acquistando in età
I miei figli son grandi e lontani però
Io sto ancora aspettando Godot

Questa sera sono un vecchio di ottant'anni
Solo e malato in mezzo a una strada
E dopo tanta vita più pazienza non ho
Non voglio più aspettare Godot

Ma questa strada mi porta fortuna
C'è un pozzo laggiù che specchia la luna
È buio, profondo e mi ci butterò
Senza aspettare che arrivi Godot

In pochi passi ci sono davanti
Ho il viso sudato e le mani tremanti
E la prima volta che sto per agire
Senza aspettare che arrivi Godot

Ma l'abitudine di tutta una vita
Ha fatto sì che ancora una volta
Per un minuto io mi sia girato
A veder se per caso Godot era arrivato

La morte mi ha preso le mani e la vita
L'oblio mi ha coperto di luce infinita
E ho capito che non si può
Coprirsi le spalle aspettando Godot

Non ho mai agito aspettando Godot
Per tutti i miei giorni aspettando Godot
E ho incominciato a vivere forte
Proprio andando incontro alla morte

Ho incominciato a vivere forte
Proprio andando incontro alla morte
Ho cominciato a vivere forte
Proprio andando incontro alla morte.

(Samuel Beckett - Fine anni '40)

giovedì 23 settembre 2021

Breve historia tri(s)ta*

Partiamo dal presupposto, ampiamente fondato, che siamo tutti gestiti, già da prima della nascita fino a oltre la morte. Da questo a prendere atto che a ogni gestione corrisponde un gestore, il passo è breve. 
I genitori gestiscono i figli (malamente molto, da qualche decennio a questa parte [parere estemporaneo e personale]) che, a loro volta, furono gestiti dai rispettivi genitori, promossi sul campo a nonni, e via risalendo gli alberi genealogici, fino ad Adamo ed Eva. Oltre, no se puede.
La Sanità gestisce la nostra salute, talvolta la cura, ma soprattutto gestisce i fatti suoi, con metodi differenti da luogo a luogo, sovente sul filo della legalità.
L'Agenzia delle Entrate gestisce i nostri risparmi, perlomeno quelli gestibili alla fonte: sa quanto si guadagna, sa quanto-come-dove si spende, vuoi per vivere come per sopravvivere. Non sfugge un centesimo al suo occhio di lince, e non esita a 'linciare' chi tenta di sfuggire (evadere, è il termine comunemente usato) al pagamento di quanto, a suo poco appellabile parere, dovuto. Poi c'è chi può, a sua volta, gestire l'Agenzia: dice a questa fantomatica essenza quanto decide di aver guadagnato e quanto decide di versare nella cassa comune; sempre poco, tenendosi ai limiti della cosiddetta soglia di povertà, quando non oltrepassandola per ottenere dalla stessa Agenzia un qualche contributo, sostegno, ristoro. Che i figli prediletti (quelli con gettito alla fonte) pagano. Felicemente cornuti e mazziati...
Un incipit che con questo racconto c'entra una mazza; è solo per arrivare ai gestori di servizi, in particolare luce, gas e, più nel particolare, telefonici.

La telefonìa, oggi, si divide tra mobile e fissa. 
La fissa la si tiene in vita per via dell'adsl (o internet che dir si voglia) che consente di 'navigare' per mare, per monti, per aere e pure per oltre e per altro. In disuso, viste le offerte di gestori che offrono questo servizio senza bisogno di essere titolari di un telefono fisso, come un tempo ormai lontano. Ricordo che, agli esordi televisivi, il gestore telefonico del tempo (mi pare la SIP, ma non sono sicuro, visto che ad ogni folata di vento questa cambiava ragione sociale; comunque sono certo che non era più apparentata all'EIAR, per via di fatti che ne avevano sancito il divorzio) aveva lanciato la filodiffusione e, per ottenerla, bisognava esibire l'abbonamento alla ancora claudicante televisione (12.000 lire all'anno, ho ancora da qualche parte la ricevuta del primo abbonamento). 
Bei tempi, più che altro per l'età... passata e mai più ritrovata.
Ormai la telefonia mobile si è affermata: quello che solo trent'anni fa era ancora un soggetto avveniristico, oggi è divenuto indispensabile; e ogni giorno che passa lo diventa sempre più, visto che a un sempre più piccolo parallelepipedo si affidano compiti di controllo, di certificazione, di operatività.
Fosse stata così diffusa, a suo tempo probabilmente avrei cambiato i miei piani lavorativi; era ancora in gestazione, a prezzi stratosferici (almeno per me), e il vedere gente che girava con in mano quest'aggeggio sollevandolo bene verso l'alto alla ricerca di un "campo" che solo muovendosi col braccio sollevato riusciva a individuare, con le indisponenti cadute di linea che provocavano proteste e accidenti, ebbene queste pantomine suscitavano commenti ilari in tipi come me, che sono un dabbenuòmo** come precipuo, quasi unico, dono di nascita.
Oggi, chelodicoafare, senza telefonino, più noto come cellulare, non si può fare più nulla.
L'accesso a quasi tutti i servizi ne prevede il possesso e la presumibile capacità d'uso: i vari codici, Spid o Cie, l'obbligo di conferma della propria identità a ogni pie' sospinto, lo hanno reso strumento di accesso indispensabile. Credo ci siano persone che hanno la capacità di spremere il caffè del mattino da questo piccolo elettrodomestico a batteria... e io non sono tra quelle.
Il servizio principale sarebbe l'uso per le chiamate vocali (che, sempre a suo tempo, mi sarebbe bastato e avanzato per cambiare la mia strada, come detto dianzi), che peraltro è ormai superato da quella che viene genericamente definita messaggistica: con Whatsapp Telegram Instagram TikTok e simili, si evita di parlare con chiamata diretta, quasi che gli scambi vocali fossero diventati inutile perdita di tempo; con brevi messaggi, scritti e/o verbali, si fissano appuntamenti, ci si saluta mattina mezzogiorno sera, e pure notte. Sta prendendo piede anche il superamento delle parole, affidando a delle faccine i propri sentimenti del momento, di approvazione, di affetto, di entusiasmo, di amore; ovvero di disapprovazione, di rimprovero, di sghignazzo... Un cuoricino elimina l'ormai desueto "ti amo", un visino corrucciato evita di dichiarare apertamente "non sono d'accordo"... Siamo alla frutta del comunicare, nel mentre la comunicazione si espande raggiungendo anche il fondo degli oceani e le stelle.
Questi servizi sono gratuiti, ma per averli è necessario scaricare sul cellulare la relativa app (probabile abbreviazione di applicazione, ma ormai termine a sé stante). Invece, in dotazione comune, il numero viene attrezzato di una componente che consente l'invio di messaggi e/o di video; la gratuità o meno di questa componente dipende dall'offerta, dal pacchetto, che viene proposto al momento della sottoscrizione di un abbonamento. Talvolta in questo è incluso un numero limitato di messaggi da poter inviare a titolo gratuito; superato il limite si pagano.
Gli acronimi di questi ultimi sono SMS (Short Message Service) per la messaggistica pura e MMS (Multimedia Message System) con cui è possible inviare anche video/immagini.

Vivo in una zona che quanto a comunicazioni tecnologiche si trova in un cono d'ombra. 
Il che 'costringe' ad avere un gestore di telefonia fissa che mi consente di ricevere decentemente i segnali internet per vedere programmi e messaggi sul computer; vincolato a questo gestore dall'incapacità di altri (provati, cambiati uno dopo l'altro) che a causa di questo cono non davano il minimo sindacale in fatto di ricezione web.
Per la telefonia mobile mi ritrovo con un altro gestore, che è l'unico (dopo esperienze negative con altri) che mi dà la possibilità di collegamento quasi sempre ottimo; talvolta zoppica, ma credo sia dovuto a cali generali di linea non imputabili a questo.
Con l'uno e con l'altro cerco di tenere gli occhi aperti, poiché ogni tanto scivolano sul lato economico, con aumenti improvvisi senza preavviso, che, se non me ne accorgo subito, si calcificano, dando luogo a liti (quasi) furibonde con i rispettivi call center, che so non averne colpa alcuna. In qualche caso metto insieme due parole (le mie ben note 'due parole') e ricorro a fax, posta elettronica e, più raramente, col ricorso alla PEC (Posta Elettronica Certificata, tra gli acronimi uno dei pochi vestito d'italiano); a quest'ultima rispondono quasi tutti, le altre forme vengono bellamente ignorate...
Col fisso posso avere un doppio controllo costante per via della bolletta mensile e dell'addebito a scadenza sul conto corrente; sul mobile no, devo stare con gli occhi aperti, poiché il rinnovo, sempre mensile, è condizionato dalla ricarica, che deve essere sufficiente a coprire il costo del canone concordato. Se sfugge al controllo, la fregatura è sempre dietro l'angolo; ma anche sopra il tetto, per cui come niente ci si ritrova con una tegola tra capo e collo...

Quando sora Vecchiaia bussa alla porta, si diventa pignoli.

Il mio gestore del mobile, precisino più di me, quando si avvicina la scadenza del mese, mi manda un sms (gratuito), dove mi invita a controllare che il credito residuo della ricarica sia sufficiente per affrontare il rinnovo. Quando so per certo che i fondi ci sono, ignoro il messaggio; se ho un dubbio vado a verificare.
Verso metà agosto dal controllo era emerso che i fondi c'erano, ma... l'addebito precedente risultava modificato, maggiorato di un quasi 20% (1,99% €, che giustifica il 'quasi').
Chiamo subito per segnalare il 'disguido'... Superato lo scoglio del robottino (ormai quasi tutti i gestori hanno abolito il primo approccio diretto con un essere umano) una voce femminile, dopo il rituale buongiorno-posso-esserle-utile?, ascolta con pazienza la mia protesta, va a vedere sul suo monitor, e mi dice che a marzo mi era stato inviato un messaggio che annunciava il rincaro. Precisando: in quel messaggio era chiaramente spiegato che "per i vecchi clienti il canone sarebbe stato aumentato di 0,99 centesimi, mentre per i nuovi (e per chi non aderiva alla proposta) sarebbe stato di 1,99 €". Non avevo risposto entro il termine temporale indicato, ergo (questo è mio, per fare sfoggio di uno dei due termini latini che conosco) l'aumento era stato applicato per intero.
Nella vita, talvolta/sovente mi sono riconosciuto educatamente cretino; questa è una di quelle tante volte. Ho tentato di spiegarle ciò che per me era chiaramente un assurdo; era d'accordo, ma i tempi per l'adesione erano scaduti e non sarebbe stato possibile modificare il fatto compiuto. 
Avevo buttato lì, con poca speranza, il fatidico "allora cambio gestore!", che mai ha dato buoni frutti. La minacciata perdita di un abbonato non impietosisce più; immagino le spallucce dell'operatrice...  Anche perché, ahimé, sapevo benissimo che non l'avrei potuta attuare per via del maledetto cono d'ombra in cui mi trovo adagiato.
Stavolta, incredibilmente (ed è dire poco), non era andata così: dopo pochi minuti aveva chiamato un'altra operatrice, aveva sentito la mia protesta, l'aveva accettata, disponendo il rimborso dell'euro in più, proditoriamente carpito.
Le grandi soddisfazioni non sono mai state per me, così da sempre mi accontento delle piccole: mi sentivo ancora cornificato da quei 99 centesimi, ma non mazziato da quell'euro in più. Calcisticamente avevo considerato quel risultato come un pareggio tra due contendenti. Chi si contenta gode, diceva un saggio...
Sull'onda di quella vittoria fasulla, quando poco dopo era arrivato un messaggio che chiedeva conferma della soddisfazione o meno, non avevo esitato a rispondere positivamente. Messaggio seguito da altri due, che avevano il sapore di un ulteriore accertamento di tale contentezza.
Li riporto pari-pari, con le domande e le risposte, così come chattate (mi vergogno, ma il termine appropriato pare sia questo) sul cellulare. Soprattutto la sinteticità di queste susciteranno qualche dubbio, prendendo atto del pulpito da cui sono state emesse. Ma confermo che sono mie.


Chiuso l'incidente, andiamo a fare baldoria, visto che con l'estate era stato attivato un quasi "liberi tutti!" (fasullo e forse precipitoso, visti i risultati che ancora stanno maturando).

(Apro una breve parentesi, per dimostrare quanto le esperienze sul campo siano maestre di vita più che le parole. Mi riferisco al capoverso di cui sopra. Ieri, oggi, e sicuramente domani, su tutti i media i racconti sulla pandemia sono argomento scalzato dalle prime pagine e dai titoli d'apertura dei telegiornali. Come goccia battente sulla roccia, la parola 'bollette' sta incrinando le sicurezze più dei vaccini, dei green pass, e di quant'altro fino a ieri d'importanza vitale: la previsione di aumenti, prossimi, al 30-40% delle bollette di luce e gas, ha gettato nel panico i cittadini; il martellamento impietoso della notizia ne ha accentuato la pragmaticità, dando luogo a reazioni di terrore superiori, come detto, a quelle sui contagiati e sui morti per virus. 
In campagna elettorale, tutto fa brodo, e tutti i partiti cavalcano la tigre della protesta, raccontando di quanto siano impegnati ad evitare, o almeno ridurre, l'impatto sulle nostre tasche di una operazione che sarebbe una ulteriore mazzata ad un'economia nazionale che già affonda (non solo per il Covid19...). Alla pari con la modifica del catasto e della giustizia, che, peraltro, non mettono mani nelle esangui risorse dei cittadini (oggi, poi si vedrà) e quindi passano in seconda o terza fila.
Per come è composto il governo in carica, quasi ogni partito ha in questo almeno un rappresentante: ebbene, ogni rappresentante, quasi fosse singolarmente pilastro portante di un intervento calmierante il ventilato e deprecato aumento delle tariffe, assicura al proprio uditorio plaudente una soluzione che eviterà il tracollo delle economie, famigliari e nazionali. 
Le opposizioni, quelle fuori dal governo (che sono poche, direi una sola), hanno buon gioco nell'evidenziare l'incapacità a governare di chi ha in mano il timone del bar[ac]cone Italia.
Questo ieri e oggi. L'esperienza cui accennavo in apertura di paragrafo mi consente di anticipare quello che succederà domani: tra piccole riduzioni (oneri di trasporto, forse IVA, forse altro), lo stanziamento di qualche miliardo di euro, le percentuali preventivate saranno dimezzate, dal 30-40% si scenderà al 15-20%, che sarà sbandierato in campagna elettorale come una vittoria, come una conquista, che solo la capacità di gestione dei singoli ministri (ciascuno nel proprio spettro iridico) avrà ottenuto; da tenere presente nell'urna.
Che poi quel risultato, ottenuto togliendo o iniettando, alla fine ricadrà comunque sul cittadino, è discorso demagogico, da non toccare.
Ecco, la simiglianza tra la mia esultanza per quel 50% in meno ottenuto sulla previsione di aumento del canone equivale a quel 50% in meno che sarà ottenuto (con dichiarati sacrifici, ovviamente da parte del governo, manco i suoi componenti pagassero di tasca loro, con proprie risorse personali) sulla ventilata percentuale di aumento delle bollette di luce e gas. Con ben altro peso...
Saranno feste e quanto-siamo-bravi, forse canti dai balconi e striscioni inneggianti a questo o quello, anche qui sarà considerato equo e accettabile e sopportabile un pareggio (come nel caso mio)... ma quanto amaro!, pensando anche al fatto che, quasi ignorati, gli stessi aumenti, con le stesse percentuali, li abbiamo bevuti pochi mesi fa: senza clamori, senza stridori...
Chiusa parentesi).
  
Quando sora Vecchiaia bussa alla porta, si diventa (anche) permalosi.

Settembre inoltrato, segnalazione per controllo credito residuo. Con l'euro di rimborso da poco incamerato, era troppo prossima la vicenda per non stare allerta; ero andato a verificare: per pochi centesimi non sarebbe bastato al rinnovo, e un campanello aveva suonato a martello. Qualcosa non quadrava.
Fatta la ricarica per mettermi al sicuro, ero andato alla voce "le mie spese" nel menu, per capire dove fossero finiti quei centesimi mancanti.
Sui cellulari non avevo aderito all'offerta della messaggistica gratuita, per cui eventuali sms in uscita sarebbero stati a pagamento. Perfetto, mai inviato sms... quindi perché risultava un addebito per sms inviati dallo stesso cellulare beneficiario del recente aumento di tariffa?
Solito robottino, poi l'essere umano (albanese, gentile, comprensivo) che conferma l'invio di tre sms verso un 400... numero tronco per via della privacy, con il relativo addebito di 0,75 centesimi. Per avere i numeri mancanti sarebbe stato sufficiente andare sull'icona apposita e cercare quando e a chi furono inviati. Uno appresso l'altro, il 27 agosto appena scorso.
Stesso robottino, altri dieci minuti di attesa, altro operatore (albanese, scorbutico, forse già incavolato per fatti suoi).
Espongo il mio punto di vista: quei messaggi avrebbero dovuto essere gratuiti come ripetutamente dichiarato nero su bianco, o il fatto che fossero dati come tali era da ritenere una beffa, se non una truffa? Infatti la gratuità era presumibilmente diretta al cliente, si trattava delle tre risposte citate poco fa, e che il dabbenuòmo aveva inviato come forma di ringraziamento per l'euro a suo tempo, inaspettatamente, ottenuto a rimborso. Come fatto altre volte, in caso di risposte positive a quesiti esposti; che il dabbenuòmo non aveva mai controllato, né sul cellulare oggetto dell'attuale attenzione, né sull'altro in dotazione... confermando così la giustezza del suo titolo.
Ritenendo di avere tutte le ragioni per reclamare, avevo esposto con calma il disappunto per il furto, pur così misero. L'operatore non era dell'umore giusto per darmi retta: avevo inviato tre sms e, giustamente, mi erano stati addebitati. Punto.
Alla mia insistenza aveva alzato la voce, e a mia volta mi ero adeguato.
"Lei non mi ascolta!", diceva lui.
"È lei che non ascolta me!", rispondevo io.
Forse ero io che non mi spiegavo bene, ma sicuramente lui non era propenso ad ascoltarmi, tanto meno a capirmi.
Conclusione: col chiaro intento di interrompere una conversazione che gli aggarbava affatto, aveva buttato nel piatto un euro intero di rimborso. Con 25 centesimi di mancia. Con quella cifra, non richiesta poiché, grazieadio, 75 centesimi non mi ingrassano (e tanto meno un euro elargito con quel tono), mi tappava la bocca e, dopo avermelo ribadito con disprezzo, chiudeva il discorso. E la telefonata.
Spero che almeno quei centesimi in più, elargiti con tanta eleganza, glieli trattengano dallo stipendio, e sono certo che gli peseranno assai più del valore di un rimborso che sa di elemosina, come sbattuta in faccia a un pezzente impertinente.
Appena trovo le parole scrivo al gestore, raccontando il fatto, il tizio se la vedrà con lui.
Quanto al dabbenuòmo, col cavolo che darà ancora pareri positivi a chicchessia; anzi, non darà più alcun parere, salvo una rispettosa pernacchia. Virtuale, a scanso di registrazione, in vista di un possibile, probabile, proditorio pagamento.
 
* Breve: col senno di poi, chiaramente un falso aggettivo, quantomeno qui leggermente inappropriato; historia: per renderla universale; tri(s)ta: trista-truce e trita, anzi ri-trita, ripetitiva.
** Dabbenuòmo: sost. masch. = arcaico: sempliciotto credulone ingenuo  -  popolare: imbranato, quasi deficiente.
  
  

martedì 7 settembre 2021

Parliamone... perché no?

by Rolando Rubini


Big Dementia.

Ancora su pandemia, vaccini, green pass, Costituzione, diritti e doveri
di Vincenzo Cottinelli, ex magistrato specializzato in salute e sicurezza sul lavoro, 6.9.2021
Foto
Vaccini: scritte No Vax su muri hub di Firenze
Il perdurare di prese di posizione no-vax induce a cercare di penetrare anche in teste che sembrano perdute nella loro cocciutaggine.
Le cronache delle violenze di questi giorni e il perdurare di prese di posizione no-vax sui social mi inducono a riprendere la questione dei diritti, della salute, degli obblighi. Lo faccio con un taglio semplice e con un titolo e un tono ironico, per cercare di penetrare anche in teste che sembrano perdute nella loro cocciutaggine o nascoste dietro furberie.
Non vorrei cominciare da quelli che negano la pandemia come fatto reale: sarebbe come mettersi a confutare i terrapiattisti.
Ricordo mestamente che i morti italiani (quasi 130.000) equivalgono all’incirca alla sparizione degli abitanti di una città come Ferrara, Salerno, Latina, Sassari.
Nemmeno potrei dire molto a quelli che per principio rifiutano il vaccino o sono indecisi perché ne hanno paura: dovrei ripercorrere quasi due secoli di storia scientifica dei vaccini che, come tutti dovrebbero sapere, si basano su un meccanismo (lo stimolo alla produzione di anticorpi che bloccano il virus) collaudato e garantito da verifiche standard (un po’ accelerate per questi contro il Covid, data l’emergenza mondiale, ma alla fine concluse regolarmente).
Se non si crede alle attestazioni di OMS e ISS, non si perda tempo a leggermi: va bene, non sono mai esistite le centinaia di tipologie di vaccini che nei secoli hanno salvato da poliomielite, vaiolo, colera, influenza, eccetera. Cancelliamole!
Rimane il fatto che oggi, in tutto il mondo, i non vaccinati per il Covid sono in testa alle classifiche di mortalità e sono gli occupanti quasi esclusivi (in un certo senso abusivi) di terapie intensive e posti letto, a danno di bisognosi di tutte le altre patologie.
A risentirci e tanti auguri. Però non meravigliatevi se vi si guarda con sospetto e vi si ordina di stare un po’ in disparte.
Ci sono poi i più bizzarri, per certi aspetti i più pericolosi, perché non sembrano così retrogradi e ignoranti (e in fin dei conti oggettivamente di destra) come quelli del primo gruppo.
Sono gli anticapitalisti duri e puri, che rifiutano il vaccino perché è un prodotto di giganteschi mostri unificati sotto il nome di Big Pharma. Cioè le industrie farmaceutiche, colossi multinazionali, spesso monopolistiche, le quali, secondo loro:
a) fanno parte, insieme a governi, gruppi finanziari, singoli miliardari (Bill Gates, Clinton, Soros) di un complotto mondiale finalizzato a indurre un falso bisogno di un farmaco da loro prodotto, con la sottomissione di interi popoli a misure restrittive e all’assunzione coatta di una sostanza non verificata o di dubbia efficacia;
b) in ogni caso lucrano miliardi da questa produzione artificiosamente indotta, a spese dei governi e cioè dei popoli.
L’opposizione al vaccino è per questi un momento fondamentale di una guerra di resistenza anticapitalistica e antiautoritaria.
I nemici del Big Pharma sembrano dimenticare che i veri anticapitalisti, anche i più modesti socialisti riformisti, hanno da sempre nel loro programma (facciamoglielo realizzare!) la fiscalità progressiva sui profitti, i diritti dei lavoratori, la sicurezza del lavoro, la lotta all’inquinamento, i limiti alla delocalizzazione e così via.
Ciò non solo nei confronti di Big Pharma, ma anche per i mille tipi di Big che fanno profitti sulla testa di miliardi di consumatori (Big Automotive Industry, Big Weapons Production, Big Entertainment Industry, Big Tobacco, Big Food, Big E-Commerce, per dirne solo alcuni). Sembra proprio una Big Dementia: boicottare, pur in mancanza di fondati motivi, un singolo prodotto di un singolo ramo d’industria (chissà perché non i tranquillanti o la truffaldina omeopatia, o le automobili o le armi, di cui v’è clamorosa evidenza di micidiale nocività o imbroglio e/o profitti incontrollati?) simulando un impegno politico e sociale di controllo generale sull’industria.
Viene presentata come una lotta eroica, ma è una marachella, in realtà è il rifiuto di uno strumento utile per la vita e la salute mondiale. Non bisognerebbe esitare a smascherarlo. Infine: vaccinarsi, come andare in auto, non significa rinunciare alla lotta per fiscalità e giustizia sociale, a tutto campo.
Qualcosa di simile accade con l’utilizzo truffaldino dei valori costituzionali.
Ebbene, il vaccino è fortemente consigliato come barriera contro il virus, quantomeno ne neutralizza le forme più gravi e l’incidenza di mortalità. Le statistiche epidemiologiche ne danno ragionevole certezza.
Lo Stato, se lo decide, può renderlo obbligatorio.
Non se ne può più delle farneticazioni (bugie) su libertà e diritti costituzionali, già sparate lo scorso anno a proposito di lockdown.
Allora avevo contrapposto cose ovvie (gli artt. 16 e 17 autorizzano limitazioni alle libertà di movimento e di riunione per motivi di sanità, sicurezza, incolumità: spiacenti per il weekend, la movida, le discoteche, i matrimoni, i funerali, i cenoni, le messe, i rave party). Gli articoli 13 e 21 non c’entravano.
Basta leggerli.
A proposito del vaccino, si ritorna da capo. Chiedo: c’è una norma costituzionale che garantisce una generale “libertà di fare i propri comodi”?
No, anzi, all’opposto, nell’art.2 si pongono i doveri inderogabili di solidarietà. Vaccinarsi è essere solidali.
Ma forse c’è un diritto generale alla “esenzione dal vaccino”?
La risposta la dà l’art. 32 della Costituzione “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.
La frase è scritta in un italiano bello e chiaro: la legge può obbligare a vaccinarsi.
Non lo può fare il Sindaco né il Prefetto, ma il Parlamento (quella cosa eletta dal Popolo secondo le regole!) sì, di sua iniziativa o su input del Governo. Per favore, basta! Il vaccino, anche se molto raccomandabile, non è al momento obbligo generale, ma se lo ordina la legge (o un provvedimento equiparato), sì. E perché mai il Parlamento (cioè il Popolo) dovrebbe ficcare il naso nella mia salute obbligandomi a fare il vaccino? È ancora l’art.32 che risponde: caro cittadino, la tua salute non è solo un tuo diritto (o un tuo capriccio come il fitness) ma è “interesse della collettività”, cioè tutti abbiamo bisogno che tu stia bene, perché da malato ci costi, non produci, non consumi e magari contagi pure i sani, se ti ammali di covid. Se poi non sei un cittadino qualsiasi, ma sei medico, infermiere, insegnante o simile, vuoi scherzare? A casa! O vaccinato.
Ora il green pass (certificato di avvenuta vaccinazione) riaccende polemiche furibonde e siamo da capo. Io ingenuamente mi chiedevo: se uno si vaccina (magari con sacrificio, sforzo psicologico, paure, conflitti di coscienza, discussioni in famiglia) il più è fatto, che gl’importa di scaricare, tenere in tasca ed esibire il certificato?
Avevo in mente miei vissuti di un normale ingresso in pizzeria, dove avventori vaccinati esibiscono il green pass al tranquillo gestore e poi si godono la serata, idem per terme, musei, concerti; una bellezza, solo qualche attimo in più di attesa.
Ma allora chi sono queste folle urlanti per la violazione di un altro presunto diritto costituzionale: quello di “non certificare una propria qualità” e quindi di “non esibire il certificato” (mi sono dimenticato l’articolo: me lo indicate per favore?).
Sembra pura follia, Big Dementia.
O forse è una ventata di empatia di cittadini consumatori verso gestori e commercianti gravati di questo spaventoso superlavoro? Errore! Sono gli stessi che ieri urlavano contro il vaccino, sono i “no vax classic” che vogliono schivare il vaccino con un trucco nuovo, pensando: se facciamo cadere l’obbligo di avere ed esibire il green pass, possiamo fare quello che vogliamo senza essere vaccinati. Magari c’è anche una fetta di commercianti e gestori di servizi privati, aizzati dai politici di riferimento, a lottare contro un nuovo fastidio (ma il pass non elimina il test termico?). Chiamarli furbetti è un eufemismo. Veramente non se ne può più.
Parlando seriamente, vorrei chiudere con le parole di un autorevole giurista responsabile di una importante rivista dedicata alle questioni della giustizia: “restiamo convinti che la campagna di vaccinazione sia uno strumento di liberazione dai più gravi timori per la salute individuale e collettiva e che la vaccinazione sia al tempo stesso un diritto e un onere, il cui mancato adempimento può giustificare una serie di calcolate restrizioni e limitazioni adottate nell’interesse collettivo, in vari ambiti della vita sociale” [Nello Rossi - https://www.questionegiustizia.it/.../venerdi-6-agosto... ].
Aggiungo: se serve, anche in via generale.
(credit foto ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI)