mercoledì 24 marzo 2010

Brunetta, i manager e la base operativa


Il post invita Brunetta a tartassare i manager, lasciando in pace "chi lavora".
Per quel che riguarda i manager sono d'accordo: in effetti, con compensi vergognosi, errori madornali di gestione, per non parlare dei corrotti, questa categoria meriterebbe un occhio di riguardo, e magari una gomma specifica per cancellarli definitivamente dall'albo in caso di fallimento degli obiettivi.
Ma tant'è, questo resta un sogno.
Quanto a "chi lavora" passo all'episodio che mi ha visto protagonista.
Primi di marzo, devo rinnovare la patente in scadenza.
Qualche giorno prima, mi reco all'ASL, situata in un piccolo paese del Tirreno cosentino (premessa: ho la patente da 45 anni, gli ultimi rinnovi li ho effettuati presso questa ASL, per cui ho ritenuto la cosa fattibile come le volte precedenti). Bene, qui volevo avere informazioni su eventuali variazioni delle modalità di rinnovo, cambio delle cifre dei versamenti e quant'altro; queste informazioni sono delegate esclusivamente a un medico specifico.
Nel corridoio di attesa delle 'udienze' trovo sei-sette persone che aspettano il turno di ricevimento. Per non oberare troppo l'addetto, e anche per non aspettare tre ore per fare una semplice domanda, rinvio. Giovedì mattina. riprovo, stavolta con più fortuna, nessuno in attesa, allo sportello ticket mi dicono di aspettare fuori dallo studio.
Sono le dieci di mattina, fuori piove che Dio la manda; nel corridoio avanza il medico, di camice bianco paludato, lo aspetto all'altezza del suo studio e, testuale, accenno "Scusi, dottore, mi scade la patente..."; risposta secca "Dopo le 12,30"; io "Ma, volevo solo..."; lui, seccato, "Dopo le 12,30".
Esco dall'ASL leggermente adirato, forse non tanto per la mancata risposta quanto per il modo in cui non è stata data.
All'uscita trovo un conoscente e, ancora fumante, gli racconto il fatto.
Mi dice due cose che non conoscevo (ignoranza senile): a) le informazioni relative ai rinnovi le danno anche le scuole guida, compreso il modulo per il versamento; b) munito delle carte necessarie, il rinnovo si può effettuare in un paese a 15 km, stessa ASL, senza problemi.
Poteva finire così? Neanche per idea!
Il giorno successivo mi presento a questa struttura, ufficio ticket, pago, chiedo lumi sull'addetto e il suo ufficio. Si tratta del dr. XXX che risulta presente, attendere prego.
Aspetto una mezz'oretta, poi vado in cerca di questo doc. Mi viene indicato un signore, in borghese e senza tesserino identificativo; è seduto in un altro ufficio ticket, e conversa amabilmente con l'impiegata; potevo disturbarlo, magari interrompendo un tenero tubare? Tutto posso essere, ma non maleducato; aspetto, senza perderlo d'occhio poiché la hall è piena di "clienti" in borghese, e al di qua dagli sportelli siamo tutti uguali; la distinzione sarebbe data solo dai camici bianchi che vanno e vengono.
Ma questo signore è mimetizzato, quasi fosse uno di noi: quindi occhi puntati e allerta.
Esce dallo sgabuzzino, lo fermo con viscida umiltà: "Scusi, dottore, dovrei rinnovare la patente". Sono una faccia nuova (il paese è piccolo, più o meno si conoscono tutti), per cui mi chiede, spulciando le carte per il rinnovo: "Ma lei da dove viene?". Io: "Da xxxxx". Lui: "Ma allora perchè venite qui, invece di farlo là".
Il tutto in mezzo ai famosi "clienti" in attesa. In camera caritatis avrei potuto spiegare il motivo per cui ero lì; invece ho preso atto che stavo scocciando lui invece di qualcun altro. Comunque, bontà sua, mi dice di aspettare fuori dal suo ufficio.
Nell'attesa, lunghetta, canticchiavo mentalmente la canzoncina "Aspetta e spera..." in auge negli anni '40. E infatti, aspetta e spera, entrato alle 8 alle 11,30 me ne vado. Quel signore non l'ho più visto; sparito, dissolto, forse di nuovo imboscato in qualche altro ufficio, forse tubando con un'altra colomba.
Non mi manca nulla: anche oggi piove a dirotto.
Torniamo al motivo iniziale di questo post: bene Brunetta vs i manager, ma noi, miserrimi, abbiamo a che fare con la base, quella che si sente perseguitata dal ministro, quando invece sputa sangue pur di vedere soddisfatte le esigenze del popolino rompiglione. Lo dicono anche i sindacati!
Quanto sopra è solo un piccolo episodio, e neanche eclatante, ma mi pare indicativo dei nostri rapporti con gente che non si rende conto di essere privilegiata; o meglio, se ne rende conto fin troppo, e ci tratta (noi al di qua dello sportello) per quello che ci considera: le vecchie e care pezze da piedi, idealmente collegate allo "Aspetta e spera...", intanto aspettando.
Quanto alla speranza, mi sa che si è dissolta come il tizio della seconda ASL.
A lui e al primo auguro una buona Pasqua: che entrambi finalmente possano tubare felici, stavolta con la dolce colomba, che dice mai no.

mercoledì 17 marzo 2010

Elezioni 2010

Tra poco andremo a votare, Dio sia lodato. 
Si fa per dire.
A me le elezioni in genere fanno venire l'orticaria. 
Quelle europee, nazionali, al limite regionali, i referendum, le sopporto ancora; tanto non cambiano nulla, o se qualcosa cambia mi sembra tanto lontano da non accorgermi di cambiamenti (per dire: finanziamento ai partiti, nucleare, e così via).
Odio letteralmente quelle comunali; nelle grandi/medie città ancora ancora, il numero di abitanti fa da trincea a intromissioni che in paesi piccoli (6/10.000 abitanti) per me sono insopportabili.
Sei in fila alla posta, un tizio attacca discorso, parliamo del tempo, quest'anno proprio infame, ma non dobbiamo lamentarci perché c'è chi sta peggio. Tocca a lui prima di me; fa quel che deve fare, saluta e se ne va. Mai visto prima, mai lo vedrò poi. Sbagliato: viene a citofonarmi perché un parente si è candidato consigliere, e lui vuole illustrarmi i programmi che sostiene (per dire: raccolta differenziata, dialogo diretto con i cittadini, manutenzione delle strade, aiuti ai più deboli, ecc.). Tutti validi, peccato che siano progetti quasi uguali per tutte le liste. Il tizio cerca di farmi ammettere di essere stato conquistato alla sua parte, e se ne va spostando una pallina sul pallottoliere.
Per strada, un conoscente mi ferma, caffè al bar, due chiacchiere. Toh!, che coincidenza, anche lui sostiene un candidato, però di un'altra lista. Presentazione verbale del programma, altra pallina che viaggia sul pallottoliere.
In casa: il vicino mi porta in casa un Caio che mi presenta un terzo programma, che vale, salvo qualche virgola, quello dei precedenti.
Per non perdere nulla: un parente alla lontana, mai tanto parente come in queste occasioni, si presenta in prima persona come consigliere. Posso contare sul voto tuo, di tua moglie, di tua cognata e, peccato che per poco sia minorenne, di tua nipote?
Certo che sì, moltiplicato per quattro liste.
Subito all'uscita dal seggio, a distanza di legge, ci saranno quattro picchetti. Non hanno il pallottoliere, fanno delle crocette su un notes, e conteranno: mio mio mio mio.
Exit-pol caserecci, che poi risulteranno fasulli, un po' per ciascuno.
Credo che il voto e la sua segretezza siano il sale della democrazia. Ma che voto segreto è, se mi vedo conteggiato come una pecora, se devo uscire dal seggio con gli occhiali scuri, perché uno sguardo, non sia mai un saluto, ti inquadrano di brutto come sostenitore di questo o di quello?
Sapendo che non me ne frega un tubo di nessuno dei quattro candidati (tanti sono), perché nei decenni di vita qualcosa ho imparato, molto mi resta da imparare, ma una cosa, una sola, sono riuscito a stamparmela nella testa: costoro, se eletti, di me se ne fregheranno un tubo; figuriamoci i non eletti.
C'è qualcuno che sa come affrontare la situazione?

domenica 14 marzo 2010

Sono contro la caccia

Intanto perché uccidere per uccidere dovrebbe essere contro la natura umana. 
Dove si uccide per vivere, per mangiare, sovente per sopravvivere, c'è una giustificazione più che valida; ma ammazzare qualsiasi animale, volatile o terrestre, denota uno spirito da assassini. 
E non per niente, in caso di omicidi tra umani, sovente si rileva che le armi da fuoco sono detenute legalmente, poiché in possesso del permesso di caccia. 
I nostri eroi si giustificano dicendo di operare in difesa della natura, perché una sovrabbondanza di fauna la danneggerebbe. 
Forse è con questo spirito che le guerre non finiscono mai: la Terra è sovraffollata, visto che le malattie, i terremoti, gli incidenti ecc., non riescono a calmierare il numero dei privilegiati destinati a vivere, tanto vale provvedere, come i cacciatori con gli animali. 
La caccia come difesa in caso di pericolo è un dovere; la caccia fatta per piacere, per me è incomprensibile.
Come sono incomprensibili le corride, in Spagna e nei Paesi in cui viene praticata. E mi stupisce che questi Paesi facciano parte dell'Europa più o meno unita e, più o meno moderna. 
Tradizioni secolari da difendere e conservare, dicono. 
Allora perché è stata abolita la pena di morte? Era una pratica plurisecolare, eppure nei Paesi civili è stata abolita, anche per crimini aberranti, per i quali la si vorrebbe riapplicata. 
Ancora più indietro nel tempo, c'erano i sacrifici umani ai vari dei: spariti da secoli, e nessuno ha alzato la voce in nome della tradizione da conservare, o del folklore. 
A quali dei vengono dedicati questi tori, macellati di fronte a migliaia di deficienti che urlano per incitare delle stupide piroette in attesa del colpo finale. Confesso: ogni volta che vedo spezzoni di corrida, tifo per il toro, e aspetto, e spero vivamente, in una bella incornata; magari non salva la bestia, ma vuoi mettere la soddisfazione della sua legittima difesa?
Dei ragazzi prodigio, i mini toreri, preferisco non parlare poiché li ritengo la negazione dell'essere. Mi sta bene che siano incornati anche loro: pietà, in questi casi, è morta.