giovedì 23 settembre 2021

Breve historia tri(s)ta*

Partiamo dal presupposto, ampiamente fondato, che siamo tutti gestiti, già da prima della nascita fino a oltre la morte. Da questo a prendere atto che a ogni gestione corrisponde un gestore, il passo è breve. 
I genitori gestiscono i figli (malamente molto, da qualche decennio a questa parte [parere estemporaneo e personale]) che, a loro volta, furono gestiti dai rispettivi genitori, promossi sul campo a nonni, e via risalendo gli alberi genealogici, fino ad Adamo ed Eva. Oltre, no se puede.
La Sanità gestisce la nostra salute, talvolta la cura, ma soprattutto gestisce i fatti suoi, con metodi differenti da luogo a luogo, sovente sul filo della legalità.
L'Agenzia delle Entrate gestisce i nostri risparmi, perlomeno quelli gestibili alla fonte: sa quanto si guadagna, sa quanto-come-dove si spende, vuoi per vivere come per sopravvivere. Non sfugge un centesimo al suo occhio di lince, e non esita a 'linciare' chi tenta di sfuggire (evadere, è il termine comunemente usato) al pagamento di quanto, a suo poco appellabile parere, dovuto. Poi c'è chi può, a sua volta, gestire l'Agenzia: dice a questa fantomatica essenza quanto decide di aver guadagnato e quanto decide di versare nella cassa comune; sempre poco, tenendosi ai limiti della cosiddetta soglia di povertà, quando non oltrepassandola per ottenere dalla stessa Agenzia un qualche contributo, sostegno, ristoro. Che i figli prediletti (quelli con gettito alla fonte) pagano. Felicemente cornuti e mazziati...
Un incipit che con questo racconto c'entra una mazza; è solo per arrivare ai gestori di servizi, in particolare luce, gas e, più nel particolare, telefonici.

La telefonìa, oggi, si divide tra mobile e fissa. 
La fissa la si tiene in vita per via dell'adsl (o internet che dir si voglia) che consente di 'navigare' per mare, per monti, per aere e pure per oltre e per altro. In disuso, viste le offerte di gestori che offrono questo servizio senza bisogno di essere titolari di un telefono fisso, come un tempo ormai lontano. Ricordo che, agli esordi televisivi, il gestore telefonico del tempo (mi pare la SIP, ma non sono sicuro, visto che ad ogni folata di vento questa cambiava ragione sociale; comunque sono certo che non era più apparentata all'EIAR, per via di fatti che ne avevano sancito il divorzio) aveva lanciato la filodiffusione e, per ottenerla, bisognava esibire l'abbonamento alla ancora claudicante televisione (12.000 lire all'anno, ho ancora da qualche parte la ricevuta del primo abbonamento). 
Bei tempi, più che altro per l'età... passata e mai più ritrovata.
Ormai la telefonia mobile si è affermata: quello che solo trent'anni fa era ancora un soggetto avveniristico, oggi è divenuto indispensabile; e ogni giorno che passa lo diventa sempre più, visto che a un sempre più piccolo parallelepipedo si affidano compiti di controllo, di certificazione, di operatività.
Fosse stata così diffusa, a suo tempo probabilmente avrei cambiato i miei piani lavorativi; era ancora in gestazione, a prezzi stratosferici (almeno per me), e il vedere gente che girava con in mano quest'aggeggio sollevandolo bene verso l'alto alla ricerca di un "campo" che solo muovendosi col braccio sollevato riusciva a individuare, con le indisponenti cadute di linea che provocavano proteste e accidenti, ebbene queste pantomine suscitavano commenti ilari in tipi come me, che sono un dabbenuòmo** come precipuo, quasi unico, dono di nascita.
Oggi, chelodicoafare, senza telefonino, più noto come cellulare, non si può fare più nulla.
L'accesso a quasi tutti i servizi ne prevede il possesso e la presumibile capacità d'uso: i vari codici, Spid o Cie, l'obbligo di conferma della propria identità a ogni pie' sospinto, lo hanno reso strumento di accesso indispensabile. Credo ci siano persone che hanno la capacità di spremere il caffè del mattino da questo piccolo elettrodomestico a batteria... e io non sono tra quelle.
Il servizio principale sarebbe l'uso per le chiamate vocali (che, sempre a suo tempo, mi sarebbe bastato e avanzato per cambiare la mia strada, come detto dianzi), che peraltro è ormai superato da quella che viene genericamente definita messaggistica: con Whatsapp Telegram Instagram TikTok e simili, si evita di parlare con chiamata diretta, quasi che gli scambi vocali fossero diventati inutile perdita di tempo; con brevi messaggi, scritti e/o verbali, si fissano appuntamenti, ci si saluta mattina mezzogiorno sera, e pure notte. Sta prendendo piede anche il superamento delle parole, affidando a delle faccine i propri sentimenti del momento, di approvazione, di affetto, di entusiasmo, di amore; ovvero di disapprovazione, di rimprovero, di sghignazzo... Un cuoricino elimina l'ormai desueto "ti amo", un visino corrucciato evita di dichiarare apertamente "non sono d'accordo"... Siamo alla frutta del comunicare, nel mentre la comunicazione si espande raggiungendo anche il fondo degli oceani e le stelle.
Questi servizi sono gratuiti, ma per averli è necessario scaricare sul cellulare la relativa app (probabile abbreviazione di applicazione, ma ormai termine a sé stante). Invece, in dotazione comune, il numero viene attrezzato di una componente che consente l'invio di messaggi e/o di video; la gratuità o meno di questa componente dipende dall'offerta, dal pacchetto, che viene proposto al momento della sottoscrizione di un abbonamento. Talvolta in questo è incluso un numero limitato di messaggi da poter inviare a titolo gratuito; superato il limite si pagano.
Gli acronimi di questi ultimi sono SMS (Short Message Service) per la messaggistica pura e MMS (Multimedia Message System) con cui è possible inviare anche video/immagini.

Vivo in una zona che quanto a comunicazioni tecnologiche si trova in un cono d'ombra. 
Il che 'costringe' ad avere un gestore di telefonia fissa che mi consente di ricevere decentemente i segnali internet per vedere programmi e messaggi sul computer; vincolato a questo gestore dall'incapacità di altri (provati, cambiati uno dopo l'altro) che a causa di questo cono non davano il minimo sindacale in fatto di ricezione web.
Per la telefonia mobile mi ritrovo con un altro gestore, che è l'unico (dopo esperienze negative con altri) che mi dà la possibilità di collegamento quasi sempre ottimo; talvolta zoppica, ma credo sia dovuto a cali generali di linea non imputabili a questo.
Con l'uno e con l'altro cerco di tenere gli occhi aperti, poiché ogni tanto scivolano sul lato economico, con aumenti improvvisi senza preavviso, che, se non me ne accorgo subito, si calcificano, dando luogo a liti (quasi) furibonde con i rispettivi call center, che so non averne colpa alcuna. In qualche caso metto insieme due parole (le mie ben note 'due parole') e ricorro a fax, posta elettronica e, più raramente, col ricorso alla PEC (Posta Elettronica Certificata, tra gli acronimi uno dei pochi vestito d'italiano); a quest'ultima rispondono quasi tutti, le altre forme vengono bellamente ignorate...
Col fisso posso avere un doppio controllo costante per via della bolletta mensile e dell'addebito a scadenza sul conto corrente; sul mobile no, devo stare con gli occhi aperti, poiché il rinnovo, sempre mensile, è condizionato dalla ricarica, che deve essere sufficiente a coprire il costo del canone concordato. Se sfugge al controllo, la fregatura è sempre dietro l'angolo; ma anche sopra il tetto, per cui come niente ci si ritrova con una tegola tra capo e collo...

Quando sora Vecchiaia bussa alla porta, si diventa pignoli.

Il mio gestore del mobile, precisino più di me, quando si avvicina la scadenza del mese, mi manda un sms (gratuito), dove mi invita a controllare che il credito residuo della ricarica sia sufficiente per affrontare il rinnovo. Quando so per certo che i fondi ci sono, ignoro il messaggio; se ho un dubbio vado a verificare.
Verso metà agosto dal controllo era emerso che i fondi c'erano, ma... l'addebito precedente risultava modificato, maggiorato di un quasi 20% (1,99% €, che giustifica il 'quasi').
Chiamo subito per segnalare il 'disguido'... Superato lo scoglio del robottino (ormai quasi tutti i gestori hanno abolito il primo approccio diretto con un essere umano) una voce femminile, dopo il rituale buongiorno-posso-esserle-utile?, ascolta con pazienza la mia protesta, va a vedere sul suo monitor, e mi dice che a marzo mi era stato inviato un messaggio che annunciava il rincaro. Precisando: in quel messaggio era chiaramente spiegato che "per i vecchi clienti il canone sarebbe stato aumentato di 0,99 centesimi, mentre per i nuovi (e per chi non aderiva alla proposta) sarebbe stato di 1,99 €". Non avevo risposto entro il termine temporale indicato, ergo (questo è mio, per fare sfoggio di uno dei due termini latini che conosco) l'aumento era stato applicato per intero.
Nella vita, talvolta/sovente mi sono riconosciuto educatamente cretino; questa è una di quelle tante volte. Ho tentato di spiegarle ciò che per me era chiaramente un assurdo; era d'accordo, ma i tempi per l'adesione erano scaduti e non sarebbe stato possibile modificare il fatto compiuto. 
Avevo buttato lì, con poca speranza, il fatidico "allora cambio gestore!", che mai ha dato buoni frutti. La minacciata perdita di un abbonato non impietosisce più; immagino le spallucce dell'operatrice...  Anche perché, ahimé, sapevo benissimo che non l'avrei potuta attuare per via del maledetto cono d'ombra in cui mi trovo adagiato.
Stavolta, incredibilmente (ed è dire poco), non era andata così: dopo pochi minuti aveva chiamato un'altra operatrice, aveva sentito la mia protesta, l'aveva accettata, disponendo il rimborso dell'euro in più, proditoriamente carpito.
Le grandi soddisfazioni non sono mai state per me, così da sempre mi accontento delle piccole: mi sentivo ancora cornificato da quei 99 centesimi, ma non mazziato da quell'euro in più. Calcisticamente avevo considerato quel risultato come un pareggio tra due contendenti. Chi si contenta gode, diceva un saggio...
Sull'onda di quella vittoria fasulla, quando poco dopo era arrivato un messaggio che chiedeva conferma della soddisfazione o meno, non avevo esitato a rispondere positivamente. Messaggio seguito da altri due, che avevano il sapore di un ulteriore accertamento di tale contentezza.
Li riporto pari-pari, con le domande e le risposte, così come chattate (mi vergogno, ma il termine appropriato pare sia questo) sul cellulare. Soprattutto la sinteticità di queste susciteranno qualche dubbio, prendendo atto del pulpito da cui sono state emesse. Ma confermo che sono mie.


Chiuso l'incidente, andiamo a fare baldoria, visto che con l'estate era stato attivato un quasi "liberi tutti!" (fasullo e forse precipitoso, visti i risultati che ancora stanno maturando).

(Apro una breve parentesi, per dimostrare quanto le esperienze sul campo siano maestre di vita più che le parole. Mi riferisco al capoverso di cui sopra. Ieri, oggi, e sicuramente domani, su tutti i media i racconti sulla pandemia sono argomento scalzato dalle prime pagine e dai titoli d'apertura dei telegiornali. Come goccia battente sulla roccia, la parola 'bollette' sta incrinando le sicurezze più dei vaccini, dei green pass, e di quant'altro fino a ieri d'importanza vitale: la previsione di aumenti, prossimi, al 30-40% delle bollette di luce e gas, ha gettato nel panico i cittadini; il martellamento impietoso della notizia ne ha accentuato la pragmaticità, dando luogo a reazioni di terrore superiori, come detto, a quelle sui contagiati e sui morti per virus. 
In campagna elettorale, tutto fa brodo, e tutti i partiti cavalcano la tigre della protesta, raccontando di quanto siano impegnati ad evitare, o almeno ridurre, l'impatto sulle nostre tasche di una operazione che sarebbe una ulteriore mazzata ad un'economia nazionale che già affonda (non solo per il Covid19...). Alla pari con la modifica del catasto e della giustizia, che, peraltro, non mettono mani nelle esangui risorse dei cittadini (oggi, poi si vedrà) e quindi passano in seconda o terza fila.
Per come è composto il governo in carica, quasi ogni partito ha in questo almeno un rappresentante: ebbene, ogni rappresentante, quasi fosse singolarmente pilastro portante di un intervento calmierante il ventilato e deprecato aumento delle tariffe, assicura al proprio uditorio plaudente una soluzione che eviterà il tracollo delle economie, famigliari e nazionali. 
Le opposizioni, quelle fuori dal governo (che sono poche, direi una sola), hanno buon gioco nell'evidenziare l'incapacità a governare di chi ha in mano il timone del bar[ac]cone Italia.
Questo ieri e oggi. L'esperienza cui accennavo in apertura di paragrafo mi consente di anticipare quello che succederà domani: tra piccole riduzioni (oneri di trasporto, forse IVA, forse altro), lo stanziamento di qualche miliardo di euro, le percentuali preventivate saranno dimezzate, dal 30-40% si scenderà al 15-20%, che sarà sbandierato in campagna elettorale come una vittoria, come una conquista, che solo la capacità di gestione dei singoli ministri (ciascuno nel proprio spettro iridico) avrà ottenuto; da tenere presente nell'urna.
Che poi quel risultato, ottenuto togliendo o iniettando, alla fine ricadrà comunque sul cittadino, è discorso demagogico, da non toccare.
Ecco, la simiglianza tra la mia esultanza per quel 50% in meno ottenuto sulla previsione di aumento del canone equivale a quel 50% in meno che sarà ottenuto (con dichiarati sacrifici, ovviamente da parte del governo, manco i suoi componenti pagassero di tasca loro, con proprie risorse personali) sulla ventilata percentuale di aumento delle bollette di luce e gas. Con ben altro peso...
Saranno feste e quanto-siamo-bravi, forse canti dai balconi e striscioni inneggianti a questo o quello, anche qui sarà considerato equo e accettabile e sopportabile un pareggio (come nel caso mio)... ma quanto amaro!, pensando anche al fatto che, quasi ignorati, gli stessi aumenti, con le stesse percentuali, li abbiamo bevuti pochi mesi fa: senza clamori, senza stridori...
Chiusa parentesi).
  
Quando sora Vecchiaia bussa alla porta, si diventa (anche) permalosi.

Settembre inoltrato, segnalazione per controllo credito residuo. Con l'euro di rimborso da poco incamerato, era troppo prossima la vicenda per non stare allerta; ero andato a verificare: per pochi centesimi non sarebbe bastato al rinnovo, e un campanello aveva suonato a martello. Qualcosa non quadrava.
Fatta la ricarica per mettermi al sicuro, ero andato alla voce "le mie spese" nel menu, per capire dove fossero finiti quei centesimi mancanti.
Sui cellulari non avevo aderito all'offerta della messaggistica gratuita, per cui eventuali sms in uscita sarebbero stati a pagamento. Perfetto, mai inviato sms... quindi perché risultava un addebito per sms inviati dallo stesso cellulare beneficiario del recente aumento di tariffa?
Solito robottino, poi l'essere umano (albanese, gentile, comprensivo) che conferma l'invio di tre sms verso un 400... numero tronco per via della privacy, con il relativo addebito di 0,75 centesimi. Per avere i numeri mancanti sarebbe stato sufficiente andare sull'icona apposita e cercare quando e a chi furono inviati. Uno appresso l'altro, il 27 agosto appena scorso.
Stesso robottino, altri dieci minuti di attesa, altro operatore (albanese, scorbutico, forse già incavolato per fatti suoi).
Espongo il mio punto di vista: quei messaggi avrebbero dovuto essere gratuiti come ripetutamente dichiarato nero su bianco, o il fatto che fossero dati come tali era da ritenere una beffa, se non una truffa? Infatti la gratuità era presumibilmente diretta al cliente, si trattava delle tre risposte citate poco fa, e che il dabbenuòmo aveva inviato come forma di ringraziamento per l'euro a suo tempo, inaspettatamente, ottenuto a rimborso. Come fatto altre volte, in caso di risposte positive a quesiti esposti; che il dabbenuòmo non aveva mai controllato, né sul cellulare oggetto dell'attuale attenzione, né sull'altro in dotazione... confermando così la giustezza del suo titolo.
Ritenendo di avere tutte le ragioni per reclamare, avevo esposto con calma il disappunto per il furto, pur così misero. L'operatore non era dell'umore giusto per darmi retta: avevo inviato tre sms e, giustamente, mi erano stati addebitati. Punto.
Alla mia insistenza aveva alzato la voce, e a mia volta mi ero adeguato.
"Lei non mi ascolta!", diceva lui.
"È lei che non ascolta me!", rispondevo io.
Forse ero io che non mi spiegavo bene, ma sicuramente lui non era propenso ad ascoltarmi, tanto meno a capirmi.
Conclusione: col chiaro intento di interrompere una conversazione che gli aggarbava affatto, aveva buttato nel piatto un euro intero di rimborso. Con 25 centesimi di mancia. Con quella cifra, non richiesta poiché, grazieadio, 75 centesimi non mi ingrassano (e tanto meno un euro elargito con quel tono), mi tappava la bocca e, dopo avermelo ribadito con disprezzo, chiudeva il discorso. E la telefonata.
Spero che almeno quei centesimi in più, elargiti con tanta eleganza, glieli trattengano dallo stipendio, e sono certo che gli peseranno assai più del valore di un rimborso che sa di elemosina, come sbattuta in faccia a un pezzente impertinente.
Appena trovo le parole scrivo al gestore, raccontando il fatto, il tizio se la vedrà con lui.
Quanto al dabbenuòmo, col cavolo che darà ancora pareri positivi a chicchessia; anzi, non darà più alcun parere, salvo una rispettosa pernacchia. Virtuale, a scanso di registrazione, in vista di un possibile, probabile, proditorio pagamento.
 
* Breve: col senno di poi, chiaramente un falso aggettivo, quantomeno qui leggermente inappropriato; historia: per renderla universale; tri(s)ta: trista-truce e trita, anzi ri-trita, ripetitiva.
** Dabbenuòmo: sost. masch. = arcaico: sempliciotto credulone ingenuo  -  popolare: imbranato, quasi deficiente.
  
  

martedì 7 settembre 2021

Parliamone... perché no?

by Rolando Rubini


Big Dementia.

Ancora su pandemia, vaccini, green pass, Costituzione, diritti e doveri
di Vincenzo Cottinelli, ex magistrato specializzato in salute e sicurezza sul lavoro, 6.9.2021
Foto
Vaccini: scritte No Vax su muri hub di Firenze
Il perdurare di prese di posizione no-vax induce a cercare di penetrare anche in teste che sembrano perdute nella loro cocciutaggine.
Le cronache delle violenze di questi giorni e il perdurare di prese di posizione no-vax sui social mi inducono a riprendere la questione dei diritti, della salute, degli obblighi. Lo faccio con un taglio semplice e con un titolo e un tono ironico, per cercare di penetrare anche in teste che sembrano perdute nella loro cocciutaggine o nascoste dietro furberie.
Non vorrei cominciare da quelli che negano la pandemia come fatto reale: sarebbe come mettersi a confutare i terrapiattisti.
Ricordo mestamente che i morti italiani (quasi 130.000) equivalgono all’incirca alla sparizione degli abitanti di una città come Ferrara, Salerno, Latina, Sassari.
Nemmeno potrei dire molto a quelli che per principio rifiutano il vaccino o sono indecisi perché ne hanno paura: dovrei ripercorrere quasi due secoli di storia scientifica dei vaccini che, come tutti dovrebbero sapere, si basano su un meccanismo (lo stimolo alla produzione di anticorpi che bloccano il virus) collaudato e garantito da verifiche standard (un po’ accelerate per questi contro il Covid, data l’emergenza mondiale, ma alla fine concluse regolarmente).
Se non si crede alle attestazioni di OMS e ISS, non si perda tempo a leggermi: va bene, non sono mai esistite le centinaia di tipologie di vaccini che nei secoli hanno salvato da poliomielite, vaiolo, colera, influenza, eccetera. Cancelliamole!
Rimane il fatto che oggi, in tutto il mondo, i non vaccinati per il Covid sono in testa alle classifiche di mortalità e sono gli occupanti quasi esclusivi (in un certo senso abusivi) di terapie intensive e posti letto, a danno di bisognosi di tutte le altre patologie.
A risentirci e tanti auguri. Però non meravigliatevi se vi si guarda con sospetto e vi si ordina di stare un po’ in disparte.
Ci sono poi i più bizzarri, per certi aspetti i più pericolosi, perché non sembrano così retrogradi e ignoranti (e in fin dei conti oggettivamente di destra) come quelli del primo gruppo.
Sono gli anticapitalisti duri e puri, che rifiutano il vaccino perché è un prodotto di giganteschi mostri unificati sotto il nome di Big Pharma. Cioè le industrie farmaceutiche, colossi multinazionali, spesso monopolistiche, le quali, secondo loro:
a) fanno parte, insieme a governi, gruppi finanziari, singoli miliardari (Bill Gates, Clinton, Soros) di un complotto mondiale finalizzato a indurre un falso bisogno di un farmaco da loro prodotto, con la sottomissione di interi popoli a misure restrittive e all’assunzione coatta di una sostanza non verificata o di dubbia efficacia;
b) in ogni caso lucrano miliardi da questa produzione artificiosamente indotta, a spese dei governi e cioè dei popoli.
L’opposizione al vaccino è per questi un momento fondamentale di una guerra di resistenza anticapitalistica e antiautoritaria.
I nemici del Big Pharma sembrano dimenticare che i veri anticapitalisti, anche i più modesti socialisti riformisti, hanno da sempre nel loro programma (facciamoglielo realizzare!) la fiscalità progressiva sui profitti, i diritti dei lavoratori, la sicurezza del lavoro, la lotta all’inquinamento, i limiti alla delocalizzazione e così via.
Ciò non solo nei confronti di Big Pharma, ma anche per i mille tipi di Big che fanno profitti sulla testa di miliardi di consumatori (Big Automotive Industry, Big Weapons Production, Big Entertainment Industry, Big Tobacco, Big Food, Big E-Commerce, per dirne solo alcuni). Sembra proprio una Big Dementia: boicottare, pur in mancanza di fondati motivi, un singolo prodotto di un singolo ramo d’industria (chissà perché non i tranquillanti o la truffaldina omeopatia, o le automobili o le armi, di cui v’è clamorosa evidenza di micidiale nocività o imbroglio e/o profitti incontrollati?) simulando un impegno politico e sociale di controllo generale sull’industria.
Viene presentata come una lotta eroica, ma è una marachella, in realtà è il rifiuto di uno strumento utile per la vita e la salute mondiale. Non bisognerebbe esitare a smascherarlo. Infine: vaccinarsi, come andare in auto, non significa rinunciare alla lotta per fiscalità e giustizia sociale, a tutto campo.
Qualcosa di simile accade con l’utilizzo truffaldino dei valori costituzionali.
Ebbene, il vaccino è fortemente consigliato come barriera contro il virus, quantomeno ne neutralizza le forme più gravi e l’incidenza di mortalità. Le statistiche epidemiologiche ne danno ragionevole certezza.
Lo Stato, se lo decide, può renderlo obbligatorio.
Non se ne può più delle farneticazioni (bugie) su libertà e diritti costituzionali, già sparate lo scorso anno a proposito di lockdown.
Allora avevo contrapposto cose ovvie (gli artt. 16 e 17 autorizzano limitazioni alle libertà di movimento e di riunione per motivi di sanità, sicurezza, incolumità: spiacenti per il weekend, la movida, le discoteche, i matrimoni, i funerali, i cenoni, le messe, i rave party). Gli articoli 13 e 21 non c’entravano.
Basta leggerli.
A proposito del vaccino, si ritorna da capo. Chiedo: c’è una norma costituzionale che garantisce una generale “libertà di fare i propri comodi”?
No, anzi, all’opposto, nell’art.2 si pongono i doveri inderogabili di solidarietà. Vaccinarsi è essere solidali.
Ma forse c’è un diritto generale alla “esenzione dal vaccino”?
La risposta la dà l’art. 32 della Costituzione “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.
La frase è scritta in un italiano bello e chiaro: la legge può obbligare a vaccinarsi.
Non lo può fare il Sindaco né il Prefetto, ma il Parlamento (quella cosa eletta dal Popolo secondo le regole!) sì, di sua iniziativa o su input del Governo. Per favore, basta! Il vaccino, anche se molto raccomandabile, non è al momento obbligo generale, ma se lo ordina la legge (o un provvedimento equiparato), sì. E perché mai il Parlamento (cioè il Popolo) dovrebbe ficcare il naso nella mia salute obbligandomi a fare il vaccino? È ancora l’art.32 che risponde: caro cittadino, la tua salute non è solo un tuo diritto (o un tuo capriccio come il fitness) ma è “interesse della collettività”, cioè tutti abbiamo bisogno che tu stia bene, perché da malato ci costi, non produci, non consumi e magari contagi pure i sani, se ti ammali di covid. Se poi non sei un cittadino qualsiasi, ma sei medico, infermiere, insegnante o simile, vuoi scherzare? A casa! O vaccinato.
Ora il green pass (certificato di avvenuta vaccinazione) riaccende polemiche furibonde e siamo da capo. Io ingenuamente mi chiedevo: se uno si vaccina (magari con sacrificio, sforzo psicologico, paure, conflitti di coscienza, discussioni in famiglia) il più è fatto, che gl’importa di scaricare, tenere in tasca ed esibire il certificato?
Avevo in mente miei vissuti di un normale ingresso in pizzeria, dove avventori vaccinati esibiscono il green pass al tranquillo gestore e poi si godono la serata, idem per terme, musei, concerti; una bellezza, solo qualche attimo in più di attesa.
Ma allora chi sono queste folle urlanti per la violazione di un altro presunto diritto costituzionale: quello di “non certificare una propria qualità” e quindi di “non esibire il certificato” (mi sono dimenticato l’articolo: me lo indicate per favore?).
Sembra pura follia, Big Dementia.
O forse è una ventata di empatia di cittadini consumatori verso gestori e commercianti gravati di questo spaventoso superlavoro? Errore! Sono gli stessi che ieri urlavano contro il vaccino, sono i “no vax classic” che vogliono schivare il vaccino con un trucco nuovo, pensando: se facciamo cadere l’obbligo di avere ed esibire il green pass, possiamo fare quello che vogliamo senza essere vaccinati. Magari c’è anche una fetta di commercianti e gestori di servizi privati, aizzati dai politici di riferimento, a lottare contro un nuovo fastidio (ma il pass non elimina il test termico?). Chiamarli furbetti è un eufemismo. Veramente non se ne può più.
Parlando seriamente, vorrei chiudere con le parole di un autorevole giurista responsabile di una importante rivista dedicata alle questioni della giustizia: “restiamo convinti che la campagna di vaccinazione sia uno strumento di liberazione dai più gravi timori per la salute individuale e collettiva e che la vaccinazione sia al tempo stesso un diritto e un onere, il cui mancato adempimento può giustificare una serie di calcolate restrizioni e limitazioni adottate nell’interesse collettivo, in vari ambiti della vita sociale” [Nello Rossi - https://www.questionegiustizia.it/.../venerdi-6-agosto... ].
Aggiungo: se serve, anche in via generale.
(credit foto ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI)