martedì 30 aprile 2013

Affinché Primo Maggio sia

Francesco (che sono costretto a cognomizzare vista l'inflazione di questo nome) Zaffuto ha formulato sul suo blog una proposta per limitare i danni che la mancanza di lavoro sta provocando a livello nazionale, con particolare riguardo ai giovani e alle donne. 
Il fatto che nel governo testé nato siano stati inseriti questi e quelle non deve trarre in inganno: quando si parla di lavoro non si intende «quel» lavoro, che ha avuto una sua passata dignità, ma oggi ancora tutta da dimostrare.
Quando si parla di "lavoro" si intende quello che una volta era indicato come «guadagnarsi il pane» (anzi, ricordo che un noto personaggio aveva aggiunto «col sudore della fronte»), cioè quel tipo di lavoro che consenta di vivere dignitosamente e di programmare almeno un minimo di futuro.
Altri blogger hanno pubblicato questo post, ma valendo più che mai il "ripetere giova", aderisco volentieri all'iniziativa.
Pur ritenendola, Francesco lo sa, più che un sogno un'utopia.

A partire dal 1 maggio 2013

Ai fini dell’applicazione dell’art. 1 della Costituzione italiana sono istituite presso i centri di impiego regionali e provinciali le liste di collocamento al lavoro con carattere obbligatorio e pubblico.

 Ogni cittadino in condizione di disoccupazione e che cerca con urgenza un’occupazione può iscriversi a seconda delle sue capacità professionali alle liste di collocamento e come minimo a tre tipologie di mansioni.

 Tutte le ditte private che assumono sono obbligate ad assumere tramite le liste di collocamento pubbliche per almeno il 70% delle assunzioni, sia per le assunzioni a tempo indeterminato e sia per le assunzioni a tempo determinato. Tutti gli organismi pubblici sono obbligati ad assumere tramite dette liste per il 100% delle assunzioni a tempo indeterminato e determinato, tranne per i posti soggetti a concorso pubblico.

 Tutte le ditte private che dimostrano di assumere per il 70% tramite le liste di collocamento pubbliche potranno detrarre gli emolumenti corrisposti a questi lavoratori dalla base imponibile IRAP.

Le assunzione avverranno sulla base delle seguenti priorità: carichi di famiglia e precedenza per maggior tempo di attesa in collocamento.

 Durante il tempo di attesa verrà riconosciuta una indennità di disponibilità al lavoro di 20 euro al giorno a carico dello Stato  esente da ogni tassazione e tributo. Ai fini previdenziali e pensionistici i periodi di permanenza di iscrizione alle liste di collocamento sono riconosciuti come lavoro effettivo.

 Il centro di impiego comunicherà al lavoratore in disponibilità il primo lavoro disponibile e il lavoratore sarà obbligato a prendere servizio. La mancata presa di servizio viene a comportare la cancellazione dalle liste per mesi tre e la sospensione dell’indennità per lo stesso periodo.

 Durante il periodo di permanenza in disponibilità i Comuni possono utilizzare gli iscritti alle liste per lavori socialmente utili. In tal caso i comuni provvederanno a pagare al lavoratore altri 20 euro per l’effettiva utilizzazione giornaliera.

 Ai fini del finanziamento di questi dispositivi vengono sospese tutte le pensioni superiori a 5.000 euro netti mensili e tutti gli emolumenti pubblici non potranno superare tale riferimento; e in caso di mancata capienza si farà riferimento alla fiscalità ordinaria proporzionale e progressiva.


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E FATELO ARRIVARE  A SINDACALISTI E POLITICI

venerdì 26 aprile 2013

Napolitano non dixit


Il discorso di Napolitano, rivolto alle Camere riunite, sottotitolato per i non udenti.
Ho un televisore vecchio, forse è per quello che nelle riprese andate in onda questi sottotitoli non si sono visti.
Comunque ho l'impressione che lì ad ascoltarlo ci fosse una folta rappresentanza dei non udenti d'Italia.

domenica 21 aprile 2013

Passato, presente, futuro, bacio

passato
Presente
Futuro
Un bacio al volo a chi se ne va

lunedì 15 aprile 2013

Sinfonia del 730/13



Francesco (in barba alla privacy, con l’inflazione dei Franceschi che c’è in giro, devo aggiungere il cognome) Zaffuto, nel suo blog politico-economico-indignados  La Crisi 2009 ha iniziato da par suo la descrizione dell’odissea per la compilazione del 730/13; è alla seconda puntata, e ha già ben descritto alcune novità di questo modello, che anno dopo anno sta diventando sempre più stellare.
Per la gioia dei pensionati non-baby, ossia con qualche annetto e poco-nulle competenze webbaiole (i baby-pensionati non hanno problemi, nella capacità di gestione web sono quasi alla pari dei baby-prodigio delle scuole materne), l’Inps (in crisi economica, forse prossimo al fallimento) ha deciso d’amblé di non mandare più i Cud ai propri “clienti”; annullando il suo cartaceo pare che ottenga un risparmio, non quantificabile dai non addetti, ma sicuramente consistente.
L’operazione segue quella della cancellazione dell’ invio del modello ObisM, che inizio anno avrebbe dovuto comunicare ai pensionati la situazione previsionale retributiva per il 2013.
Annullati: senza se, senza ma e senza beh.
Peraltro i dati relativi, dei Cud e dell’ObisM, sono reperibili via internet; chi possiede un pc, e lo sa manovrare, si fa carico della ricerca dei file d’interesse e della stampa in cartaceo, da consegnare con gli altri documenti per la compilazione del 730 o per la richiesta del modello Isee aggiornato.
Semplice, no?
L’Inps risparmia, e questo è il lato positivo delle sue operazioni.
Il cittadino (facciamo finta, ma solo in questa occasione, che anche il pensionato sia un cittadino), soprattutto se negato, per limiti fisici o chiusura mentale verso questi aggeggi, si ritrova a girare in tondo alla ricerca di qualche anima buona che gli fornisca questi documenti, raramente a costo zero.
Siamo a metà aprile e alzi la mano chi non ha già dato uno sguardo veloce alle istruzioni per la compilazione del 730 o di Unico.
Tra le altre novità l’occhio mi è caduto, alla voce “deducibilità”, sul SSN, compreso nelle assicurazioni RCA dei veicoli a motore.
Fino all'anno scorso questa tassa, regolarmente segnalata distintamente nelle polizze, era deducibile, per intero, dal reddito imponibile, concorrendo, nel suo piccolo, a ridurre la tassazione lorda.
Da quest’anno la deducibilità è ammessa per le cifre superiori a 40 euro.
Di fatto escludendo del tutto dal (piccolo) beneficio tutti i veicoli di piccola/media cilindrata e, parzialmente, quelli di classe superiore, che peraltro mantengono ancora una bella fetta deducibile; chi possiede più mezzi, ovvero più lussuosi, può ancora tagliare l’imponibile, riducendo l’imposta.
Ossia la franchigia già in atto per le spese sanitarie (peraltro previste come detrazione al 19%, quindi operante sulla tassa) è stata estesa al SSN polizze auto.
Al di là del fatto che non ho mai capito la coerenza tra l’applicazione di una tassa su un documento (la polizza) e il rimborso su un altro (il 730), quando, anche per calmierare i costi assicurativi ormai alle stelle, sarebbe stato più semplice eliminarla direttamente dalle polizze.
Se questa tassa è indirizzata alla copertura degli interventi sanitari sui sinistri della strada, il suo rimborso integrale (o con franchigia da quest’anno), ingenuamente mi fa pensare che gli incidenti stradali con danni fisici più o meno gravi siano (miracolosamente?) cessati, e lo Stato, agendo come sempre con lo spirito del buon padre di famiglia, restituisca una tassa che, in queste condizioni positive, non ha più motivo d’essere.
Si tratta, chiaramente di una fesseria,  a livello prettamente monetario, quella della franchigia di 40 euro.
Ma di fesserie è piena l’economia, anzi proprio le fesserie sono il suo miglior carburante.
Questa “fesseria” consentirà all’erario un risparmio, pronta cassa, quasi senza colpo ferire, di un rimborso intorno ai due miliardi di euro, che non sono cifra astronomica se confrontata con gli altri triliardi buttati al vento, ma neanche possono essere definiti bruscolini o lupini o noccioline...
Al dunque: l’Inps risparmia, lo Stato risparmia…
Quindi, visto che:
                                l’Inps, ente astratto, siamo noi,
                                lo Stato, ente astratto,  siamo noi,
è chiaro che chi risparmia, in fondo, siamo sempre noi cittadini.
Deduzione facile, con una sua logica, ma stranamente un po' difficile da digerire.
Nel frattempo i risparmi e i tagli che i cittadini si aspettavano, continuano a vagare nell’alto dei cieli, poiché chi li dovrebbe mettere in atto gioca a rimpiattino, pur di non fare quello per cui, principalmente stavolta, è stato votato.
Buon 730 a tutti. 

mercoledì 3 aprile 2013

Ricordo pasqualino

Un suspir

E piôv a zil ròt e l’aqua la s’insteca
stra i còp slabré e zò par al duzàj.
Sbalutêdi da e lans d’una vintê,
e sbrèsa al goz, dri la vidariê.
Luntân e sbat un òs,
e ogni böta cl’arbomba
l’è un suspir ch’u s’amöla
da e baracôn dla nòt.
E pasa l’infarmir par amurtê al lus,
e in chêv dla sêla e da l’utom avis.
Sol cl’òm smanarlê u n’i da bêd.
U s’adâna int’ e lët, tòt ingiavlì,
e sturzend la bòca a la finëstra,
e rugia cun la bêva e j’òcc svarsê:
“A voj turnê a ca! A ca, da mi fiôla!...”.
Dis en fa, li l’al fè srê,
pasèndal par mat:
la ca, za vinduda,
pr’andê a stê in zitê…
(Sergio Chiodini – 1979)

(Un sospiro: Piove a dirotto  e l’acqua si infiltra / tra i coppi sbrecciati e giù attraverso le grondaie. / Agitate dall’ansimare di una ventata, / scivolano le gocce, lungo la vetrata. / In lontananza sbatacchia una porta / e ogni colpo che rimbomba / è un sospiro che si abbandona / dal baraccone della notte. / Passa l’infermiere a spegnere le luci, / e dal fondo della sala dà l’ultimo avviso. / Solo quell’uomo discinto non gli dà retta. / Si sfianca nel letto, in preda alla collera, / e storcendo la bocca verso la finestra, / urla con la bocca e gli occhi stravolti: / “Voglio tornare a casa! A casa, da mia figlia!...”. / Dieci anni fa, lei lo fece rinchiudere, / con la taccia di matto: / la casa, già venduta, / per andare ad abitare in città…).



 Perché questa poesia e perché questo post…

Mattina di Pasqua: vado a prendere Angela, per un pranzo a casa, tutti insieme.
Contrariamente alle previsioni meteo, la giornata è bella, il cielo abbastanza terso, la leggera brezza che viene dal mare non disturba più di tanto.
Nella struttura è un via-vai di auguri… 
Buona Pasqua…
Auguri dati e ricevuti senza un costrutto particolare; per una volta sostituiscono i 'buon giorno' e i 'buona sera' della quotidianità.
E, anche questi, dati e ricevuti in un ambiente in cui nulla invoglierebbe a vedere il “buono” in qualsivoglia cosa, un modo come altri per scambiare un saluto, senza l’impegno di un seguito.
Auguri dati meccanicamente, automatici, quasi non sentiti, sovente senza risposta.
C’è già l’addetta alle pulizie che spinge il suo carrellone, schivando le carrozzine e i sedili che alcuni visitatori hanno spostato per stare meglio vicini agli ospiti.
Buona Pasqua… 
... A Pina, a Maria Teresa, ad Alberto, ad Errica, a Lilly… a tutti coloro che il turno ha voluto qui presenti.
E tanti auguri a quelli che non il turno ma il destino vuole qui anche oggi, giorno di festa.
Con una stretta di mano e un abbraccio: ad Antonio, a Francesco, a Mario, a Rosa, a Natalina, a Giuseppe…
A Giuseppe…
Circa ottant’anni, autonomo nel deambulare, pancetta in evidenza, testa glabra, un viso quasi senza rughe…
Nonostante la ritualità del gesto, con la stretta di mano e gli auguri ci si guarda in viso, occhi negli occhi per l’istante di durata del saluto.
E dagli occhi di Giuseppe, oggi, scendono due timide lacrime, che la sua dignità non è riuscita a bloccare.
“Buona Pasqua, Giusè…”.
“Grazie, anche a voi…”.
Una specie di sorriso, di quelli che spostano leggermente le labbra verso l’esterno, in un esile tentativo di far credere che va tutto bene.
In poco meno di due anni di frequentazione quotidiana, non ho mai visto un visitatore suo personale, un parente, un amico, un conoscente…
E neanche ne ha mai parlato.
Quasi da pensare a una solitudine cercata e voluta, forse da prima del suo ricovero.
Oltre ad altri acciacchi, l’unico parente che gli sta addosso giorno e notte è fratel Diabete, come lo chiamerebbe il santo di Assisi.
A modo suo è lucido, e le due lacrime che scendono lente sulle gote lo dimostrano.
Per chi non sa, è un poveretto che la sfortuna ha relegato in una solitudine di cui non dimostra solitamente il peso; salvo oggi, che il giorno di “festa” amareggia più del solito.
Chi sa (e io so): ha due figli, entrambi avvocati, entrambi più che latitanti sia nei confronti del padre che della struttura che lo ospita, negandosi a questa quando li cerca per comunicazioni o necessità contingenti.
A chi mi dava queste notizie avevo detto, porgendola come una battuta, cinica ma innocente:
“Verranno per il funerale, come è successo a molti altri, abbandonati in vita e pianti in morte”.
La risposta, anche questa innocentemente cinica:
“Ci sono buone possibilità che non si facciano vivi neanche allora; hanno venduto la casa e si sono spartiti tutti i suoi averi; hanno fatto tutto in modo astuto, senza ricorrere all’interdizione per incapacità di intendere e volere, per evitare a priori il rischio di coinvolgimenti. Ci sono buone possibilità che l’inumazione del padre finisca a carico del Comune…”.
Quelle lacrime sul viso voglion dire tante cose, canterebbe Solo Bobby, ma in quelle tante cose  ci saranno il rimpianto, il dispiacere, la solitudine… non saranno mai più lacrime d’amore.
Vorrei essere medico o infermiere, per iniettare nelle vene ai due figli quel detto che recita:
oggi, voi siete quello che io fui;
oggi, io sono quello che voi sarete.






lunedì 1 aprile 2013

Due ricette come pesce d'aprile

Crapiètt' ccu patàn' all' fùrn
Ci vuòn:
- 'nu crapiètt' nustràn' 'i 'na trjina 'i chil nètt,
- cipùdda, rosmarin,
- rùa cucchiaràt' 'i gràss 'i puorch',
- rùa chil' 'i patàn' munnàte,
- uògliu e sal' q.b.

Piglia 'u crapiètt' pulizzàt', ascjiugàl', càccia 'a càpa e tutt' 'i còs' rinta (stintin', ficatu, rìni e purmùni), fall' 'a pièzz giùst' e mintil' 'nta 'nu bèll' tjian' grànn' ccù assajia cipùdda fàtta a fedd', assajia rosmarin', rùa cucchiaràt' 'i gràss' 'i puòrch' e 'nu poch' 'i sal'. Mintic' 'nu poch' r'àcquae 'mpilal' 'ntù fùrn' e fàll' còc'.
Arricuòrdat' ch' mintic' còc' sicci vò 'n poch' r'àcqua mintacèlla. 
'Ntramènt' piglia n'àta tièdda, mintic' i patàn' munnàt' e fàtt'a spicch' gruòss, 'u rosmarin', 'nu poch' 'i gràss', abbùcall' 'nt' 'u crapiètt', fàcc' piglià sapùr' riminiànn' tutt' e facjiènnul' stà 'nat' poch' 'ntu fùrn' fin' a quànn' 'u crapiètt' e li patàn' nun si bell' arrussicàt' e c'è rimàst' sul' l'uògliu.




♥   ♦   ♣   ♠


La fricassà mista

As pijo ‘d fӫttin-e ‘d cheussa, ‘d fidich, ӫd cotlette d’agnel, ӫd cunji, ӫd servela e gamba tajà a fӫttin-e. Pronté ‘d sӫmmolin butand al feu: mes liter ӫd làit, quat cuciar ӫd sùcher, ‘n pession ӫd sal e as gionta la sӫmmola an toirand da bin.
Quan ch’a sarà tut bin ӫspess gionteje ancora na pleuja ‘d limon gratà.
Gavè dal feu e gionteje, an toirand, un ross d’euv.
Versé sta polentin-a ant 'n piat, lassé sfreidé e tajela a quàder o a romb.
Passé costi tòch ant l’euv ӫsbatù e ant ӫl pangratà e peui buteje a fricassé (ansema a la carn che i l’avreve tajà e già butà ant la pèila), andrinta a motoben d’euli.
As peul ӫdcò gionteje ‘d sautissӫtta tajà a tòch e cheuita da na part, d’articiòch, ӫd cossòt tajà a fӫttin-e (e passà ant l’euv ӫsbatù e pan gratà) e fricassà.
As serv motoben càud con contorn ӫd caròte e spinass.