mercoledì 19 febbraio 2020

Tema: racconta l'Italia

Era un tema ricorrente alle elementari.
Lo svolgimento era abbastanza semplice, bastava accennare, almeno vagamente, alla dimensione territoriale, altrettanto vagamente alle sue risorse, alle sue bellezze, ai suoi mari, ai suoi monti... a qualunque cosa che consentisse di riempire i fogli del quaderno; una sufficienza era il premio da raggiungere, solo i secchioni puntavano a un 7. Il voto 8 era il top, ma sotto sotto, nei normoscarsi covava il dubbio che fosse influenzato da parentele o amicizie o altro peggio...
Questo visto con l'ottica attuale, dove tutto puzza di brogli e in cui, mai come oggi, pecunia non olet; laddove il denaro ha preso l'abito del potere, con il corollario di favori e privilegi il cui 'profumo' viene saltuariamente percepito dalla giustizia che li dovrebbe punire.
Giustizia a sua volta affatto esente dagli stessi 'peccatucci' che dovrebbe perseguire.

Il territorio dell'Italia è abbastanza chiaramente delimitato da alcuni mari e da altrettanti monti.
Dovrebbe essere di circa 300 mila chilometri quadrati, ma all'epoca non lo sapevo, come non sapevo quanto potessero valere in metri o centimetri; peggio ancora se quadrati.
Avessi saputo quelle cifre, credo che avrei spuntato perlomeno un 6- in geografia.
In seguito, quando le conoscenze si accumulavano, mi sono chiesto se in quel chilometraggio fossero comprese le superfici delle ambasciate e dei consolati, i natanti, gli aeromobili, le cassette di sicurezza e i conti bancari all'estero, battenti la nostra bandiera.
Ovunque ci sia un italiano, mi son detto, Italia è.
I due isolotti in centro Italia, che si fregiano del titolo di Stati, sono o meno territori italiani?
La nostra geografia, a quel tempo, era supportata più dalla lettura del Cuore di De Amicis, certo più interessante dei nomi di monti fiumi mari città che forse mai avremmo visto; quel libro sbrigliava le fantasie: di volta in volta eravamo i piccoli personaggi ivi descritti, soprattutto quelli che esprimevano eroismi o sentimenti patriottici, rimasugli di quello che fino a poco prima erano sentimenti comuni. Quanto poco spontanei lo avremmo scoperto poi...

Raccontare l'Italia dopo avere letto i viaggi di Goethe  e quello di Pavese, e quelli di altri soprattutto stranieri, non è impresa facile; chiaramente non c'è pericolo possa trattarsi di plagio, essendo tutti assolutamente inimitabili. Cielo, quanto da loro descritto poco è cambiato o, se lo è, lo è in peggio. Penso alle sporcizie non metaforiche di Venezia e Palermo, citate da Goethe, o, sempre dallo stesso, la descrizione dell'allegra cialtroneria napoletana, a margine della quale quasi giustifica il nichilismo lavorativo dei partenopei, dando soprattutto al clima la responsabilità di questo.
C'è da dire che Goethe ha girato l'Italia guardando in particolare le opere d'arte, i panorami marini e montani, raramente abbassando lo sguardo a filo di terra; quando lo ha fatto gli è venuta spontanea la critica alle dette città.


L'Italia è un Paese grande.
Ed è, indubbiamente, geograficamente bello.
Leggenda vuole che Padreterno l'abbia creata dopo sei giorni di faticoso assemblaggio dell'universo tutto.
Era il settimo giorno, quello che la stessa leggenda dice che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo; a un giusto riposo dopo una faticaccia del genere, che manco i cinesi...
L'Italia può essere definita come il frutto di un momento di relax del sommo Fattore, un po' quello che succede oggi recandosi a una partita di pallone, a una nottata in discoteca, a una sbronza al pub... quando si cerca, uscendo sovente di testa, di annebbiare la fatica della settimana con un qualcosa di diverso.
Succede, troppo sovente, che per alcuni sia quello l'ultimo giorno, sia di lavoro che di relax...
C'è chi ritiene che quel giorno di riposo poteva essere meglio impiegato, ma sono malignità di invidiosi, contrastati dai milioni di visitatori che vengono a vedere il capolavoro del settimo giorno e quelli irripetibili creati da sue creature in tempi affatto tecnologici.

L'Italia è un Paese grande.
In passato è stato impero, possedeva alcune colonie africane, in cui ne ha fatte un po' di tutti i colori, di cotte e di crude, ma di queste marachelle nei libri di storia se ne parla poco, preferendo dare spazio al poco di bello e utile che colà venne fatto.
Abbiamo perso le colonie, ma siamo rimasti impero: impero autarchicamente interno.
Subito dopo l'ultimo conflitto, adottato lo stendardo di Repubblica, più che altro per essere alla moda, le fette dell'Italia erano ufficialmente dette Regioni.
In realtà erano colonie, anzi feudi...
Nelle colonie era prevista la presenza di un viceré, designato dall'imperatore di turno; ciascun viceré si formava la sua piccola corte di fedelissimi, un gruppetto di addetti alla sua sicurezza personale, e tanti rigagnoli preferenziali che sarebbero stati utilizzati alla bisogna.
Nei feudi repubblicani è previsto un governatore, ufficialmente designato dal popolo che andrà a governare; per tutto il resto l'apparato è identico a quello del viceré.
Ci sono feudi ricchi e feudi meno ricchi; questi ultimi si arrangiano con intrallazzi di vario genere, suggendo il latte da qualunque mammella provenga, riuscendo così a vivere bene senza colpo ferire; poi ci sono feudi letteralmente poveri, con risorse talmente limitate da essere costretti a elemosinare le briciole degli avanzi dei feudi Epuloni.
In periodi non ben determinati, in tutti questi feudi è prevista la chiamata del popolame che dovrebbe giudicare se il gruppo governante abbia operato bene o malamente.
Quelle chiamate sono pomposamente dette elezioni, libere elezioni, espressioni decisive per la conferma o l'alienazione del governatore in causa.
Come nelle migliori tradizioni medievali, in queste occasioni ciascun feudo cerca di allargare il proprio orticello, e c'è la corsa ad accaparrarsi più territori possibile, allo scopo di ampliare il margine di trattativa per ottenere dall'imperatore benefici, da aggiungere a quelli già in dotazione.
Quasi come nel medioevo, la lotta per le vittoria è all'ultimo  ̷s̷a̷n̷g̷u̷e̷  voto; in effetti ogni nuovo voto acquisito è una fleboclisi di potere rigenerante.

L'Italia è uno Stato bersagliere, quando

... dove gemono i dolori, 
primo accorre il bersagliere,
che dà al misero i tesori
di bontade e di fermezza.

Siamo la sacra madre Patria, che mostra la sua vera grandezza non appena un proprio figlio si trova accerchiato dal male.
All'estero...
Lo ha dimostrato recentemente con quelli che genericamente definisco "fatti cinesi".
Sinteticamente: un gruppo di italiani, in Cina per motivi di studio, a rischio di contagio da virus ancora sconosciuto. 
Presente: un aereo militare, adeguatamente attrezzato per evitare ogni possibilità di contagio viene lanciato quale salvagente, per riportarli in seno alla madre patria.
Bene!, bravo!, bis!, avrebbe declamato Petrolini.
Era rimasto a terra uno studente, poche linee di febbre, pare dovute al freddo di una stanza, non chiaramente contagiato, ma la prudenza aveva consigliato di non metterlo con gli altri.
Così erano cominciati i suoi 'dolori', la febbre era scomparsa, i test antivirus erano negativi, si era reso possibile il suo rientro.
Presente: aereo, sempre militare, attrezzato in maniera stratosferica, personale medico di prim'ordine; piloti e personale regolarmente scafandrati, barella con vista panoramica... Detto, fatto.
Con il supporto beneaugurante del vice ministro alla sanità, con la presenza del ministro degli esteri in trepida attesa all'aeroporto, con i media pronti a raccontare ogni minuto dell'avventura... Nessuno che abbia lamentato la mancanza a bordo di almeno un'Eminenza che desse il conforto della fede a un ragazzo che, pur essendo in ottima salute, doveva apparire al mondo come quasi spacciato.
Questo ragazzo, poco che si sappia gestire, ha un avvenire radioso. Nell'immediato, trascorsi i canonici giorni di quarantena precauzionale, ci sarà una presenza asfissiante in ogni salotto televisivo, dove racconterà la sua avventura, dandole una zimarra di eroismo, che solo cuori di ghiaccio non avrebbero apprezzato
Ancora Petrolini: bene, bravo, tris!
Infatti è in rampa di lancio un terzo volo, mirante al recupero di un gruppo di turisti italiani, quarantenato su una nave da crociera, ormeggiata da giorni in un porto.

Lo stesso Stato bersagliere che

... non discende dallo spalto
finché il fuoco cesserà.

Senza commentare più di tanto le dette operazioni, anche perché non ho visto appunti negativi in merito, mi permetto di sperare che lo Stato bersagliere prima o poi discenda da quello spalto per prendere atto di cosa sia la coerenza nel confronto tra il trattamento di un cittadino che dall'estero chiede aiuto, essendo in discrete condizioni di salute, e i milioni di italiani in patria che la salute l'hanno persa e chiedono a quello stesso Stato solo un pizzico dell'interesse dimostrato in questa occasione.
Se il bersagliere discendesse dallo spalto vedrebbe le decine di ospedali soppressi, i posti letto radicalmente ridotti, il personale sanitario in una situazione di precariato perenne, i mezzi di pronto soccorso fuori uso senza possibilità di recupero poiché, essendo datati mesozoico, non esistono pezzi di ricambio o tecnici artigiani con capacità d'intervento, attrezzature che mezzo secolo fa erano di prim'ordine e che ancora sono considerate tali nonostante siano marcescenti per la la ruggine... 
Verrebbe a sapere di gente che muore dopo essersi visto rifiutare, più volte e in nosocomi diversi, il ricovero, tutti giustificati dalla mancanza di posti letto.
Se scendesse dallo spalto, tutta la sua grandezza, quella messa in mostra a solo uso del resto del mondo, si sgretolerà, sarà come neve cui il sole fa brillare i diamanti di ghiaccio per dissolverla in tempi brevi, trasformandola in pozzanghera.
Potrebbe mettere in agenda una revisione totale del sistema sanitario nel suo complesso, uniformandolo al meglio, e usando la scure dei tagli solo nei casi di conclamata inefficienza o di chiara inutilità sul territorio.
Ma non lo farà: preferirà godersi gli attimi di effimera gloria, costruiti ad arte da astuti sceneggiatori, esperti, appunto, nella creazione di sceneggiate, un tempo prerogativa tipica dei comici.

Pensavo: tutti questi nostri preziosi connazionali probabilmente avranno dovuto stipulare l'assicurazione a copertura di eventuali intoppi, sia nel gruppo di studio che in quello turistico.
Ovviamente, questa, non sarà tenuta ad alcun intervento di supporto sanitario, visto che tutti gli interessati godono di buona salute. E non mi risulta che le assicurazioni risarciscano ansie e paure (più che giustificate, per carità!), se non in presenza di malanni o accidenti chiaramente identificati.
Per cui i tre raid saranno totalmente a carico del convento... per la gioia di chi è rimasto in patria; e, visto l'andirivieni di aerei, per la goduria della Greta, da un po' di tempo in sonno.

Cara Maestra delle mie elementari, questo è il mio svolgimento, questa è l'Italia che oggi posso raccontare. Non avrò più il tuo voto, diciamo che sarebbe un ex voto, di quelli che un tempo si appendevano nei santuari per grazia ricevuta o per scampati pericoli.
Grazie ne ho ricevute poche, e quanto a pericoli scampati, cara vecchia Maestra, sai meglio di me che l'Italia è ormai tutto un succedersi di pericoli; scampato uno, non fai in tempo a tirare un sospiro di sollievo che alla porta ne bussa un altro.
In Italia oggi si può (soprav)vivere, amarla diventa sempre più difficile

giovedì 13 febbraio 2020

Prevenire il virus Corona

La prevenzione è uno dei capisaldi principali per evitare, in anticipo appunto, eventuali guai o disastri.
Prevenire in campo sanitario è quanto mai importante; in nessun altro settore il prevenire evita, in seguito, di curare.
Succede con la diffusione dell'uso dei vaccini, o con il martellante indirizzamento verso stili di vita che, solitamente, allontanano la possibilità di accidenti, sovente letali, che comunque avviano a cure costose e non sempre adeguate.
Quando si parla di prevenzione, soprattutto a livello di politiche di prevenzione ancora prima che sanitarie, il nostro mondo si divide in due: c'è chi dice che troppa prevenzione crea allarmismo, c'è chi dice che la poca prevenzione porta alle epidemie, alle pandemie.
Dalla troppa prevenzione non è possibile avere riscontri: succede niente, i virus sembra che ci sorvolino senza infettarci, e i detrattori trovano sponda per criticare un troppo che non avrebbe avuto motivo di essere.
Per gli altri, quelli che il troppo, soprattutto in ambito sanitario, non è mai troppo, le influenza stagionali, quelle esantematiche in età scolare e prescolare, gli accidenti occasionali, dovuti magari a chiare imprudenze e pessime manutenzioni del proprio corpo, meriterebbero sempre un di più, che dovrebbe oltrepassare i limiti di qualsiasi buon senso prudenziale.
Personalmente preferisco il troppo-troppo al troppo-poco.
Ed è in quest'ottica che, vista la situazione mondiale del diffondersi del coronavirus, che giustamente occupa ormai stabilmente le prime pagine dei giornali e dei telegiornali (e che contrappongono più che mai i cultori del 'troppo' e quelli del 'poco') che ho trovato questo messaggio del ministero della salute che, in una chiara ottica di massima prevenzione, spiega come affrontare il malanno, prima di ricorrere a cure che, detto en passand, ancora non ci sono.
Sono certo che siano indicazioni utili, da prendere in seria considerazione e applicare, per quanto possibile, alla lettera.

Ministero della Salute: Istruzioni per la prevenzione del Coronavirus

楢琴执执 瑩浻牡楧硰执执獧浻牡楧敬瑦 瀰 絸朣杢执獧扻捡杫潲湵 潣潬昣昸昸慢正 牧畯摮椭 慭敧敷止瑩札慲楤湥楬 湥潴昣昸昸攣散散戻捡杫潲 湵浩条洭穯氭湩慥牧 摡敩瑮琨灯捥捥捥 慢正牧畯摮椭慭敧 獭氭湩慥牧摡敩瑮琨灯 捥捥捥慢正牧畯摮椭慭敧楬敮牡 札散散汩整 牰杯摩慭敧牔湡晳牯楍牣 獯景牧摡敩瑮猨慴 瑲潃潬卲牴昣昸昸摮潃潬卲牴攣散散 潢摲牥 硰猠汯摩搻獩汰祡戺潬正潭潢 摲牥爭摡畩 瀲漭戭牯敤慲楤獵硰敷止瑩戭牯敤慲楤獵 硰戻牯敤慲楤獵硰执獧搴摻獩汰祡戺潬 正瀻 獯瑩潩敲 慬楴敶执獧搴筮楤灳慬湩楬敮戭潬 正漻敶晲潬朣楢琴执 执瑩浻牡楧硰执执獧 浻 牡楧敬瑦瀰絸朣杢执獧扻捡杫潲湵潣潬昣 昸昸慢正牧畯 摮椭慭敧敷止瑩札慲楤湥楬敮 牡氬晥 ⁴潴敬瑦戠瑯潴牦浯潴捥捥捥戻捡杫 潲猠汯摩搻獩汰祡 戺潬正潭潢摲牥爭摡畩 瀲漭戭牯敤慲
E, intanto, lavarsi sempre bene le mani 

Un aiuto ulteriore verrà dall'inizio del carnevale: anche gli scettici sulla diffusione di questo accidente, indosseranno le maschere. Due piccioni con una fava: si sentiranno protetti e festeggeranno, magari criticando il troppo che crea allarmi, a detta loro, ingiustificati.

Dimenticavo: queste "istruzioni" circolano in Svizzera; ovviamente si tratta di una notizia scherzosa, direi carnascialesca, al limite possono strappare un sorriso, però...
Guarda caso, la Svizzera è uno dei Paesi europei che non segnala casi di Coronavirus...
Il testo potrebbe essere una formula scaramantica che anticipa i vaccini da laboratorio, che pare siano ancora lungi dall'essere creati.

Nella prospettiva di un buon uso della formula, ritengo doveroso proporre qui anche la lettura in caratteri nostrani; non che cambi molto, ma è di più facile declamazione.
In bocca al lupo:

Yóu qín zhí zhí yíng jiǒng mǔ yǎng shā zhí zhí juàn jiǒng mǔ yǎng jìng wǔ mí jiǎn tóng jiang zhí juàn zhì jiǎn sì shào yǒu mǐn shàn zhěn dōng dōng màn zhèng mù jùn áo tuǒ yìn jī fū zhǐ yíng zhá mán sǒng tū jié tū zhū zhěn dōng dōng luán sàn sàn tì jiǎn sì shào yǒu hào tiáo kuāng sè dōng dòng zào mù gài xiào lì kūn dēng wàn wàn wàn màn zhèng mù jùn áo tuǒ yìn jī tǎ dōng dòng zào mù gài xiào lì kūn dēng wàn wàn wàn màn zhèng mù jùn áo tuǒ yìn jī jié xiá mǔ zhá sàn sàn gǔ zhěng yòu bēi mó yìn jī bó yú xī gǔ běn rèn xūn jǐng mù gài xiào lì yuán shè qiāng xiǔ shàn shào dǐ zhěn dōng dōng áo xiǔ shàn shào dǐ luán sàn sàn huáng chàn fāng shā diǎn hóng mó nuò huì tài chái shì shàn zhèng tán huáng chàn fāng zhēng gài yī liàn mǎng yǎn gǔ kě mán sǒng liè shā fū zhǐ yíng yǎn gǔ kě mán sǒng liè shā tì gǔ kě mán sǒng liè shā zhí juàn qiān càn huì tài chái shì shàn zhèng dài xūn yíng yì qiāo qín tì zhèn zhí juàn qiān shì sǒng huī qín dòng jié xiá yǎn shàn zhèng liáo zhèn nǐ shàn tóng yóu qín zhí zhí yíng jiǒng mǔ yǎng shā zhí zhí juàn jiǒng mǔ yǎng jìng wǔ mí jiǎn tóng jiang zhí juàn zhì jiǎn sì shào yǒu mǐn shàn zhěn dōng dōng màn zhèng mù jùn áo tuǒ yìn jī fū zhǐ yíng zhá mán sǒng tū jié xiá mǔ yà wǎn ⁴ zhū jìng wǔ zhī láng zhū máo wú zhū wàn wàn wàn tì jiǎn sì shào diǎn hóng mó nuò huì tài chái shì shàn zhèng tán huáng chàn fāng zhēng gài yī liàn mǎng yǎn gǔ kě mán

E poiché credo siano pochi a masticare il cinese mandarino (o mandarino cinese, detto anche kumquat) ho chiesto a Google la traduzione in italiano corrente, ottenendone una versione alla portata di tutti.:

È Qin Zhi Zhi Ying jiǒng mǔ yǎng shā Zhi Zhi Juàn jiǒng mǔ yǎng Jing wǔ mí jiǎn tóng Jiang Zhi PU jiǎn sì Shao yǒu mǐn Zhen Shan Dong Dong màn Zheng mù giu áo tuǒ Yin jī Fū zhǐ Ying Zha mán sǒng TU Jié TU Zhū ​​Zhen Dong Dong LUAN San San tì jiǎn sì Shao yǒu hào tiao Kuang sè Dong Dong Zao mù gài Li Xiao kun Deng WAN WAN WAN màn Zheng mù giu áo tuǒ Yin jī Tǎ Dong Dong Zao mù gài Li Xiao kun Deng Wan Wan Wan màn Zheng mù giu áo tuǒ Yin jī Jié Xia mǔ zha San San gǔ Zheng È bei mó Yin jī bó yú xī gǔ Ben Ren Xun jǐng mù gài Xiao Li Yuan lei QIANG xiǔ Shan Shao dǐ Zhen Dong Dong áo xiǔ Shan Shao dǐ LUAN San San huáng chàn fāng shā diǎn hóng mó nuò huì tài chái shì shàn zhèng tán huáng chàn fāng zhēng gài yī liàn mǎng yǎn gǔ kū mě zhǐ fūzhū fūng n sǒng LIE shā zhī Juàn qián può Hui tài Chaï shì Shan Zheng dài XUN battenti yì QIAO Qin tì Zhen Zhi Juàn Shi Qian sǒng Hui Qin Jie Dong Xia yǎn Shan Zheng LIAO Zhen nǐ Shan Tong Qin Zhi Zhi Ying jiǒng mǔ yǎng shā ZHI ZHI Juàn jiǒng mǔ yǎng Jing wǔ mí jiǎn tóng Jiang Zhi PU jiǎn sì Shao yǒu mǐn Zhen Shan Dong Dong màn Zheng mù giu áo tuǒ Yin jī Fū zhǐ battenti zha mán sǒng TU Jié Xia mǔ yà wǎn ⁴ Zhū Jing wǔ zhī láng Zhū máo wú zhū wàn wàn wàn tì jiǎn sì shào diǎn hóng mó nuò huì tài chái shì shàn zhèng tán huáng chàn fāng zhēng gài yī liàn mǎng yǎn gě kě

La Cina si avvicina, parati sumus...

P.S.: ricordovvi che siamo in Carnevale.



domenica 9 febbraio 2020

"L'ubriaco" di Leonardo Maltoni




L'imbarìgh

Da quand ch’ho vèst che i’an i ciàpa via,
che mor i dè senza un po’ ’d rimissiòn,
ho mes da un chént la mi reputaziòn
e am so zarchè e mi post in ‘t l’ustarìa.

D’in sdài in ‘t’la scaràna ad lègn e ‘d paja,
la nòta la’s strabìga pièn pianìn,
un zìgar, un sbadài, un pér ‘d quartìn,
do ciàcri, e ac-sé… a m’ingòz fin a la scaja.

E cun la testa pèrsa in ‘t un élt mond
cun la chitàra a bagàt una canzòn
par zarché and chilzè via che magòn,
ch’l’ha ardòt la mi vita a un mér ad piomb.

L’ingarbòj ad tot i dè, d’incùa e ad ììr
par un pér d’ori ài las in ‘t’un cantòn
e vers e zìl a soffi un’uraziòn
ch’im lassa sté pr’un po’ i mi pansìr.

Pu a m’imbarìgh pien pien, cun discreziòn,
a stagh so e a m’invèj longh a la stréda,
a trabàl cùme un scàf a l’ingulfèda
fin che a mardùs in péta a e mi purtòn…

… E a lè a m’afèrum, e quési cun rispét
a guérd cun i guzlùn in ti oc cla stéla
che a guardèva, agrapé a cla burdèla
che un dè la m’ha vlù ben. E am vagh a lét.

Leonardo Maltoni – 1979
in 'Gamël 'd guàzza'
©️ 1984 R. Battaglini - Parma


L’ubriaco

Da quando ho visto che gli anni scappano,
che muoiono i giorni senza pietà,
ho messo da parte la mia reputazione
e mi sono cercato un posto all’osteria.

Seduto su un sedia di legno e di paglia,
la notte si trascina pian pianino,
un sigaro, uno sbadiglio, un paio di quartini,
due chiacchiere, e così bevo fino alla sbornia.

E con la testa perduta in un altro mondo
con la chitarra rovino una canzone
per cercare di calciare via quel magone,
che ha ridotto la mia vita a un mare di piombo.

Le delusioni della vita, di oggi e di ieri
per un paio d’ore le lascio in un angolo
e verso il cielo soffio una preghiera
affinché per un po’ i miei pensieri mi lascino in pace.

Poi mi ubriaco pian piano, con discrezione,
mi alzo e mi avvio lungo la strada,
vacillo come una barca nella tempesta
finché mi trascino di fronte al mio portone…

… E lì mi fermo, e quasi con rispetto
guardo con le lacrime agli occhi quella stella
che guardavo, abbracciato a quella ragazza
che un giorno mi ha voluto bene. E vado a letto.