lunedì 27 agosto 2012

C'è un tempo...

c'è un tempo per nascere,
c'è un tempo per vivere nell'ombra,
c'è un tempo per cavalcare la tigre inferocita ,
c'è un tempo per gl'insulti meglio se volgari,
c'è un tempo per le minacce con fucili ed alabarde,
c'è un tempo per il cristo che muore di lavoro,
c'è un tempo per barabba che tutti gli altri son ladroni,
c'è un tempo che più duri non si può,
c'è un tempo per odiare la gente d'altro colore,
c'è un tempo per disprezzare chi come ricchezza ha solo il sole,
c'è un tempo per sistemare figli famigli amici conoscenti,
c'è un tempo per scegliere la 'crema' per meglio governare,
c'è un tempo che la giustizia è una puttana,
c'è un tempo per amare/odiare un giorno sì e l'altro pure,
c'è un tempo per bere un pitale d'acqua inquinata,
c'è un tempo per annegare nel valpolicella,
c'è un tempo per mostrare il dito medio inalberato,
c'è un tempo per offendere bandiere ed ideali,
c'è un tempo per fare i camiciai di solo verde,
c'è un tempo per le quotidiane pagliacciate...


... e c'è un tempo per piangere.
Amen.


Una donna che piange, un bambino che piange, 
io piango con loro perché così mi dice il cuore.
Un uomo che piange: 
ha perso il lavoro,
ha perso un figlio a causa del lavoro, 
ha perso una persona in un incidente,
ha perso tutto per colpa delle banche,
è rovinato a causa delle tasse,
perché sta male e non c'è chi lo soccorre...
A tutti dò il mio pianto di sostegno,
il mio abbraccio di solidarietà.
A quest'uomo, e non dico 'mi dispiace'
(una volta nella vita voglio essere cinico),
a lui che piange rispondo con una risata,
di quelle crasse, che salgono dal cuore.
Lacrime queste son di coccodrillo
che ha troppo mangiato qualcosa indigesto
forse una trota o troppi mar(r)oni.
Lunga vita, purché di pianto sia condita.



giovedì 23 agosto 2012

Formicando

La formica al lavoro
Centododici cassette, in attesa di smantellamento...
... ridotte ai minimi termini...

... a nutrimento invernale di questo Moloch.


Con la speranza che l'inverno sia inverno, come l'estate è stata estate... 
La pratica ormai decennale, ha consentito alle zampe anteriori di agire in maniera autonoma (tenaglietta, clic-clic a tranciare le graffette che legano il fondo delle cassette alle assicelle laterali, crash-crash a spezzarle, pluff-pluff a riporre i pezzi nelle cassette più grandi), nelle due ore e mezzo impiegate nella demolizione ho occupato il tempo pensando.
En passand, queste sono le cassette di frutta e verdura, residuo vuoto delle vendite di martedì, effettuate da un negozietto sì e no di 20 metri quadri.
In effetti avrei avuto da pensare a tante cose, ma mi son detto "sono quasi in vacanza, che diamine!, voglio pensare ad altro".
Oltre tutto, l'unica compagnia al mio lavorìo erano qualche formica, le lucertole che inseguivano le formiche, i gatti che inseguivano le lucertole; un cerchio della vita in formato ridotto. Né zanzare, né mosche, né calabroni, né vespe. Assenti anche i merli. Forse faceva troppo caldo, con un'umidità da doccia jacuzzi, e loro mica son fessi come le formiche e gli altri terraioli.
All'ombra di una pergola mista, kiwy e uva bianca regina, intorno ai 38° celsius, percepiti* almeno 250 fahrenheit, i pensieri scorrevano come i sudori, e come questi hanno innaffiato il prato, quelli andranno ad innaffiare questo blog.
(* percepiti: un termine rimasto nell'ombra per secoli, mai usato né da Dante, né da Manzoni, né da Gianni Brera, e neanche da Licia Colò, portato agli onori del dire quotidiano da qualche buontempone che voleva giocare con le parole; così adesso, per seguire la moda, lo si può infilare in qualsivoglia discorso, senza timore di non essere capiti. Un vero buffetto sulla guancia è percepito come uno schiaffone, lo spread che sale e che scende è percepito come una presa in giro, la benzina che sale soltanto è percepita come una presa per..., il governo che cade viene percepito come un gran casino, ossia la stessa percezione che si ha anche se non cade. E così via, adelante lento).  
Al di là di quanto sopra, questo, in breve, il riassunto dei miei pensieri cassettari.
☺♥♦♣♠•◘○☻

Trenitalia

Il signor M. Moretti e la signora M.V. Brambilla hanno annunciato, occhi brillanti e lingua umida per la commozione, di avere siglato un protocollo per cui gli animali da compagnia (specificamente i cani, ma non esclusi i gatti, vivaddio!, gli iguana, i coccodrilli, i serpentidi, gli acquatici, i volatili, i mitologici... insomma tutti gli appartenenti al mondo animale reale e virtuale), avranno accesso a tutta la linea dei treni "frecciati" in quasi tutti i colori, compreso quello fatto in d'argento.
E' previsto, per questi animaletti, un biglietto ad hoc al 50% del prezzo normale, prenotazione obbligatoria per un posto intero, da seduti sdraiati appesi non importa.
Nelle conferenze stampa non l'hanno specificato, ma pare che l'accordo sia nato per ridurre in maniera drastica il fenomeno dell'abbandono degli animali in occasione delle vacanze estive e di altre festività che ne favoriscono l'allontanamento. 
Essendo a tutti noto che almeno il 90% di questi abbandoni è opera di persone che frequentano abitualmente la Trenitalia di lusso; così non avranno più scuse, o almeno ne avranno una in meno quando compiono questo gesto infame.
L'iniziativa è stata applaudita calorosamente dalla categoria cosiddetta dei "Pendolari", che hanno subito chiesto al Principe e alla Principessa di valutare la possibilità di essere trattati finalmente da animali, visto che finora accedono ai servizi Trenitalia soltanto come bestie, e pure a prezzo pieno.
A ogni minima protesta Trenitalia, e per lei il signor Moretti a nome di una masnada di 'tecnici' (che brutta parola, tra 'masnada' e 'tecnici', non so perché, mi sta più simpatica la prima), cancellano letteralmente le corse a questi pendolari, in modo da ammucchiarli sempre più nei vagoni bestiame loro assegnati.
Pare lo facciano per la continuità della specie.
Ci sono ragazze che, salite su questi convogli sicuramente illibate (con tanto di documentazione dei parroci di riferimento), ne sono discese inconsapevolmente ingravidate, senza neanche sapere da chi. Tra palpeggiamenti, anteriori, posteriori, in alto e in basso, gli avant'indré delle fermate e ripartite a scatti, avevano perso di vista il 'contatto' fatale, e così si son ritrovate incornate, riempite e abbandonate. 
Purtroppo il loro tentativo di attribuire la paternità a Trenitalia va a vuoto; pare che questo ente non abbia un suo DNA specifico, per cui i giudici di merito preferiscono attribuire la colpa ad ignoti o a qualche spirito, per sentito dire, con precedenti in materia.
O a Balotelli, che nega di essere una ong o una onlus sessuale, manda tutti a stendere e ha deciso che senza DNA del rettangolo di gioco non intende più scendere in campo a giocare, per non rischiare, in caso di caduta lungo-lungo, che gli venga imputato anche un coito nell'erba.
Intanto, settimana ancora vacanziera, per muoversi in treno non c'è verso di trovare un posto, né in intercity, né in eurostar, tanto meno su tutte le frecce. Nelle agenzie, tutto esaurito; on-line, tutto esaurito. Per fare cinquecento chilometri si dovrebbe salire, scatolette di sardine permettendo, sui regionali e interregionali, con cambio di vettore ogni paio di stazioni, con la speranza di riuscire a coprire il percorso in almeno ventiquattr'ore. 
Robe da mettere le ruote a un water e risalire l'Italia a forza di gambe e propellente espulso.
Mi piace pensare che tutti quei posti siano occupati da politici, giornalisti, calciatori, vescovi... e dai ferrovieri che, con famiglia e famigli e animali al seguito, hanno occupato tutti i posti, in prima classe subito e in seconda come ripiego, segnalando ai loro sindacati l'eroico sacrificio, che, pur di non danneggiare l'azienda con uno sciopero di protesta sacrosanta, visto che il contratto prevede la 'prima' con precedenza assoluta su chi vorrebbe viaggiare pagando, si sono umiliati passando alla seconda.
A onor del vero, per quello che riguarda gli animali, hanno messo dei paletti, che per un essere umano comune sarebbero insormontabili: certificato veterinario (ok, mi sembra il minimo), vaccinazioni, microcip con microciop opzionale, certificato di buona condotta, se hanno un nome proprio certificato di battesimo (se NN non è richiesto, ma bisogna certificare che sono figli di qualcuno, trenitalia va benissimo), se in coppia maschio/femmina certificato di matrimonio, preferito quello ecclesiastico, le coppie maschio/maschio o femmina/femmina devono rilasciare un'autocertificazione che si tratta di fratello/fratello o sorella/sorella; comunque tutti attrezzati di guinzaglio, museruola, waterino biologico portatile, paracadutino, bracciolini salvagente, tampax per le femmine, annodato per i maschi, occhiali da sole, cappellino (fornito da trenitalia per fare pubblicità occulta)... Per i pescidi, mascherina ad acqua per il caso di rottura delle bocce o degli acquari, per i lama parasputi obbligatorio, per i serpidi una spirale (no, non quella, una spirale su cui attorcigliarsi in caso di nervosismo).
E buon viaggio.
 ☺♥♦♣♠•◘○☻

L'economia che gira


A Carnevale potrebbe essere presentato come uno scherzo, appunto di carnevale.
Non lo è.
Non so se, una volta divulgato, sia stato rimosso.
Fatto sta che è entrato nei miei pensieri, e li presento come questi si sono sviluppati.
Mi sono chiesto, intanto, se i cosiddetti beni dello Stato sono stati regolarmente accatastati, se risultano in regola con i piani regolatori delle varie epoche in cui sono stati eretti.
Ho pensato a Roma: quelle costruzioni una sull'altra, il colosseo, basilica su basiliche, basiliche su cimiteri, mura su altre mura antiche, al parlamento, al senato, al campidoglio, e a tutto il resto che ha reso la città monumento unico, saranno in regola con tutti i crismi che vengono richiesti a chi vuole erigere anche solo un cess-à-vient nel proprio giardino?
Ho abbandonato il pensarci, perché troppo archeologicamente complicato.
Scendendo terra-terra, in merito a quest'offerta, mi sono chiesto, nell'ordine:
a) una vendita così (ufficialmente) inusuale, dovrà essere registrata con rogito notarile: su quali basi, su quali presupposti di accatastamento, le informazioni oggi richieste dovrebbero essere su "carta canta", quindi impossibili da rogitare;
b) mutuo: "dovrebbe" essere impossibile l'erogazione, vista l'impossibilità di ipoteca di garanzia, senza la quale nessun istituto darebbe i soldi richiesti; tanto meno con i chiari di luna che stiamo vivendo;
c) sarebbe possibile l'acquisto pagando in contanti; e i contanti, pur in presenza di sconti considerevoli, non sono bruscolini; e i contanti, in questa come dappertutto in Italia ma qui di più, li ha in mano, pronta cassa, solo una categoria;
d) una messa in vendita così 'sfacciata' fa pensare che dall'ufficio tecnico comunale sia uscita l'informazione di una prossima sanatoria, che metterebbe una pietra tombale sul termine 'abusivi', vivacizzando così un mercato edilizio stagnante;
e) e l'Imu? Come faranno 'sti poveri acquirenti a pagarla, contribuendo così al risanamento dei conti pubblici?
☺♥♦♣♠•◘○☻
La crisi
Sono arrivato alle ultime cassette e, 
prima di andare a consumare un giustamente lauto pasto, 
sforno l'ultimo pensierino, 
regalo finale a chi è riuscito ad arrivare fin qui.
Ovviamente si tratta di una considerazione
 demagogica, populista, sciovinista, e chi più ne ha più ne metta, 
come tutte quelle che vengono fatte "dalla casalinga o dalla serva", 
quindi da gettare subito nel bidoncino virtuale della differenziata, 
nel settore 'non riciclabile'.
Faccio la somma dei pensieri, 
gestati e partoriti in una sala parto esterna, a 40° gradi: 
il negozietto di frutta e verdura che, in un martedì qualunque, 
vende merce ben oltre le cento cassette; 
i treni di lusso strapieni in centro settimana, 
quando, teoricamente, la gente dovrebbe essere
 al mare, ai monti o in città; 
e, al mare, nei miei spostamenti quotidiani vedo colonne di macchine 
in continuo movimento in tutti i sensi di marcia, 
con i parcheggi pieni di auto che mi ricordano i depositi 
di Pomigliano d'Arco, della vecchia Mirafiori 
o dell'altrettanto vecchio Lingotto, 
in attesa che le bisarche le smistassero in giro per l'Italia; 
i lidi, quelli a pagamento, che, 
nonostante gli aumenti preconizzati ante-estate, 
espongono i cartelli 'tutto esaurito'; 
i supermercati che, a qualunque ora del giorno, 
esondano, tracimano, persone 
con carrelli stracarichi di ogni ben-di-dio, 
e questo da luglio a oggi; 
e barche barconi e caravelle, 
ormeggiate nei porticcioli e lungo la costa...
Quanto alle vendite di alloggi abusivi,
mi azzardo a insinuare che, avendo venduto
tutte quelle in regola, qualcuno cerchi di raschiare
il fondo del barile, vendendo anche
gli alloggi ufficialmente abusivi.
Che poi è quello che sta facendo lo Stato,
quando offre, a prezzi stracciati,
i nostri gioielli a russi arabi e cinesi,  
mentre le stelle (noi) stanno a guardare.
E penso, altresì, al pianto garantito di tutte le Conf...,
...esercenti ...industriali ...agricoltura, 
che a chiusura di stagione, 
ciascuna per le proprie competenze, 
piangeranno cali del 30-50-70% in meno 
delle presenze e degli acquisti, 
e chiederanno a gran voce un sostegno tangibile allo Stato, 
sotto forma di sgravi fiscali, 
quando non l'aiuto diretto in moneta sonante.
Ecco, vado a pranzare, il caldo non lo sento più, 
ma percepisco ugualmente qualcosa che brucia 
e che dà il dolore inconfondibile di una grande presa per il culo. 

Queste ultime considerazioni non sono una poesia: 
porco blogger non mi ha fatto mettere l'allinea il testo a riga piena, 
così ho dovuto ripiegare a una divisione a braccio.

***********
Se doveste decidere di rompere cassette per l'inverno, procuratevi prima qualcosa di sensato a cui pensare, altrimenti correreste il rischio di trovarvi invischiati in pensieri tipo questi, che lasciano il tempo che trovano. Infatti 40° gradi erano e 40° sono rimasti (percepiti in fahrenheit sopra soglia, ormai impercepibili).



giovedì 16 agosto 2012

Vigilia di Ferragosto

Non è un bel post, ma, come in altri casi simili, lo "devo" pubblicare. Chi non vuole rovinarsi la festa, passi oltre, non me ne avrò a male.

Un anno fa, vedendoli passare, li avevamo soprannominati "La donzelletta": era stato un soprannome cumulativo, non era il momento adatto a memorizzare i singoli nomi, di chicchessia.
Erano due uomini, maturi, quella maturità che si dà alle persone cui non si riesce ad affibbiare un'età, comunque collocata in quella via di mezzo tra l'adolescenza lontana e la vecchiaia non ancora imminente.
Alti, di quell'altezza sobria che non si fa notare, magri, entrambi con un po' di pancetta, quella che è soltanto un po' di stomaco sporgente da un verticale piatto.
Due fratelli, dovevano avere comprato vestiti in serie, visto che, in tutto quest'anno passato, il loro look non era mai cambiato.
Tutti i giorni, per loro, erano stati uguali al primo in cui li avevamo visti passare (pur se all'epoca i nostri occhi erano appannati da lacrime sempre latenti, in bilico precario prima di cadere nei fazzoletti usa e getta), uno con pantaloni lunghi, maglietta, un gilet su questa, indossato sempre, con pioggia e con sole, quel sole infuocato dello scorso anno e quello ancora di più di oggi, un cappellino con la tesa anteriore rigida (quello, siamo sicuri, sempre lo stesso); l'altro, meno sportivo, senza gilet e senza cappellino, ma per il resto fratello al fratello.
Si distingueva subito, appena spuntavano dall'angolo dell'ala C, la loro camminata, un po' sbilanciata quella del 'cappellino', più ritta quella dell'altro; un camminare che non era né lento né affrettato, che però consentiva loro di portarsi velocemente all'entrata grazie alle lunghe gambe con passo adeguato.
Passavano, un gesto con la mano, un 'buona sera' e sparivano dentro la struttura.
Più indietro, a debita distanza dovuta alle sue gambette corte proporzionate al resto del fisico, con loro c'era una donnetta, già anziana senza essere vecchia, gonna sempre in tinta scura, da cui ogni tanto spuntava l'orlo di una sottogonna bianca, stivalotti d'inverno, scarpe basse dalla primavera inoltrata fino all'autunno, una camicia, di solito a quadretti bianchi e blu, la pettinatura talmente immutata da far pensare a una parrucca.
Qui non ci sono molti motivi per sorridere, ma quando ne capita uno sarebbe un peccato farselo scappare.
Il suo passaggio era stato quasi inosservato per le prime volte, quando, sconosciuti a lei quanto lei a noi, si gettava uno sguardo veloce a chi transitava, per tornare subito ai fatti propri, che altro avevamo per la testa anziché notare i comportamenti degli altri.
In seguito, con il ripetersi invariato di questi, non avevamo potuto evitare di registrarli e farne un (affettuoso) motivo d'ilarità.
Arrivava con passetti frettolosi, accelerati dalla necessità di stare appresso ai due fratelli gambelunghe; quando arrivava davanti a noi c'era una decelerazione improvvisa, non proprio una fermata, un rallentamento abbinato allo sguardo che girava verso di noi, in attesa del nostro saluto in risposta al suo, che era fatto più con gli occhi che con la voce. Ottenutolo, subito ripartiva a passo più veloce, quasi a voler recuperare la frazione di secondo 'persa' per adempiere a un dovere divenuto nel tempo quasi istituzionale.
Ci sembrava una metropolitana umana; quando questa parte 'sparata', da chiedersi dove creda di arrivare, visto che dopo poco si dovrà nuovamente fermare, e appena lo fa si sente un breve tuffo allo stomaco che quasi si protende in avanti, subito rigettato indietro dalla ripartenza. Un attimo, tanti attimi, uno al giorno per un anno.
La sua persona, il suo vestiario, il suo modo di fare timido e impacciato, ci aveva fatto pensare alla "donzelletta" del sabato del villaggio. Per estensione, tutto il terzetto era diventato "la donzelletta".
I due maschi erano figli di un'ospite, la donna ne era sorella.
Per poco più di un anno, tutti i giorni, la scena del loro arrivo si era ripetuta, identica quali che fossero le condizioni meteo e le festività; i due fratelli ogni tanto si alternavano, una volta uno, la volta successiva l'altro, più sovente insieme; la donzelletta sempre presente, sempre con un timido sorriso ogni volta che incrociava il nostro sguardo.
Andavano nel reparto, e ne uscivano spingendo la carrozzina con la mamma e sorella, si mettevano lungo il muro dell'entrata, seduti sulle sedie imbottite, e offrivano a questa signora quello che le avevano portato: uno yogurt, qualche cremetta, un po' d'acqua, regolarmente prelevata volta per volta dal distributore a gettoni. Non era in grado di sorbire altro.
Le parlavano, e le sue risposte erano monosillabi, più pensati che sussurrati: era un dialogo unilaterale, che offriva informazioni senza chiederne.
Questa donna aveva un visino diafano, gli occhi vivi ma non vivaci, il busto eretto contro lo schienale faceva capire un'altezza della persona adeguata a quella dei due figli.
In anno di frequentazione si vengono a conoscere particolari, che uniti come tessere di un mosaico, danno un quadro, non completo ma sufficientemente chiaro, sul passato delle persone.
Avevamo così scoperto che il nomignolo "donzelletta" più che alla sorella metropolitana si sarebbe adattato a lei, alla paziente così affettuosamente accudita.
Da quando era ragazzina, nei tempi duri del dopoguerra, per aiutare in casa prima, per accudire i figli poi, al mattino prima dell'alba, inanellato uno straccio da mettere sul capo, su questo appoggiava un canestro con dentro i prodotti di un piccolo orto, qualche uovo quando le galline li scodellavano nella paglia, e se ne andava in paesi vicini, che tanto vicini non erano, e che il lungo camminare rendeva sempre lontani.
Lungo i sentieri nei boschi, sulle creste delle colline che costeggiano la marina, dove le strade erano migliori, ma più lunghe seguendo queste le coste frastagliate. Rientrando la sera a casa, con i pìccioli raggranellati, pochi sempre, ma bastanti a tenere in piedi una famiglia e a sfamare quei due piccoli, già allora marcantoni sempre affamati.
Una vita da "donzelletta".
Finita in malo modo, in un "dolce far niente" non sognato, tanto meno desiderato.
Ecco, il suo "in sul finir del giorno" è avvenuto la mattina della vigilia di Ferragosto.

Pomeriggio di una vigilia infuocata, in tutti i sensi.
Un'altra signora se n'è andata.
Non ne sappiamo nulla, e mi dispiace. E' rimasta sconosciuta fino alla fine, solitaria come lo è stata la sua ultima degenza.
In questi posti, i malati si identificano in chi li viene a visitare. Se sono allettati, oppure se ogni tanto escono in carrozzine sospinte dalle infermiere o dagli altri addetti, non c'è la possibilità di inquadrarli in una storia di vita, in un qualcosa "che rimanga ne' cuori esuli a conforto". Per chi frequenta questi posti, il sostegno reciproco, la lacrima come la risata, sono indispensabili per sopravvivere.
Mancando i visitatori, mancano le informazioni, e quelle, limitate, di chi assiste queste persone non sono sufficienti a lasciare un ricordo in chi, comunque, un ricordo vorrebbe registrare.
Per se stessi, non per la storia.
Abbiamo saputo della sua morte per la presenza anomala di un sacco di persone. Quello che abbiamo pensato di loro lo abbiamo chiuso nel cuore, ma è facile da intuire.

Ancora vigilia di Ferragosto, da sembrare incredibile.
E' morto un "ragazzo", Antonio detto Antonuccio, 53 anni.
Lo avevamo conosciuto ragazzo e tale era rimasto fino alla fine.
Parzialmente assente fin dall'infanzia, un fisico rotondetto ma non obeso, crisi epilettiche e malanni vari lo avevano tenuto lontano da una vita sociale accettabile.
Andava in giro nella contrada, talvolta spingendosi oltre fino alla marina; si rendeva disponibile per lavoretti presso i negozi della zona, lavoretti che dava l'impressione di volere pagare lui per farli, poiché questo lo faceva sentire utile a qualcosa, a qualcuno.
Il suo tratto identificativo era il saluto: a chiunque lo incontrava agitava la mano, salutando, felice quando riceveva risposta, anche solo con un segno della testa per chi aveva le mani occupate o transitava in macchina.
Aveva posti specifici dove appostarsi e ci passava ore in attesa dei viandanti, in attesa di un saluto, la sua bevanda preferita.
Circa un mese fa aveva avuto un brutto peggioramento, era stato operato a non sappiamo cosa, e dall'ospedale era uscito non più rotondetto, quasi rinsecchito. Non era più andato in giro, e quando, seduto su una sedia fuori dalla porta di casa, che dà sulla strada, qualcuno passando lo salutava non rispondeva più al saluto, lo sguardo fisso nel vuoto, forse aspettando Ferragosto.

lunedì 13 agosto 2012

Ultime dal fronte

Non so se sono andati al paese cui li avevo indirizzati, o se, incollati a quel sedile, hanno sospeso sine die il rompimiento a suo tempo iniziato; fatto sta
che tutto si è fermato. Un pochino (poco-poco) mi dispiace, avevo preparato un manifesto che, a ogni rilettura, mi faceva andare il cuore in gola, terrorizzando me stesso che l'avevo partorito.
In cambio, stavolta visti dall'esterno, si sono verificati episodi in parte ripetitivi degli anni precedenti.
Uno, in particolare, mi ha colpito: un condomino estivo (uno di quelli che a suo tempo aveva acquistato una mansardina, e che la sfrutta una quindicina di giorni all'anno, pagando le spese condominiali, senza fare storie, per tutto l'anno) si è trovato la macchina nuova con la fiancata tutta rigata, con disegni tipo le strisciate di un elettrocardiogramma.
E' una brava persona (nel raccontarmi lo sfregio, si è limitato a dire: "Sono dei maleducati", quando a me già friggevano le uova), la sua colpa è stata di avere parcheggiato la macchina in un posto che per tutto l'anno uno 'stanziale' si era autoriservato; non di proprietà, quindi neanche segnalato, semplicemente "lì la metto tutto l'anno, Dio non me l'ha dato, io me lo son preso, guai a chi me lo tocca". Da prepotente e pure da vigliacco.
Ho il dubbio, conoscendo il tipo direi la certezza, su chi sia il fetente, ma non mi va di fare la spia, soprattutto non avendo uno straccio di prova. Tra l'altro si tratta di un tizio che con il condominio ha nulla a che fare; nel periodo non estivo siamo quattro gatti di cui uno, io me, non ha problemi di parcheggio avendo il suo recintato e cancell'elettrizzato, per cui i posti auto sono disponibili  per tutti i viandanti in transito. Fare di questa liberalità un diritto è quanto meno da stronzi.
Sono quelle occasioni in cui rimpiango alcuni personaggi, in passato raccontati qui sul blog: il cuoco di Nino, il mitico Italo e altri conosciuti cammin facendo, di cui ho perso le tracce.
Italo, in particolare, è ancora in 'convento', costretto ad espiare colpe mai commesse (questa è la sua versione: ché ammazzare un suocero a fucilate non è una vera e propria colpa, tutt'al più un incidente di percorso; ché spaccare la testa a un altro parente a colpi di badile, la colpa vera fu del badile che non si voleva fermare nonostante i suoi sforzi sovrumani per bloccarlo; ché le serrande di quel negoziante dovevano essere di cartapesta, per accartocciarsi su se stesse solo per l'esplosione di un petardino di un paio di chili di dinamite, messo lì per festeggiare qualcosa e confuso come fosse un attentato; ecc.).
Andare dai carabinieri a denunciare la rigatura della vettura, più che tempo perso, risulterebbe un rischio di imputazione per rottura di scatole ai danni di membri (inteso come 'appartenenti') dell'Arma. Un bel do ut des, in questi casi sarebbe la soluzione più spiccia, più economica e più appagante.
"C'erano" poi gli schiamazzi notturni, provenienti da un panificio adiacente il nostro palazzo. Fino all'anno scorso da fine giugno a metà settembre, in un piccolo spiazzo fronte il forno debitamente attrezzato di tavolini e sedie, c'era tutte le sere un bivaccamento che durava da circa mezzanotte alle sei del mattino.
Consumandoci il cornetto di mezzanotte, seguito da pizze e birra fino a rimetterle entrambe alle prime ore del mattino.
In quelle ore succedeva di tutto, urla, litigi, estrazione di coltelli (purtroppo raramente), secchiate d'acqua gettate dall'alto, strombazzamenti di clacson, rombi di moto grosse o scorreggine di motorini...
Quest'anno, forse la crisi (santa subito), fatto sta che il bivacco, quando va male, è occupato da qualche famigliola, bambini compresi, che a parte momentanei rialzi di voce per sovrastare soprattutto l'indifferenza dei pargoli, per il resto sono sopportabili; sono in vacanza, poveri disgraziati, e al ritorno a casa potranno raccontare di avere fatto le 'notti bianche', in cui il massimo della movida era il macinar delle mascelle e raccontarsi a vicenda le bellezze di un Natale del secolo scorso.
Questo è tutto, per ora.
Ma voglio terminare in gloria: ho vinto all'enalotto. Ci investo buona parte della mia pensione (tre euro alla settimana, uno per ogni estrazione), e non avevo mai vinto; finalmente ho fatto il colpo grosso e vi partecipo la mia felicità dedicando a tutti voi il mio sorriso (se lo riesco a piazzare):


P.S.: vorrei dividere la vincita con tutti voi, ma mi rendo conto che con i sedici euro di un misero tre, manco facendone nanoparticelle riuscirei ad accontentare tutti. Chi si contenta gode: un milione di abbracci ciascuno, e peste colga chi li getta nella raccolta indifferenziata; nel vetro può andar bene, perché sono abbracci delicati.

lunedì 6 agosto 2012

Tanto pe' cantà...

Prologo
Estate, tempo di facce nuove, di nuove intelligenze che affollano tutte le località turistiche, di nuovi burini che esportano le loro migliori qualità, il loro (improbabile) modo di vivere durante il resto dell'anno, magari a casa del diavolo, dove auguro loro di tornare al più presto.
Tra tutti i luoghi ameni della Terra, i peggiori capitano inesorabilmente sopra la mia testa, nel senso che io ho l'alloggio piano-terra e costoro vengono a passare le loro sporche vacanze nei piani sopra il mio.
Non ho nulla contro i vacanzieri, anzi dove-quando-quanto posso cerco di aiutarli a meglio trascorrere il loro periodo di giusto riposo.
Ma se queste vacanze sono "sporche" come sopra detto, mi incazzo.
Così può succedere (il può è un optional, poiché è successo) che certi elementi, i quali evidentemente a casa loro vuotano ancora il pitale sulla pubblica via, trovino giusto e conveniente vuotare secchi d'acqua di sotto, in un giardino privato, che casualmente è il mio.
E, a seguire, mozziconi di sigarette, meglio se accesi, ché lasciano una scia di fiamma che rallegra il buio della notte.
Mollette dello stenditoio, cartacce, semi di anguria a chi li sputa più lontano...
Pur essendo un buono di natura, amo la giustizia sopra ogni altra cosa, e il rispetto a pari merito, e non credo che il comportamento di questa gente sia giusto e rispettoso.
Non potendo individuare i vermi che mi fanno questi doni, ho battuto questo breve manifesto, che ho appiccicato in doppia copia, una alla vetrata che delimita l'androne e l'altro allo sportello del contatore della luce scale.
Per essere sicuro che fosse letto, da tutti e da ciascuno:


PER  CORTESIA

La famiglia (omissis: la mia – ndr) ritiene di essere rispettosa, cortese e disponibile verso tutti gli abitanti di questo palazzo.
Vuole essere trattata con lo stesso metro, in uno scambio reciproco del rispetto.
Chiede pertanto agli abitanti i piani soprastanti il suo di evitare il lancio di acqua o altri liquidi, di oggetti vari o mozziconi di sigarette, verso il proprio giardino, ritenendolo gesto incivile che questa famiglia non ritiene di meritare.

GRAZIE

Qualche giorno di pace, poi sulla scala di casa mia, quasi davanti la porta, mi trovo due cartacce appallottolate.
Oltre che buono-giusto-rispettoso sono anche paziente e indulgente; per cui ho preso le due cartacce e le ho depositate sul muretto di marmo dell'androne, che fa da sostegno alla vetrata, la quale a sua volta sostiene il mio manifesto.
Il giorno dopo le stesse cartacce, con gambette che non avevo notato, si erano portate nella stessa posizione del giorno precedente, avanti la porta mia. Evidentemente non avevo fatto caso neanche al loro sesso, visto che nella notte avevano figliato, diventando tre.
Pazienza senza limiti: prendo i tre pezzi e li rimetto sul marmetto. Tacendo.
Indovinala grillo: l'indomani stesso deposito, per la terza volta.
Butto le cartacce, sperando che il gioco potesse finire.
Illusione di un giorno, mi ritrovo altre carte, con lo stesso appallottolamento delle precedenti, nella stessa posizione.
Da cui, piccola modifica al manifesto precedente:

PER  CORTESIA

La famiglia  (omissis: la mia – ndr) ritiene di essere rispettosa, cortese e disponibile verso tutti gli abitanti di questo palazzo.
Vuole solo essere trattata con lo stesso metro, in uno scambio reciproco del rispetto.
Chiede pertanto agli abitanti i piani soprastanti il suo di evitare il lancio di acqua o altri liquidi, di oggetti vari o mozziconi di sigarette, verso il proprio giardino, ritenendolo gesto incivile che questa famiglia non ritiene di meritare.

AGGIORNAMENTO

Nel ribadire quanto sopra, invito il/la figlio/a di buona madre a smetterla di rompere i coglioni gettando la monnezza trovata sulle scale (non nostra, visto che stiamo al di sotto) sulla porta di casa nostra. Visto che la cosa continua, dopo che più e più volte ci ritroviamo la stessa monnezza, riportata nell’androne e ri-gettata nella scala, al tizio/a/i di cui sopra lascio questo messaggio:
-   -  La smettete, e niente è successo.
-   -  NON la smettete, come primo augurio spero passiate quello che vi resta di           ferie incollati al water, per una diarrea che vi duri almeno fino a Natale. 

Chiedo scusa a chi in tutto questo non c’entra

Epilogo 
Questo è quanto, per adesso.
Vedrò le prossime mosse del fetuso/a per registrare il cronometro delle reazioni.
Nel frattempo ho rimesso a posto i pezzi di cartaccia, plasmati di colla topicida; perlomeno se li troverò giù da me saprò che ci si è imbrattato/a le dita. Certo avessi potuto plasmargliela sulle natiche sarei stato più soddisfatto.
La bontà è come la cenere, se la scuoti devi aspettarti di trovarci sotto della brace, che è in paziente attesa di bruciare qualcosa.
Se la cosa continua (e quasi ci spero, poiché sotto-sotto mi diverte, come tutte le battaglie) purtroppo non potrò postare il prossimo messaggio ai condomini, perché sarà talmente "troppo" che farà inorridire me stesso che lo scriverò.
Non so se l'ho già detto, se sì lo ripeto: sono incazzato.








mercoledì 1 agosto 2012

Cose dell'altro mondo!


Faccio uno strappo alla regola,
e pubblico questa 'bestemmia',
che arriva da un ex terzo mondo,
e che, letta in quello nostro attuale,
sembra davvero provenire
da un altro, lontano, pianeta.
Sulla vita di questa signora
non scommetterei un centesimo,
la stessa 'bestemmia' mi ricorda
un Salvador che, quasi trent'anni fa,
'bestemmiava' così e fu punito.