mercoledì 24 ottobre 2018

Regalo di natale

Sono in pausa, vado a dare uno sguardo ai commenti non letti, e mi trovo questo elemento (modo di dire per non dire altro) che mi ha caricato questo regalo per Natale che voglio condividere. Avatar e messaggio sono chiarissimi, pure con recapito cellulare. Teoricamente lo riporto nel caso interessasse a qualcuno. Molto meno teoricamente lo ritengo una bufala e, altresì, una grandissima rottura di marroni (grosse castagne, attualmente in piena raccolta, gustosissime arrostite, volgarmente dette caldarroste). Metto l'incipit in grassetto per distinguere nettamente questa apertura dal messaggio. A questo elemento (sempre in alternativa a un titolo volgare) mi permetto di dire che ci sono tantissimi paesi in cui andare, per cui non gli specifico neanche a quale lo mando, scelga in piena libertà. 


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sabato 20 ottobre 2018

Il 'buon compleanno' di Trilussa

Non è necessario esser caduti in guerra per riconoscersi in questa poesia, che non è d'augurio ma di compendio. Fa il paio con 'A livella di Totò... Entrambe, e chissà quante altre meno note, ci ricordano quanto siamo tutti uguali e della stupidità di rendercene conto soltanto "dopo", quando sono altri a riconoscere questo stato, essendo noi ormai parificati. Bianco, nero, giallo, verdastro sono soltanto colori, rubati all'iride e scioccamente affibbiati a fantomatiche razze. Il sangue è rosso per tutti, il cuore batte per tutti, i muscoli si tendono per tutti... Tutti amiamo e, purtroppo, anche tutti odiamo, per tanti motivi, per tante provocazioni, per tante ingiustizie. Odiare per scelta di razza è quanto di più odioso sia concepibile, poiché non ha alcuna motivazione se non quella di una mente completamente bacata.
Fra cent’anni
«Da qui a cent’anni, quanno
ritroveranno ner zappà la terra
li resti de li poveri sordati
morti ammazzati in guerra,
pensate un po’ che montarozzo d’ossa,
che fricandò de teschi
scapperà fòra da la terra smossa!
Saranno eroi tedeschi,
francesci, russi, ingresi,
de tutti li paesi.
O gialla o rossa o nera,
ognuno avrà difesa una bandiera;
qualunque sia la patria, o brutta o bella,
sarà morto per quella.
Ma lì sotto, però, diventeranno
tutti compagni, senza
nessuna diferenza.
Nell’occhio vôto e fonno
nun ce sarà né l’odio né l’amore
pe’ le cose der monno.
Ne la bocca scarnita
nun resterà che l’urtima risata
a la minchionatura de la vita.
E diranno fra loro: – Solo adesso
ciavemo per lo meno la speranza
de godesse la pace e l’uguajanza
che cianno predicato tanto spesso! »

venerdì 19 ottobre 2018

sabato 6 ottobre 2018

Diana, aveva sedici anni

Una poesia di Carla Krilù, dedicata a una compagna, amica della sua adolescenza, quando gli affetti hanno la purezza e l'innocenza ancora bambine. Sedici anni, aveva quest'amica quando un tragico accidente troncò la sua vita in bocciolo... 
Ecco, con queste parole, che raccontano l'ancora struggente dolore per una perdita così precoce, così inatteso, dà l'idea di un fiore spezzato, con quella gocciolina di umido che esce dal gambo ferito, il pianto di un fiore strappato alla terra che lo aveva appena generato. 
Morire a sedici anni, quando il cielo è ancora azzurro e i sogni, appena abbozzati, sono tinti di rosa... Una finestra aperta verso il mondo, che un violento colpo di vento richiude, con un boato che il passare del tempo non riesce a smorzare. Anzi, il passare degli anni ravviva il rumore, alimenta il dolore.
E la domanda, quella cui non siamo in grado, né mai lo saremo, di rispondere, che propone il mistero dell'eternità: perché? 


Gennaio 1960 (dedicata a Diana)

L’inverno ricamava di merletti
le scabre nudità dei biancospini
e di freddo l’aria profumava
e di fumo di legna dei camini.
Un pettirosso ardito sopra il pero
curioso spiava il nostro andare
sopra il fango rappreso di un sentiero
che d’altri passi serbava orme gelate.
Nell’aria sottile di gennaio
l’affanno della corsa sollevava
acerbi seni e scarmigliati crini
e con dita di brina accarezzava
gote arrossate e illividite membra.
Il correre giocoso s’arrestava
sull’argine gelato del Lamone
e di lassù l’orizzonte del mondo
valicando frontiere quotidiane
raggiungeva il pensiero e l’illusione.
Inconfessato un sogno nascondevi
sotto frange di palpebre socchiuse
e domande sottese e silenziosa
ascoltavi il fragore del silenzio.
Ma il soffio della notte il sogno spense
e l’ala dolce della tua breve vita
mai ti condusse oltre quell’orizzonte.
Io sola percorsi sconosciute strade
raccogliendo i detriti della vita
ma dietro palpebre grevi ancora conservo
il ricordo dell’ultimo tuo inverno.
(Gennaio 2001)
© Carla Castellani (Krilù)