mercoledì 30 dicembre 2020

Insisto, non ho risposte

 Tema: parla degli incentivi auto 2020/2021

Più che un tema è un quesito, che mi porto appresso da ottobre scorso, e al quale non riesco a trovare risposta. La casalinga di Voghera è passata di moda da parecchio, oggi è il cretese di Putumajori che tenta di avere un chiarimento (la località è di fantasia, il cretese [eufemistico] c'è e sono io, modestia a parte).

È fuor di dubbio che nel corso dell'anno in via d'estinzione, in Italia sono stati distribuiti centinaia di milioni, miliardi a pioggia, sotto le voci più disparate: ristori, rimborsi, contributi, incentivi... I ristori e i rimborsi hanno avuto valutazioni e percentuali di 'ristoro' variabili, che di solito hanno suscitato malcontenti, e la cui valutazione lascio alle categorie interessate. Pochi o tanti che siano, si tratta di soldini che, subito o poi, finiranno nelle tasche di chi li richiede.

Alla voce contributi sono finiti articoli di ogni genere: occhiali, caldaie, monopattini, biciclette... che hanno ricevuto sgravi diretti al momento dell'acquisto o a breve termine. Anche qui, pochi o tanti che siano, subito o dopo vanno a pesare nell'acquisto del bene.

Gli incentivi, qui ti voglio, riguardano il settore auto dove, presentati a luna piena come incentivi all'acquisto di auto nuove rottamando quelle con oltre 10 anni di vita, verosimilmente inquinanti, si parla di cifre consistenti che dovrebbero agevolare il cambio detto, aiutando nel contempo il settore già in sofferenza per la crisi pre-pandemia, che ne ha aggravato la vita grama, come in tutti i settori salvo la politica e il malaffare, che non hanno mai conosciuto crisi e anzi ci stanno ancora guadagnando.

Le Case, prontamente attrezzatesi, hanno lanciato, e lanciano, promo sui giornali e soprattutto sui social, prospettando possibilità di acquisto che poco ci manca che ti portino i mezzi nel tuo soggiorno.

Ipotesi (ma neanche tanto): auto prezzo listino 18.000 € - incentivi vari 6-8-10.000 € = TUA al prezzo di 8-10-12.000 €. Una pacchia, da inventarsi una vettura vetusta pur di accedere a incentivi così appetitosi.

Ce l'ho, giro un po' di concessionarie, alla ricerca del modello e, soprattutto, delle migliori condizioni d'acquisto. Tutte le proposte prevedono un piccolo acconto (2-3.000 €) e la dilazione del rimanente in almeno quattro anni, con una percentuale di TAN adeguatamente conveniente, tramite una finanziaria.

Raschio il fondo del barile, vendo un gatto, un tostapane a manovella, un computer a carbone... metto il malloppo in un sacchetto nero della monnezza (per evitare rapine e per non farmi vedere carico di soldi...). E vado in concessionaria per acquistare la vettura nuova cash, pronta cassa, al prezzo dell'offerta.

Non si può, no se puede, per avere i “vantaggi” degli incentivi, è possibile versare quanto dovuto soltanto tramite la finanziaria, del gruppo o scelta dalla Casa.

Per la matematica ho sempre avuto un rispettoso odio, ho appreso con fatica che 2+2 dovrebbe fare circa 4, ma non so andare molto oltre. Così, contando sulle sole dieci dita delle mani, mi rendo conto che, dati i 3.000 € di acconto su una vettura TUA a 12.000 € ne resterebbero 9 da pagare con ratei mensili in quattro anni. Per una strana coincidenza a me, che non sono di natura maligno, balza al naso che il TAN applicato porterà alla Casa l'esatta somma (compreso l'acconto) di 18.000 €, il prezzo di listino iniziale.

Il cretese su citato ritiene che non di incentivo all'acquisto si tratti, ma di esclusivo incentivo alla vendita; un fatto che gli pare raro e di difficile deglutizione, perlomeno per un cretese che odia la matematica. 

Il quesito finale è chiaro: è il cretese che non capisce un beneamato cavolo ovvero si tratta di una maleamata presa per i fondelli?

Sarebbe più trasparente se il venditore dicesse: il prezzo di listino è questo, gli sconti del governo li teniamo noi, a te faccio (io venditore) un piccolo sconto rinunciando a una parte del mio aggio, e tu paghi il tutto in 4-5-6 anni a tasso zero. So di finanziarie che propongono questa formula per protesi acustiche, per cure dentali e, forse, per la vendita di poltrone e divani, nonché per impianti doccia... Chi deve acquistare, che sul momento non ha liquidi, o non intende destinarli a quel bene, dilazionati in un periodo temporale sopportabile, aderirebbe più volentieri anziché sottostare a una formula chiaramente iugulatoria.

Tenendo presente che chi vende avrebbe già in tasca l'incentivo ufficialmente destinato all'acquisto, per cui a pagamento completato si troverebbe in tasca un buon terzo in più del prezzo iniziale di listino.

E piove, governo ladro e ambiguo!

domenica 27 dicembre 2020

Curiosità

Ho trovato questa tabellina che espone un confronto tra termini spagnoli tradotti in italiano e tra gli stessi tradotti dall'italiano allo spagnolo; credo siano parole madrilene, e non so in quanto corrispondano ad altre versioni dello spagnolo.


Tutto fa, quando si è rimasti curiosi di tutto, nonostante il passare inesorabile del tempo. Un confronto divertente che mi era totalmente sconosciuto, nella convinzione che le due lingue, italiano e spagnolo, avessero una simiglianza che ci rendeva quasi fratelli.

mercoledì 23 dicembre 2020

Auguri autarchici


Auguri in arte povera, che più povera di così non c'è.

Opera realizzata da due ragazze, esuli per lavoro nella lontana capitale del regno, lavorata e assemblata trattando le assi di un bancale recuperato accanto al bidone dei rifiuti. Anche la capanna l'hanno fatta con residui di quello stesso bancale. Il tutto ornato con ammennicoli vari, racimolati qua e là. 
Ammirevole il fatto che nelle rispettive professioni non usano attrezzi tipicamente manuali: occhi, dita e testa sono i loro trapani, cacciaviti, chiodi, carta vetrata, vinavil... Senza un laboratorio dedicato, in un minialloggio in affitto, tra lavoro, manutenzione generale della casa (pulizia della stessa, cucina, immancabili imprevisti, tipo guasto alla caldaia...), uscite limitate all'indispensabile, sia in ossequio alle disposizioni via via emanate, sia per il giusto timore nei confronti del nemico pubblico numero Uno, ancora ignoto ma ben conosciuto, hanno trovato il modo di riempire i ritagli di tempo con qualcosa di assolutamente fuori dal loro comune operare.
Ho adottato subito l'immagine per guarnire questi auguri, amarevoli quanto mai lo sono stati in passato, che vorrei non fossero dedicati esplicitamente alle feste, ma che le superassero con un balzo da canguro proiettandosi sull'anno che speriamo veramente nuovo. 
Che sia nuovo in tutto, soprattutto nei campi della salute, del lavoro, dell'economia in generale... e della pace e della fiducia in noi stessi e, di riflesso, nel mondo che ci circonda. Sarebbe un pre-vaccino utile e opportuno a superare un tempo amaro che la scienza da sola stenta a debellare.

sabato 19 dicembre 2020

Christmas Red (o Quindici uomini...)

Per questo fine anno ho avuto due sorprese. La prima, oserei dire la più inattesa, è la conferma che questo anno  ̷m̷a̷l̷e̷d̷e̷t̷t̷o̷ benedetto forse arriva alla fine. Credo che in passato un anno così  ̷o̷d̷i̷a̷t̷o̷  disamato non ci sia mai stato, perlomeno da quando il tempo viene calcolato in anni. L'augurio che corre in giro per il mondo è che quello a venire sia migliore; che poi, non dovrebbe sforzarsi molto per esserlo...
Succede che con il crescere degli anni (solo di quelli) lo scorrere del tempo appaia sempre più veloce. Sembrava sempre più veloce: questo che sta per morire è stato un anno lungo, neanche paragonabile ad alcuno dei precedenti, e neanche alla fame, che si usa cone raffronto come misura di lunghezza dello spasmo. Di solito i festeggiamenti per la dipartita del vecchio si fondono con quelli per l'anno in procinto di parto. Credo che il 2020 riceverà tante di quelle  ̷m̷a̷l̷e̷d̷i̷z̷i̷o̷n̷i̷  benedizioni che in nessuna religione conosciuta siano mai state emesse.

La seconda, inattesa pure questa, ma meno della prima, poiché preannunciata da tempo, con messaggi vagamente criptici da parte di uno scrittore già conosciuto, di cui avevo da poco terminato la lettura della sua ultima fatica. 
 
Mi riferisco alla copertina qui a fianco, che dal titolo ispirava quei pruriti tipici di un disagio neanche tanto inconscio. Questo Autore aveva già espresso dimestichezza con i depositi di persone defunte, altrimenti detti obitori, per cui la lettura di questo tometto faceva intuire di cosa sarebbe andato a raccontare. Nel corso della sua carriera ha pubblicato diversi libri, svariando su temi diversi, inizialmente su esperienze scolastiche; il suo primo Perle ai porci credo sia ancora oggetto di attenzione, sia per l'ironia caustica che per i messaggi, gli allarmi, che in retrofondo mandava a chi di dovere. Le risate erano garantite, i messaggi non credo siano stati raccolti o, se sì, prontamente cestinati da coloro cui erano diretti. Come sempre, quando questi provengono da chi vive sulla propria pelle qualsivoglia esperienza professionale. Oggi, in particolare, vale per i problemi della sanità, delle opere pubbliche, in generale della gestione della cosa comune; nel caso suo, del desso di cui parlo, il problema era (era?) la scuola. Problema era e tale è rimasto, elevato a potenza dalla pandemia ancora in atto.
Questi quattro racconti avevo già avuto di commentarglieli, con tanta simpatia e altrettanto timore. Avendolo conosciuto come scrittore saggio (aggettivo un po' forzato, ma siamo sotto Natale e il buonismo in questa occasione è ormai ancestrale), di una saggezza velata di simpatiche ironie ovvero altri con trame avvincenti, con questi mi aveva un po' spiazzato. 
D'altra parte il contenuto era già nel titolo, e non è che potessi aspettarmi racconti cuore/amore o abbracci/baci, tra l'altro già vietati in nome di un puritanesimo imposto da circostanze non più fortuite. È stata la scoperta di un lato oscuro, che mi ha lasciato (piacevolmente) sorpreso. Per dissimulare il piacere di quella lettura fuori dai suoi temi abituali, avevo commentato raccomandando alla su' signora e al suo bimbo, cresciutello quindi occhiuto, la massima attenzione verso il consorte, che mi dava l'impressione di essere uscito di testa. 
Il fatto che lui stesso avesse confermato la mia diagnosi, l'ha smantellata, sulla falsariga che nessun toccato mentale l'avrebbe ammessa.
Si era trattato di un aperitivo a quello che avrebbe in seguito proposto.
 
Con questo libro, digitale, di quelli che stai a casa, clicchi (voce del verbo cliccare, premere, pigiare) e in pochi istanti te lo trovi imbandito sul monitor, pronto per essere consumato...


  ... la cui copertina era chiaramente un richiamo alla prossima festività, che tanta bontà sparge ne' cuori  esuli a conforto, e diretto al cuore degli uomini di buona volontà. Essendo adepto di entrambi i gruppi, ho affrontato la lettura tenendo a portata di mano fazzolettini, torroncini (morbidi, ché quelli di pietra sono ormai un ricordo, questo sì tenero...), no birra, il cui brulichio su dal naso passa agli occhi favorendo possibili lacrimuccie di circostanza.
 
Gli Autori erano sintetizzati in quel AA.VV. che la mia perspicacia aveva prontamente letto come Autori Vari. Ma si fa presto a dire autori vari, quando il presentatore scrive libri firmandosi con due pseudonimi, di cui uno so per certo essere il suo nominativo vero, quello sui documenti di identità, forse sulla patente, forse persino nelle sue firme... ma non ho ancora capito quale dei due sia quello genitorialmente ereditato. 
Il Red che completa il titolo dell'opera credo sia stato un adeguamento alla situazione generale che vede il rosso come tinta più diffusa, accettato come il fumo negli occhi, per cui il presentatore ha voluto affondare il coltello nella natica come segno del suo sprezzo di fatti terreni che non lo toccano. Oppure, avendo già partorito un Giallo e nero nel lontano 2015 ha voluto evitare sovrapposizioni che qualunque rompiglioni (chiedo venia per l'autocitazione) un domani avrebbe potuto rinfacciargli. Comunque sia, il rosso è natalizio, al pari dell'oro, dell'incesto e della birra...
Sorpresa: non sono due gli Autori Vari, ma ben quindici... gli stessi quindici che danno il sottotitolo a questo post. E sono tutti e quindici sulla cassa di un morto (una ciascuno), non so se ballano e bevono rum, sicuramente hanno sfornato una serie di racconti, tutti e ciascuno protesi a far godere le feste in un modo originale, non stereotipato da secoli di racconti e consuetudini, che hanno fatto presa in sentimenti che nel corso dell'anno sono assolutamente banditi.
Una botta (piacevole e leggera come una carezza) alle mie convinzioni mi è arrivata dalla constatazione che, dei quindici uomini, undici sono donne. Il che fa capire quanta "bontà" possa trasudare dai loro racconti quando danno libero sfogo alle loro fantasie. A ennesima dimostrazione che la diversità di genere è un'invenzione; perlomeno quella mentale...
La tentazione sarebbe di dire che si tratta di quindici racconti 'uno più bello dell'altro'. Ma la mia malignità mi vieta di proporre quel giudizio, partendo dal presupposto che l'ultimo, nella cronologia della lettura, si beccherebbe tutti i meriti, visto che risulterebbe essere classificato come migliore del precedente, e il precedente a sua volta del precedente... a ritroso fino al primo, che, manco a dirlo, è l'Autore binominato. 
In effetti ero partito col pensiero di "votare" ciascun racconto, e nel prosieguo della lettura, al termine di ciascuno mi ero impegnato con un "questo lo voto", che alla fine mi ha fatto ritrovare con quindici voti assegnati, un "a pari merito" che, non essendoci premi in palio, avrebbe consentito un podio lungo almeno trenta metri... per seguire le direttive governative ed evitare sanzioni, virtuali ma sempre antipatiche.
Lo Special Edition è la ciliegina sulla torta, che fa sperare in future edizioni ordinarie.

Dicevo dei premi non in palio: questa raccolta, digitale fin che si vuole, ha un costo che definire irrisorio è riduttivo. Un caffè e mezzo, al costo corrente di un caffè al bar, che per ogni vendita darebbe a ciascun Autore la cifra pazzesca di 10 €/cent. Lordi... tolte le tasse, tolte le spese varie (acronimabili come SS.VV.), l'iscrizione alla SIAE, più le imprevedibili varie&eventuali, mi sa che lasceranno a debito qualcosa... e non mi pare che ci siano ristori in vista per questo genere. Il Potere ritiene che chi ha tempo, voglia e fantasia per scrivere, lo faccia senza bere, senza mangiare, senza pagare bollette; i monopattini e le biciclette... quelle sì, sono spese che uno Stato serio può, e deve, supportare. 
Senza voler spingere a spese folli, chi ha un tablet colga al volo l'occasione: pagare questa cifra per un po' di ore di lettura è un regalo che ciascuno si può fare senza ricorrere a prestiti o mutui, magari rinunciando a un caffè al bar (tra l'altro dannoso, e ve lo dice uno che se ne risucchia una decina ogni giorno... a casa, dalla moka).
E buona lettura; per non apparire di parte, buona lettura qualunque essa sia... se si tratterà di questa, di questo libro intendo, avrete quindici grazie garantiti.   

mercoledì 9 dicembre 2020

ICE non ice

Pubblicità&Progresso: ICE non ice

No, non ice come ghiaccio, ICE come In Case (of) Emergency, ovvero, per chi non mastica il latino, In Caso (di) Emergenza.
Si tratta di un acronimo poco noto e ancora meno applicato, che andrebbe invece divulgato, perlomeno come i più ben noti dpcm o INPS, o MES o BCE... e quant'altri, ormai divenuti d'uso comune, nel bene come nel male.

La vita è fatta a scale, chi le scende e chi le sale: fa parte del bagaglio proprio, dalla nascita, quando già si sa chi le salirà e chi, invece, le scenderà. Poi succedono i miracoli, che consentono ad alcuni di salire pur essendo all'origine destinati a scenderle. Fa parte dell'imponderabile. Lo stesso può succedere all'inverso: ad esempio al figlio di un re, stabile sul trono, è facile prevedere una vita da principe... in attesa (talvolta perenne, cit. un certo Carlo) di salire sul trono paterno o materno, abbandonato per morte o per abdicazione o per cacciata. Con discese, talvolta a valanga, da maestosi scaloni che diventano strette scale a chiocciola, scomode e malferme.
Quando nella vita capita un fatto positivamente eclatante, tipo una vincita sostanziosa o un'eredità inattesa, non ci vuole molto che il fortunato sia subissato di affetti e attenzioni: è un passaparola telepatico che invita a festeggiare e, possibilmente, partecipare attivamente alla spartizione di una torta che tradizione vuole appartenga a tutti. Con i parenti in prima fila, seguiti da amici e poi dagli amici degli amici... perfino quelli che fino a poco prima erano ufficialmente anonimi se non apertamente nemici, si accodano pronti a raccogliere almeno le briciole di tanta fortuna.

In quell'imponderabile, però, ci sono accadimenti che colpiscono le persone, quando in via diretta e quando per vie traverse. Succede, e succede, che una persona esca di casa per fare due passi o sbrigare una commissione, e una tegola o una buca nella strada ne segni la fine del cammino.
Sono i casi in cui basta un urlo per trasmettere l'allarme, la notizia, a tutto un vicinato, che conosce, di vista o di persona, la vittima del fatto. I parenti, gli amici e i conoscenti ne vengono prontamente a conoscenza... e chi deve sapere lo sa in pochi minuti.
Diversa è la situazione, quando un fatto avviene al di fuori delle immediate vicinanze dell'abitazione; basta che un incidente si verifichi al di fuori del comprensorio, e il malcapitato si trova sconosciuto tra sconosciuti. Pensiamo a un incidente stradale in autostrada: quando tutto va bene, chi vi è coinvolto riesce a comunicare quanto successo a persone vicine, di cuore o di professione. Ha la possibilità di avvisare dove i soccorritori lo, o li, porteranno, in modo da poter essere raggiunti o fortunatamente rassicurare gli interlocutori.
La stessa cosa può capitare a un anziano che, nel fare la spesa o in fila alle poste o in farmacia, venga colpito da un attacco cardiaco o una crisi apoplettica o diabetica. Se perde conoscenza, il primo pensiero di chi si presta al soccorso è quello del ricorso a interventi sanitari che diano la speranza di rimetterlo in sesto, di salvargli la vita. Il secondo pensiero è quello di avvisare qualcuno di quanto accaduto. Il peggio viene quando un poveretto innalza la bandiera bianca, arrendendosi a un evento che non gli ha lasciato scampo. In questi casi, sono le forze dell'ordine a cercare chi possa essere interessato a una dipartita inattesa. Ricerca che richiede tempo... e che talvolta rimane senza esito.

In tempi andati, molto andati, avevo, ed ho tuttora, una piccola agendina (11x8x0,5 cm), in cui ho annotato centinaia di numeri di telefono, con la località e il cognome del titolare; c'è di tutto, alberghi, recapiti di possibile interesse... Raramente usata, i numeri di maggior uso li avevo memorizzati (a quel tempo avevo una discreta memoria) e gli altri erano lì, immobili e inusati, in attesa di chiamata.
Erano tutti numeri fissi, i cellulari stavano appena nascendo e il maggior sollazzo per chi ancora li vedeva col binocolo era la comica ricerca di campo da parte di supertecnologici colleghi. Mentre loro cercavano una linea, noi antidiluviani trovavamo un bar, un box stradale, un albergo, una stazione, e sbrigavamo i nostri compiti, solitamente tramite il 10 di Telecom che provvedeva pure all'addebito delle chiamate al corrispondente di turno.
Se avessi perso, o mi avessero fregato, con la valigetta, l'agendina, la perdita sarebbe stata limitata, poiché non conteneva numeri compromettenti; in fondo il maggior dispiacere sarebbe venuto dalla perdita del contenitore (anche quello appoggiato in casa da qualche parte, come residuato di un periodo attivo e relativamente felice. 
Poi i cellulari presero piede, e quei numeri fissi sono più che mai immobili e inusabili, visto che la più parte di essi sarà stata dismessa.
Per la maggior parte della giornata ero irrintracciabile, e se da una parte questo era un bene dall'altra era un problema, in particolare per i rapporti con la famiglia. Che solo alla sera, puntualmente ogni sera, contattavo per lo scambio reciproco di notizie sulla giornata trascorsa. Sovente provavo un senso di smarrimento, col pensiero che se fosse successo qualcosa di grave, o qualcosa di veramente brutto a casa, al mattino, fino alla sera non lo avrei saputo; stessa cosa se fosse successo a me, lontano da casa...  con la conseguenza che avrei dovuto intanto affrontare un pronto rientro, che raramente era a un tir di schioppo; e dopo una giornata di gironzolamenti non era proprio, come si dice, ciò che Dio fece.
Una sola volta, in una decina d'anni, avevo subito un incidentuccio (frattura del perone e punti alla testa, fatto già raccontato in un vecchio post, e che qui non ripeto per non tediare il lettore). Ero rientrato a casa con l'osso fratturato e cinque punti alla sommità del capo, non avevo voluto spaventare i miei che mi avevano visto rientrare ampiamente claudicante e "con un fiore infilato nei capelli" (cit. mia suocera quando mi aveva visto spuntare dalla porta di casa).
Ecco, forse uno dei pochi pregi dei telefoni mobili consiste nella possibilità di contattare prontamente gli interessati qualora qualcosa nei piani dovesse andare storto.

Ormai quasi tutti, anche gli anziani e i ragazzi, hanno appresso quei marchingegni, nella più parte dei casi proprio per mantenere i contatti, sia per affetti che per necessità lavorative. Che poi in molti casi l'uso di questi aggeggi sia causa prima di fatti accidentali, sovente mortali o invalidanti, è un altro discorso...
In tutti i cellulari è presente una rubrica, in cui vengono memorizzati i numeri di proprio interesse; si tratta di pochi numeri o di molti, l'incredibile capacità di contenerli non pone limiti. Se la nostra memoria fosse in grado di fagocitare tutti quei numeri, quella memoria tecnologica sarebbe superflua. Ma nell'eventualità di un sinistro come sopra accennato ci impedirebbe di comunicarli ad altri per avere sollievo in un momento drammatico.
E qui entra in ballo l'ICE.
Non costa nulla, non consuma la batteria, non intasa le possibilità mnemoniche del cellulare ed è di aiuto in qualsiasi evenienza, soprattutto negativa, che ne richieda l'uso.
È sufficiente decidere verso chi debba partire la prima segnalazione che qualcosa non va: mettendo questa sigla accanto al nome del destinatario: o dei destinatari, visto che non ha limiti d'uso.
È semplice: nella rubrica, accanto al nome prescelto che si vuole sia avvisato in caso di accidente, è sufficiente inserire la sigla ICE, per avere la certezza che il soccorritore sappia al volo chi chiamare per avvisare che qualcosa non va come dovrebbe. E, come detto, la sigla si può mettere a più nominativi, per accelerare quanto possibile il contatto utile al caso. Per dare precedenze è possibile segnare le priorità di chiamata, segnando accanto alla sigla un numero di precedenza (esempio: Rossi A. ICE1, Verdi B. ICE2, ecc.).
Il soccorritore, cercando di risalire all'identità dello sfortunato utente, oltre al documento personale, cercherà il cellulare, nel quale trovando quella sigla eviterà, intanto, di perdere tempo a provare a chiamare persone non interessate, o scarsamente interessate, alle vicissitudini del disgraziato. 
E gli eviterà anche inutili e rischiose gaffes, che potrebbero ulteriormente aggravare la situazione; penso a un contatto con amanti, segnate in rubrica sotto voci fasulle, onde evitare incursioni muliebri, sempre possibili.