mercoledì 28 febbraio 2018

Pecunia non olet

"I soldi non puzzano", constatazione attribuita a Vespasiano e riferita al denaro proveniente da una tassa sulle latrine (poi chiamate, appunto, vespasiani, a suo imperituro onore e gloria).
Molto attuale, riferita in particolare ai traffici e ai proventi della moderna raccolta dei rifiuti.
Come attualissima risulta una parafrasi che offre lo stesso concetto cambiandone il soggetto.
"Votum non olet", che non richiede neanche una specifica traduzione.
Si sa che pecunia, letta come soldi in una traduzione letterale, deriva da pecora, quando, non esistendo ancora la moneta, questa con altro bestiame era oggetto di baratto, per scambio di oggetti, di servizi o di altri animali. Avendo le pecore un odore che le caratterizza (al pari degli altri ovini) il suo 'profumo' può essere che fosse indicativo come segno di riconoscimento specifico di quel tipo di 'banconota'.
La puzza tipica delle pecore trasferita ai vespasiani (che quanto a puzza stanno pure bene) ottiene il miracolo di trasformarsi in denaro, in monete sonanti; oggi, appunto, in affari d'oro per chi ci si tuffa.
Votum non olet: il voto (meglio se diventa 'tanti' voti) non puzza.
Bene lo sanno i nostri augusti futuri (o futuribili) governanti.
Da chi, o da cosa, provengano ha un'importanza relativa.

I leader dei partiti che puntano al successo cercano di convincere chi li vota che essi sono la crema della società, la parte migliore, quella che ci salverà dallo sfacelo finale.
Tra questi ne spicca uno, che si lega in modo specifico alla prima parte di questo 'racconto'.
Per questo futuro (possibile, probabile?) premier, una parte consistente dello Stivale (la parte bassa, per intenderci), oltre alle altre "doti" ataviche già ben note (tipo l'essere scansafatiche cronici, tipo pretendere un assistenzialismo a vita, tipo la criminalità iniettata fin dalle prime poppate, tipo il disordine a livello caotico, e tipo molto altro ancora) aveva preso atto che gli stessi "puzzavano", nel senso più esplicito del termine.
(Credo si sia fatto una cultura in merito al museo di Cesare Lombroso a Torino).
Ho detto "puzzavano", passato prossimo... Come dire l'altro ieri.
Perché ieri (pensa che fortuna!) sono arrivati gli immigrati, i negher, che (fortuna su fortuna) "puzzano" di più. Tanto da tramutare i precedenti 'puzzoni' in odorosi adorati votanti.
Qualche ritocco al gagliardetto, una limatina al parlare, tour di conoscenza diretta per dimostrare che siamo tutti figli di una stessa madre (facendo attenzione a non specificare il mestiere specifico di tale madre, poiché potrebbe dare adito al tronco "figli di..."), presa d'atto che se qualcosa è da cambiare si può fare 'anche' con l'apporto degli indigeni...
E votum non olet, magari turandosi il naso in sacrestia, che cade a fagiolo con il rosario e il vangelo del giuramento.
Ave dio Po, i tempi cambiano, gli uomini pure.

Terza particella di un unico testo.
Con i commercialisti non ho fortuna. A mia discolpa mi dichiaro "nebbia assoluta" in fatto di contabilità, di norme e leggi relative e di formule matematiche e algebriche in genere.
D'altra parte non è che lo Stato mi abbia messo in condizione di farne a meno. Forse lo fa puntando alla piena occupazione dei ragionieri che i licei sfornano a grappoli, e a cui è obbligatorio assicurare un futuro dignitoso.
Un po' quello che fa per favorire la sistemazione di tutti gli altri lavoratori, in tutti gli altri settori.
No, non ho ricevuto fregature da nessuno dei pochi professionisti (due, diluiti nel tempo) che ho avuto modo di frequentare. Quando ci sono stati versamenti da fare, ho preso il papier e sono andato in posta o in banca direttamente. Cielo, è pur vero che si è sempre trattato di cifre talmente modeste che neanche un accattone avrebbe preso in considerazione...
È cosa nota che dietro ogni grande uomo c'è (quasi) sempre una grande donna che lo sostiene sempre, quando sbaglia o quando sbanda.
Ho sentito di un noto politico che, avendo una zia suora, ogni volta che lo riteneva opportuno la citava nei suoi incontri con collaboratori o possibili sostenitori.
Era una specie di cartina di tornasole che sbandierava come prova della purezza dei suoi, di lui, pensieri e opere. Sulla purezza di lei non posso mettere la mano sul fuoco poiché di lei so nulla; sulla purezza di lui non metterei la mano sul fuoco poiché di lui ne so fin troppo. La suora zia, che era già anzianotta, nel frattempo forse è già salita in cielo, dato da parecchio non viene più tirata in ballo.
È un po' la storia dei politici di un tempo passato: se uno di questi aveva la fortuna di avere tra i famigli un prete o almeno una suora, questi erano garanzia di correttezza senza discussioni o approfondimenti. Poi è venuta fuori la storia dei preti pedofili e delle suore violente, e, quasi in parallelo, sono venute fuori magagne e corruttele prima nascoste nel segreto dei confessionali.
La faccenda si è poi allargata a macchia d'olio, per cui ormai tutti i preti si sospetta siano pedofili, tutte le suore passano per violente, tutti i politici sono corrotti (o corruttibili, dipende dal peso dell'offerta).
Per il mio commercialista la cartina di tornasole era un fratello, maresciallo dei carabinieri, comandante di una stazione in un paesotto dell'interno. Ero andato a trovarlo un paio di volte, nel corso dei miei giri, portandogli i saluti del fratello.
Devo essere sincero: non che fossi affezionato alla coppia, ma il farmi vedere ogni tanto lo vedevo come una specie di 'mi tenga presente' per il caso di accidenti stradali nella zona di sua competenza. Ho preso multe dal sapore inimmaginabile in ogni contrada che ho avuto il piacere di attraversare, tanto da avere il dubbio che gli addetti si passassero la voce per fregarmi, subito dopo il passaggio dei confini delle varie contee. Avere una zona presumibilmente franca mi dava un senso di fiducia, che peraltro non ho avuto modo di mettere alla prova.
Del maresciallo non ho più avuto notizie, il fratello, qualche tempo dopo il mio abbandono (di cui non ricordo il motivo, ma sicuramente non inerente la sua professione) avevo letto sul giornale del suo arresto per traffici di cui non ho capito la natura. Poi non ho più avuto notizie neanche di lui.
Da questo secondo ragioniere non so come ci sono arrivato, probabilmente perché compaesano di mia moglie, visto che delle conoscenze operative non ero e non sono pratico. A parte il fatto che l'applicazione ai miei affari è ridotta all'Isee ogni tanto, alla denuncia dei redditi una volta all'anno e alla richiesta di lumi a ogni nuovo aborto sputato dalla nostra prolifica burocrazia.
Sono con lui da poco più di vent'anni. Ci sono matrimoni appassionati che durano meno assai.
La sua cartina di tornasole consiste(va) nel suo essere casa-ufficio-chiesa, senza deviazioni note da questi binari.
La sua presenza in ufficio, fino a un po' di tempo fa, era assicurata, non era necessario prenotare un suo consulto.
In famiglia non sapevo, e poco mi interessava.
In chiesa: cantore nel coro, insieme alla moglie, forse partecipe alle iniziative parrocchiali (dico forse, poiché in questo sono io mancante; nel coro perché stonato cronico, nel resto perché no).
Qualche giorno fa sono incappato in un manifesto elettorale che mi ha abbagliato.
Di solito faccio come Scesa, tiro innanz senza guardarli più di tanto, li considero un po' come i wanted appesi ai muri degli sceriffi del vecchio west: tutti ricercati, che prima o poi qualche cacciatore di taglie prenderà a revolverate ("vivi o morti" recitavano i bandi di ricerca).
L'abbagliamento iniziale era dovuto alla vista di una figura a me ben nota, che si presentava candidato al senato in vista delle prossime elezioni.
Era lui, il mio commercialista tutto casa-ufficio-chiesa.
Beh, quando si conosce una persona da oltre vent'anni, quando ci si dà del tu e ci si informa a vicenda delle rispettive famiglie, della salute, della situazione politica nazionale o locale... beh, dai, un pizzico di orgoglio riflesso viene spontaneo.
Abbaglio e orgoglio che affogano nella (scusate l'eufemismo) merda nello scoprire con "chi" si presenta candidato.
Si tratta di un (per ora) piccolo partito, il cui simbolo è una tartaruga.

Mi sento, e mi vedo, come uno che della vita non ha capito ancora niente, di avere sbagliato tutto (o quasi) e di non avere più il tempo necessario per rimediare a tanta ignoranza.
Non mi guardo più allo specchio, nel timore di scoprire in me un altro individuo che non è quello che credevo fosse.









lunedì 26 febbraio 2018

Schettino vs De Falco

Sul Corriere della Sera di oggi, la figlia di Schettino si lancia contro De Falco, accusandolo di averle rovinato l'adolescenza con la vicenda del suo intervento in occasione del naufragio all'isola del Giglio. Per farlo ha preso spunto dalla recente vicenda che ha visto De Falco coinvolto in fatti famigliari, venuti agli onori della cronaca poco dopo che è stato indicato come candidato e, forse, come possibile futuro ministro in un eventuale (per Di Maio dato per certo) governo 5 pentastellato. Notizie prima ridimensionate  dalla moglie e. successivamente, ribadite, pur se in altri termini, dalla figlia. Un tempo i panni sporchi si lavavano in famiglia, e non era omertà: era pudore.
Ma tant'è, da quando fare pipì contro una duna del deserto è divenuto occasione di approfonditi dibattiti televisivi e mediatici, le vicende delle persone, i loro "panni sporchi", restano in casa se si è assolutamente sconosciuti; e anche così non si è garantiti della riservatezza.
Il "torni a bordo, cazzo!" di De Falco era nato in un momento di grave concitazione, quando c'era già chiara la portata della tragedia. La figlia Rossella contesta la logica di quell'invito con la constatazione che fosse impossibile il ritorno a bordo del comandante Schettino per via del fatto che la nave era inclinata di 90°, il che rendeva impossibile la risalita.
Sfugge, alla ragazza oggi 21enne, che suo padre, secondo le secolari regole della marineria mondiale, quell'invito non lo avrebbe ricevuto se fosse rimasto a bordo della "sua" nave.
A difesa accorata della sua adolescenza cancellata, passa a De Falco quattro specifiche domande; legittime, come tutte le domande lo sono, ma poco riferibili a tutta la sua vicenda.
Questo un pezzetto del testo della sua protesta, sul giornale virgolettato, quindi presumibilmente corrispondente al suo pensiero:
Il post di Rossella Schettino ha ottenuto più di cento condivisioni e centinaia di like. Il suo sfogo è diretto contro Gregorio De Falco: «Proprio lui che con la celebre telefonata del “Vada a bordo ca..o”, crocifisse mediaticamente mio padre. Quale tutela ebbi io che all’epoca avevo 15 anni? Quale rispetto ci fu nei miei confronti? Queste cose non gli interessavano quando rilasciava certe dichiarazioni? Chi diede quella telefonata in pasto ai giornali?».
Lo sfogo di una figlia che si è trovata, a causa di eventi sui quali non aveva potuto influire o intervenire a suo tempo, merita tutto il rispetto.
Come avrebbe meritato perlomeno altrettanto rispetto il silenzio su tutte le vicende che hanno coinvolto due persone allora già ben adulte, quindi presumibilmente responsabili delle loro rispettive azioni. 
Lo scaricare il proprio dramma vissuto nel calderone mediatico costringe a pensare a coloro, famiglie intere, che oltre alle infanzie o adolescenze hanno visto vite stroncate. 
A livello di vite perse fisicamente sul posto e, immediatamente a seguire, di decine di vite rovinate per sempre, di mogli mariti figli, cui è impossibile far capire come sia stato possibile vedersi amputare parti di sé a causa di un "inchino" a un'isola.
Questo pezzullo è dedicato alle centinaia di like che avrebbe ricevuto la sua accorata accusa.


Like tipo questo, in uso su Facebook e su altri social, qui opportunamente bendato, quando non si capisce bene a chi o a cosa si intenda offrire il "mi piace". Dubito che tra questi like ci siano quelli delle trentadue vite spezzate, degli oltre cento feriti e delle famiglie ad essi drammaticamente collegate.



Vorrei dire alla giovane Rossella che non sempre il tacere indica consenso (si dice"chi tace consente" per antica consuetudine). Talvolta, sovente, il tacere significa 'pudore', che non vuole necessariamente essere timidezza o tradimento dei propri sentimenti: è semplicemente una cosciente presa d'atto di una situazione su cui non abbiamo, a suo tempo, potuto intervenire e che, a rivangarla ora, si rischia di aprire coperchi che sarebbe opportuno tenere chiusi.


Per questo a me personalmente questo suo intervento non piace, pur comprendendo il suo dolore di figlia, ulteriore vittima di un tragico episodio in cui suo padre ha messo mano in maniera predominante e, a leggere i racconti sul fatto, in modo non molto onorevole.
Per la cosiddetta 'carità di patria', sorvolo su una certa Domnica, la moldava che avrebbe potuto meglio chiarire i fatti di quella sera. Sparita dalle cronache, potrebbe essere uno di quei panni sporchi da lavare in famiglia. Come i dissidi o i contrasti in seno alla famiglia De Falco che, pensa tu!, un "cazzo!" di troppo ha portato agli onori della cronaca, mentre le altre centinaia di persone che hanno concorso attivamente al salvataggio sono rimaste (pudicamente?) nell'ombra.


Manca poco: parliamone ancora

Bozza di un discorso elettorale 'impossibile', proposto da Mattia Feltri su La Stampa del 20-2-2018: 

«Cari elettori, è difficile vi venga voglia di votarci, poiché i nostri avversari sono puri e onesti, di una purezza e di un’onestà personalissima, opposta a quella degli altri, ma noi purtroppo siamo umani, impuri, e talvolta sbaglieremo, e forse qualcuno commetterà reati e in tal caso non sarà linciato ma giudicato secondo le regole garantiste della Costituzione. Non espelleremo tutti i migranti, giacché è impossibile, né li faremo entrare tutti, giacché è disumano farli entrare e abbandonarli per strada: serve organizzazione e umanità. Non abbasseremo le tasse, non ne leveremo alcuna, ora è impossibile. Vorremmo recuperare un po’ d’evasione e avere più risorse per gli ultimi. Proveremo a ridurre assenteismo e sprechi, e chi si assenta e spreca ci pensi. Non creeremo posti di lavoro perché non è la politica a crearli, ma la società se è dinamica, e la politica deve assecondarla. Se necessario faremo accordi e saranno al ribasso: accordi al rialzo non esistono in natura. Se i nostri ragazzi vorranno andare all’estero li incoraggeremo perché il mondo deve essere loro, e altri con lo stesso spirito verranno da noi. Affronteremo e non subiremo i cambiamenti imposti dall’economia digitale. Non abbiamo niente da regalarvi se non un po’ di senso di responsabilità e però sia anche vostro, perché le società prosperano se tutti sentono di farne parte, le amano e sanno che il dovere viene prima dei diritti. Non ci taglieremo lo stipendio, cercheremo di meritarcelo».
Che discorso fantastico, vero? Sapete chi lo ha fatto? 
Nessuno.

Sembra la cartina di tornasole, ampiamente edulcorata, di una dichiarazione di voto, proposta in diretta ai rappresentanti di un popolo in presenza di un grave problema allora già in corso:

Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi la più terribile delle ordalìe. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e sofferenza.Voi chiedete, qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una sola parola: vittoria. La vittoria a tutti i costi - vittoria nonostante tutto il terrore - per quanto lunga e difficile la strada può essere la vittoria, perché senza la vittoria non c'è sopravvivenza".
Minima parte di un discorso, a modo suo, fantastico. 
È passato alla Storia, offerto da Churchill al popolo inglese il 13 maggio 1940, con l'Europa caduta da poco in una voragine di bestialità ancora inimmaginabile nel suo tremendo percorso, finito con la stessa a pezzi, solo macerie e morte, con il sangue, la fatica, le lacrime e il sudore promessi e, purtroppo, abbondantemente dispensati.
Era una specie di mozione a tutto il Regno Unito, rappresentato dalla Camera dei Comuni.
La votazione ebbe come esito l'unanimità.

Una brevissima ricerca mi ha consentito di scoprire che in passato altri personaggi storici hanno buttato sul tavolo la stessa offerta, con le stesse parole, o di esse poco dissimili, mantenendo appieno la sostanza del messaggio.
Stando su quelli più recenti, pare che la primogenitura spetti a Garibaldi, declamata a Roma il 2 luglio 1849, nel corso di un raduno dei suoi sostenitori.
Successivamente, quasi con gli stessi termini, si sa di Roosevelt che, in occasione del suo insediamento a vice ministro della Marina americana, li offrì come anteprima del suo programma, il 2 giugno 1897.

A parte l'unanimità raccolta da Churchill, ormai impensabile e inattuabile, non mi risulta che quanto promesso dai Garibaldi o dai Roosevelt abbia provocato reazioni avverse, quanto meno vistose e degne di essere ricordate.
I tempi sono cambiati, non sono io a scoprirlo, e sono cambiati i sistemi di imbonimento degli elettori.
Oggi ai votanti si promettono ricchi premi e cotillons, si promette la fine delle sofferenze che "altri", sempre "altri", hanno inflitto al popolo. In pratica viene promessa la fine del "sangue fatica lacrime sudore", che ha messo in ginocchio le ultime generazioni, quelle del dopoguerra.
Se questi sostantivi fossero inseriti in un discorso elettorale attuale (attenzione, non necessariamente come promessa/minaccia) sarebbero il fallimento immediato di chi li proponesse. 
Presentarli, ben lungi dal ricevere unanimità di consenso, raccoglierebbero insulti,  pomodori, uova, sputi... Se non colpi d'arma da fuoco...
Eppure, nel dopoguerra immediato, a queste quattro voci se n'era aggiunta un'altra, non citata ma molto diffusa: la "fame". Quella a cui ci si era 'quasi' abituati (Francesco d'Assisi l'avrebbe definita sora Fame...) durante tutto il conflitto. La fame vera, quella che attanaglia lo stomaco, quella che porterebbe a mangiare i sassi pur di placarla, quella che faceva morire d'inedia, quella che per un tozzo di qualunque cosa poteva spingere all'omicidio...
Chi è sopravvissuto non dimentica, anche se oggi non sarebbe personalmente più in grado di sopportare quelle stesse sofferenze fisiche di allora.
Sono cambiati i tempi.
Quei sopravvissuti si sono svenati affinché le generazioni successive mai più avessero da provare quello che avevano provato loro.
E ci sono riusciti. 
Alla grande, direi.
I chilometri a piedi fuori porta, di notte, sfuggendo a pattuglie armate di controllo, alla ricerca di un paio d'uova, di un litro di latte, di un pane nero, di una testa di cavolo... non succederà mai più.
I chilometri a piedi dei ragazzini per raggiungere la scuola, da soli (vivaddio!) senza timori di incontri infami, e il fare la punta alle matite fino al consumo totale delle mine, e l'uso della stessa gomma per tutto l'anno scolastico. E il rimprovero dei maestri (o anche lo schiaffone) che trovavano immediato riscontro al rientro in casa con il raddoppio del "premio" appena ricevuto...
Mai più, si diceva... 
E mai più sarà!
A meno che avvenga una costrizione, un obbligato ritorno al passato; una costrizione non più, e da nessuno, promessa. Che sarebbe più dolorosa in quanto assolutamente ignorata, assolutamente disattesa, assolutamente rifiutata.
Possiamo continuare a baloccarci coi ricchi premi e cotillons, promessi a camionate. Questi otterranno una unanimità, però suddivisa in tanti piccoli rivoli, gemelli separati che, per quanto si presentino come tali, non saranno mai un grande fiume.




sabato 24 febbraio 2018

Preghiamo

Di Maio che bacia la teca di san Gennaro...
Salvini che giura sul Rosario e sul Vangelo (per sicurezza su tutti e quattro)...
Meloni che giura sui fasci che il fascismo è morto, sepolto e resuscitato (Lazzaro docet)...
Renzi che strizza l'occhio come gesto d'intesa a san Giovanni Battista, ignorando il fatto che questi finì decollato per fare un favore a Salomè... Con D'Alema che fa il balletto ammaliatore...
Berlusconi che promette (alla CettoLaQualunque) potta per tutti...

Francesco I° ha convocato un Concistoro riservato esclusivamente alle Madonne e ai Santi con curricula di miracoli accertati.
Ha escluso dall'incontro il Papa emerito (pare che sia privo di passaporto, quindi è considerato immigrato clandestino in attesa di rimpatrio), i cardinali, i vescovi, i presbiteri, i fedeli e gli infedeli, neri bianchi gialli arcobaleno. Extra omnes, fuori tutti.
Dice lui di avere ricevuto un wattsapp da Lui, in cui lo avvertiva che i danni che aveva concesso di fare, tramite il libero arbitrio, li hanno esauriti tutti. E pare anche che abbia concluso con un "Non ce la faccio più!", tradotto in tutti i dialetti dello scarpone scalcagnato, che ci ostiniamo impropriamente a definire stivale.
Dall'incontro è sortito solo un invito accorato: pregate, ma senza garanzia di riuscita del miracolo.
Visto che anche la frutta è finita, fratelli e sorelle preghiamo.
Solo la preghiera ci potrà (forse) salvare.
Gradita anche quella dei miscredenti e biscredenti (quelli che fanno il doppio gioco di vivere alla grande tutta la vita per convertirsi solo in punto di morte), che per l'occasione godranno di un'indulgenza straordinaria provvisoria, revocabile a miracolo avvenuto, S&O come previsto in tutti gli accordi che si rispettino.
Amen.

Buran sull'Italia

Lo chiamano "il" Buran, genericamente definito "vento gelido proveniente dalla Siberia".
Sarà uno degli eventi più vistosi del 2018, secondo solo alle prossime elezioni marzoline, ma queste solo per quanto riguarda l'Italia.
Previste gelate, appunto siberiane, con il segno meno sui gradi delle temperature.
Questo gelo, così inatteso e così preconizzato, inizierà da oggi a rinfrescare la Penisola.
E, a proposito di rinfrescare, ci sono buone possibilità che Buran riesca a raffreddare i bollori che da qualche giorno stanno attraversando l'Italia, da nord a sud passando dal centro.
Sotto tiro oggi c'è proprio il centro.
Cortei di tutti i colori (o di tutte le risme?) si preparano a bloccare, per la miliardesima volta, la capitale.
Con una predisposizione di mezzi e allarmi degna di un paese in piena guerra civile.
C'è, dicevo, la concreta (e sperata) possibilità che il Buran riesca a ottenere quello che le forze politiche e il buon senso ormai hanno rinunciato a cercare: manifestazioni pacifiche, senza insulti e botte, distribuiti a piene mani da gente che non ha nessuna intenzione di restare nei limiti di un dialogo civile.
Purtroppo c'è anche la concreta possibilità che il Buran diventi occasione quasi obbligata al muoversi, all'agitarsi, al menare le mani e altro, al solo dichiarato scopo di scaldarsi un pochino.

In un'Italia politica di cui non si capisce più quale sia la destra e quale la sinistra, dove il cosiddetto centro è ridotto a piccoli manipoli in attesa di sistemazione provvisoria per almeno un lustro di serena vita agiata e senza problemi, di qua o di là chissenefrega...
Succede che tra le nuove proposte (che nuove ormai più non sono) stia prendendo piede una specie di movimento che per raccogliere adepti si ammanta del titolo di "antifascista".
Quando si sa che siamo tutti antifascisti.
Sarebbe come dire che se questo movimento si presentasse in maniera civile, con programmi seri fattibili e moralmente accettabili, raccoglierebbe perlomeno il 50%+1 per governare.
Per almeno i canonici vent'anni.
Per un buon ventennio siamo stati fascisti, per quasi un altro siamo stati democristiani con sfumature socialiste, per altri quattro lustri siamo tornati ad essere di destra, poi di una sinistra non ben definita. Essere antifascisti è il minimo che la Storia ci chieda.
E così l'antifascismo sta prendendo piede.
Per affermarsi mette in atto i beceri sistemi fascisti, di infausta memoria.
Con la speranza che i moderati, la gente di buon senso (o con quel poco che ne resta) aderisca, e si uniscano a loro per cancellare dalla faccia della terra, una volta per tutte, il fascismo.
Combattere il fascismo con un antifascismo che usa metodi fascisti.
Come tentare di piantare un chiodo nel muro, battendo sul chiodo stesso con un altro chiodo simile.
È ormai chiaro che non di antifascismo si tratta ma di semplice ricerca del casino a tutti i costi, che non ha alcuna connotazione politica.
I fascisti, quelli veri, sporadica minoranza, a parte lo strapparsi le vesti e gridare all'assassinio della democrazia, per cui a suon di botte vengono rifiutati, i fascisti, dicevo, ringraziano.
Una buona fetta della eventuale crescita nelle urne sarà da accreditare a un antifascismo (di facciata) che consentirà loro, finalmente, di presentarsi da vittime anziché da violenti provocatori, come in un precedente passato.

giovedì 22 febbraio 2018

Ancora sui miracoli

Non amo condividere, non amo condividere testi di altre persone, mi darebbe l'impressione di plagiare i loro pensieri, i loro sentimenti, la loro personale visione dei fatti... Faccio un'eccezione in questo caso specifico, poiché il testo tocca una corda ancora vibrante e altrimenti poco sviscerata. L'ho trovata sul Corriere della Sera di oggi e poi su Faceboock e l'ho 'rubata'. È una lettera aperta, è dura, molto poco pietosa nonostante l'argomento trattato, diretta a Nadia Toffa, a commento della sua apparizione in un programma televisivo. Che, a mio parere, falsava molto la realtà, presentando la cura dei tumori come una passeggiata quasi indolore. Chi ci si trova impegolato, sia come Persona malata che come Persona che segue un malato, troverà molta verità e un amaro sollievo alle proprie sensazioni. Del fatto avevo parlato come fosse un miracolo, e quasi preferirei che lo fosse, poiché sarebbe la conferma di un fatto talmente eccezionale da sfuggire a ogni umana attuale valutazione. Questo il testo, pari-pari, con un copia-incolla anche questo fuori dalle mie abitudini.

Catia Brozzi
Sono una tua ammiratrice, felice x la tua ripresa, ma ... a volte, esageriamo tutti un po con le parole, magari presi dall'entusiasmo.
Beata te cara NadiaToffa che in due mesi hai scoperto di avere un tumore, hai fatto l'intervento, chemio e radio , sei già al lavoro e ti dichiari guarita (????)
Sai , qui , nel mondo di noi comuni mortali , ci sono persone che in due mesi non riescono neanche ad avere una diagnosi , dati i tempi biblici delle prenotazioni ospedaliere, magari muoiono ancor prima di sapere di che male soffrissero .
Qui ci sono persone che dopo addirittura decine di anni , quando ormai tutte le statistiche di questo (sporco) mondo li davano finalmente per GUARITI hanno ricominciato tutto daccapo .
Qui ci sono Persone che dopo 11 anni si sono visti somministrare lo stesso protocollo ufficiale già applicato 11 anni prima , per poi scoprire dopo un anno di cura che il ' protocollo ufficiale' era sbagliato allora come oggi ..... beh , si sa, la medicina fa passi da giganti , bisogna solo capire in quale direzione . Qui , nel
Nostro mondo ci sono medici indottrinati afflitti da sindrome di onnipotenza a rispettare un maledetto PROTOCOLLO senza tenere conto del fatto che ogni persona ha con se' una storia diversa , un organismo diverso e che può reagire in mille modi alle terapie ufficiali .... fino a lasciarci la pelle, perché qui , nel nostro mondo , i medici ci avvisano del fatto che il Protocollo Ufficiale , può funzionare .... ma può anche ucciderci .
Qui , curarsi , é un terno al lotto .
Abbiamo imparato che se nei reparti di oncologia ti servono il latte a colazione , un panino con la mozzarella a pranzo e un bel dolcetto a cena tu devi dire : grazie, rifiuto e vado avanti ,perché quello che non avete studiato voi , se permettete ,avendo un po' di tempo libero ( di notte) lo faccio io .
Qui abbiamo imparato che quando il Protocollo non funziona , non è mai colpa della chemio , è colpa del tuo organismo che non ha risposto bene ! E allora il
Medico che fa ? chiude il cassetto rispedendoti a casa e dicendo ai tuoi parenti : tenetela tra gli affetti più cari (e chi se le dimentica queste parole .)
Qui, nessuno osa andare oltre il protocollo . Quei pochi che lo fanno , si guardano bene dal farsi pubblicità . Sai , cara Nadia , qui.... se un medico osa contraddire il Maledetto Protocollo , rischia la radiazione . Perché noi qui non siamo PERSONE , siamo solo numeri , statistiche ( che poi chissa' chi le fa queste statistiche ).....sopravvivenza a 5 anni ... a 10 anni .... hai sentito bene ... qui statistiche a 2 mesi , purtroppo non esistono.
Però qui , esistono realmente persone fighe , e sai chi sono secondo me ? Sono le persone che assistono un malato oncologico .
Sono quelli che devono mantenere il sorriso, ogni giorno mentre corrono da un ospedale all altro in cerca di risposte.
Sono quelli che piangono di nascosto .
Sono quelli che decidono di interpretare le parole del medico dando valenza al '50% positivo ' perché rifiutano di sentire quel '50% negativo ' .
Sono quelli che decidono anche di mentire guardando negli occhi la persona amata ,ripetendo che andrà tutto bene mentre il loro cuore batte così forte che rischiano di trovarselo fuori dal petto .
Le persone fighe , sono quelle che provano un senso di impotenza devastante, ma si comportano da supereroi.
Le persone fighe , sono quelle che tengono per mano , per una notte intera la persona amata ,sapendo bene che quella potrebbe essere l'ultima notte .
Le persone fighe , sono quelle che hanno deciso di accompagnare gli ultimi istanti di quella persona , cantando una ninna nanna .... magari proprio quella che lei cantava a te da bambina ....Le persone fighe , sono anche quelle che l ultima notte restano in disparte , perché sanno bene che il
Loro cuore non reggerebbe alla vista dell ultimo respiro .
Le persone fighe sono quelle che restano lì per prendersi L ultimo respiro , nonostante sappiano che quell ultimo respiro non permetterà più loro, in seguito , di respirare con naturalezza .
I malati no , cara Nadia , loro non sono fighi e non credo neanche si sentano fighi .
Sono solo PERSONE che vorrebbero essere trattate dai medici come tali e non come semplici casi da inserire nelle loro maledettissime statistiche , sono persone che non vorrebbero perdere la loro dignità , cosa alla quale sono invece condannate dal progredire della malattia .
Beata te cara Nadia .... che vivi su un altro pianeta , un pianeta dove avere il cancro fa sentire fighi .
Cit.M.C.

domenica 18 febbraio 2018

Rappresaglia

Nel corso dei conflitti che hanno massacrato l'umanità, in particolare negli ultimi che ci hanno visti coinvolti direttamente e a tutto campo, una delle cose più aberranti era la norma codificata che prevedeva operazioni comunemente note come "rappresaglia".
Consistevano nel "diritto" del più forte di rivalersi su soggetti deboli e indifesi, meglio se non militari, nel caso di attentati, o anche tentativi di attentato, in cui non fosse stato possibile individuare il colpevole o i colpevoli.
Non sto qui a citare i luoghi e le persone che in nome di questa norma sono stati distrutti e assassinati. Restando solo in Italia, decine sono i paesi distrutti e migliaia le vittime.
Innocenti, che hanno pagato col sangue un coinvolgimento non voluto e subito senza poter reagire.
Diritto di rappresaglia apertamente sancito dai codici sia militari che civili.

Fatte le dovute doverose proporzioni, vado a sproloquiare.
Giorni fa, di sfuggita in un telegiornale e letta poi (solo) su un quotidiano web, avevo captato la notizia che i distributori di energia sarebbero stati autorizzati a scaricare i vuoti dei pagamenti delle bollette (comunemente noti come "morosi") distribuendo equamente lo scoperto su quelli che pagano regolarmente, magari a costo di sacrifici.
Sui quotidiani nazionali neanche un pistolotto di comunicazione.
Il che mi fa pensare che si sia trattato di una bufala, una fake news, una falsa notizia.
Ma, poiché mi è apparsa talmente incredibile da poter essere vera (e ignorata per non oscure ragioni di Stato, visto che siamo sotto elezioni), la tratterò appunto da notizia vera.
Al limite se, come spero, di falsa notizia si tratta queste righe saranno solo un esercizio di scrittura, senza danno e senza clamori di ritorno.
Ho aperto con la voce "rappresaglia", poiché l'operazione citata non potrebbe essere definita altrimenti.
Qui, come nelle cosiddette azioni di guerra, se i colpevoli (qui i morosi) non si presentano, il più forte ha diritto di rivalersi sugli "imbecilli" in regola con i versamenti delle bollette.
E, a detta del quotidiano web visitato, pare ci sia già il parere preventivo della Consulta, questo misterioso e semisconosciuto organo giudiziario che di solito viene chiamato in causa come ultima ratio una volta espletati gli altri tentativi di giudizio o conciliazione.
Come dire, sempre che la notizia sia vera, che ulteriori reclami o ricorsi avrebbero le gambe tagliate in partenza.
Rappresaglia perché?
Pare che nei citati codici di guerra sia previsto addirittura un rapporto punitivo per il caso di non possibilità di colpire direttamente chi attenta o, preventivamente, chi si pensa potrebbe attentare la vita o la sicurezza di chi occupa territori. La Storia insegna che non furono esclusivamente i nazisti a fare proprio questo diritto. Addirittura il processo di Norimberga ha ben chiarito i rapporti tra occupanti e occupati. E anche qui la rappresaglia era ammessa, pur se con paletti, e che gli interessati a metterla in atto hanno sempre bellamente ignorato. Impunemente.
Il rapporto di vendetta era accettato come 10 a 1. Per ogni vittima di un attentato era prevista la soppressione di dieci innocenti. In alcuni casi, pare non per opera di nazisti, quel rapporto è stato di 300 a 1. Senza tirare in ballo Hiroshima e Nagasaki, dove non ci fu rapporto alcuno...
Nel caso di cui sto parlando, non conosco le cifre dei morosi né quelle dei virtuosi.
Le sparo a caso, a mo' di esempio (che, in occasione delle prossime elezioni, le cifre sparate a caso nel corso della campagna, senza logico fondamento, ormai non si possono contare).
Facciamo che ci siano 3 milioni che non pagano le bollette.
Non le paga chi non riesce a pagarle (i tre milioni li prendo da quelli che vengono ufficialmente citati come 'poveri totali', a uso e consumo politico di chi dichiara di volerli "arricchire"); e non le paga che non le vuole pagare poiché più "furbo" di chi, invece, le paga regolarmente e si fa scrupolo acché siano pagate.
Logica vorrebbe che chi non le paga perché non può sia aiutato a farlo, con interventi mirati a un recupero, magari ridotto, del dovuto.
Logica vorrebbe che chi fa il "furbo" sia perseguito fino al recupero totale, con sanzioni, di quanto nel tempo colpevolmente non versato.
I virtuosi facciamo che siano una trentina di milioni.
Il rapporto, guarda caso, è di 1 a 10.
Lo stesso accettato per le rappresaglie canoniche.
In soldoni all'appello pare manchi circa un miliardo. Nella notizia pare che sarà addebitata, a chi già paga, una prima trance di 200 milioni. Probabilmente seguiranno altre trance fino al rientro totale del credito.
Sarebbero, stando ai numeri esposti a casaccio, circa 7 € all'anno che, divisi su sei bollette bimestrali, darebbe la cifra insignificante di poco più di un euro a bolletta.
Una fesseria, verrebbe da dire.
Il punto non è questo: il punto è che mi urta, e non poco, il fatto che venga resa nota un'azione che, a mio parere, ha lo stesso sapore delle rappresaglie di cui sopra.
Appunto, per ogni colpevole pagherebbero dieci innocenti.
Ossia di un'operazione che ritengo immorale e, oserei dire, apertamente vigliacca.

Sono un ingenuo (stato, questo, di cui non meno vanto ma di cui neanche mi pento) ma non sprovveduto.
So benissimo che "rappresaglie" di questo tipo vengono messe in atto a ogni pie' sospinto.
Penso alle assicurazioni auto, dove chi da una vita non provoca sinistri paga in polizza qualcosa per chi ne provoca uno alla settimana, e sui sinistri ci campa.
Le tasse e le imposte seguono la stessa linea, tant'è che l'unica possibilità di abbassarle dipende dal fatto (utopico) che le paghino tutti gli utenti. "Pagare tutti per pagare meno" è uno dei motti più gettonati in questa campagna elettorale.
Tra l'altro la vicenda di cui qui tratto mi fa pensare che quell'euro a bolletta poteva essere tacitamente affibbiato nelle bollette, senza che fosse possibile individuare il fine.
Sfido chiunque, non addetto ai lavori, a capire qualcosa negli infiniti 0,000000fischia sciorinati nelle bollette stesse.

Occhio non vede, cuore non duole, o perlomeno duole un po' di meno, fino a scoperta della verità.
Continuo a sperare che sia una fake news... che, se non altro, ha il pregio di avermi distratto dal mal di denti della sconfitta del Toro.





martedì 13 febbraio 2018

Il profumo dei miracoli

Tra gli svariati problemi che mi assillano, che vanno a periodi alternati, ne ho uno ricorrente, leggermente fastidioso ma ormai appuntamento fisso di tutte le notti.
Vado a dormire, mai troppo tardi poiché il dormire è, da sempre, un piacevole compagno del mio esistere. Credo si tratti di un bagaglio genetico famigliare, visto che anche mia sorella ne era affetta. Adesso che dorme per sempre, anche nella morte avrà trovato il lato positivo.
Dicevo, vado a dormire e non dormo mai a vuoto.
Sogno sempre.
A più riprese e con sogni sempre diversi nel corso della notte.
I passaggi da un sogno all'altro hanno cadenze ormai preordinate.
Inizio chiudendo gli occhi appoggiato sul lato sinistro, dormo e sogno, poi per esigenze soggettive mi metto supino per poi cambiare fianco, andando sul destro.
E così via, fino al mattino.
Il dormire prono, che era un tempo la mia posizione preferita, mi è precluso a causa di un problemino sopraggiunto tre anni fa, e ormai irreversibile.
Ma non è questo il problema.
Per voltarmi, dopo il primo sonno e il primo sogno, sosto supino per qualche attimo, a occhi accuratamente chiusi, poiché si tratta di un passaggio delicato che dovrebbe essere momentaneo (sul tipo di una pubblicità nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo di un film). Quando lo è, momentaneo, non ci sono problemi: mi giro per vedere il secondo tempo del film...
Che non è mai il secondo tempo del film visto qualche attimo prima; è sempre un secondo tempo (o forse il primo) di film precedenti, visti magari anni prima.
Il succedersi di queste sequenze così discontinue (un caleidoscopio, con immagini sempre diverse) fa sì che al mattino non riesca a ricordare nulla di omogeneo, magari per analizzare eventuali messaggi subliminali che un singolo sogno mi manderebbe.
È durante quell'intervallo che la notte rischia di spaccarsi in due tronconi netti.
Se riesco a pensare a nulla, magari fissando per qualche attimo con gli occhi chiusi il buio del soffitto, per poi rotolarmi sull'altro lato, è fatta, la nottata è salva.
Altrimenti succede come stanotte passata: i pensieri frullano svegliandomi quasi del tutto, poi continuano a frullare in maniera vorticosa fino alla sveglia totale.
Si tratta di una specie di piano di lavoro ripetitivo, fino ad essere quasi ossessivo nel replicarsi delle sue modalità. Penso all'ieri (che può andare indietro di decenni), all'oggi e al domani. In pratica mi faccio un film da sveglio, dal vivo.
Stanotte sono partito da questa domenica: ho ripassato il monologo di Favino di sabato sera al Festival, poi alla vittoria del Toro (ormai talmente rara da meritare di essere ricordata anche nel pieno di un sogno serio); sono poi passato a lunedì, ieri appunto:
Alla grande, il monologo di Nadia Toffa ha riempito la giornata.

Vado un po' più indietro.
Da un bel po' di tempo in televisione spopolano le trasmissioni che portano commozione, meglio se concluse con qualche lacrima.
Non le guardo, visto che il commuovermi è un altro bagaglio che fa il paio con il dormire.
Tanto piacevole questo quanto seccante il primo.
So che c'è santa Maria delle Poste al sabato sera; mai guardata.
So che c'è una santa Barbara la domenica pomeriggio; mai guardata.
So che c'è un Sanremo, con lustrini e cotillon e soldi (anche miei) a palate; credo che l'ultimo visto sia quello della Zingara della Zanicchi (in un lampo di genio avevo scommesso cinque pizze sulla sua vittoria, e avevo vinto; purtroppo le avevo scommesse con Angela, per cui, caso unico nella storia, le ho vinte e le ho pagate).
Non guardo i programmi, ma leggo i giornali e se un evento di questi viene enfatizzato me lo vado a cercare sul web e me lo guardo. Mi salvo dalla commozione in diretta, e quella postuma vale quanto un raffreddore nei confronti di un'influenza.
Da un po' di mesi pare che i malori di presentatori televisivi siano divenuti epidemia.
I Frizzi, i Giletti, ultima (se non sbaglio) la Toffa, tutti "caduti" nell'adempimento del proprio dovere.
Non commuoversi denoterebbe una freddezza di sentimenti che rasenterebbe il cinismo.

Cambio discorso per un attimo.
Chi scrive, e chi legge, sa che i miracoli (o cosiddetti tali) sono eventi la cui valutazione sfugge all'umana conoscenza. Talvolta si parla di miracoli che in realtà sono semplici coincidenze casuali, ricorrenti in ogni nostro gesto quotidiano. C'è il tizio che disdetta all'ultimo momento il posto in un volo aereo, questo precipita, e come ridere che si parla di miracolo. Anche se freno in tempo prima di impattare la vettura che mi precede, volendo potrebbe essere un miracolo (che se avessi tenuto la distanza di sicurezza, non sarebbe stato miracolo ma semplice prudenza stradale).
Succede, perlomeno nella Chiesa cattolica romana, che ci siano decine di venerabili e beati in attesa (e alla ricerca?) di almeno un miracolo opportunamente sviscerato e conclamato che consenta il passaggio alla santità definitiva.
Miracolo che, o prima o poi, spunta, di solito quando si ritiene opportuno che spunti.
Quando viene accuratamente esaminato da apposite commissioni mediche e teologiche e religiose, viene dato in dotazione al beato predestinato, già in odore (si dice proprio così) di santità. Mai a un santo già affermato, ché non avrebbe senso affibbiare il miracolo a un san Gennaro di Napoli, a un san Nicola di Bari (no, non il cantante, l'altro), a una santa Rosalia di Palermo, a un san Carlo di Milano, o a un altro dello stesso livello che ogni paese ha per protettore. Non sarebbero utili alla Causa...
I miracoli hanno connotazioni diverse: ci sono le Madonne, che dove hanno posato il piede là hanno creato miracoli economici a livello stratosferico, in località prima abbandonate da Dio e dagli uomini  (vedi Portogallo, vedi Francia, vedi, recente, Polonia...).
E ci sono miracoli più terra-terra: ciechi che vedono, storpi che corrono, ubiqui presenti sul posto di lavoro e al mercato; Inps e Guardia di Finanza ne hanno fascicoli a quintali; e solo alcuni vengono divulgati, più per mostrare il lavoro svolto che per convinzione che siano tali.

Torno alla sveglia notturna.
Tralascio il miracolo del Toro, poiché non di interesse universale.
Il monologo di Favino: una prestazione sentita, commovente il giusto, tanto da provocare in lui un non represso attacco di lacrimite. Ci saranno poi polemiche di colore diverso, ma la sua performance come attore rimane a futura memoria.
Ieri, in seguito alla citazione su tutti i quotidiani a livello nazionale, mi sono guardato anche il video della Toffa. Anche questo commovente il giusto e, al contrario del monologo di Favino che era quello di un bravo attore, questo è un monologo che descrive un evento accaduto sulla propria pelle.
Trattandosi di cancro, ci sono due generi che ne possono trattare con una certa competenza: gli oncologi (per esperienze, per capacità medica e tecnica, talvolta per intuito azzeccato sugli interventi di cura), e i soggetti che ne vengono colpiti in prima persona (questi solo per esperienza vissuta e per qualche spiraglio informativo raccolto qua e là).
Per questo accidente il punto interrogativo è per sempre.

Canaglia fu la notte, questa notte.
Che mi ha portato ad alcune considerazioni che non vogliono sminuire l'eroica esposizione della conduttrice, della quale non metto assolutamente in dubbio la buona fede, ma mi hanno proposto alcune perplessità che vado a esporre.
Con la quasi consapevolezza che in queste ci sia qualcosa (o forse di più) sbagliato.
Ripercorro brevemente la vicenda.
Il 2 dicembre scorso la Toffa ha avuto un "malore"; prontamente soccorsa (e qui non faccio più polemiche sulla prontezza di alcuni soccorsi contro l'usuale lentezza di altri) e ricoverata. Il 7 dello stesso mese veniva divulgato il messaggio urbi et orbi che "stava meglio", corredato da una foto di vittoria con una mano e l'altra bene in vista, con lacca nera alle unghie.
Pare che queste unghie laccate siano vietate nei ricoveri ospedalieri generici; probabilmente ancora di più in chirurgia, più ancora se in chirurgia oncologica, dove l'esposizione al rischio infezioni è altissima.
Le notizie successive sulla sua ripresa sono totalmente nebulose, fino alla sua ricomparsa in video.
Dal 7 dicembre in poi, secondo quanto pubblicamente dichiarato, le persone a conoscenza della sua vera situazione "si potrebbero contare sulle dita di una mano": non ho la più pallida idea di quante persone formino lo staff che l'ha avuta in cura e l'ha seguita, non ho la più pallida idea di quanti, soprattutto parenti stretti e/o amici intimi, sapessero.
Non è questo che mi lascia perplesso.

Mi lascia leggermente basito il percorso tecnico della vicenda: dal 7 dicembre in poi le sarebbe stato diagnosticato un tumore, non si sa dove posizionato e di che portata; tumore che avrebbe richiesto un immediato intervento di chirurgia oncologica; seguita da chemioterapia e radioterapia adjuvanti, per le quali è previsto un protocollo d'intervento di almeno una ventina di giorni la prima e una completa cicatrizzazione della ferita per la seconda (soprattutto la radioterapia è ad altissimo rischio di infezione pesante), di solito ipotizzabili in circa un mese, salvo complicanze; in questo frattempo deve essere intervenuto un esperto di parrucche, ma uno bravissimo, che avrebbe preparato una parrucca perfetta basandosi probabilmente solo su fotografie fornitegli da una di quelle circa cinque persone che sapevano.
Ricapitolando: ricovero, esami, intervento chirurgico, intervento di medicina oncologica, parrucca...
Un intervento che, per poco invasivo che sia; cure adiuvanti che, per leggere che siano, per di più in abbinata, lasciano segni nel fisico che non si cancellano in un tempo limitato.
E il tutto in meno di due mesi.
Cure e interventi che abbatterebbero un cavallo, e non per modo di dire, ma l'11 febbraio la conduttrice si presenta in video fresca come una rosa, se possibile più bella di prima; non fosse stato per l'emozione, peraltro poco tradita visto l'argomento trattato, direi molto rilassata per essere appena uscita (completamente guarita) da un'esperienza che per altri (me compreso, mi consenta...) lascia tracce indelebili, sia sul fisico che sul morale.

Dando per scontato, e mi pare di averlo fatto capire, che non credo ai miracoli, a causa di una nottata infame, il sogno da sveglio è che questo miracolo, nel suo svolgimento, non rimanga singolo episodio ma diventi consuetudine e cosa normale per tanti altri, meglio se per tutti.
Così rappresentato mi pare illusorio, appunto per un percorso così fuori dalla realtà, per tutti quelli, e sono tantissimi, che hanno vissuto e vivono questa tragica esperienza.
Mi spiacerebbe, anzi mi seccherebbe assai, se un domani venisse fuori che si è trattato di un monologo alla Favino per acquistare audiens, sulla scia di quella avuta dall'attore.
Fermo restando che l'appello al coraggio e alla combattività mantengono il loro pieno valore e le positività che gli sono proprie.

Se poi qualcuno sapesse cancellare qualche punto interrogativo tra quelli esposti, avrebbe la mia perenne gratitudine.

mercoledì 7 febbraio 2018

Dai, parliamone...

... a ruota libera, pensieri senza senso, tanto per passare il tempo in una giornata piovosa, ventosa e pure antipatica. Se al maltempo, che inviterebbe alla riflessione, aggiungiamo la gatta di casa in calore da giorni, che vaga miagolando furiosamente, tentando di uscire in giardino, con tre baldi miciotti che la aspettano fuori per festeggiarla... mi pare ci siano buoni motivi perché alcuni pensieri che vado ad esprimere possano 'sembrare' velenosi quando, invece, lo sono.

Tempo di elezioni.
Non lo scopro io, se ne parla, vagamente, con piccoli accenni, con delicati pistolotti sulla carta stampata e urla a pieni video, da tutti i generi di video, e da altrettanto diffusi sistemi di comunicazione.
Tempo di elezioni, tempo di verità assolute, tempo di bugie assodate.
Inutile qui elencarle, sia le verità che le bugie, dalla carta e dai video sono continuamente aggiornate, incrementate come premesse da chi promette (le verità) e ingigantite (le bugie), queste ultime chiaro esclusivo patrimonio della concorrenza.
Stavolta sono di moda le fake news, che in italiano sarebbero le false notizie. Create ad arte per danneggiare l'avversario diretto (o gli avversari).
Come quasi tutti i termini in lingua inglese ormai d'uso comune, esprimono concetti che vengono propinati in originale, non tanto come a vergognarsi di citarle in italiano, quanto contando sulla loro incomprensibilità da parte dei più e sulla possibile diversificazione delle traduzioni.
Per spiegarli poi, a proprio uso e consumo, a chi non li capisce o non li conosce o finge di non conoscerli, sperando che una traduzione fatta da 'chi sa' abbia un sapore più gradevole. Quelli più noti sono immancabilmente pilloli amari.
Al disprezzo come lingua consegue il disprezzo dell'italiano come persona, come individuo singolo o facente parte di un gruppo ben definito.
Genericamente conosciuto, nel momento attuale, come elettore o potenziale tale.
Evidentemente dire false notizie (quello che poi in realtà sono) sminuirebbe la loro internazionalizzazione, limitandone la diffusione al solo territorio d'influenza diretta.
Tant'è, si aggiungono a una lunga serie di definizioni, economiche e altro, che espresse in italiano darebbero un po' più di luce su quello che intenderebbero veramente comunicare.
E non credo sia solo questione di lingua... Astuzie semantiche pro domo propria.
Tempo di elezioni,
Tempo di Carnevale.
A questo periodo si riferiscono, e si sopportano, infinite deviazioni dalla vita 'normale' del resto dell'anno.
Intanto va in onda un'allegria (in questi tempi abbastanza immotivata) che sovente trascende in baldoria, talvolta con la variante della rissa.
Poi c'è il detto "ogni scherzo vale", che si accetta obtorto collo, finché non esce dai limiti di una umana sopportazione.
E ci sono pure le chiacchiere, in qualche zona dette bugie.
La differenza tra i due termini (entrambi di pasticceria passeggera, limitata a questo periodo) nell'uso comune sta nel fatto che le prime sono 'venticelli' che si spargono, magari ad arte, per divulgare il proprio pensiero e convincere vaste platee della bontà di questo. Possono aumentare di volume simil valanga, come nocciole che alla fine si ritrovano meloni. Talvolta sono innocue.
Le bugie, invece, quelle note soprattutto per avere le gambe corte, sono, in fondo, chiacchiere, create in forma già distorta nel momento in cui vengono partorite.
Per dire, questo post è una 'chiacchiera in libertà', che qui nasce e qui muore, senza creare danni o illusioni.
Le bugie prima o poi vengono smentite dai fatti, poiché, sempre per via delle gambe corte, non riescono a fuggire in tempo per non essere, appunto, poi sbugiardate.
Tra le tante (sicuramente troppe e anche di più) che vengono propinate alle platee (di probabili possibili elettori) ce n'è una che li accomuna tutti, fratelli coltelli che ritrovano una parentela cancellata su tutti gli altri temi, in nome di una possibile supremazia.
Anziché raccontarla, questa chiacchiera/bugia, ho preferito rubare una vignetta (di Giannelli, su Corriere della Sera del 4 febbraio 2018) che, con poche univoche parole, illustra una situazione che nessuno può negare o rinnegare.
Emblematico.

La conclusione della vignetta è l'ovvia conseguenza delle certezze, assolute e assodate, sull'operato dei nostri politici, presenti passati futuri.
Basta pensare a quando si parla troppo di tasse da tagliare; ci si rende successivamente conto dell'impossibilità tecnica per un taglio serio e si cambia il termine in corso d'opera, modificando il titolo in imposte (tasse giù, imposte su, Pantalone paga, quando va bene almeno quanto prima, e obiettivo centrato).
In vista delle elezioni non ci sono maggioranze assolute possibili o probabili, anzi le previsioni sono per un spezzatino che sarà difficile amalgamare nello stesso piatto.
Ciò nonostante, tutti e ciascuno dei contendenti continuano a escludere alleanze con chicchessia.
Sottinteso, fino alla notte del 4 di marzo.
Dopo, chi vivrà vedrà...

Se fatto pre elezioni si chiamerebbe accordo, se fatto post elezioni diventa inciucio.
Un accordo sarebbe troppo rischioso per chi che lo proponesse. In un accordo sarebbe possibile trovare dei punti di convergenza che alla base elettorale potrebbero non andare a genio; con la conseguenza di una possibile fuga verso altri lidi. Magari fuga non declamata ai quattro venti, ma messa in atto proditoriamente nel segreto della cabina elettorale.
Si sa, l'elettore è qual piuma al vento, come ridere che muta d'accento e di pensier già solo per uno sguardo ritenuto malevolo. Figuriamoci in presenza di accordi con i "vermi" concorrenti.
Con l'inciucio, invece, si troveranno altri punti convergenti (o magari gli stessi di prima più altri ancora, in base alle richieste di chi diventa indispensabile), che darebbero il quorum di eletti  necessario per governare.
Un accordo può essere respinto a priori, un inciucio deve essere accettato, magari motivandolo col supremo interesse della nazione e dei cittadini stessi, argomento che tocca sempre i cuori e convince i refrattari a questo genere di connubio.
Il già citato obtorto collo degli scherzi di carnevale...
Tanto le elezioni sono passate, e bisogna giocare, volenti o nolenti.

C'è poi un altro distinguo da precisare: la differenza tra promesse e impegni.
Una promessa, per antica tradizione, è un impegno che va mantenuto, costi quel che costi.
Che poi quei costi ricadano comunque sui cittadini è pinzellacchera, quisquilia di alcun peso specifico. Secondo alcuni pura demagogia.
A livello di promesse il meglio (peggio?) deve ancora venire; ogni mattino porta l'oro in bocca di allettanti novità. Tanto da essere diventate una sfida alla fantasia più sfrenata. E alla giornata elettorale manca ancora meno di un mese.
Un impegno, invece, è una promessa vincolata a fattori contingenti, che possono essere la presa d'atto della impossibilità tecnica di mantenere una promessa elettorale, ovvero la non collaborazione da parte dei perdenti, ovvero ancora l'assoluta e assodata incapacità a governare, ovvero il rifiuto alla collaborazione di inciucianti che non intendono rafforzare il potere dei vincitori.
Una corda al collo, passata su una trave, con i piedi poggiati su una sedia, che potrebbe essere ribaltata qualora i termini dell'inciucio non fossero rispettati.
Quelli proposti in questa campagna elettorale sono chiaramente impegni travestiti da promesse.
Ho già detto che siamo a Carnevale?
I partiti in lizza: a grandi linee (e ormai non sempre ben definibili) c'è una sinistra (che in un eccesso di fantasia chiameremo Tizio), una destra (va da sé, Caio) un gruppetto di ambidestri (potremmo definirli Macedonia?) e una forza nuova ([google non fare scherzi, se l'ho messo in minuscolo c'è un motivo, che forse a te sfugge ma è ben chiaro a chi legge], che, ça va sans dir, chiameremo Sempronio).
Tizio, Caio e Sempronio hanno, più o meno, una loro collocazione pseudo-ideologica; la Macedonia è composta da gruppetti minimali per i quali, a parte la speranza di riuscire ad affermarsi, Franza o Spagna purché se magna. Pronti ad accorrere in soccorso del vincitore in cambio di un ministero o di posti di prestigio che diano visibilità fino alla prossima tornata elettorale. Seminando, un po' qua un po' là, qualcosa alla fine in saccoccia gli rimane.

Il voto: viene richiesto come diritto/dovere del cittadino che vuole il già citato e ben noto bene della Patria.
Lo stesso 'bene' che viene promesso come impegno da tutti i partecipanti alla tenzone.
Viene sancito come diritto, acquisito col sangue di chi, oltre settant'anni fa, lo ha versato per ottenerlo. Credo che se questi martiri avessero potuto immaginare l'uso che, da tempo, viene fatto del voto, avrebbero lasciato perdere e alcuni di loro oggi sarebbero ancora vivi, magari a raccontare quelli che erano i veri ideali per cui combattevano ed erano pronti a morire.
Pare sia anche un dovere, ma non si capisce a che titolo.
Mettiamo che nessuno dei candidati, presentabili (forse per la bella presenza, non sempre per le qualità) o impresentabili (che comunque sono sempre quelli delle parti avverse, magari tutti  in blocco; i propri, si sa, sono tutti santi) sia convincente, sulla base di quello che dice o che fa, o anche sulla base di un passato non bene sbianchettato, o per troppe ciance male supportate...
Ebbene, c'è da chiedersi dove vada a finire il dovere assoluto di votare: sarebbe dovere il votare comunque, magari a occhi bendati e naso turato?

La libertà di non votare è ammessa, ma ha un prezzo che, quando va bene, diventa disprezzo.
Esempio, non esaustivo del problema: Tizio Caio Sempronio discutono tra di loro, iniziando pacatamente per poi animarsi, e infine alterarsi, prossimi a venire alle mani. Si rinfacciano a vicenda omissioni, reati, corruttele e chi più ne ha più ne mette; e c'è un Poveromo che assiste allo scontro, cercando di capire le ragioni e i torti, dell'uno e dell'altro.
Il poveretto viene invitato a parteggiare per uno, e uno solo, dei contendenti. Non ha capito i problemi, non li approva e non può parteggiare apertamente per uno solo dei tre, poiché uno gli è parente, l'altro gli è amico e il terzo gli è prezioso collega.
In pratica, non intende parteggiare per alcuno, detta in soldoni non intende votare.
All'improvviso, l'altrimenti innocuo Poveromo diventa la causa e il responsabile di tutti i mali che fino a poco prima si rinfacciavano a vicenda i tre.
E giù botte da orbi, in tre contro uno.
I Macedoni? Giocano a carte, del non-voto del Poveromo non potrebbe fregargliene di meno. Contano sulla fedeltà dei quattro gatti che hanno racimolato per via, con la sola speranza di superare la linea rossa che li taglierebbe fuori dalla competizione, relegandoli in una folkloristica tribuna.
Dal vero: un conoscente, sindaco di un piccolo paese di riviera, forse per far cessare i tiramenti di giacca provenienti da ogni parte, è sbottato su un social dichiarando a chiare e inequivocabili lettere che non sarebbe andato a votare.
Da chiedersi chi diavolo glielo ha fatto fare: il messaggio di commento più affettuoso lo invitava a dimettersi e sparire; anche incosciente-irresponsabile-menefreghista-traditore erano ben quotati.
Vien da pensare che questo sindaco abbia voluto provare l'emozione di un sondaggio per capire quanto il paese da lui amministrato fosse maturo e pronto, magari con un 100% di votanti effettivi, percentuale da sbandierare in seguito tra i vanti del suo Comune.
Oppure si è trattato di un scherzetto, rimasto senza dolcetto.

Che poi, sul non-voto ci sarebbe un risvolto della medaglia, solitamente trascurato. 
Restando sui tre citati, Tizio dice che il non-voto favorisce Caio e Sempronio, Caio dice che il non-voto favorisce Tizio e Sempronio, Sempronio dice che il non-voto favorisce Tizio e Caio.
Gli altri continuano a giocare a carte, indifferenti.
Come dire che chiunque salga più in alto sul podio avrà tratto vantaggio "anche" dal non-voto.
Con la possibile conseguenza che, in caso di nuove elezioni, la caccia al non-voto potrebbe diventare basilare per un sicuro successo, o perlomeno una valida alternativa alla ricerca di un voto casa per casa.

Coperture: ci sono quelle degli immobili, quelle dei copertoni riciclati, ci sono quelle del riparo dal freddo...
Nel periodo pre-elettorale le coperture sono (sarebbero) i soldoni necessari (secondo alcuni indispensabili) al mantenimento degli impegni promessi per il post-elezioni.
Queste coperture, che richiederebbero svariati (ma molto svariati) miliardi, sono liquidate con la lotta all'evasione e col taglio agli sprechi.
Lotta all'evasione: per tanto che si faccia frutta qualche milione di euri. Il ricorrente pensiero che, abbassando le aliquote fiscali, chi non ha pagato fin'ora si pentirà, con l'abbaglio di pagare meno, è pura utopia. Gli sponsali col fisco non prevedono il divorzio, se ne accetti l'abbraccio sarà abbraccio eterno. Di chi evade si può dire tutto, ma non che sia ingenuo o sprovveduto.
Taglio agli sprechi: fermo restando che i costi della politica, e annessi e connessi, non sono considerati sprechi ma addirittura risorse, altro da tagliare resta poco. Sanità, giustizia, trasporti, assistenza sociale, infrastrutture, posti di lavoro... ormai si farebbe prima a sopprimerli tanto sono ridotti, da tagliare ormai c'è più niente. Ci sarebbe la burocrazia, ma è un'entità talmente virtuale che sfugge persino a una valutazione del suo peso specifico; pesa moltissimo, si sa e si vive sulla propria pelle, ma è talmente evanescente che non si saprebbe da dove cominciare a tagliare.
Cominciano a girare voci di possibili condoni: fiscale (l'ennesimo, pagare meno per cancellare quanto dovuto al fisco ingordo); immobiliare (l'ennesimo, pagare per regolarizzare lo scempio edilizio in atto da decenni sulle coste, le montagne, le città); penali (l'ennesimo, pagare per ottenere riduzioni o azzeramenti di pene sancite da tre o quattro gradi di giudizio).
Potrebbe essere ammesso anche il pentimento giudiziario: chi commette un delitto, per esecrando che sia, con un atto di pentimento pubblico e pagando una piccola quota (pecuniaria, non gli storici tre- pater-ave-gloria) potrebbe ottenere la remissione del peccato, promettendo (tipo promessa elettorale) di non peccare più.
Tra i tagli allo studio si dice ce ne sia uno molto-molto interessante. Sotto-sotto (ma molto sotto) c'è chi darebbe in pasto agli elettori la possibilità di un taglio drastico nientepopodimenoche del debito pubblico. Da attuare prima della fine del primo mese dall'insediamento del nuovo governo. Cento miliardi minimo al giorno, duecento un altro giorno, tagliando fino all'ottenimento dello zero assoluto. Con il risparmio degli interessi che si pagano annualmente sarebbe possibile intervenire in tutti i settori vitali della Nazione. In primis il raddoppio degli emolumenti (oggi da fame) dei parlamentari, dei senatori, dei grand commis, e magari anche dei commessi, dei parrucchieri, dei cuochi, dei terapisti ecc. che svolgono l'eroico ingrato servizio della cura dei nostri cari (che più cari di così si muore). Se bomba sarà, verrà fatta esplodere solo agli sgoccioli della campagna elettorale, tenuta segretissima fino alle 23,30 di venerdì 2 marzo. Sarà la fine definitiva della sequela dei venerdì neri di infausta memoria. (Sembra, però, che si tratti di una fake news exaggerated, troppo leggermente fuori dal credibile. Comunque, sperare  non è sparare, e perlomeno non uccide).


Ultim'ora: 
Caio ha dichiarato solennemente che non ci saranno inciuci post-elettorali.
Tizio ha dichiarato solennemente che concorda con Caio, niente inciuci.
Potrebbe essere una forma di accordo pre-elettorale?
O, più probabilmente, si tratta di un inciucio ante litteram?

Ha smesso di piovere, il vento si è placato, la gatta continua a miagolare più furiosa che mai...
Fine delle chiacchiere, ma solo di queste chiacchiere. 
Col Carnevale ancora in corso, c'è tempo per farne altre, zucchero a velo e miele non mancano.
Buona serata a tutti.