domenica 14 marzo 2021

"Il testamento cangiante"

Ogni libro di Pezzoli ha caratteristiche sue proprie, che in qualche caso si riallacciano ad altri suoi pubblicati senza esserne prosecuzione. Ha messo al mondo tante creature, ognuna delle quali è opera a sé, nelle trame, nella stesura dei racconti, nell'esposizione complessiva.
In alcune emergono simiglianze di personaggi che peraltro si adeguano ad età che avanzano, a situazioni via via aggiornate, a nuove visualizzazioni (più esattamente a visioni), che li rendono sempre attuali.
E ogni libro ha una sua propria impronta, diversamente godibile, che richiede valutazioni singole: ciascuno trova una sua collocazione precisa, un sigillo che lo rende migliore nel suo specifico. Per dire, l'Autore nella presentazione di questo ultimo, si lancia nella definizione del suo essere il 'più' tra quelli finora editati; e qui non sono d'accordo: il migliore dei suoi pargoli, secondo il mio personalissimo parere, resta Agonia di una fata e altri sfaceli. Per fatti miei, credo che resterà il più meglio di tutta la sua produzione, precedente e successiva; e, visto che il lettore è comunque un cliente, mi appello al fatto che questo ha sempre ragione, e passo quindi alla lettura di questo 'Testamento cangiante'. 
Però, prima che del libro, devo fare un doveroso richiamo alla sua copertina, quella che solitamente si cita distrattamente al termine delle letture dei testi. Qui la mitica Lucia Luce ha in pratica dato l'avvio anticipato al racconto, mettendo questa sua immagine, e su ogni capitolo, come un'impronta felina, quasi materializzando gli ambienti in cui il racconto evolve. Originale il nome dell'Autore, segnalato in un patois simil arabo, con la traduzione incisa sullo stipite esterno dell'arco, una specie di stele di Rosetta d'oggidì. 
Una buona parte di questo Testamento mi ha portato alla mente il Murakami di Kafka sulla spiaggia, forse  da attribuire all'amore dei due (tre con Lucia) verso i gatti, ma non solo per quello. Spero che nessuno dei due Autori si offenda per l'accostamento di due stili che, personalissimi entrambi, mi sono trovato, magari impropriamente, a sovrapporre.
Nel testo, Pezzoli fa entrare in scena un personaggio, che recita la sua parte ed esce di scena; per far posto ad un altro protagonista che, a sua volta, entra in scena, recita e si allontana.
Forse il non cercato accostamento a Murakami, è venuto proprio da questo alternarsi sulla scena dei due che, per tutta una parte del libro, apparentemente non hanno nulla in comune, presentati come fetta biscottata in confezione singola; che, sgranocchiata, fa posto ad un'altra, senza presumibili possibili contiguità. Volendo, sarebbe possibile saltare dal primo capitolo al terzo, e agli altri dispari, per avere davanti l'assemblaggio completo del primo attore; stessa cosa per quella dei capitoli pari per l'altra protagonista.
Il racconto ha le sue basi sul silenzio, del quale i due hanno fatto virtù. Un tacere che consente a uno di meglio vedere quanto lo circonda, e all'altra di meglio ascoltare le voci trasformandole in un gioco paravisivo.  
E i due sono da Nicola letteralmente scarnificati, spogliati, rivestiti, vivisezionati nei corpi, nei pensieri, nei sogni, nei desideri, in due modi diversi di vedere il mondo da cui entrambi sono circondati; alla recita muta dell'uno contrappone l'ascoltare creativo dell'altra. 
Due puzzle da completare in fasi alterne, facendo attenzione a non mescolarne i tasselli. Una volta completati, come per magia saranno sovrapposti uno all'altro, apparendo incredibilmente uguali pur mantenendo identità separate. 
Un binario, con le due rotaie che viaggiano parallele, con Nicola che si presta a fare da traversina che le distanzia una dall'altra e nel contempo le unisce. Fino a che, lungo il tragitto, decide di accavallarle, senza peraltro farle mai combaciare tra loro. Emerge, in questo suo giocare, una sottile vena di sadismo, vedere ma non toccare, ascoltare senza dialogare. I sogni di un lui legati al proprio mestiere e quelli di una lei alimentati da suoni e voci ignote: un muto che parla, inconsapevole, a una che del solo ascolto ha fatto professione.
Gli altri due personaggi presenti nell'opera appaiono come integrativi del racconto, un completamento dovuto a sogni, sviluppati nel corso di giorni e notti brumose, che la Londra di Dickens se le sogna.
Devo chiarire, almeno parzialmente, quanto detto nella parte relativa al migliore prodotto letterario di Pezzoli; l'Agonia resta per me il migliore, ma nel giudizio pesano emozioni che poco hanno a che fare con lo stile nicoliano (o nicolesco?), vanno oltre. 
Qui, nel Testamento, il prosieguo della lettura offre emozioni scritturali, a mio avviso inedite, che in effetti lo rendono particolarmente "liscio", scorrevole, avvincente nella mai finita scoperta di emozioni stilistiche che solo un grande scrittore sa elargire, con una dovizia che lo rende filantropo culturale diversamente umile... solo che si abbia l'accortezza di leggerlo immergendosi nei due personaggi principali ogni qualvolta si presentino sulla scena, seguendone con attenzione ogni pensiero, ogni visione e ogni singola azione.
Va da sé che non mi addentro nella descrizione di una trama che merita di essere goduta ad personam, in lettura diretta, fino alla fine... e pure oltre.

Ogni concione, ogni omelia, ogni favola, ogni romanzo, alla fin dell'avventura lasciano una morale. Il Testamento la offre più come considerazione che come morale vera e propria. In pratica, preso atto che (mai come oggi) del doman non v'è certezza, invita a non lasciare questo suolo ameno senza affidare a due righe le ultime volontà; quelle che volgarmente sono definite testamento, appunto. Può succedere, e succede, che alla fin di propria vita non ci siano parenti, amici, conoscenti, confraternite... neanche un gatto randagio o una tartarughina d'acqua dolce, cui lasciare (comunque a malincuore) l'eredità di beni accumulati, ma anche accatastati, nel corso di una vita. Quello che si lascia finirebbe in mano allo Stato, che curerebbe questi beni né più né meno di come cura gli altri tesori che la Storia gli ha affidato. Quando va bene spazzatura, manco riciclabile...
Alternativa a questo, potrebbe essere di destinare a uno sconosciuto ogni cosa, buona che sia o meno buona. E, tra i tanti sconosciuti, la scelta potrebbe cadere, ad esempio, sulla dirimpettaia ciospa che è stata accuratamente a lungo evitata, magari perché ritenuta troppo fetecchia per meritare l'attenzione di chi, in vita, aveva ben altri progetti e sogni in itinere. Questa, accettata l'eredità, potrebbe finalmente prendere atto che non tutto il mondo è bastardo, come lei fino a poco prima credeva. 
E come invece in effetti è. 

mercoledì 10 marzo 2021

"Oltrepassare" di M. Ciano

Si tratta del secondo libro di questo Autore. Il precedente era titolato Zeig, dato alle stampe nel 2018, un romanzo distopico, che porta il lettore a un continuo cambio di passo per valutare due futuristiche possibilità di vita sulla Terra. È un invito a soppesare due mondi, uno perfetto e uno caotico. Dove quello troppo perfetto appare asfissiante, e quello troppo caotico assolutamente devastante. Due mondi che il protagonista, Marselo, visita e rivisita alla costante ricerca di una via di mezzo, che, oggi più che mai, non esiste.
In questo Oltrepassare, ora in libreria, Ciano riceve il suo secondo battesimo di scrittore, e qui porta su carta pensieri e ricordi. 
I suoi pensieri e i suoi ricordi. Che non sono solo suoi... 
Qui la locazione del romanzo è più statica: impossibile non individuare il territorio in cui si svolgono gli eventi raccontati, e anche i pensieri e i ricordi dell'Autore appaiono chiaramente come pensieri e ricordi di tutta una popolazione indigena. Che li ignora, o che finge di ignorarli, o che è 'passata oltre', illudendosi che il tempo cancellasse gli uni e gli altri. Il pregio del racconto sta nel fatto di portarli alla luce, di ri-portarli a galla, posarli uno ad uno in un vassoio come si fa, sezionato un maiale, con gli ziguli e con la colata della 'nzugna, il grasso liquido dell'animale, che un tempo era di utilizzo comune nelle cucine povere, e ancora oggi nella confezione di dolci e piatti che non seguano troppo i livelli del colesterolo e dei  trigliceridi, è ingrediente insuperabile. 
L'Oltrepassare di Ciano non passa affatto oltre, anzi analizza i ricordi con una precisione chirurgica, li seziona in una forma di autopsia, crudele, dolorosa, evidente... una evidenza che la rende innegabile. In una delle parti iniziali, a mio parere la più incisiva, l'Autore fa lanciare a uno dei protagonisti principali del racconto un J'accuse che potrebbe ricordare Zola, ma che qui diventa un Je m'accuse, crudamente rivolto a se stesso come prestavoce, ma, affatto velatamente, estensibile a chiunque abbia vissuto tempi e modi di uno scempio del territorio in cui lui, e con lui molti altri, hanno vissuto. Una confessione che, se letta coscientemente, dovrebbe colorare di rosso cupo tutto il territorio in cui si sono svolti i fatti... al punto che il rosso da virus attualmente di moda apparirebbe come tenue rosa pastello.
Del territorio, Ciano non dà velati indizi per la sua individuazione: stende sugli asfalti e sui cementi una intera mappa, fotografando in chiaro e a colori ogni via e ogni settore e ogni attività che in un passato prossimo, ma ancora recente, sono stati il frutto di scelte aberranti. Affonda la lama senza pietà alcuna per l'ipotizzata parentela col protagonista, non gli concede attenuanti per le colpe che lo stesso si addebita; marginalmente riconosce che egli fu solo uno dei tanti/tutti che a suo tempo lubrificarono un ingranaggio che stava macinando in pochi anni secoli di storia. In nome di un progresso distruttivo che, peraltro, dava speranza dove da sempre speranza è morta.
Ma al lettore non potrà sfuggire la possibilità di uscire dai confini di quel comune, di estendere il Io (mi) accuso ben oltre i limiti della provincia e della regione, per coprire l'intero territorio nazionale. Ovunque lo scempio è stato attuato con l'incoscienza tipica di chi dell'ignoranza ha fatto virtù.
Non è un libro facile, non apre spiragli a miglioramenti, è a modo suo nichilista, poiché il 'passare oltre' non prevede possibilità di ricostituire quanto è stato disciolto. Ricostituire, non ri-costruire, visto che il costruire selvaggio è l'immagine più tangibile di quanto avvenuto.
Fuggire, andarsene, lasciarsi alle spalle affetti e consuetudini, cercare altrove quello che questa terra non può dare. In molti lo hanno fatto, in molti lo faranno, alla ricerca di un vivere che sia alternativa a una sopravvivenza senza futuro.
È vero, partire è come morire, ma restare è come vivere da zombi.
È un libro che costruisce intorno a una semplice vocale tutto un mondo di concetti e di verità, di sogni e di racconti, di preghiere e di invettive. Manca la speranza in un anestetizzante 'meglio', poiché speranza non c'è. Al lettore che si cali profondamente nel racconto non potrà sfuggire il ripetersi di promesse, di assicurazioni, di garanzie offerte dai tanti che si sono nel tempo candidati ad amministrare (governare) i territori descritti. E le braccia (eufemismo) cadono al suolo...
Ciano si presenta da subito come 'narratore'. Se questo libro fosse una piece teatrale sarebbe udibile come una voce fuori campo; questa è solitamente distaccata, asettica, con una monotonia professionale che inibisce sentimenti e reazioni umanamente percepibili. 
E invece l'Autore non è mai fuori campo, che è il suo proprio campo, avvezzo dal giornalismo a vedere e raccontare quanto vede, senza spinare e senza indorare la notizia. Anche nei monologhi, che affida a protagonisti terzi, lui si trova immerso nel mare che lo circonda, che purtroppo non è più di semplice e pulita acqua marina, ma composto di ben altri ingredienti, sovente mefitici e nauseabondi. 
Ciano è, suo malgrado, immerso in questo mare per volere del destino, ma da questo mare non viene mai sommerso per sua propria volontà, restando una delle poche, residue, inascoltate voci nel deserto dell'indifferenza, quando non di assoluto e conclamato menefreghismo.

In libreria, dove ancora ci sono, oppure on-line dal sito di A&B Editrice.  
 

venerdì 5 marzo 2021

LIDL! Anch'io?

Da un po' di tempo a me delle ciambelle riesce solo il buco. Come ho avuto modo di raccontare in un post precedente, col geometra e con l'idraulico il buco è tuttora in via di perfezionamento. Adesso ho iniziato a impastare la ciambella di un  supermercato che il logo qui a fianco bene individua, e il buco perfetto è già in cottura.
Questo, come molti altri, contribuisce a rendere appetitosa la monotonia dei telegiornali, che ormai dedicano i loro tempi a dare notizie che inducono alla depressione anche i menefreghisti più incalliti. Invogliano, questi mercati, ad effettuare acquisti come se nulla al mondo stesse accadendo, evidentemente i loro studi di marketing hanno una visione del futuro che noi umani non abbiamo la capacità di percepire.
Noi umani che, in fondo, siamo tutti pesciolini affamati che non vediamo l'ora di abboccare a qualunque amo venga calato nell'acquario in cui crediamo di vivere. E le esche che nascondono quegli ami sono sempre presentate in modo che, se anche non fossero in realtà veramente appetibili, sono rese tali da sconti e facilitazioni e varietà di prodotti che ai pescetti apparirebbe delittuoso non abboccare.
Il supermercato di cui vado a raccontare non è nelle mie frequentazioni più assidue; che peraltro bene si sposa con la poca disponibilità alla visita a qualunque altro supermercato, e ai mercati e mercatini in genere. Una semi idiosincrasia verso i luoghi troppo luminosi, troppo affollati di gente che 'sa' cosa sta cercando, ma la cerca in tutti i posti meno che nel giusto scaffale; col risultato comune di passare alla cassa con il carrello zeppo di prodotti che solo poi si accorgerà di avere comprato.
In un passaggio televisivo di questo ammiccante LIDL Anch'io! avevo notato di sfuggita la pubblicità di un attrezzo che sarebbe stato utile in giardino: una piccola motozappa elettrica, buona per lavoretti in prossimità di una presa elettrica, per zone con terreno abbastanza morbido, da rivoltare con facilità e senza sforzi. Il prezzo era interessante, affatto proibitivo; questo era inserito in una serie di altri prodotti, agricoli e mangerecci, con l'indicazione rapida dell'inizio e della fine dell'offerta. 
Visita al sito alla ricerca del mercato più vicino, già visitato in passato. onde rilevare un contatto telefonico per avere la certezza della disponibilità dell'attrezzo. Nessuna indicazione, a parte la località e l'indirizzo, con tanto di cartina, e gli orari. Dal sito ho appreso così che LIDL fattura circa 60 miliardi di euro l'anno (non so se solo dall'Italia), e la cosa mi ha riempito di una malcelata felicità; a parte i dati finanziari, c'era una specie di news che raccontava, con video, dell'assalto a due LIDL siciliane da parte di persone che volevano assolutamente un robot da cucina. Presentati come incentivo pubblicitario, diceva proprio 'assalto', mi aveva preoccupato, e non poco, pur non ritenendo credibile un assalto all'arma bianca per catturare una piccola motozappa elettrica.
Visto in un solo passaggio televisivo, avevo approfondito la visura del volantino dal computer. Che indicava la validità dal 1° a 7 marzo, generico. Ero passato all'esame dello stesso, per vedere meglio di cosa si trattasse.
Il 1° marzo, qui da noi, era di lunedì. Eravamo al 26 di febbraio e volevo essere pronto ad andare subito all'apertura, nel timore di non trovare questo elettrodomestico agricolo, quel lunedì stesso. Nello sfogliamento del cartaceo virtuale ero andato a vedere meglio i dettagli, per evitare nasate con l'acquisto di un giocattolo, che risultasse poi inutile perfino a zappettare un vaso di gerani.
E ben me ne incolse, poiché da questo spiare meglio avevo appreso che, solo per questo mio oggetto del desiderio, la data di offerta partiva dal 4 e finiva al 7; non c'era la classica dicitura "fino ad esaurimento scorte", ma era presumibile che non si sarebbe trattato di una banconata, sul tipo dei detersivi o del latte o delle acque o delle uova di Pasqua.
Bene, rendez vous spostato a giovedì, nessun problema.

Una breve pausa per meglio delineare il percorso che mi avrebbe portato al deposito.
Questo LIDL non è che sia proprio sotto casa: si trova a poco meno di 70 km, che, in sé, non sarebbero la fine del mondo. Purtroppo ha alcuni lati negativi a fronte di nessuno positivo.
Si tratta di una statale che uno spirito allegro in passato ha battezzato come 'superstrada' e che da allora così è conosciuta, ignorando i più il suo proprio numero indicativo. Corre lungo un litorale marittimo attraversando una decina di paesi, due o tre dei quali si fregiano del titolo di città pur essendo abitati più o meno da 15 mila abitanti; nel periodo non estivo... in quello estivo tutti diventano megalopoli, non tanto per i muri quanto per il numero di gambe, tette, natiche e scugnizzi e altro che li sovraffollano. Con le conseguenze che qui non sto a descrivere, poiché sarebbero fuori tema.
La località in cui questo LIDL ha posato i suoi lombi mi sta antipatica intanto perché è sede dell'unico ospedale di riferimento di tutta la costa; e a questo nosocomio mi ci reco periodicamente, accompagnando qualcuno o da qualcuno accompagnato. E quando ci vado ho tutt'altre caramelle per la testa che andare a visitare questo mercatone al coperto.
Un altro motivo che nel tempo ha reso questo percorso odioso sta nel fatto che quasi ogni paesino da attraversare ha posato a bordo strada il suo salvadanaio, che gli occhi di un Grande Fratello Stradale, in funzione perenne, provvede a riempire per dare ossigeno ad amministrazioni comunali in secca permanente. Memento il fiorino di Troisi... Striscia continua su quasi tutto il percorso, con un senso di marcia per carreggiata, con limiti di velocità che consigliano uno sguardo continuo al contachilometri. Questi limiti credo siano stati elaborati da menti diaboliche: i 70 km, per dire, segnano puntualmente l'inizio del limite e la fine, dopo la quale, essendo strada statale 'superstrada' si dovrebbe poter accedere ai 90 orari, peraltro non segnalati. Ma... come ridere che dopo un paio di chilometri lanciati (vabbé, lanciati), appare un segnale che impone i 50, talvolta i 30, per un po' di case a ogni lato della strada, impropriamente definite 'paese'.
È una strada statale leggermente particolare, trafficata da mezzi di ogni genere, per spostamenti locali e per il transito obbligato di chiunque abbia necessità di abbandonare l'autostrada all'interno per effettuare consegne lungo tutta la costa. E si tratta  di autobus, camion, autoarticolati, betoniere, camion di trasporto rifiuti... non di rado, ma per brevi tratti, di trattori con cassone di traino pieno zeppo di letami.
Trovarsi dietro un mezzo pesante, con la strada libera, davanti dietro di fianco e con striscia continua divieto di sorpasso, è meglio mettersi l'animo in pace e continuare a leggere Topolino o fare parole crociate, poiché il solo pensare di gettarsi oltre l'ostacolo, fa materializzare a lato strada un paio di militi che agitano una piccola paletta rossa del ministero dell'interno, tacito ma perentorio invito ad accostare per subire il salasso e la ramanzina.
Per rendere il percorso più vivace dopo rettilinei soporiferi, da qualche anno a questa parte questi sono interrotti da grandi rotonde che è opportuno aggirare per non schiantarsi contro le creazioni monumentali piazzate ad ornamento centrale.  
Ogni tanto, sovente, il via vai di ambulanze che, con musichetta e lucette lampeggianti, si fanno largo nel traffico; aggiungendo al disagio stradale anche quello del pensiero che trasportano persone che sicuramente stanno peggio di noi. Ogni tanto, ma stavolta veramente ogni tanto, un lento corteo funebre costringe a mollare l'acceleratore e rallentare quanto basta per non salire come ospiti nella parte posteriore della vettura che apre il corteo.

E passiamo al vero 'dunque' di questo racconto.
Visto il rimando a giovedì della trasferta pro motozappa, mi era venuto il dubbio (sicuramente infondato, ma si sa che quando un chiodo si ficca in testa per sfilarlo non basta una tenaglia) che potessi partire, arrivare e non trovare quello che cercavo. Lo riconosco, un dubbio stupido, impossibile a verificarsi; come sia possibile pensare che una ditta promuova in tivvù un prodotto e poi non lo faccia trovare nel suo punto vendita? Da malati di mente. Già, ma se qualche indigeno si presentasse all'apertura e me lo fregasse? Non credo che ad ogni punto vendita mandino una caterva di motozappe da imborgnare (accecare) tutto il paese. 
Credevo fosse un problema facilmente risolvibile: LIDL è in tv, su facebook, forse su twitter, su instagram e chissà quanti altri social... vuoi che non  mi dia la possibilità di andare sul sicuro, di evitare la temuta nasata di un viaggio a vuoto? 
Però è presente ovunque, ma in nessuno di questi ovunque esiste un recapito, telefonico, di posta elettronica, un piccione viaggiatore per avere informazioni... Niente, zero via zero.
Però LIDL naviga su facebook, e questo social ha una sua messaggistica parallela: Messenger. Ed è in questo contenitore che ho inviato un messaggio, con la certezza che fosse lanciato nel vento, una minzione urgente che non bada troppo a dove vada a finire.

26 febbraio, via Messenger:
"Vorrei acquistare la motozappetta elettrica in vendita dal 4/3. Il Lidl a me più prossimo è a circa 70 km da me. Come posso sapere se la troverò, visto che non trovo un contatto diretto con quella filiale?".
Da Messenger, mandato in serata, ma arrivato il 3 di marzo, dopo la fine di quanto vado araccontare:
"Ciao Xxxxxx, grazie per averci scritto. Come vedi qui https://www.lidl.it/it/p/giardino/elettrozappa/p52258 l'Elettrozappa esce in tutti i nostri negozi il 4 marzo. Non c'è un contatto diretto con i negozi, pertanto ti invitiamo a verificare la disponibilità direttamente in filiale. Buona serata".
Quando ormai avevo concluso lo scambio di messaggi coon l'assistenza diretta LIDL, su gmail. Il "tu" mi aveva fatto godere l'impressione di essere in famiglia.

Infatti nel corso della giornata avevo messaggiato:
"Referenza numero 1234567890, da XxxxxXxxxxxxx - Località (prov.)
Con riferimento al prodotto segnalato, volevo sapere se è possibile prenotarlo e fermarlo (magari con un codice di riconoscimento), visto che dovrei partire alla cieca, col rischio di trovarlo venduto a un fortunato cliente della zona. Non è il viaggio che mi spaventa, ma se posso evitare viaggi con l'aria che tira preferisco. Grazie ancora e complimenti per il pronto riscontro, evento raro".
Da LIDL:
"Referenza 1234567890 - Oggetto: comunicazione del 26/02/2021
Gentile Cliente, La ringraziamo per la Sua segnalazione del 26/02/2021 e per il Suo interesse verso i nostri articoli. La vendita dell'articolo Elettrozzappa è prevista presso il punto vendita di Xxxxxx (prov.), via Colventoinpoppa, a partire dal 04/03/2021 e rimarrà esposto fino ad esaurimento scorte.
Restando a Sua disposizione per qualsiasi altra informazione, Le porgiamo i nostri  Distinti saluti".
Da me (piccolo rimorso al pensiero di avere un corrispondente tutto mio):
"Referenza numero 123456789 - da Xxxxxxxxxxx - Località (prov)
Ancora grazie per la tempestività del riscontro.
In alternativa alla possibilità di prenotare, non è possibile avere un recapito telefonico della filiale di Xxxxxxxx (Xx), in modo da chiedere, prima di partire da casa, la disponibilità del prodotto?
Non ci muoviamo volentieri, proprio per la situazione epidemica in atto, e arrivare al market senza trovare il pezzo sarebbe una grande delusione, oltre a un disagio sprecato.
Per favore, aggiungete gentilezza a gentilezza. Se possibile...
Grazie. Un saluto cordiale".
Da LIDL:
"Referenza numero: 1234567890
Oggetto: comunicazione del 26/02/2021
Gentile Cliente, La ringraziamo per la Sua e-mail. La Sua richiesta è stata ricevuta ed è attualmente in gestione. Riceverà un riscontro nel più breve tempo possibile. Fino ad allora, Le chiediamo cortesemente di attendere.
La preghiamo di inviare ulteriori richieste relative alla Sua comunicazione direttamente all'indirizzo e-mail assistenzaclienti@lidl.it. Nella richiesta La preghiamo di indicare nell'oggetto della mail il nostro numero di pratica 1234567890 e il Suo nome e cognome per identificare in modo univoco la Sua segnalazione.
LIDL Italia S.r.l., in qualità di titolare del trattamento, La informa che i Suoi dati... ecc.
Assistenza Clienti LIDL".
Pausa notturna, poi il 27/2:
"Referenza numero 1234567890 - Oggetto: comunicazione del 26/02/2021
Gentile Cliente, Abbiamo ricevuto la Sua comunicazione. Desideriamo indicarLe che non è possibile riservare gli articoli direttamente nei punti vendita e l'unico modo per averli è recandosi presso i nostri punti vendita.
Non abbiamo a disposizione i numeri di telefono delle filiali, pertanto La invitiamo a visionare la disponibilità dei prodotti nei negozi direttamente di persona.
Rimanendo  sua disposizione.
Assistenza Clienti LIDL".

Fine del dialogo.

Giovedì 4 marzo vado alla ventura, verso l'ignoto. Viaggio tranquillo, lavori in una galleria, semaforo... per il resto tutto bene.
Mi fiondo subito alla ricerca della zappetta. C'è, ce ne sono addirittura tre; forse LIDL ha capito quasi al volo il mio problema ed è andato sul sicuro. In uno scatolone robusto, similquadrato, sigillato c'è il mio pezzo.
A un addetto che gira con dei fogli in mano: "Scusi, è possibile aprire la scatola per verificare le zappette?".
"No, non si può, Lei fa l'acquisto, lo porta a casa e, se non corrisponde a quello che cercava, lo riporta entro 30 giorni e sarà rimborsato".

Preso, portato a casa, montato (semplicissimo, da infanti), collaudato: la ciambella, stavolta, sembra riuscita; resta il buco delle informazioni... ma, cosa fatta capo ha, è acqua passata. Ho colto l'occasione per acquistare anche due forbici per potare, due sacchetti di amaretti morbidi introvabili altrove, e un pacchetto di contenitori in alluminio con misure adatte a cotture e congelamenti. Tanto per non far pensare che ero stato talmente stupido da affrontare un viaggio di 140 km, sprecando un pomeriggio intero, solo per andare a prendere un'altrettanto stupida elettrozappetta.