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Visualizzazione dei post da agosto, 2022

Dialogo amichevole dal web

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Tutto ha avuto inizio da questa battuta, leggermente ambigua, che ha suscitato la reazione di due individui, in uno scambio di pareri tra... amici. Pensa fossero stati nemici... Personaggi: Radames, Barbra, Amministratore del sito. Nomi di fantasia, a parte l'Amministratore che è il vero amministratore. Il riferimento del post iniziale è la pubblicazione da parte di un affatto ignoto personaggio pubblico, che sul proprio sito aveva pubblicato il video di uno stupro, ripreso a sua volta da un quotidiano nazionale che lo aveva pubblicato come scoop. Doverosamente pixelato, peraltro malamente, visto che i protagonisti risultavano facilmente identificabili. Lo pubblico, a dimostrazione che un dialogo pacato, quando c'è la buona volontà, è possibile. Quanto auspicabile, non saprei... A parte i nomi dei protagonisti, non ho cambiato una sola virgola del dialogo. Inizio del dialogo, con un commento, altrettanto mefistofelico del post di apertura. Radames: c hi ha stuprato la Meloni? A...

Un giorno qualunque al mare

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L'anno prima di sposarci ero salito ( acchianato, nel dialetto indigeno ) al paese per conoscere i genitori di quella che sarebbe poi diventata (c'era ancora un 'forse', ma era solo un cavillo) mia moglie.  I "suoceri": non so perché suoceri è un termine che non mi è mai piaciuto.  "Papà - mamma": questi non li avevo mai usati, mi era stata negata l'occasione di impararli, e a quel tempo, prima e dopo il matrimonio, non avevo più l'età per esprimerli; mi sarebbe sembrato un falso ideologico, una forzatura, un appropriarmi di qualcosa che non mi apparteneva. Così lui, il suocero, era il boss, e lei, la suocera, la bossa, per immediata assonanza. Sono stati tali fino alla loro morte e successivamente, tanto che, sia per mia moglie che per la sorella, non erano più mamma e papà, ma il boss e la bossa .  A ogni santa, benedetta, estate lasciavamo la lontana città, nostra sede, per passare una ventina di giorni con il boss e con tutta la famigl...

Tanti auguri... o quando non li fai

Gli auguri, si sa, fanno sempre piacere. Le Feste, quelle che nei calendari sono segnalate col cambio di colore, sono occasione di scambio, tra parenti amici conoscenti, di auguri generalizzati. Che non sempre richiedono una risposta. I compleanni e gli onomastici, ma più i primi, chiedono gli auguri, in alcuni casi li pretendono. E, se non arrivano, si è a rischio di fatwa,  inviata a chi non adempie a quello che dovrebbe essere un piacere, ma viene ritenuto un dovere. Sui social, in particolare su Facebook, impazza l'usanza di postare auguri per ogni giorno della settimana e per ogni periodo del giorno: si inizia con il buongiorno, seguito dal buon pomeriggio, eppoi buona sera e buona notte, sogni d'oro. E ci sono i fanatici che ad ogni augurio rispondono con  like  appropriati: baci, abbracci, ricambio... di solito non seguito da "a te e famiglia" che saprebbe di burocratico. Sul social citato, i partecipanti hanno un profilo che, teoricamente, dà informazioni sul ...

I miei stupidi intenti

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I miei stupidi intenti, di Bernardo Zannoni, edito da Sellerio, è un racconto che vede come protagonisti una vecchia volpe e una giovane faina.  Della volpe, Solomon, si riesce a sapere qualcosa cammin facendo, strappando a morsi le informazioni su quella che fu. Della faina, Archy, sappiamo tutto fin dalla nascita; l'immagine in copertina chiarisce da subito che lei sarà la primadonna del racconto. Primadonna solo perché non esiste il termine primuomo per indicare un attore maschio. Infatti entrambi sono animali maschi; maschiaccio la volpe, maschietto la faina, nel rispetto delle misure fisiche e psichiche dei due. Intorno a loro ruota una fauna variegata che si ritaglia un proprio posto nel racconto, e che occupa archi di tempo sufficienti a lasciare l'impronta definita del suo passaggio.  C'è anche una breve presenza umana, che si risolve in un lampo, e non lampo per modo di dire:  altolàchivalà!  e sparo; nella migliore tradizione dell'agire dell'Uomo. L'in...

La convenienza del dìvide et ìmpera

Il 'dividere per vincere' risale, per quanto ne so, alla storia romana, all'episodio della lotta tra Orazi e Curiazi, raccontataci fin dalle elementari, a da noi tenuta viva sui campi di battaglia calcistica. Che era la più vicina al nostro quotidiano, assai più degli Scevola, dei Regolo e dei cavalli senatori. Le Poppee, le Agrippine e le Cleopatre erano fuori dalla nostra portata immaginifica: sì, sapevamo che erano donne, come lo erano tutte le Madonne che veneravamo... e poi? La Storia d'Italia è l'esempio più lampante di quanto sia stato utile dividere in piccoli staterelli lo Stivale per tenerlo sotto i vari predomini, succedutisi nei secoli. Poi venne l'unità (minuscolo per non confonderla con una testata giornalistica, a suo tempo gloriosa) che ufficialmente estromise i potenti che fino ad allora l'avevano dominata, per accettare una sottomissione a un potere centrale che, proprio per mantenere questo, ha sminuzzato i territori solleticandone i campa...