lunedì 26 febbraio 2018

Manca poco: parliamone ancora

Bozza di un discorso elettorale 'impossibile', proposto da Mattia Feltri su La Stampa del 20-2-2018: 

«Cari elettori, è difficile vi venga voglia di votarci, poiché i nostri avversari sono puri e onesti, di una purezza e di un’onestà personalissima, opposta a quella degli altri, ma noi purtroppo siamo umani, impuri, e talvolta sbaglieremo, e forse qualcuno commetterà reati e in tal caso non sarà linciato ma giudicato secondo le regole garantiste della Costituzione. Non espelleremo tutti i migranti, giacché è impossibile, né li faremo entrare tutti, giacché è disumano farli entrare e abbandonarli per strada: serve organizzazione e umanità. Non abbasseremo le tasse, non ne leveremo alcuna, ora è impossibile. Vorremmo recuperare un po’ d’evasione e avere più risorse per gli ultimi. Proveremo a ridurre assenteismo e sprechi, e chi si assenta e spreca ci pensi. Non creeremo posti di lavoro perché non è la politica a crearli, ma la società se è dinamica, e la politica deve assecondarla. Se necessario faremo accordi e saranno al ribasso: accordi al rialzo non esistono in natura. Se i nostri ragazzi vorranno andare all’estero li incoraggeremo perché il mondo deve essere loro, e altri con lo stesso spirito verranno da noi. Affronteremo e non subiremo i cambiamenti imposti dall’economia digitale. Non abbiamo niente da regalarvi se non un po’ di senso di responsabilità e però sia anche vostro, perché le società prosperano se tutti sentono di farne parte, le amano e sanno che il dovere viene prima dei diritti. Non ci taglieremo lo stipendio, cercheremo di meritarcelo».
Che discorso fantastico, vero? Sapete chi lo ha fatto? 
Nessuno.

Sembra la cartina di tornasole, ampiamente edulcorata, di una dichiarazione di voto, proposta in diretta ai rappresentanti di un popolo in presenza di un grave problema allora già in corso:

Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi la più terribile delle ordalìe. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e sofferenza.Voi chiedete, qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una sola parola: vittoria. La vittoria a tutti i costi - vittoria nonostante tutto il terrore - per quanto lunga e difficile la strada può essere la vittoria, perché senza la vittoria non c'è sopravvivenza".
Minima parte di un discorso, a modo suo, fantastico. 
È passato alla Storia, offerto da Churchill al popolo inglese il 13 maggio 1940, con l'Europa caduta da poco in una voragine di bestialità ancora inimmaginabile nel suo tremendo percorso, finito con la stessa a pezzi, solo macerie e morte, con il sangue, la fatica, le lacrime e il sudore promessi e, purtroppo, abbondantemente dispensati.
Era una specie di mozione a tutto il Regno Unito, rappresentato dalla Camera dei Comuni.
La votazione ebbe come esito l'unanimità.

Una brevissima ricerca mi ha consentito di scoprire che in passato altri personaggi storici hanno buttato sul tavolo la stessa offerta, con le stesse parole, o di esse poco dissimili, mantenendo appieno la sostanza del messaggio.
Stando su quelli più recenti, pare che la primogenitura spetti a Garibaldi, declamata a Roma il 2 luglio 1849, nel corso di un raduno dei suoi sostenitori.
Successivamente, quasi con gli stessi termini, si sa di Roosevelt che, in occasione del suo insediamento a vice ministro della Marina americana, li offrì come anteprima del suo programma, il 2 giugno 1897.

A parte l'unanimità raccolta da Churchill, ormai impensabile e inattuabile, non mi risulta che quanto promesso dai Garibaldi o dai Roosevelt abbia provocato reazioni avverse, quanto meno vistose e degne di essere ricordate.
I tempi sono cambiati, non sono io a scoprirlo, e sono cambiati i sistemi di imbonimento degli elettori.
Oggi ai votanti si promettono ricchi premi e cotillons, si promette la fine delle sofferenze che "altri", sempre "altri", hanno inflitto al popolo. In pratica viene promessa la fine del "sangue fatica lacrime sudore", che ha messo in ginocchio le ultime generazioni, quelle del dopoguerra.
Se questi sostantivi fossero inseriti in un discorso elettorale attuale (attenzione, non necessariamente come promessa/minaccia) sarebbero il fallimento immediato di chi li proponesse. 
Presentarli, ben lungi dal ricevere unanimità di consenso, raccoglierebbero insulti,  pomodori, uova, sputi... Se non colpi d'arma da fuoco...
Eppure, nel dopoguerra immediato, a queste quattro voci se n'era aggiunta un'altra, non citata ma molto diffusa: la "fame". Quella a cui ci si era 'quasi' abituati (Francesco d'Assisi l'avrebbe definita sora Fame...) durante tutto il conflitto. La fame vera, quella che attanaglia lo stomaco, quella che porterebbe a mangiare i sassi pur di placarla, quella che faceva morire d'inedia, quella che per un tozzo di qualunque cosa poteva spingere all'omicidio...
Chi è sopravvissuto non dimentica, anche se oggi non sarebbe personalmente più in grado di sopportare quelle stesse sofferenze fisiche di allora.
Sono cambiati i tempi.
Quei sopravvissuti si sono svenati affinché le generazioni successive mai più avessero da provare quello che avevano provato loro.
E ci sono riusciti. 
Alla grande, direi.
I chilometri a piedi fuori porta, di notte, sfuggendo a pattuglie armate di controllo, alla ricerca di un paio d'uova, di un litro di latte, di un pane nero, di una testa di cavolo... non succederà mai più.
I chilometri a piedi dei ragazzini per raggiungere la scuola, da soli (vivaddio!) senza timori di incontri infami, e il fare la punta alle matite fino al consumo totale delle mine, e l'uso della stessa gomma per tutto l'anno scolastico. E il rimprovero dei maestri (o anche lo schiaffone) che trovavano immediato riscontro al rientro in casa con il raddoppio del "premio" appena ricevuto...
Mai più, si diceva... 
E mai più sarà!
A meno che avvenga una costrizione, un obbligato ritorno al passato; una costrizione non più, e da nessuno, promessa. Che sarebbe più dolorosa in quanto assolutamente ignorata, assolutamente disattesa, assolutamente rifiutata.
Possiamo continuare a baloccarci coi ricchi premi e cotillons, promessi a camionate. Questi otterranno una unanimità, però suddivisa in tanti piccoli rivoli, gemelli separati che, per quanto si presentino come tali, non saranno mai un grande fiume.




2 commenti:

  1. A noi stessi e ai giovani, abbiamo tolto la fatica e, con quella, la felicità d'avere vinto con la forza delle braccia e della mente. Senza fatica non c'è ricompensa... non quella di moneta ma quella che noi stessi ci assegnamo.
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  2. Gnocchi suggerisce su diMartedì di dare il voto al suo partito: il Partito del Nulla. Temo che a chiunque si dia il voto, in questa specifica tornata elettorale, si finirà per votare il Nulla. E ho i miei dubbi che la ripetizione a breve del ritorno alle urne potrà dare un esito diverso. perlomeno non con questo guazzabuglio (leggi aborto) di legge elettorale.

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