Diana, aveva sedici anni
Una poesia di Carla Krilù, dedicata a una compagna, amica della sua adolescenza, quando gli affetti hanno la purezza e l'innocenza ancora bambine. Sedici anni, aveva quest'amica quando un tragico accidente troncò la sua vita in bocciolo...
Ecco, con queste parole, che raccontano l'ancora struggente dolore per una perdita così precoce, così inatteso, dà l'idea di un fiore spezzato, con quella gocciolina di umido che esce dal gambo ferito, il pianto di un fiore strappato alla terra che lo aveva appena generato.
Morire a sedici anni, quando il cielo è ancora azzurro e i sogni, appena abbozzati, sono tinti di rosa... Una finestra aperta verso il mondo, che un violento colpo di vento richiude, con un boato che il passare del tempo non riesce a smorzare. Anzi, il passare degli anni ravviva il rumore, alimenta il dolore.
E la domanda, quella cui non siamo in grado, né mai lo saremo, di rispondere, che propone il mistero dell'eternità: perché?
Ecco, con queste parole, che raccontano l'ancora struggente dolore per una perdita così precoce, così inatteso, dà l'idea di un fiore spezzato, con quella gocciolina di umido che esce dal gambo ferito, il pianto di un fiore strappato alla terra che lo aveva appena generato.
Morire a sedici anni, quando il cielo è ancora azzurro e i sogni, appena abbozzati, sono tinti di rosa... Una finestra aperta verso il mondo, che un violento colpo di vento richiude, con un boato che il passare del tempo non riesce a smorzare. Anzi, il passare degli anni ravviva il rumore, alimenta il dolore.
E la domanda, quella cui non siamo in grado, né mai lo saremo, di rispondere, che propone il mistero dell'eternità: perché?
Gennaio 1960 (dedicata a Diana)
L’inverno ricamava di merletti
le scabre nudità dei biancospini
e di freddo l’aria profumava
e di fumo di legna dei camini.
le scabre nudità dei biancospini
e di freddo l’aria profumava
e di fumo di legna dei camini.
Un pettirosso ardito sopra il pero
curioso spiava il nostro andare
sopra il fango rappreso di un sentiero
che d’altri passi serbava orme gelate.
curioso spiava il nostro andare
sopra il fango rappreso di un sentiero
che d’altri passi serbava orme gelate.
Nell’aria sottile di gennaio
l’affanno della corsa sollevava
acerbi seni e scarmigliati crini
e con dita di brina accarezzava
gote arrossate e illividite membra.
l’affanno della corsa sollevava
acerbi seni e scarmigliati crini
e con dita di brina accarezzava
gote arrossate e illividite membra.
Il correre giocoso s’arrestava
sull’argine gelato del Lamone
e di lassù l’orizzonte del mondo
valicando frontiere quotidiane
raggiungeva il pensiero e l’illusione.
sull’argine gelato del Lamone
e di lassù l’orizzonte del mondo
valicando frontiere quotidiane
raggiungeva il pensiero e l’illusione.
Inconfessato un sogno nascondevi
sotto frange di palpebre socchiuse
e domande sottese e silenziosa
ascoltavi il fragore del silenzio.
sotto frange di palpebre socchiuse
e domande sottese e silenziosa
ascoltavi il fragore del silenzio.
Ma il soffio della notte il sogno spense
e l’ala dolce della tua breve vita
mai ti condusse oltre quell’orizzonte.
e l’ala dolce della tua breve vita
mai ti condusse oltre quell’orizzonte.
Io sola percorsi sconosciute strade
raccogliendo i detriti della vita
ma dietro palpebre grevi ancora conservo
il ricordo dell’ultimo tuo inverno.
raccogliendo i detriti della vita
ma dietro palpebre grevi ancora conservo
il ricordo dell’ultimo tuo inverno.
(Gennaio 2001)
© Carla Castellani (Krilù)
© Carla Castellani (Krilù)
Non esiste un perché.
RispondiEliminaA sedici anni come a 50, e forse persino a 75.
La rabbia è lecita, secondo me, sebbene i buonisti la pensino diversamente.
P.S. Questa poesia, oltre ad essere molto suggestiva, è scritta benissimo.
Complimenti all'autrice, nonostante i sentimenti del momento e la giovane età.
Credo che "perché?" sia il principe delle domande, anzi il re. E non sempre c'è rabbia, chiedendo ma soprattutto chiedendosi, un perché a quel livello.
RispondiEliminaL'Autrice, alla quale ho chiesto l'autorizzazione per condivisione sul blog per via del © di vincolo al copy, ha riportato in questa poesia il trauma per una perdita tanto più drammatica in quanto inattesa. La sua pubblicazione risale al 2001, a dopo circa quarant'anni dall'evento che l'ha suscitata. Può essere che l'avesse già elaborata prima, macerandola poi in un dolore intimo e personale.
Non so se leggerà il blog, tra l'altro limitata nel comunicare a causa di una dolorosa degenza ospedaliera, che in molti seguiamo con affettuosa partecipazione, quasi giorno per giorno.
Anche lei è stata giovane, e il suo "perché" attuale non si riferisce al metafisico "perché a me?" ma direttamente al perché la medicina non riesce a inquadrare il suo malanno e, di conseguenza logica, non lo riesca a sanare.
Che legga o meno il post, anche da qui le ripeto l'augurio per una guarigione quanto più prossima possibile. Forza, Krỷ!
Non conoscevo nè lei e né la sua storia.
EliminaMi unisco al tuo augurio e aggiungo quello di non perdere la speranza.
Sebbene sia molto difficile.