Sinistri cinque
Il palazzo dove eravamo andati ad abitare era isolato, di fronte c’era una grande piazza, senza fronzoli, con erba, terra battuta e pianticelle tutt’intorno.
Sul retro un grande campo, coltivato per lo più a mais; oltre questo c’era la linea ferroviaria.
A livello strada c’erano tre negozi: una fioraia, un tabaccaio e, in un locale più piccolo, un sarto.
Questa fioraia aveva stretto amicizia con mia moglie, che la andava ad aiutare, passandoci il tempo mentre io ero al lavoro.
L’amore per i fiori e la frequentazione l’avevano messa in grado di partecipare alle varie lavorazioni, imparando, come si dice, il mestiere.
Così quando la fioraia, per fatti suoi, aveva deciso di andare altrove, la proposta di rilevamento del negozio era stata quasi automatica.
Quando mi aveva accennato questa possibilità, non avevo mostrato alcun entusiasmo, sia perché il commercio non rientrava nelle mie simpatie, sia perché ero conscio che avrebbe limitato il mio tempo libero.
Alla fine, come sempre quando una donna si mette in testa qualcosa a cui si è contrari, avevo aderito.
Esami, iscrizione alla camera di commercio, registro iva e altre cartacce burocratiche: tutto superato con grande rottura di…
Il negozio, grazie anche a una certa trascuratezza della fioraia, era, come si dice, terra-terra.
Avevo vincolato il mio “sì” a una sola condizione: se, putacaso, lo avessimo portato a un buon livello, con un impegno tale da mettermi in obbligo di scegliere tra il mio lavoro e il negozio, avremmo ceduto questo, senza ‘se’ e senza ‘ma’.
Seguire un negozio, ancorché floricolo, con una 850 spyder, ovviamente, non era cosa.
Avevo scelto una via di mezzo tra un furgone e un’utilitaria adatta alla bisogna: una Simca 1100, quelle con una specie di bauletto posteriore e i sedili completamente ribaltabili, da formare un piano di carico accettabile.
Sulla vita (infernale) cui mi aveva costretto il negozio parlerò in post specifici. Qui continuo con i sinistri.
Tra gli obblighi dell’attività floricola c’era ‘anche’ quello di andare al mercato generale dei fiori, naturalmente situato dall’altra parte della città, oltre la distanza dal paese di cintura di partenza.
Questo mercato, riservato esclusivamente agli operatori del settore, apriva alle cinque e mezzo del mattino; per entrare era necessario un ‘pass’ da rinnovare anno dopo anno; l’entrata era controllata da guardie giurate, che facevano passare esclusivamente i titolari della carta.
Dimenticavo: la moglie non aveva la patente e non dimostrava nessun interesse a prenderla, tanto c’era il ciuchino che svolgeva tutte le funzioni di facchinaggio inerenti il negozio.
Più tutte le altre, naturalmente.
Come già accennato in precedenti post, il mio lavoro si svolgeva sempre di pomeriggio; ogni tanto ‘anche’ al mattino, e ogni altrettanto ‘anche’ la sera; in questi casi fino a mezzanotte.
Il mio pudore a parlare dei fatti miei, forse mi ha impedito di dire che, a parte la vita, il sonno è il mio bene più prezioso. Adesso lo sapete.
Torniamo agli incidenti.
Ultima decade di un ottobre, situato negli ultimi anni di tenuta del negozio, che nel frattempo stava arrivando al limite di troppo buon andamento, e quindi si approssimava la possibilità di cessione a suo tempo prevista.
In vista della festa dei Santi, ma soprattutto dei morti (che non sono una festività bensì una ricorrenza, ma per i fiorai sicuramente una lauta festività), ogni mattina sveglia alle cinque, caffè, e via andare verso il mercato.
Per me una quotidiana goduria, che non sto a raccontare altrimenti mi vien da piangere.
Strada umidificata da delicati fiorellini, tanto per stare in tema, di neve; un corso che era un’autostrada; a quell’ora solo io con la mia Simca; un semaforo, puntualmente rosso e puntualmente rispettato.
Su quel corso si affacciava una grossa fabbrica.
A quell’ora smontavano gli operai del turno di notte.
Erano in quattro su una macchina.
O l’autista aveva inserito il pilota automatico senza attivare il radar di bordo, o doveva avere preso bene la mira.
Causa il viscido del nevischio non avevo neanche sentito se ci fosse stata o meno la frenata.
Avevo solo visto nel retrovisore le luci che si avvicinavano, e la botta al didietro della macchina.
La testa della moglie aveva ciondolato in avanti e indietro; meno male che, essendo storicamente vuota, non aveva subito danni oltre al classico colpetto di frusta.
I quattro erano scesi, otto braccia allargate, come per dire”scusi, non l’abbiamo fatto apposta”:
Scambio di dati indirizzi telefono, e appuntamento all’indomani mattina, domenica, per definire meglio le cose.
Come detto, sotto i Santi la macchina era indispensabile, più per il negozio che per il mio lavoro; per questo avrei potuto prendere benissimo mezzi pubblici, pur se un po’ disagiati per via degli orari.
In giornata, visita al carrozziere: spiegate le mie necessità, lui con un po’ di martellate mi aveva rimesso in sesto il culetto della macchina, aveva cambiato la fanaleria posteriore e rimesso in strada quel tanto da poter viaggiare.
Santi e morti passati benino, a parte il mazzo del lavoro in negozio.
Dall’incidente erano passati una dozzina di giorni. Non ero ancora andato dal carrozziere, perché troppo impegnato su entrambi i fronti, lavoro e negozio.
Il posto di lavoro era situato su un lungo corso, rettilineo, abbastanza ampio da consentire un traffico agevole e, soprattutto, la possibilità di parcheggio senza problemi.
Quel pomeriggio avevo parcheggiato sulla sinistra, dietro la macchina di un collega; dietro di me, a distanza di una decina di metri, erano parcheggiate altre vetture di altri colleghi.
Nel tardo pomeriggio mi aveva chiamato il custode, allarmato, dal gabbiotto all’entrata:
“Guardi che le hanno bocciato la macchina…”.
Pensiero: “Abbiamo uno sparviero per custode!”.
Parola: “Guarda che è più di una settimana che me l’hanno bocciata…”.
“No no, adesso adesso…”.
Brevemente, per non smentirmi.
Ragazzo e ragazza avevano deciso di scambiarsi effusioni, evidentemente dopo avere puntato la mia già sderenata Simca.
E ci si erano fermati contro.
La ragazza con la testa aveva fracassato il parabrezza anteriore, abbattendolo del tutto; il ragazzo, una botta al torace e tanto spavento.
La mia povera macchina, bisderenata, era finita contro quella avanti a lei.
Se ci fossi stato dentro, sarei stato cotoletta dentro un panino.
Conclusione: per il didietro avevo beccato da due assicurazioni, per il davanti da una sola.
Insomma, perlomeno le spese le avevo salvate.
Secondo me,la tua Simca era troppo provocante,ed è per questo che te l'hanno violentata sia didietro che davanti! :(
RispondiEliminaTra l'altro il buon Gatto ha dimenticato di specificare che la botta sul parabrezza aveva migliorato l'estetica... della ragazza.
RispondiEliminaGrandi e gravidi ricordi... una SyNca identica, anche il colore (cimice all'oNbra), l'aveva il primo dei miei compagni di liceo che prese la patente (cioè, visto il caso, la licenza di uccidere), perchè nato a gennaio.
RispondiEliminaOvviamente ci scarrozzava quotidianamente, aiutando a regolarizzare il nostro alvo stitico... effetto garantito, tipo sangue di san gennaro (BLEAH).
Specialità della casa era il salto del dosso in pieno paesello.
Gioventù.
Stefano
Simca 1000 anno 1972 prezzo 999.000 lire di cui mi ricordo a memoria la targa,regalo del papa' per la maturita'.
RispondiEliminaCiao Gatto nero, vedo che sei uno scrittore!
RispondiEliminaBenvenuto nella Stanza, torna pure quando vuoi!
Da queste parti si respira un'aria... sinistra...
RispondiEliminaBaci Gatto, ogni tanto passo a leggere e mi faccio un sacco di risate, grazie!
Heidi
Mi piace come racconti le tue spiacevoli vicissitudini, anche se sono "sinistri" li racconti in modo tale da farli sembrare abbastanza piacevoli perchè la tua carica ironica li rende quasi comici. Davvero, Mi hai nascere un sorriso sulle labbra.
RispondiEliminaAvevi una Simca 1100 e sei ancora vivo.
RispondiEliminaNon lamentarti mai più di nulla.
Mi spiace per la tua Simca.... ho le lacrime agli occhi... ma per le risate che mi son fatte leggendo.
RispondiEliminaScrivi davvero bene... mi piace soprattutto la tua ironia.
Grazie per l'avviso, in effetti è da 3 giorni che non ho visite... e... pensavo che tutti si fossero stufati del mio blog ih ih ih
è una domandona quella che mi poni "i dolcetti senza gli scherzetti che fanno?"
RispondiEliminaPoniamo la domanda a tutti ii bloggher ti va ?
ps magari sei come il riflesso dello specchio daiiiiiiiiiiiii tu sei un bel dolcetto !!!!
passa da me e leggi!
RispondiEliminaEccezionale....
RispondiEliminagrande gatto!
RispondiEliminami fì murì....
comunque lascia la macchina in garage, la prossima volta....
GATTOOOOOOOOOOOOOOOO mi hai fatto riflette passa da me !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
RispondiEliminapassa da me mi hai fatto trariflette !
RispondiEliminai tuoi amici sono invitati ...
tipini focosi questi due.....per la mia gattina
RispondiEliminaè una signorina di Sovana..... ma trattamela bene....
dalla foto mi sembri uno che va dritto al sodo....
tieni presente che è signorina.... ;)
mi aggiungo al coro...che hai un bel modo di scrivere....ironico e sottile
Quando la si prende con ironica filosofia ...
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