Fotovoltaico: fine dell'avventura
Nel paese sede della ditta, e in altri paesi vicini e meno vicini, la prassi consolidata per l'avvio delle opere prevedeva la presentazione ai vari uffici tecnici dei comuni interessati di un progetto redatto da ingegneri aggregati alla ditta stessa.
Se non risultavano problemi particolari, l'OK all'inizio della messa in opera era immediato.
Devo qui precisare che lo sconfinamento nella mia regione era avvenuto per la prima volta con la stipula del mio contratto.
Non avendo avuto richieste antecedenti la mia, la ditta aveva visto la possibilità di sviluppo in una zona nuova, e intendeva operare al meglio, al fine di proporre una pubblicità pratica ad altri possibili committenti.
Qui devo dare alcune informazioni sintetiche relative al progetto.
L'installazione prevedeva dieci pannelli fotovoltaici, potenza di 2 kw, circa 17 mq di superficie radiante (ben visibili nella foto del post precedente).
A sostegno dei pannelli, una impalcatura di sei pali innocenti diametro 6 cm, conficcati in una base cementizia già esistente; i pannelli sarebbero risultati una tettoia di copertura alla discesa dal terrazzato superiore, descritto in un post precedente (quello di Peppo, per chiarire), a quello sottostante.
Nessun intervento edilizio, niente cemento, né armato né disarmato.
Per accelerare i tempi, pochi giorni dopo erano venuti tre operai, avevano preso le misure, con la carota adeguata (la carota è una trivella che perfora in modo perfetto, nella misura richiesta dai pali da piantare) avevano perforato il cemento e piazzato i pali verticali.
Successivamente avevano montato l'impalcatura di sostegno della tettoia.
Mancavano solo i pannelli.
Una giornata di lavoro.
Attesa dell'OK dal comune per la sistemazione dei pannelli e dei vari collegamenti elettrici.
Tutto filava alla perfezione.
Evidentemente troppo.
Per la presentazione del ‘progetto’ era necessario appoggiarsi a un professionista locale.
Quindi il titolare della ditta si era presentato con un geometra indigeno.
Che si chiama Nicola.
(Non ditemi che per i nomi non ho fantasia, ma se il Nicola della telecom e questo geometra hanno lo stesso nome, vero, non vedo perché, in nome della fantasia, dovrei cambiarglielo. Certo, un po' di complesso da Nicola mi è venuto... anzi, una idiosincrasia vera e propria).
Dunque, Nicola esordisce con la necessità di presentazione della DIA al comune.
Ovviamente nessun problema: ne avevo fatte due, avrei fatto la terza... (ricordate?).
No no no, la DIA è un progetto dettagliato da presentare in comune, per l'autorizzazione a costruire.
Anzi: l'impalcatura deve essere subito rimossa, perché se vengono i vigili fanno verbale, denunciano per falso ideologico e dimenticate l'impianto.
Per il comune, dice, non c'erano problemi, aveva conoscenze, per cui l'attesa sarebbe stata breve.
Smonta tutto di corsa: una giornata di lavoro, pali e giunti appoggiati nel parcheggio.
Passato il tempo necessario alla stesura del progetto (nel frattempo Nicola era venuto con un aiutante, aveva misurato tutto il misurabile, perimetro del giardino, altezza dei due terrazzati, distanze dai confini, colture in essere... tutto), aveva telefonato per la firma dei documenti.
Cerco di dirla in breve, perché ancora adesso se ci penso mi incazzo: un faldone alto una dozzina di centimetri, una quarantina di firme da apporre in calce ad altrettanti cartacei, elaborati grafici, fotografici, prospettici...
Documenti meravigliosamente cellophanati, uno per uno.
Una faccenda da brividi: per una tettoia, casualmente dedicata a un impianto fotovoltaico.
Con la destra anchilosata dalle firme, avevo avanzato la speranza di una soluzione rapida.
Rapida?
Erano passati i mesi, e alle porte dell'estate era arrivata la risposta del comune: era necessario il "vincolo paesistico", da richiedere alla provincia.
Stesse misure del faldone per il comune, stesso numero di firme.
In agosto il 'buon' Nicola aveva portato in provincia la documentazione.
In agosto, credo sia tutto dire...
Verso fine 2008 è arrivato il parere della provincia: OK.
In comune: manca lo "svincolo archeologico", da richiedere al capoluogo di regione.
Faldone dimezzato, firme ridotte...
(Il vincolo archeologico è provocato da alcuni scavi fuori paese, che avevano portato alla luce ossa e frammenti di vestigia antiche, una specie di mini necropoli, ormai abbandonata del tutto e coperta di erbacce).
Come avevo descritto, il mio giardino è circondato da abitazioni, costruite nel tempo, alcune più antiche altre più recenti, alcune regolari e altre abusive, poi condonate.
Ai documenti presentati alla sovrintendenza del capoluogo, la risposta era stata, forbita ma chiara: che cazzo di parere ci chiedete per una zona abitativa già in essere!
Pare che in comune, l'ingegnere ‘capo’ abbia commentato: che figura di merda abbiamo fatto!
Per me, una magrissima consolazione...
Poteva essere finita?
No: infatti la mole di documenti doveva tornare all'esame della commissione edilizia, per la concessione definitiva.
Il paese conta circa seimila abitanti. Lo dico per la valutazione del carico lavorativo che può avere una commissione edilizia in questo territorio comunale.
Questa “commissione” è composta da tre membri (intesi come persone nella loro interezza, anche se, visto come sono andate le cose, l’altra lettura non mi dispiace), si riunisce ogni quindici giorni, in seduta plenaria.
Se un membro è in missione, si rimanda.
Se un membro è ammalato, si rimanda.
Se ci sono tutti e tre, ma non hanno voglia di riunirsi, si rimanda.
Un’altra manciata di mesi andati a puttane.
Arrivato finalmente il “permesso a costruire”, finalmente avanti con il montaggio dell'impianto, i collegamenti elettrici all'inverter (l'apparecchio che commuta l'elettricità da continua in alternata).
Dall'inizio dei lavori al collaudo dell'impianto c'erano voluti due giorni.
Circa un mese dopo erano venuti i tecnici dell'Enel per la messa in opera del contatore del fotovoltaico e la sostituzione di quello di casa, da unidirezionale a bidirezionale (ossia per il calcolo della produzione in entrata e di quella del consumo in uscita).
Due ore di lavoro.
Un breve riassunto, per chi avesse preferito saltare tutta la pappardella di cui sopra.
Una tettoia per fotovoltaico, 17 mq di superficie totale, niente interventi edilizi, nel pieno centro di un'area edificabile di circa 1000 mq, hanno richiesto 506 giorni dalla firma del contratto all'effettiva messa in opera; di questi 506 giorni "ben" due (+ due ore) sono stati impiegati per la parte tecnica, 504 per strangolamenti burocratici.
Dal 25 gennaio 2008 al 12 giugno 2009.
A due chilometri in linea d'aria, lo stesso lavoro avrebbe richiesto, al massimo, cento giorni.
Ed è la considerazione che, più di tutte, me le fa girare a trottola, nonostante sia passato più di un anno dalla fine dell'avventura.
Una faccenda da brividi: per una tettoia, casualmente dedicata a un impianto fotovoltaico.
Con la destra anchilosata dalle firme, avevo avanzato la speranza di una soluzione rapida.
Rapida?
Erano passati i mesi, e alle porte dell'estate era arrivata la risposta del comune: era necessario il "vincolo paesistico", da richiedere alla provincia.
Stesse misure del faldone per il comune, stesso numero di firme.
In agosto il 'buon' Nicola aveva portato in provincia la documentazione.
In agosto, credo sia tutto dire...
Verso fine 2008 è arrivato il parere della provincia: OK.
In comune: manca lo "svincolo archeologico", da richiedere al capoluogo di regione.
Faldone dimezzato, firme ridotte...
(Il vincolo archeologico è provocato da alcuni scavi fuori paese, che avevano portato alla luce ossa e frammenti di vestigia antiche, una specie di mini necropoli, ormai abbandonata del tutto e coperta di erbacce).
Come avevo descritto, il mio giardino è circondato da abitazioni, costruite nel tempo, alcune più antiche altre più recenti, alcune regolari e altre abusive, poi condonate.
Ai documenti presentati alla sovrintendenza del capoluogo, la risposta era stata, forbita ma chiara: che cazzo di parere ci chiedete per una zona abitativa già in essere!
Pare che in comune, l'ingegnere ‘capo’ abbia commentato: che figura di merda abbiamo fatto!
Per me, una magrissima consolazione...
Poteva essere finita?
No: infatti la mole di documenti doveva tornare all'esame della commissione edilizia, per la concessione definitiva.
Il paese conta circa seimila abitanti. Lo dico per la valutazione del carico lavorativo che può avere una commissione edilizia in questo territorio comunale.
Questa “commissione” è composta da tre membri (intesi come persone nella loro interezza, anche se, visto come sono andate le cose, l’altra lettura non mi dispiace), si riunisce ogni quindici giorni, in seduta plenaria.
Se un membro è in missione, si rimanda.
Se un membro è ammalato, si rimanda.
Se ci sono tutti e tre, ma non hanno voglia di riunirsi, si rimanda.
Un’altra manciata di mesi andati a puttane.
Arrivato finalmente il “permesso a costruire”, finalmente avanti con il montaggio dell'impianto, i collegamenti elettrici all'inverter (l'apparecchio che commuta l'elettricità da continua in alternata).
Dall'inizio dei lavori al collaudo dell'impianto c'erano voluti due giorni.
Circa un mese dopo erano venuti i tecnici dell'Enel per la messa in opera del contatore del fotovoltaico e la sostituzione di quello di casa, da unidirezionale a bidirezionale (ossia per il calcolo della produzione in entrata e di quella del consumo in uscita).
Due ore di lavoro.
Un breve riassunto, per chi avesse preferito saltare tutta la pappardella di cui sopra.
Una tettoia per fotovoltaico, 17 mq di superficie totale, niente interventi edilizi, nel pieno centro di un'area edificabile di circa 1000 mq, hanno richiesto 506 giorni dalla firma del contratto all'effettiva messa in opera; di questi 506 giorni "ben" due (+ due ore) sono stati impiegati per la parte tecnica, 504 per strangolamenti burocratici.
Dal 25 gennaio 2008 al 12 giugno 2009.
A due chilometri in linea d'aria, lo stesso lavoro avrebbe richiesto, al massimo, cento giorni.
Ed è la considerazione che, più di tutte, me le fa girare a trottola, nonostante sia passato più di un anno dalla fine dell'avventura.
(Con il fotovoltaico ho finito. Appena riesco a mettere insieme un po’ di materiale fotografico, per contrapposizione a questi post, mi riprometto di parlare di cemento, inteso come costruzioni assurde in luoghi assurdi).
coliflores...
RispondiEliminama sei un ragioniere per caso?
sei precisissimo!
bè, io ho dovuto coprire una parte del giardino... da allora... non faccio più niente! Neanche se dovessi pagare io il lavoro (ma questo l'ho sempre fatto! vabbé... a quest'ora...)e più o meno ho passato quello che hai passato tu, quindi sono solidale con te
non sei il primo che sento che ha passato simili traversie. è uno schifo totale, senza scusanti.
RispondiEliminaOT:
RispondiEliminascusami Pietro, ma come hai potuto notare ho fatto del casino. Mi serve anche il tuo aiuto: ti ricordi tutto quello che hai scritto fino diciamo all'8 agosto? Naturalmente a ritroso! Io ti risponderò parola per parola. Giuro!
:D
Che casino che ho fatto!
:(
Sono le grandi contraddizioni di questo sporco paese... Ma scusate io cercavo il blog di gattonero... Era tutto rosso, scarno e non aveva questa fighissima grafica, qualcuno sa dirmi che fine ha fatto?????
RispondiEliminaGatto ti allego questo link:
RispondiEliminahttp://www.energiaarcobaleno.com/fotovoltaico/index.html
Mio padre ha aderito circa 4 anni fa e da un anno ha i pannelli sul tetto,fa parte dei 180 realizzati. E' soddisfatto al 100% della riuscita, inoltre, il finanziamento a fondo perduto l'ha avuto dalla Regione.
Nel link qui sotto,il primo tetto in alto è quello di mio padre con relative spese.
http://www.mercidolci.it/fotovoltaico/fotografie_impianti_fotovoltaici_3.html#MD_000350
Baci,
Heidi
@ Gattonero aveva inalberato quel meraviglioso colore granata con la speranza che portasse fortuna. Non l'ha portata, così per scaramanzia ha indossato questi colori.
RispondiEliminaChe non sono della nazionale, e neanche dell'Inter, come un Itsas ha ipotizzato: il nero contrapposto all'azzurro è solo per facilitare la lettura, non per indicare un cambio (improbabile quanto impossibile) di fede calcistica.
Mi piace soffrire (non ripeto le interiezioni esposte da Vittorio; le completo solo con zozza che colà mancava, suggeritomi da un buongustaio).
@Heidi: mi pare che il voltaico di tuo padre sia un megavoltaico.
Per visualizzare i link devo aspettare il rientro della mia badante, perché il copia/incolla non è topo per i miei denti.
Fra poco fa diciott'anni, ed è in giro a portare gli inviti ad amici e compagne.
@ Steffy: ho ripassato i post dall'8 in avanti, e ho rimesso quello che mi sono ricordato.
RispondiEliminaAltri commenti ci sono stati, di commento ad altri, ma se non c'è l' non avrebbero senso.
Fai finta che sia un ruscello di montagna, o il canale di una roggia, dove l'acqua passata non macina più.
Andare in cerca di commenti a post passati è come riportare l'acqua a monte usando un bicchiere.
Tuffati in un bagno ristoratore nella nuova piscina di Grace (ma eccetera), poi torna in pista bella e rinfrancata come prima del disastro.
@ Steffy bis: non è uscito "imput" al non avrebbero senso. Ho tentato il corsivo e mi è andata buca.
RispondiEliminaGrazie grazie grazie Pietro!
RispondiEliminaRipassa da me che ti ho risposto in tutti i post! Mi vado a fare un bagno nel cesso della Grace (ma eccetera).
E si riparte.
Giuro, ieri mi ha preso veramente male!
Ho bisogno dello strizzacervelli?
:D
@ Steffy:
RispondiEliminaNon so dagli altri bloggaioli, che sono, come già detto e ripetuto, dei maghi, ma della mia comprensione puoi essere certa, visto che con questo aggeggio sono in lotta continua.
Grazie!
RispondiElimina:)
Sei riuscito a vedere il link?
RispondiEliminaHo visto i link. Appena sistemata la Stefi, conto di fare un supplemento relativo al fotovoltaico.
RispondiEliminaNon andare via, solo un po' di tempo.