domenica 15 aprile 2018

Pausa di riflessione

È come per una partita di calcio: l'arbitro lancia in aria la moneta, testa o croce, chi vince sceglie la parte di campo che più gli conviene.
Stavolta però l'arbitro ha barato (o meglio, lo hanno spinto a barare), infatti la moneta è a doppia faccia, manco a dirlo "croce". Come dire che in una parte di campo ci sarebbero state due squadre... e nell'altra nessuno.
Ha provato, l'arbitro, a lanciare in aria la palla, chi prima la prende alla ricaduta fa il suo gioco, e gli altri, pur se anch'essi vincenti, si associano ai perdenti per contrastare le azioni. La palla è rimbalzata due volte, ma nessuno si è fatto avanti per appropriarsene.
Cioè, ci hanno provato, ma puntando alla palla su in alto, si sono sbattuti di fronte l'un contro l'altro.
È come l'antico ruba-bandiera: si è nella fase di studio dell'avversario, per poi scattare fulminei ad arraffare lo straccetto che funge da bandiera.
Vincitori e vinti, felici tutti per avere dato al Paese la dimostrazione che "volere è potere".
Chi vince ringrazia; chi perde pure, per lo scampato pericolo.
Oggi avversari, domani sodali, poidomani complici.

Nell'attesa, niente di meglio che rilassarsi con un paio di sonetti di Gioachino Belli, scritti nel lontano aprile 1836.
Uno spicchio della vita di allora, che non ha nulla a che vedere con la vita di adesso...
Tanto per passare il tempo nell'attesa, fuori dalle stanze del travaglio.




Er merito

Merito, dite? oh ppoveri merlotti!
Li quadrini, ecco er merito, fratelli.
Li ricchi soli sò bboni, sò belli,
sò grazziosi, sò giovani e ssò dotti.
A l'incontro noantri poverelli
tutti schifenze, tutti galeotti, 
tutti degni de sputi e de cazzotti,
tutti cucuzze in cammio de cervelli.
Fà compari un pezzente immezzo ar monno;
fussi magàra una perla orientale,
"Presto cacciate via sto vagabbonno".
Tristo chi sse presenta a li cristiani
scarzo e cencioso. Inzino pe le scale
lo vanno a mozzicà ppuro li cani.

La vedova der servitore

Sto né in celo né in terra, Maddalena,
Ciarle quante ne vòi, bone parole...
Ciò rimesso a quest'ora un par de sòle,
e ch'ho avuto? un testone ammalapena.
Sai chi crede a le lagrime? Chi ppena.
Sai chi ppenza ar malanno? Chi je dole;
ma no chi è grasso, no chi ha robba ar sole,
no chi ss'abbotta a ppranzo e crepa a cena.
Doppo trent'anni de servizzio! un vecchio,
signor iddio, che l'ha pportato in braccio!
Uno che j'era ppiù c'un padre! Uno specchio
d'onestà!... Eppure a un omo de sta sorte
je se fa chiude l'occhi s'un pajaccio
senza una carità doppo la morte!






5 commenti:

  1. e sti vincenti se possiamo teniamoli divisi, appena si danno un'odorata e stanno insieme a noi ci arriva un altro danno

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    1. Francesco, è un grandissimo casino, credo il peggiore del dopo guerra. Sono tutti vestiti con abiti firmati, ma anche felpe, in tinta fumo di Londra. Ma i gilè sono neri, e anche la biancheria intima. Prima o poi verrà l'estate, si dovranno spogliare e allora vedremo il vero colore di chi ci starà governando. Che tra l'altro non è neanche un colore... E i precedenti non aiutano a ben sperare. La frase ad hoc per queste situazioni è "che Dio ce la mandi buona!", e vale per chi ci crede ma anche per chi no.

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  2. Non si capisce più nulla, ma si sapeva visto la legge elettorale.
    Serena giornata.

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    1. Tutti proclamano di voler fare quello che gli italiani vogliono.
      A questo punto si capisce più o meno quello che vogliono i partiti; gli italiani non sanno più cosa volere: tutto e subito è assodato, quanto tutto e quanto subito stanno perdendo il conto.
      (Berlusconi offrirebbe un posto da spazzacessi ai m5s; ignora che a quel posto ambirebbero fior di laureati, come alternativa all'andare all'estero a cercar fortuna. Per molti sarebbe la Merica trovata in casa...).
      E buon week-end a te.

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