L’ultima volta che Pietro — chiamiamolo così — ha visto i compagni di classe, una terza elementare di Riccione, gli si sono rovesciati gli occhi all’improvviso. È caduto per terra, il corpo scosso dai tentacoli dell’epilessia. Il ritorno a scuola dopo il ricovero preoccupa i suoi genitori: e se gli altri alunni lo facessero sentire a disagio? Invece all’uscita Pietro sembra tranquillo e, quando la madre gli chiede come è andata, si limita a farle un sorriso. I bambini non rispondono mai alle domande dei grandi. Finché un giorno la mamma di Pietro entra in classe e scorge un cartello appeso alla parete. Sotto il titolo «Incarichi di emergenza», la maestra ha predisposto un dettagliatissimo piano di pronto e mutuo soccorso. In caso di nuovi attacchi, Lia dovrà prendere il farmaco nel secondo cassetto. Nel frattempo Tommaso (o Alberto, in sua vece) sarà già schizzato a chiamare i bidelli, mentre Leo F. e Giordano allerteranno gli insegnanti delle classi adiacenti, Giulia o Leo A. prenderanno il cuscino e Gaia e Josef pescheranno il cellulare nella borsa della maestra, che si occuperà della prima assistenza, coadiuvata da Diana. La madre di Pietro scopre che in classe suo figlio non è un emarginato, ma un privilegiato. Il capitano di una squadra dove tutti hanno un compito preciso e un obiettivo comune, sotto la regia di una maestra così immensa e discreta che avrebbe preferito che un gesto d’amore organizzato con tanta cura rimanesse un segreto tra lei e i suoi bambini.
Corriere di Calabria, aprile 2018
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