mercoledì 14 marzo 2018

Ciu-cia-'n-cio

Potrebbe essere un detto cinese (forse mandarino) per indicare un periodo di indecisione, di stallo, del non sapere che pesci pigliare, del non avere santi cui appellarsi.
Tradotto liberamente in italiano lo si potrebbe definire un gran casino.
In realtà è un monito, un invito alla ponderazione, alla meditazione, a concentrarsi alla soluzione di un problema. Prendendosi tutto il tempo necessario per arrivare alla sua soluzione.
Che prevede talvolta l'obbligo di scegliere il meglio da un ventaglio del peggio.
Solo che il più delle volte questo tempo non c'è.

Nel campetto di una parrocchia, una parrocchia d'élite, con accesso limitato a giocatori scelti dall'alto (spacciati come scelti dal basso, ma proprio basso, quasi da bassifondi), con tanto di pass e, alcuni, con tanto di scorta.
Erano molti, questi giocatori, anzi troppi.
Avevano partecipato ad un torneo, di quelli ad eliminazione diretta (tipo "hai perso, sei fuori!"), che aveva sfrondato la più parte delle squadre, quelle con scarso fisico e con minore sostegno di tifoseria.
Sul campo era rimasta solo la crema (appunto il meglio del peggio), ossia quei club con maggiori possibilità, vuoi di pecunia e, quasi conseguente, di tifoserie organizzate.
Dalle partite finali era emersa la supremazia di tre squadre, che alla vigilia avevano divulgato, declamato, conclamato, asserito, garantito alle rispettive tifoserie la sicura, netta e indiscutibile vittoria del torneo, ciascuna già prenotando la coppa del premio, con annessi e connessi.
Con tre squadre in campo (più una squadretta, che si era iscritta al torneo contando sul fatto che laddove un pallone rotola, può essere che finisca nella rete avversaria, offrendo quei punti detti "del fondoschiena"), la finalissima si era ridotta a un triangolare.
In questo tipo di torneo, come detto ormai ristretto, l'eliminazione avviene per punti, ossia si sommano il punteggio ottenuto nelle gare effettuate fino ad arrivare allo scontro diretto tra le due migliori.
Si era arrivati, dopo partite accese e vibranti, a due squadre in campo a fronteggiarsi, ciascuna sicurissima della propria possibilità di vittoria, con la concessione del secondo e terzo posto sul podio alle altre due (perdenti e incazzate).
La quarta, senza speranze di podio, aveva accettato di fare da guardalinee, pronta a festeggiare la squadra vincitrice, qualunque fosse.
Le due squadre "forti" si fronteggiano; potessero, e la legge glielo consentisse, più che a pallonate si affronterebbero con scimitarre, archibugi, colubrine e dita negli occhi.
Con l'arbitro pronto al fischio d'inizio della gara...
Ma non dimentichiamoci che stiamo parlando del campetto di un (ricco) oratorio.
Chi, in un pur lontano passato, li ha frequentati sa che il perdente, inviperito dalla eliminazione, si prendeva talvolta il pallone e si defilava, impedendo così lo svolgersi dell'attesa finale.
A quel punto, finiti i richiami a non ben precisate responsabilità delle squadre, restavano solo due soluzioni.
Una affidata al "buon senso civico" delle due squadre in campo, l'altra affidata all'arbitro.
La possibilità data alle due squadre era l'antico, bucolico, "pari o dispari, bim-bum-bam" e il vincitore si trovava con la coroncina di alloro sul capo e la coppetta fra le mani.
Al perdente uno scherzoso (ma neanche tanto) "cicca cicca chi ruba s'impicca".
L'arbitro: poteva lanciare in aria la moneta ("testa o croce") et voilà ecco il vincitore, quello che aveva imbroccato il -bam giusto; modalità di festa eguali a quelle descritte appena qui sopra.
Il terzo, quello del furto del pallone, per vendetta lo bucava e lo gettava in discarica, tanto non sarebbe più servito.

Bene, usciamo dal campetto della parrocchia e parliamo di cose serie.
La situazione attuale è quella splendidamente illustrata da Giannelli sul Corriere della Sera prima delle elezioni.
Quella era di sicura previsione, oggi di confermata conferma.


Ufficialmente il permanere di queste posizioni avrebbe pochi sbocchi per l'arbitro Mattarella: 
♥ affidamento a una delle due compagini dell'onore/onere di formare un nuovo governo, col fondato rischio di vederselo impallinare, anche solo per dispetto;
♦ affidare a un governo esclusivamente tecnico il traghettamento verso una nuova legge elettorale; anche in questo caso l'impallinamento non sarebbe da escludere, solo per ripicca;
♣ fermare il tempo, "costringere" al dialogo i duellanti fino a che non offrano una soluzione valida e garantita, ovvero fino a che morte non li separi;
☻dimettersi (con dimissioni immediate e irreversibili) e mandare tutti al diavolo.

Tra tutte le sue scelte pare faccia premio la seconda, quella che affiderebbe a una persona super partes il compito nell'immediato della soluzione di un problema che appare altrimenti irrisolvibile.
A sentirsela offrire dà l'impressione di essere, permanendo questi chiari di luna, la più logica.
Logica forse, ma anche questa di non facile applicazione.
Ammesso e non concesso che si riesca ad arrivare a nuove elezioni, sarebbe necessario (indispensabile) che chi raccoglie più voti riceva un premio che garantisca una maggioranza tale da potersene infischiare altamente della concorrenza, detta opposizione per sviare dal campo commerciale.
Dunque: per poter tornare al voto è necessario che le Camere vengano sciolte entro fine aprile. 
Le consultazioni per la loro formazione prevedono, intanto, la nomina dei presidenti di Camera e Senato (forse agli inizi dei aprile).
Tre settimane di tempo, insufficienti ad adempiere a tutte le disposizioni che consentano la votazione di una nuova legge elettorale e il ritorno alle urne prima dell'estate. 
E d'estate l'andare a votare sarebbe una via crucis difficile da percorrere.
Oltre tutto un voto estivo rischierebbe di premiare vistosamente un partito, penalizzando gli altri.
A causa della mai dimenticata differenza tra il nostro nord e il nostro sud, che le recenti votazioni hanno ben chiaramente evidenziato.
Facendo slittare il voto all'autunno, gli adempimenti necessari per rimettere in moto la macchina governativa renderebbero molto, ma molto, difficile l'approvazione della legge finanziaria, con lo spettro dell'aumento dell'IVA, nel rispetto delle cosiddette clausole di salvaguardia.
Il che porterebbe a un immediato aggravio di spesa superiore agli 800 € per famiglia, che sarebbe da sommare ai circa 300 milioni di € del costo approssimativo di ogni tornata elettorale.
Ammesso e non concesso che si riesca ad approvare una nuova legge elettorale in tempo utile, magari con un governo purchessia, se la situazione di blocco sulle proprie posizioni dovesse permanere, quale sarebbe la soluzione?
Se la sapessi, non sarei qui a raccontare la favola del lupo, già sentita e raccontata da altri in modi meno caserecci dei miei.

Ecco, Ciucia 'n cio è l'invito rivolto a Mattarella ed è traducibile con Succhia un chiodo, Sergio, e, quando sarà completamente consumato, tutti i problemi saranno risolti, senza colpo ferire.
In fondo, siamo tutti fratelli.
Solo per prudenza, anche un pochino coltelli. 





  


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