mercoledì 25 luglio 2018

Cellulare felino

Sceneggiatura per un cortometraggio giallo.
'Corto', misurato in altezza.
Domenica sera scorsa, vento afoso che tiene il cielo abbastanza terso.
Sudori non colanti, ma quel sudore assoluto che se ti mettessi nudo ti sentiresti ugualmente vestito, di una patina velina fastidiosa... che non sarebbe sufficiente ad evitarti un fermo per oltraggio al pudore.
Oltraggio al sudore...
Decido di fare uno scatto in notturna del panorama marino e, se riesco, di una salva di fuochi pirotecnici programmati per la tarda serata nei dintorni.
Di queste splendide immagini è pieno il web, facebook ne sforna almeno una al giorno, tutte foto talmente belle e nitide da farmi ritenere che siano fatte in laboratorio, magari riprese da figure a corredo di testi che ne illustrano ogni trucco messo in atto per la migliore riuscita degli scatti.
Misure dell'obiettivo, filtri, posizione, esposizione, tempi, luminosità...
Troppo complicato per la mia piccola mente, resa ottusa e refrattaria a marchingegni che vadano oltre al casareccio "guarda punta scatta", che toccava poi al professionista fotografo tentare di migliorare nella fase di sviluppo della pellicola.
Impresa non sempre facile...
Adesso ci sono questi aggeggi di tecnologie avanzate, stanno nel palmo della mano, piatti, compatti, che danno tutto meno il caffè e il gelato. E neanche una birretta o un cognacchino.
Tempo al tempo, quanto prima...
Fatto sta che per fare una foto con questi fenomeni alieni basta cliccare su un cerchietto dopo avere richiesto il servizio specifico per le riprese foto/video. In teoria dovrebbe essere tutto automatico: messa a fuoco, ricerca della luminosità più adatta, ritaglio... e quant'altro.
È così, 'deve' essere così, con chiunque ne parli, con chiunque ti mostra con orgoglio immagini stupende, esposte con una logica talmente modesta che ogni volta sarebbe un'offesa al mio amor proprio. Le mie, in particolare le notturne, sono macchie con un fondo buio, quadretti astratti che anche Sgarbi avrebbe difficoltà a commentare come figure artistiche.

Bene, inizio la ripresa... del corto accennato all'inizio. Questo è stato solo un prologo per far capire qual è il mio rapporto con questi sofisticati (e costosi) accidenti.
Per tentare di avere più possibilità di riuscita nei miei scatti notturni avevo trovato una specie di lente che nelle istruzioni prometteva una migliore e più ampia visibilità alle immagini da riprendere.
Da applicare con una molletta all'obiettivo dello smartphone. Per poterla usare era necessario togliere il cellulare dalla cover, in modo da dare la migliore aderenza possibile di questa lente all'obiettivo fisso del cellulare.
Fatto... almeno speravo...
Nello specifico, per avere una maggiore panoramica di ciò che andavo a immortalare, ero salito alle mansarde, da cui potevo vedere le luci del paese sottostante e il mare e il cielo.. Credo che restando qualche ora ad ammirare il tutto, me lo sarei trovato 'impressionato' nella mente, da dove, in un futuro forse non lontano, sarà possibile trasferire la pellicola mentale direttamente su computer o addirittura su carta fotografica.
Mansarde al quarto piano abbondante, undici rampe di scale, niente ascensore dalla creazione del manufatto (non era stata prevista la possibilità che potessimo invecchiare, per cui ai baldi giovinotti e prosperose fanciulle di allora sarebbe sembrato offensivo installare un ascensore; oggi, chi sta in alto si accontenterebbe di un saliscendi, una carrucola da muratore...), ampio terrazzo con possibilità di movimenti, alla ricerca della parte migliore da immortalare sul mio apparecchietto.
Ripreso fiato, solito spettacolo mozzafiato... ripetitivo, ma sempre nuovo; un libro perennemente intonso anche dopo averlo sfogliato, e letto, migliaia di volte.
Montaggio della lente a lume di luna per non turbare il buio silenzio con inquinamenti luminosi turbativi dello sfondo da fotografare.
Accendi, punta... il braccio traballante non consentiva di fermare l'occhio della fotocamera...
Appoggiati i gomiti sulla ruvida pietra serena del parapetto, una ventina di centimetri... sufficienti per potermici sdraiare di schiena ad ammirare le stelle che occhieggiano tra nuvole vaganti.
Senza cover (che presumo significhi copertura, riparo, salvagente, airbag... e continuo a non capire come da termine musicale sia finito a indicare un accessorio di cellulari e tablet), il cellulare, complice il palmo sudaticcio, è particolarmente scivoloso. Mi rendo conto di quanto lo sia quando con la sinistra cerco di sistemare meglio la lente.
Un'anguilla viva credo sarebbe stata più facile da tenagliare.
E il cellulare prese il volo...
Circa quindici metri, e il 'corto' si era trasformato in un lungometraggio. Senza fine...
Affacciato oltre il parapetto, per un attimo (inferiore al lampo di luce della particella di Dio che ha fatto nascere l'universo) avevo pensato di gettarmi nel vuoto, lanciarmi al salvataggio. Lo avevo visto tante volte in filmati che raccontano di lanci da velivolo con prese al volo tra paracadutisti, con atterraggi spettacolari, raramente con incidenti di percorso che finiscono in tragedia.
Non avevo neanche una tuta alare a portata di mano; e comunque, l'avessi avuta, quindici metri di tempo non sarebbero stati sufficienti a infilarmi neanche un dito.
Nell'aria un silenzioso urlo straziante da parte del volatile tecnologico, era caduto a faccia in su, un lampo di luce, l'ultimo canto del cigno morente... poi il buio, il silenzio...
Sudorino gelido, al viso e lungo la schiena, un tuffo nel ghiaccio...
Sudario, più che sudore, steso pietoso su me sopravvissuto.
Ero sceso dalle stesse rampe di scale che avevo poco prima salito con orgogliosa sicurezza... (cit. A. Diaz, bollettino della vittoria, 4 novembre 1918... all'inverso).

Senza fretta...
Se vai in visita a un morto che motivo hai di correre, sai che quello non si muove, ti aspetta, e se anche decidi di ignorarlo non si offende. Ti aspetta comunque, sa benissimo che quanto prima lo raggiungerai... in visita reciproca.
Avevo già preparato una paletta e uno scopino virtuali per raccogliere i cocci; lungo la discesa avevo anche pensato di portarli a Paolo per la sepoltura, che sarebbe stata senza costi in cambio di un ricco obolo per la sostituzione del defunto. Non fiori, ma moneta sonante...
Piangeva il telefono, e piangeva pure il portafoglio, che versava lacrime amare sulla mia natica destra, quella che lo sostiene all'interno della tasca posteriore, in vista di un suo imprevisto e improvvido alleggerimento.
Arrivato a terra, giacente inanime sul pavimento in cotto antiscivolo, il piccolo rettangolo.
Istintivamente, prima di procedere a un intervento di salvamento, magari un bocca-a-bocca virtuale, avevo guardato intorno: un pergolato di vigna già con i grappoli verdi pendenti, un gelsomino, un alberello di mandarinetti cinesi, un mandarancio, un'ortensia sfiorita... e altra flora: non uno di costoro che avesse teso un ramo, un tralcio, un braccio, una gamba in un umanitario tentativo di salvataggio.
Non dico dai cosiddetti immobili, ma dai vegetali, che nascono vivono muoiono quasi come noi, un gesto di samaritana umanità me lo sarei aspettato. Per esempio io, che sono un ipersensibile, una mano di aiuto non la negherei a nessuno. Quella mano che tendo perfino alle zanzare, che in queste serate afose, mi trasfusionano senza tregua, per incoraggiarle a proseguire nel loro suggimento... purtroppo raramente riesco ad appoggiarla sulla loro schiena... le maledette!
Anche le piante si devono essere adeguate all'inumanità ormai diffusa, imperante, nel genere cosiddetto umano. Voltarsi dall'altra parte è ormai lo sport preferito, costa poco e sovente evita problemi a non finire...
L'ho raccolto, rassegnato...
Cose che capitano, mi dicevo, soprattutto a chi maneggia oggetti inanimati ma a modo loro vivi, e dotati di un'intelligenza propria, che averne una minima parte saremmo tutti geni, ha le mani imburrate come una teglia per crostate.

No, non poteva essere vero! Non ci potevo, né volevo poiché antitroppo, credere!
Volato a peso morto da un'altezza di poco meno di quindici metri...
Da una rapida visita esterna non c'era alcuna scheggiatura, neanche minima; alla palpazione non risultava alcuna frattura, probabilmente i traumi sarebbero stati solo e tutti interni.
Accensione del piccolo monitor: luminoso, come prima dell'incidente, senza lamenti o distorsioni.
Segnale di messaggi su watsapp: uno indigeno e due dalla Spagna, letti perfettamente.
La voce sicuramente l'aveva persa, come l'avevo persa io per le due emozioni in così rapida sequenza.
Avevo risposto al messaggio spagnolo con chiamata vocale: la risposta era arrivata, nitida, limpida, come se la corrispondente fosse alla nostra marina.
Poi succede che un cristiano (ma anche uno di altra fede, o un agnostico, perfino un ateo) cada da una sedia o da un tavolo e si possa ritrovare mezzo fracassato, quando gli va bene; oppure che ci rimanga secco, quando proprio è scritto che debba andar male.

Che dire... Non credo ai cosiddetti miracoli, tanto meno se applicati ad oggettistica generale.
Così mi piace pensare, e credere, che il mio cellulare abbia un'applicazione fuori range, che preveda l'uscita di quattro zampette che gli consentono, in caso d'emergenza, di cadere all'in-piedi, come si dice, e salvare la... pelle. Magari un'applicazione ignota, introdotta in via sperimentale, a mia insaputa; benedetta, ovviamente!
Zampette retrattili, zampette feline, appunto.

Paolo? Per adesso lo saluto da qui, lo rivedrò alla prossima occasione.










2 commenti:

  1. Gioie e dolori con la tecnologia.
    Serena domenica.

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  2. Bellissimo racconto, complimenti!!
    Buon ferragosto spero lontano da quelle ignobili e puzzolenti grigliate di cadaveri. Ciao.

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