lunedì 30 dicembre 2019

Botti... la notte di santo Stefano!

Era prevedibile, non per niente avevo aggiunto al post degli auguri l'anatema contro gli stramaledetti botti, in particolare verso quelli notturni. Che fino a pochi anni fa iniziavano dai primi di novembre per finire dopo l'Epifania. Sicuramente per esaurimento delle merci... dell'esaurimento delle vittime, umane ed animali, le carogne che li sparano se ne fottono allegramente; anzi, più scassano gli zebedei più lo scopo prefisso è raggiunto.
Come detto, fino a pochi anni fa. Da allora, vuoi per le campagne di prevenzione, vuoi per i sequestri di quelle che erano diventate vere e proprie bombe, vuoi per le numerose dita gettate ai cani e i tanti bulbi oculari gettati ai gatti, negli ultimi tempi devo ammettere che il fenomeno ha assunto limiti di sopportabilità più... sopportabili. Inducendo a ritenere i pochi che ancora li provocano come dei poveri handicappati, come tali da compatire; non fino al punto di pietirli. Un tempo erano molti stronzi, oggi pochi, ma sempre stronzi rimangono.
Ero rimasto leggermente basito dal fatto che la notte di Natale, la classica Noche buena, stavolta era uscita indenne, per scatenarsi, non più attesa, la notte successiva, quella che porta dal giorno di Natale verso quella di santo Stefano. Ma si sa, chi spara i botti è un povero deficiente, che non sa stabilire con precisione quando attuare lo stupido sollazzo. Va da sé, sollazzo del... ecc.
Questa premessa era necessaria, prima di andare a raccontare la notte di botti che titola questo post.

Natale, pranzo e cena sereni, niente eccessi di cibo e anche le bevande ampiamente nei limiti di un improbabile alcoltest. Per guidare una poltrona e un telecomando non ci sono sanzioni e perdita di punti in patente in vista.
Per il dopo cena le ragazze avevano programmato la visita a una famiglia di amici. Era un incontro, dal loro punto di vista, doverosa. Dal mio, una semplice scocciatura. Per evitarla, avevo chiesto se fosse cosa buona che mi aggregassi al duo; ma avevo avanzato la domanda in maniera modestamente astuta: "Devo venire anch'io?", con risposta scontata: "Se vuoi...".
Non volli.
Non ho lo spirito poetico che vede tutta la famiglia raccolta, prima al desco e poi fronte il caminetto, né a queste feste né ad altre. La notte del primo dell'anno, per una fetta di panettone e un brindisi, magari sì; ma se anche non fosse non ci farei una malattia.
Inoltre lo stare soli non mi spaventa, anzi col passare degli anni la solitudine attuale mi sembra un allenamento per quella definitiva, sempre più prossima. Consente di pensare, senza quelli che i veneti chiamano, poeticamente, ciacolamenti, chiacchiere tanto per parlare e far passare il tempo.
Uscite loro, avevo rubato dal web il film Il primo Natale, di cui avevo seguito qualche recensione e, obtorto collo, il martellante lancio su un canale televisivo privato, che aveva oscurato quella, che credevo insuperabile, pubblicità che tratta di poltrone e divani; insuperabile nel senso di scassamento della pazienza.
Il film, se non altro, non metteva l'immediata domenica come termine improrogabile per goderne la visione.
Uscite loro, la scena era un po' ripetitiva, ma per chi non ne ha idea offro una rapida panoramica di come un momentaneamente single affronta la prima parte della seconda notte natalizia.
Poltrona, scorta di caramelle mou menta-liquirizia, sigarette accanto al caminetto per brevi soste corroboranti, coprigambe... che non è quello tipico delle persone anziane per calmierare il freddo: questo serve per salvarle dalle unghie della gatta di casa che, non appena mi accomodo, salta in grembo e, felice, comincia a impastare, dimenticando di avere le unghie retrattili, tenendole fisse in sola uscita.

Film, fresco di uscita nelle sale: ne propongo un accenno personale, che non è una recensione, ma il semplice parere di un non cinefilo accanito.
Prende lo spunto dall'ormai stagionato, e giustamente tuttora apprezzato, Non ci resta che piangere, con Benigni e Troisi, Un ritorno al passato, coincidente con una festa natalizia paesana, in cui i due protagonisti si trovano calati nel bel mezzo dell'avventurosa odissea di Giuseppe e Maria vaganti alla ricerca di un tetto in vista della nascita di Gesù. Le solite gag, che fanno da corollario a queste proposizioni del passato viste con occhi e conoscenze attuali. Belle battute, belle scenografie, una visione originale dei racconti evangelici, recitazione non dissimile da altre precedenti esperienze cinematografiche dei due...
Purtroppo, ma è un parere strettamente personale, ho trovato un po' troppo 'pasticciata' la seconda parte del film, troppo buia, poco comprensibile, che ha finito per nascondere battute e immagini, altrimenti interessanti, dal punto di vista della completezza dell'opera. Probabilmente dovuti alla limitatezza del piccolo schermo, magari la visione in sala le rende più accettabili.
Nell'insieme un bel film, senza essere un capolavoro.
Infatti al botteghino pare stia sbaragliando tutti i record di incassi... a conferma che questo mio parere non solo è soggettivo, ma assolutamente da tenere in nulla considerazione. È una di quelle rare volte in cui la piazza (forse) ha ragione.

Fine del film, dose caramelle esaurita, quota sigarette pure, la gatta costretta a scendere nonostante la sua ritrosia, era passata la mezzanotte e il sonno chiedeva il letto.
Apro una breve parentesi, sperando che le informazioni che vado a fornire non siano usate da qualche malintenzionato che un domani voglia omaggiarci di una improvvida visitina.
In casa ho alcuni compiti precipui, talmente accorpati che uno dei miei crucci è su chi mai sarà in grado di sopperire alla mia futura assenza: mettere e togliere tavola, mescere il vino nei bicchieri prima di portarli in tavola, asciugare le posate (ma questo solo ogni tanto, non è un vizio), la sera chiudere gli accessi alla casa...
Abbiamo cinque vie di fuga verso l'esterno, due porte-finestra (si chiudono abbassando una maniglia, manovrabile solo dall'interno) direttamente verso il giardino  una verso la scala del palazzo (con chiusura a chiave, che, per maggiore sicurezza, viene lasciata inserita onde evitare intrusioni non gradite in entrata); e due ulteriori accessi passando dal vano garage.
Tra tutte è basilare la chiusura serale attenta delle prime tre. Che, lo dico solo per dirlo, è un compito di particolare importanza.
Ogni tanto si sente raccontare di mariuoli che entrano, di solito nottetempo, nelle case e si servono di quanto loro abbisogna per tirare a campare. Da noi e in zona non è mai successo, ma è come la superstizione: non ci credo, ma non si sa mai... toccare ferro, legno, agli alle finestre, cornetti, in alcuni casi particolari non appare fuori luogo una grattatina scaramantica per tenere lontani accidenti e peggio... non è essere superstiziosi, solo prudenti, per via di quel "non si sa mai".
Ecco, la chiusura serale è pura e semplice prevenzione.

La mia serata natalizia si era chiusa un po' oltre la mezzanotte, le ragazze non erano ancora tornate e, come detto, frate sonno chiedeva la sua parte di giusto ristoro.
Avevo provveduto a chiudere due delle tre vie di fuga prima citate. La terza era rimasta apribile a sola spinta in vista del rientro, l'ora del quale era sconosciuta perfino alle ragazze.
Dimenticavo: va da sé che le vie di fuga erano tali se viste dall'interno; arrivando dall'esterno erano vie di entrata in casa. Le uniche vie d'entrata...
Senza essere ansioso di natura, contrariamente al solito mi ero portato il cellulare in camera da letto; l'ormai abituale "non si sa mai" mi aveva fatto pensare che una ruota bucata, o qualche piccolo intoppo, avrebbe potuto mettere in crisi due donne, per cui sapere che a portata di mano ci sarebbe stato un pronto intervento avrebbe conciliato una dormita serena.
Il sonno del giusto era arrivato subito, come al solito.
E quel sonno era da subito stato profondo. Molto profondo.
Non abbastanza da non essere svegliato di soprassalto, poco dopo l'una, da alcuni botti, quegli infami rumori che oltre ai gatti spaventano anche me.
Una gragnuola veloce, durata pochi istanti...
Sembrava provenire dal piano sopra il nostro e avevo subito mormorato una prece verso il figlio di Maria (eufemismo) che era stato sempre tranquillo e rispettoso e che proprio la notte di Natale faceva il bastardo.
Non erano durati molto e mi accingevo a riprendere il sogno interrotto, pur conscio che ogni interruptus, come tutti sanno, persus est (latino infantile, più che maccheronico).
Evidentemente non era noche buena.
Poco dopo avevano ripreso, con una furia pazza, al cui confronto perfino i botti nelle zone di guerra sarebbero stati apparsi innocue miccette; quelle che sembrano più peti di gatto che botti.
E non accennavano a diminuire d'intensità, anzi...

Ero schizzato fuori dal letto, fumante d'ira funesta niente contenuta, deciso a salire di sopra per offendere, forse aggredire, quel hijo de puta (non è un eufemismo) per i botti e per la scelta della notte sbagliata per spararli.
Ero, come dire, più che in déshabillé, proprio in mutande ma, prima di indossare qualcosa avevo voluto verificare se le ragazze fossero, o meno, rientrate.
La luce accesa nel soggiorno mi aveva fatto capire da subito che non lo erano...
Nello sguardo veloce nella sala ero stato colpito da una immagine che mi aveva fatto ricordare la notte di halloween (altra stupida usanza americana che, come i botti, punta a spaventare con immagini e mascherate orride i malcapitati che capitano a tiro).
Si trattava di un viso, il cui pallore era accentuato dal fondo del cielo scuro e da un cappuccio nero orlato di (finta) pelliccia, che davano l'impressione di un palloncino danzante nel vuoto. Un viso e due mani che si sbracciavano, una bocca che gridava qualcosa, al di là della vetrata che portava in giardino che, sul momento non riuscivo a capire.
A questa visione spiritica si era aggiunto il trillo del telefono fisso, che mi aveva fatto ritenere che qualcosa di brutto stesse colpendo il palazzo.
Tutte sensazioni durate non più di un millesimo di secondo...
Mi ero precipitato alla porta-finestra per fare entrare la ragazza giovane che, borbottando che le avevo chiuse fuori, si era precipitata ad aprire la porta d'ingresso sulle scale interne del palazzo. Da cui, leggermente alterata (eufemismo), entrava la ragazza meno giovane.
Avevano trovato tutte le vie d'entrata chiuse; per una ventina di minuti avevano tentato in tutti i modi di allarmare il 'custode' dormiente, battendo coi pugni sui vetri, chiamando sul cellulare, battendo sui muri della cantina...
Si stavano rassegnando a passare la nottata in macchina, quando il Lazzaro di casa era risorto, aprendo casa alle due derelitte. L'alternativa sarebbe stata chiamare il 115; o magari il 112, segnalando la possibile mia dipartita.
Capita, perfino sovente, anche questo.
Forse il pensiero che potessi finire in una struttura protetta, da cui fossi impossibilitato a far danni, pur senza fare niente, aveva frenato la chiamata d'emergenza.
I miei botti...
Ero caduto in quel sonno pesante che precede il rem, e che, pare, con l'avanzare dell'età dovrebbe attenuarsi.
Nell'attesa di riprendere il sonno, avevo ripassato le operazioni di chiusura porte della sera precedente: galeotta fu la sequenza seguita ogni sera dell'anno, per cui la porta dal giardino, che credevo di avere lasciata apribile, era stata invece la prima ad essere manigliata.
Avevo accennato al fatto che potevano chiamare sul cellulare: l'avevano fatto, ma era risultato irraggiungibile. Infatti, come tutte le sere, per risparmiare la batteria, avevo inserito la 'modalità aereo', convinto che in quella posizione le chiamate vocali venissero accettate. Non è così...
Ignoranza tecnologica...

Mattina del 26: nella calma che segue la tempesta, avevo buttato lì una frase: 
"Avete visto? Se fossi venuto con voi, saremmo rimasti chiusi fuori casa...".
Era stata accolta con la stessa bonomia di coloro che compatiscono.
Credo che per le future uscite fuori porta non mi sarà più data l'alternativa "se vuoi...", ovvero prenderanno le dovute precauzioni; un'esperienza del genere basta e avanza...

La curiosità mi ha portato a cercare di capire se il sonno pesante potesse essere un rischio; e ho trovato questo pistolotto che mi ha dato un po' di sollievo.
Pare che i pericoli vengano dalla fase rem, quella che contempla anche episodi di sonnambulismo.


Speriamo sia l'ultima sorpresa di questo 2019.
Fermo restando che comunque chi spara botti è un deficiente, quello del piano di sopra si è salvato per un pelo: sarebbe stato uno dei tanti innocenti, cazziati, forse menati, da un altro deficiente, a sua volta fregato dalla ripetitività dei suoi servizi.

Buon anno a tutti, 
e che Dio ce la mandi buona 
in un futuro che appare nebuloso 
almeno quanto il passato.

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