martedì 8 maggio 2018

Elogio dell'ignoranza


L'ignoranza è una dote che col passare del tempo diventa virtù.
Se tutti nascessero "saputi" questo sostantivo non avrebbe motivo di trovarsi inserito nel vocabolario.
Parlo dell'ignoranza dei cosiddetti 'tempi andati', quando questa, giustamente connaturata nei bambini, veniva colmata nel tempo, negli anni, in decenni di scoperte continue che via via colmavano le lacune iniziali, fino all'ultimissima esperienza che chiudeva il tempo dell'apprendistato.
Per sempre.

Oggi, ormai, la nascita di un bambino segue regole precise, che hanno stravolto quello che è stato per migliaia di anni l'andazzo di un parto.
Intanto, prima del neonato, dal canale vaginale escono, nell'ordine, un tesserino con il codice fiscale, poi un telefonino personale, ultimissimo modello se la partoriente, o chi per lei, se lo può permettere, altrimenti un modello del nese precedente il parto, quindi già obsoleto e da cambiare subito dopo l'uscita dalla clinica, per non creare traumi al nascituro che potrebbe sentirsi discriminato nei confronti di pargoletti più tecnolocizzati.
Il quale nascituro, sempre parlando di oggi, dimostra da subito di avere appreso come gira il mondo: sarà la placenta, saranno le acque che, analizzate al momento della rottura, dicono se sono sulfuree, di Fiuggi, di Montecatini, di Caronte, di san Bernardo, insomma di acque nobilitate dalla pubblicità...
Ovvero di semplici acque da rubinetto, arricchite di cloro e ferro da ruggine di tubi antichi, magari contenenti piombo di tubature dell'epoca romana.
E poi con tracce di uranio, plutonio, arsenico, perfino di stronzio che, oltre ad essere dannoso, fa pure schifo già dal nome, pur se storpiato.
E ci sono pure tracce di H2O, che sono le più difficili da individuare.
Fatto sta che se il parto avviene regolarmente cefalico, con l'aiuto terminale e delicato del forcipe, garantito al limone che il primo vagito del neonascente sarà un "vaffanculo" all'ostetrica che, involontariamente durante la leggera trazione, ha impigliato un orecchino provocando la detta reazione.
Podalico: se di piede, "vaffanculo, il solletico fallo a tua madre"; se di natiche, "vaffanculo, la mano morta la fai con tuo fratello".
Ventosa, usata con particolare attenzione per il rischio di allungamento, comunque provvisorio, della sommità cervicale: qui l'epiteto dei casi precedenti è di natura letteralmente pornografica, poiché è l'invito all'ostetrica ad andare a 'pompare e succhiare' altrove.
La differenza tra i vari tipi di acque in rottura è evidenziata dalla tonalità dei "vagiti": delicata al limite della preghiera con le acque pregiate, prepotente e offensiva al limite di denuncia quella comune del rubinetto.
        
Il vanto d'essere ignoranti è stato sublimato da un noto personaggio, ufficialmente cantante, che si è autonominato "re" di questa diffusa categoria. Non avendo ricevuto contestazioni il titolo gli è rimasto, a suo onore e gloria imperitura.
Di questo re mi piacciono tutte le canzoni, alcune le canticchio pure; non mi piacciono i suoi soliloqui silenziosi, con bevute d'acqua continue manco avesse problemi di prostata.
Non riesco mai a capire se ha perso la battuta o se, con le grattatine di labbra e mento, manda messaggi subliminali a qualcuno; e, non essendo io quel qualcuno, li traviso come una presa per i fondelli.
E questo, più che ignorante, mi fa sentire cretino.
Se esiste un re di qualcosa, per forza devono esserci dei sudditi...
In fondo siamo tutti, almeno parzialmente, ignoranti, ergo sudditi di questo o di altri re similari.
Un abilissimo chirurgo, che taglia e cuce per mestiere, è probabile sia totalmente ignorante nel campo sartoriale.
Un ingegnere aeronautico non è detto che sappia alcunché di culinaria.
Un prete o una monaca si presume siano ignoranti in fatto di sesso, perlomeno quello applicato (ma su questa interpretazione c'è il fondato dubbio che i preti 'ignorino' per contratto ecclesiale, studiando peraltro teoria nei confessionali; altrimenti non si spiegherebbero gli insistenti "quanto, quando, come, con chi, ecc.", prodromi di una eventuale pratica diretta; informazioni passate poi alle monache, sempre tramite confessionale, con suggerimenti sussurrati su quanto-quando-come-conchi-ecc. Ma sono solo illazioni maligne, in parte dovute al pensiero che essi possano 'operare' senza pagare dazio come gli altri comuni mortali).
I giudici talvolta sono mastri di leggi e codici, ma saranno ignoranti, per esempio, in medicina o farmaceutica...
(No, questo capoverso lo devo eliminare: avvenimenti recenti hanno dimostrato che, almeno questi due campi citati rientrano nelle loro specifiche conoscenze e le inseriscono nelle loro sentenze, ormai multidisciplinari). Diciamo che non hanno il pallino della meccanica. Forse.
Comunque anche loro hanno un bel bagaglio di ignoranza, per esempio sull'evoluzione dei tempi, quando continuano imperterriti ad applicare leggi preistoriche senza contestarne apertamente la vetustità.

Velo pietoso su chi si butta in politica; velo prossimo ad essere lenzuolo sudario. Teoricamente usato, questo, per coprire il corpo dei dipartiti a miglior vita; soprattutto il loro viso, quasi a velarne una specie di vergogna nei confronti di chi hanno abbandonato, talvolta veramente addolorati.
In campagna elettorale sanno tutto, sanno come muoversi nei meandri della burocrazia, sanno di economia, di sanità, di 'politica' intesa come polis...
Strombazzano ai quattro venti, e anche oltre, il loro essere al servizio dei cittadini, del popolo, del Paese...
Tutto è loro chiaro, anzi limpido...
Passata la festa, gabbatu lu santu, l'unica operazione in cui si mostrano abilissimi è la difesa ad oltranza delle poltrone appena 'conquistate'. Feudi, baronie, ottenute per merito o per grazia ricevuta.
Che la Nazione stia andando in malora a causa della loro incapacità a trovare le soluzioni promesse, non potrebbe fregargliene di meno.
Dal loro vocabolario è sparita la vergogna. 

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