Tanto per parlare...

Lamberto Sposini, giornalista, è stato colpito da una emorragia cerebrale. Gli auguro di tutto cuore di superare l’ostacolo e riprendersi al meglio.
Il fatto nostro similare è talmente recente che non posso fare a meno di drizzare le antenne e cogliere tutte le sfumature della vicenda.
Mentre lui lotta per la vita, sono intanto scoppiate le polemiche in merito ai tempi del soccorso, non so da parte di chi e perché; al limite si poteva aspettare che la vicenda si chiudesse, prima di attizzare un fuoco che lascia il tempo che trova.
Pare che il tempo dell’intervento, da parte di chi polemizza, sia stato di 40’; i soccorritori dicono, invece, 19’.
Prendo lo spunto per tornare indietro di tre mesi e dire come sono andate le cose per Angela.
Lo faccio senza venature polemiche; avevo detto, in “Senza bussare”, che appena possibile avrei raccontato quella giornata infame, e mi sembra giusto il momento di farlo.
Sabato 29 gennaio, verso le 9,30 del mattino Angela aveva accusato un violento malessere. Con la sorella l’avevamo stesa su un divanetto, gambe sollevate e aria al viso con una rivista.
Era svenuta, e avevamo notato la bocca distorta, motivo di forte dubbio di ictus.
Chiamato il 118, postato a non più di un chilometro da casa nostra, presso l’ospedale locale, ne avevamo atteso l’arrivo col cuore in gola, come si suol dire e come era in realtà.
Non siamo stati a contare i minuti; per pochi che fossero, sono stati un’eternità, come sempre in questi casi.
Medico, infermiere e autista dell’ambulanza.
Nel frattempo Angela era riemersa dallo svenimento e appariva fortemente agitata.
Pressione, polso, alcune domande per accertare il suo stato di 'coscienza'.
Avevamo segnalato il fatto della bocca storta, ma il medico non ne aveva tenuto conto.
Sintomi di influenza, aveva detto.
Una flebo di Plasil con un calmante, e l’ambulanza se ne era andata, vuota come alla venuta.
Nel primo pomeriggio i dolori alla testa si erano accentuati ed era sempre più agitata, in maniera parossistica.
Essendo sabato, ci eravamo rivolti alla guardia medica.
“Non competente per i ricoveri; chiamate il pronto soccorso dell’ospedale”.
Pronto soccorso, descritti i sintomi, rivolgersi al 118 per il ricovero.
Nuovo 118, una dottoressa, l’infermiere e l’autista.
Pressione, polso, solite domande, endovena calmante per portarla in barella all’ambulanza.
Ospedale: urge una TAC cerebrale, ma bisognava ‘sedarla’ per poterla effettuare.
Si erano fatte le 18, il buio di fuori era un giorno di sole a confronto del buio dentro di noi.
Emorragia cerebrale estesa, chiamata all’ospedale del capoluogo di provincia, l’unico con reparto neurochirurgico, per fermare un posto, due ore e mezzo di ambulanza, con un tempo che nel frattempo si era scatenato con pioggia violenta e vento fortissimo.
Eravamo tornati a casa, Elena ed io, per racimolare qualcosa da metterci addosso in previsione di una fermata notturna; al nuovo pronto soccorso ci avevano avviati al reparto, e in quel momento Angela veniva portata a fare una nuova TAC, stavolta ‘con contrasto’, per individuare la causa dell’emorragia.
Nuovamente ‘sedata’.
Dalla radiologia era uscita l’anestesista, e, senza giri di parole, ci aveva comunicato che Angela era in coma.
Forse stupidamente, forse ingenuamente, avevo fatto ricorso ai ricordi di telefilm a sfondo medico (pochi, poiché odio la spettacolarizzazione della sofferenza) o alle citazioni dei TG, e avevo chiesto se fosse un ‘coma farmacologico’ o un coma suo proprio.
“Suo proprio, inoltre ha un respiro che non mi fa ben sperare”.
Angela, coricata supina, aveva sempre russicchiato (‘russato’ mi sembra troppo da scaricatore di porto, con tutto il rispetto per la categoria), ma non potevo mettere in dubbio il parere di una dottoressa, che sul fatto di respiro sicuramente ne sapeva ben più di me.
Un forte sbalzo di pressione aveva provocato l’esplosione di un piccolissimo aneurisma da cui era fuoruscito il liquido.
Bisognava piazzare un drenaggio per liberare la zona cerebrale e procedere poi all’intervento di chiusura di quel buchetto.
Però, per fare questa prima manovra, era necessaria la ‘coscienza’ della paziente: ‘restando’ in coma, non sarebbe stato possibile.
Rientro al reparto, in attesa del medico della rianimazione.
Verso mezzanotte, questi era arrivato, aveva chiesto il nome della visitanda, e l’aveva chiamata ad alta voce per un primo riscontro.
Risposta di Angela: “Ohhh!”.
A suo modo e con i limiti contingenti, era cosciente.
Evidentemente calmata al mattino, calmata al pomeriggio e poi sedata, ancora sedata nella notte, il torpore da coma aveva prevalso.
E il respiro preoccupante era proprio un volgare russamento.
Dopo una giornata così, finalmente l’efficienza era scesa in campo: verso le due di domenica mattina Angela era tornata in reparto con il suo drenaggio applicato alla testa.
L'intervento riparatorio era previsto per il 1° febbraio.
Un primo passo verso la fine del tunnel, verso la vita.
Nel reparto poteva stare solo una persona per l’assistenza, e si era fermata Elena; perlomeno stava al coperto, vista la pioggia e il vento che continuavano a flagellare la città.
A quell’ora e con quel tempaccio cercare un albergo era utopico; mi ero rannicchiato in macchina, con il riscaldamento acceso, avevo pregato, avevo bestemmiato e avevo atteso l’alba.
Al rientro in ospedale, Angela era ancora sotto sedativi.
Questa è stata la nostra prima di altre lunghe giornate e lunghissime nottate.
Non è un messaggio al buon Lamberto, ma chi polemizza sui "minuti" vorrei sapesse che esiste una metà abbondante del cielo (che non necessariamente si riferisce all'universo femminile) che quotidianamente vive la stessa nostra situazione, e che alle polemiche sopperisce con speranze preghiere bestemmie e attese, poiché altro non le è concesso.
In bocca al lupo, Lamberto, anche se onestamente non posso dire "sei tutti noi".
Per tua fortuna, non appartieni a quella massa abbondante del cielo che non si può permettere di polemizzare sui 19 0 40 minuti del tempo dei soccorsi.
Tutto questo, sempre tanto per parlare...

Commenti

  1. Un pensiero a tutte le persone ed ai loro affetti che giornalmente vivono esperienze dolorose....auguri a tutti loro e coraggio!

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  2. Se i telegiornali dessero solo le notizie vere, durerebbero cinque minuti.

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  3. da ex-operatore 118, direi che sottovalutare la bocca storta è stato un errore micidiale. Però io sono qui ora e loro là allora.
    Non me la sento di esprimere giudizi perchè non posso escludere di aver accelerato la dipartita di qualcuno con i miei di errori.
    Però se siamo qui tanto per parlare allora...

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  4. Non ti conosco, ma incredibilmente, quando ho avuto la notizia da mia mamma, mentre lei, come molti altri diceva "speriamo bene", io ho pensato a te e a tua moglie. Forse un blog "avvicina" più della televisione. Ti auguro che vada sempre meglio.
    Un abbraccio.

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  5. Anche io, come Rory, alla notizia ho subito pensato ad Angela.
    Ah, i giornalisti........
    Forza Pietro.

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  6. Si dà per scontato che per certe "personalità", chissà perché, debbano esistere corsie preferenziali... Noi abbiamo l'ospedale a poche centinaia di metri, ma per ricoverare mia madre malata terminale (non trasportabile da noi) il 118 disse che le ambulanze dall'ospedale potevano uscire solo per emergenze. Dovemmo ricorrere a un servizio privato a pagamento, le cui ambulanze partivano da molto più lontano. Passammo due ore ad aspettarli in strada, mentre la mamma soffriva per l'ultimo giorno nel suo letto. Arrivò st'ambulanza (che s'era PERSA per le vie del paese!!) senza personale medico: solo due ragazzotti obiettori di coscienza, inadeguati e sfruttati, di buona volontà ma incapaci, che se non fosse stato per il mio intervento avrebbero fatto strisciare un braccio della povera mamma contro il muro ruvido di fianco al cancelletto, infliggendole una ferita non da poco.
    Questa è l'italiA.
    Detto questo, rinnovo i miei auguri e il mio più stritolante abbraccio.

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  7. Come sempre ti mando un abbraccio fortissimo!

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  8. Un abbraccio fortissimo anche da parte mia!
    Ciao,
    Lara

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  9. non sai come ti capisco.un abbraccio a te e angela

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  10. Io capisco..eccome se capisco...un abbraccio...

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  11. Caro Gatto ti faro' davvero una confidenza.. che non ho mai detto a nessuno. Tutto, questo l ho passata appena nata. Non mi ricordo niente.. ma dai racconti dei miei genitori.. piccola e con i tubicini gli facevo impressione ed sono stata tantissimo tempo in ospedale. Spero vada tutto per il meglio Gatto. Coraggio. Bisogna sempre lottare!! Un abbraccio!!!

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  12. Ammetto ke i minuti x una vita davvero possono contare.. ma poi dipende dal tuo fato.. tutto cio' ke ti accade.. E in questi casi non è bello citare i minuti di fronte a un urgenza simile.. solo la Speranza deve prendere il largo.. e non le polemiche.. Auguri Sposini e a Angela!!

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  13. chissà perché non ci sorprendiamo più del tuo racconto

    lo prendiamo come se fosse un castigo divino o una catastrofe natural contro cui non puoi far nulla

    ciao Piè...
    un abbraccio

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  14. hmm,, nICe blog..

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  15. In ritardo, ma ci sono. Dacci presto buone notizie :)

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  16. Tanto per parlare, sono d'accordo con lo Zio Scriba. E con te, ovviamente.
    Anche se in ritardo, un abbraccio grande, grandissimo, e un pensiero buono per voi!
    Ciao, a presto!

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