L'alloro
(Secoli fa avevo preparato questo post; interrompo un attimo il racconto dei nostri guai per non mandarlo al macero intonso. Oggi, 25 Aprile, oltre che Pasquetta, è 'anche' l'anniversario della Liberazione. Chi in questa Liberazione è stato coinvolto, il più delle volte suo malgrado, oggi non festeggia: ricorda, e ancora piange chi per questa Liberazione se ne è andato).
Oltre che per le foglie usate per dare un particolare sapore agli arrosti, l’alloro porta il pensiero alle tipiche corone, appunto di alloro, periodicamente riesumate come simbolo di ricordo e onore verso i Caduti nelle guerre, in atti terroristici o in vigliacche rappresaglie, tipiche queste ultime del periodo dell’ultimo conflitto ufficiale. La confezione di queste corone era affidata ai fiorai, ed erano, di solito, ordinate dalle pubbliche amministrazioni.
Essendo con cadenza periodica per date fisse, gli importi erano inseriti nel bilancio di previsione delle spese; l’assegnazione del compito veniva data con la canonica gara di appalto.
Già allora indetta al massimo ribasso possibile, poiché è noto che il risparmio di qualche ‘mille lire’ salva i comuni dalla bancarotta.
I milioni scialacquati già allora erano sempre per il bene dei cittadini; il fatto che finissero nelle tasche solo di alcuni di essi è notoriamente pura demagogia.
Se al fatto di essere la loro confezione più una seccatura che un lavoro di pregio, si aggiungono i prezzi bassi e la ben nota lentezza dei pagamenti, sovente le gare d’appalto andavano deserte.
Oppure, nelle cittadine piccole e medie, ci si affidava al primo fioraio volonteroso che accettasse l’incombenza.
Nel paese in cui operavamo, mia moglie titolare ed io umile servo tuttofare, sia per la prossimità topografica al Comune sia per una certa dabbenaggine, il compito della confezione di queste corone ci era stato affidato non appena rilevato il negozio dalla precedente operatrice (che, tra l’altro, non ne aveva mai voluto sapere).
Forse il Comune, prima di volturare la licenza, ci aveva preso le misure, decidendo che eravamo abbastanza allocchi per meritare l’onore di questa assegnazione.
Si trattava di confezionare quattro corone, per le cadenze fisse del 25 Aprile e del 4 Novembre.
Essendo una città di media grandezza, ma territorialmente estesa, era suddivisa in altrettante contrade, e ciascuna aveva il suo cippo o la sua stele in memoria dei propri Caduti locali.
La prima volta era venuto un vigile urbano, e aveva portato la richiesta del comune, con gli indirizzi di postazione di ciascuna corona.
Successivamente arrivava solo una telefonata di conferma.
Il primo ordine si riferiva a un 4 Novembre, ed era stato inoltrato a noi verso metà ottobre.
Non avendo mai fatto questo tipo di servizio, eravamo dovuti andare in cerca di un fioraio anziano di mestiere, in grado di insegnarci la loro fattura.
Che, a ben vedere, era abbastanza semplice, a parte il tempo che richiedeva.
Con modalità rimaste poi immutate negli anni, finché avevamo tenuto il negozio, la mattina delle due date citate, caricavo in macchina le quattro corone e le andavo a collocare davanti ai cippi.
Erano tutti pressoché identici, nella muratura; cambiavano gli identificativi di complemento: una specie di aquila, forse in ferro battuto, che il tempo aveva reso di un colore nero-verdastro che la faceva sembrare più a un corvo che al nobile volatile; un ghirigoro di foglie, forse di quercia, dello stesso materiale e con lo stesso colorito dell’aquila; a fianco di una stele, situata di fronte a una scuola elementare, c’era un piccolo cannoncino, puntato proprio verso la scuola (che, guarda caso, molti anni dopo sarebbe stato indicativo di quello che della scuola si sarebbe fatto: abbattuta, come a colpi di cannone); una figura vagamente stilizzata, forse femminile, probabile omaggio alle vedove e alle figlie dei Caduti.
Erano otto visite all’anno, ed erano otto volte i pensieri, sempre gli stessi, ricorrenti per ciascun cippo, mentre ne ponevo le corone ai piedi.
"Sono di nuovo qui, a portare una corona a ricordo del vostro sacrificio: lo sapete meglio di me, voi non siete stati eroi, come tra poco l’inclita amministrazione, con tanto di tricolore a tracolla, vi ri-presenterà; siete stati vittime, che ben più volentieri sareste tornate, vive, nelle vostre famiglie, in cerca di una vecchiaia decorosa e possibilmente longeva. Questa corona rende omaggio alla vostra sfortuna, e imbianca la faccia di chiunque questa vostra sfortunata fine ha provocato”.
Se oggi svolgessi ancora quel servizio, direi loro della inutilità del loro (obbligato) sacrificio: volenti o nolenti hanno contribuito, a colpi di fucile ricevuti, a fare dell’Italia una nazione; oggi, quasi senza colpo ferire, la si sta distruggendo.
Ma tant’è, non è compito dei fiorai, tanto meno degli ex tali, filosofeggiare sul passato o sul futuro; oggi c’è chi ci pensa,a modo suo: lavora di piccone e dice di costruire, usa l’accetta e dice di farlo per unire, ha un ampio senso della moralità per convincere che in realtà questa proprio non esiste…
Un altro pensiero ricorrente era proprio personale: ad ogni stele, deponendo la corona ero solo, non dico come un cane, ma comunque solissimo.
Poi nei telegiornali dello stesso giorno vedevo un via-vai di alte uniformi, corazzieri qui, vigili urbani là, carabinieri poliziotti guardie forestali vigili del fuoco ecc., che in ghingheri, a due a due, portavano le corone identiche alle mie, con passo cadenzato, con musica italiota sottofondo e le deponevano con mosse mimate davanti ai vari monumenti; poi l’autorità di turno si appropinquava con passo solenne e viso compunto, dava una toccatina alla corona, quasi a darle vita, e retrocedeva con lo stesso passo, sostando in silenzio per qualche istante, magari seccata per la perdita di tempo impostale dai protocolli, quando avrebbe potuto essere altrove a farsi i fatti suoi.
E ai ‘miei’ Caduti era concesso solo un affarino come me, a portare la memoria di un paese; che poi, sul tardi, venissero i vigili e le autorità a rendere il dovuto omaggio, non cancellava la mia impressione di diseguaglianza, pure verso i Caduti (ribadisco: Caduti, certamente, ma non per la patria, meno che meno per ‘questa’ patria).
La cadenza delle date coincideva con l’arrivo dei mandati di pagamento: così, per la prima esperienza, il saldo era arrivato a metà dell’aprile successivo, giusto in tempo per ricevere la delega alle corone del 25 dello stesso mese; il mandato per aprile era arrivato a metà ottobre, concomitante con l’ordine per il 4 Novembre.
E così via, per la decina d’anni che abbiamo tenuto il negozio.
Per la cronaca: sempre per tenere in piedi il Comune, il prezzo concordato per le prime corone era rimasto invariato fino alle ultime fornite; questo per dire che le amministrazioni, quando vogliono, i collaboratori li sanno scegliere.
Oltre che per le foglie usate per dare un particolare sapore agli arrosti, l’alloro porta il pensiero alle tipiche corone, appunto di alloro, periodicamente riesumate come simbolo di ricordo e onore verso i Caduti nelle guerre, in atti terroristici o in vigliacche rappresaglie, tipiche queste ultime del periodo dell’ultimo conflitto ufficiale. La confezione di queste corone era affidata ai fiorai, ed erano, di solito, ordinate dalle pubbliche amministrazioni.
Essendo con cadenza periodica per date fisse, gli importi erano inseriti nel bilancio di previsione delle spese; l’assegnazione del compito veniva data con la canonica gara di appalto.
Già allora indetta al massimo ribasso possibile, poiché è noto che il risparmio di qualche ‘mille lire’ salva i comuni dalla bancarotta.
I milioni scialacquati già allora erano sempre per il bene dei cittadini; il fatto che finissero nelle tasche solo di alcuni di essi è notoriamente pura demagogia.
Se al fatto di essere la loro confezione più una seccatura che un lavoro di pregio, si aggiungono i prezzi bassi e la ben nota lentezza dei pagamenti, sovente le gare d’appalto andavano deserte.
Oppure, nelle cittadine piccole e medie, ci si affidava al primo fioraio volonteroso che accettasse l’incombenza.
Nel paese in cui operavamo, mia moglie titolare ed io umile servo tuttofare, sia per la prossimità topografica al Comune sia per una certa dabbenaggine, il compito della confezione di queste corone ci era stato affidato non appena rilevato il negozio dalla precedente operatrice (che, tra l’altro, non ne aveva mai voluto sapere).
Forse il Comune, prima di volturare la licenza, ci aveva preso le misure, decidendo che eravamo abbastanza allocchi per meritare l’onore di questa assegnazione.
Si trattava di confezionare quattro corone, per le cadenze fisse del 25 Aprile e del 4 Novembre.
Essendo una città di media grandezza, ma territorialmente estesa, era suddivisa in altrettante contrade, e ciascuna aveva il suo cippo o la sua stele in memoria dei propri Caduti locali.
La prima volta era venuto un vigile urbano, e aveva portato la richiesta del comune, con gli indirizzi di postazione di ciascuna corona.
Successivamente arrivava solo una telefonata di conferma.
Il primo ordine si riferiva a un 4 Novembre, ed era stato inoltrato a noi verso metà ottobre.
Non avendo mai fatto questo tipo di servizio, eravamo dovuti andare in cerca di un fioraio anziano di mestiere, in grado di insegnarci la loro fattura.
Che, a ben vedere, era abbastanza semplice, a parte il tempo che richiedeva.
Con modalità rimaste poi immutate negli anni, finché avevamo tenuto il negozio, la mattina delle due date citate, caricavo in macchina le quattro corone e le andavo a collocare davanti ai cippi.
Erano tutti pressoché identici, nella muratura; cambiavano gli identificativi di complemento: una specie di aquila, forse in ferro battuto, che il tempo aveva reso di un colore nero-verdastro che la faceva sembrare più a un corvo che al nobile volatile; un ghirigoro di foglie, forse di quercia, dello stesso materiale e con lo stesso colorito dell’aquila; a fianco di una stele, situata di fronte a una scuola elementare, c’era un piccolo cannoncino, puntato proprio verso la scuola (che, guarda caso, molti anni dopo sarebbe stato indicativo di quello che della scuola si sarebbe fatto: abbattuta, come a colpi di cannone); una figura vagamente stilizzata, forse femminile, probabile omaggio alle vedove e alle figlie dei Caduti.
Erano otto visite all’anno, ed erano otto volte i pensieri, sempre gli stessi, ricorrenti per ciascun cippo, mentre ne ponevo le corone ai piedi.
"Sono di nuovo qui, a portare una corona a ricordo del vostro sacrificio: lo sapete meglio di me, voi non siete stati eroi, come tra poco l’inclita amministrazione, con tanto di tricolore a tracolla, vi ri-presenterà; siete stati vittime, che ben più volentieri sareste tornate, vive, nelle vostre famiglie, in cerca di una vecchiaia decorosa e possibilmente longeva. Questa corona rende omaggio alla vostra sfortuna, e imbianca la faccia di chiunque questa vostra sfortunata fine ha provocato”.
Se oggi svolgessi ancora quel servizio, direi loro della inutilità del loro (obbligato) sacrificio: volenti o nolenti hanno contribuito, a colpi di fucile ricevuti, a fare dell’Italia una nazione; oggi, quasi senza colpo ferire, la si sta distruggendo.
Ma tant’è, non è compito dei fiorai, tanto meno degli ex tali, filosofeggiare sul passato o sul futuro; oggi c’è chi ci pensa,a modo suo: lavora di piccone e dice di costruire, usa l’accetta e dice di farlo per unire, ha un ampio senso della moralità per convincere che in realtà questa proprio non esiste…
Un altro pensiero ricorrente era proprio personale: ad ogni stele, deponendo la corona ero solo, non dico come un cane, ma comunque solissimo.
Poi nei telegiornali dello stesso giorno vedevo un via-vai di alte uniformi, corazzieri qui, vigili urbani là, carabinieri poliziotti guardie forestali vigili del fuoco ecc., che in ghingheri, a due a due, portavano le corone identiche alle mie, con passo cadenzato, con musica italiota sottofondo e le deponevano con mosse mimate davanti ai vari monumenti; poi l’autorità di turno si appropinquava con passo solenne e viso compunto, dava una toccatina alla corona, quasi a darle vita, e retrocedeva con lo stesso passo, sostando in silenzio per qualche istante, magari seccata per la perdita di tempo impostale dai protocolli, quando avrebbe potuto essere altrove a farsi i fatti suoi.
E ai ‘miei’ Caduti era concesso solo un affarino come me, a portare la memoria di un paese; che poi, sul tardi, venissero i vigili e le autorità a rendere il dovuto omaggio, non cancellava la mia impressione di diseguaglianza, pure verso i Caduti (ribadisco: Caduti, certamente, ma non per la patria, meno che meno per ‘questa’ patria).
La cadenza delle date coincideva con l’arrivo dei mandati di pagamento: così, per la prima esperienza, il saldo era arrivato a metà dell’aprile successivo, giusto in tempo per ricevere la delega alle corone del 25 dello stesso mese; il mandato per aprile era arrivato a metà ottobre, concomitante con l’ordine per il 4 Novembre.
E così via, per la decina d’anni che abbiamo tenuto il negozio.
Per la cronaca: sempre per tenere in piedi il Comune, il prezzo concordato per le prime corone era rimasto invariato fino alle ultime fornite; questo per dire che le amministrazioni, quando vogliono, i collaboratori li sanno scegliere.
e che l'alloro con il suo profumo possa ricordare e anche lenire le ferite.
RispondiEliminaciao gattonero, buon 25 aprile
Ciao Gattone Nerissimo, è sempre bello leggerti.
RispondiEliminaCiao Gatto, un abbraccio a te ed Angela. Resistere, il verbo di questa giornata (e non solo), un verbo che ti si adatta alquanto.
RispondiEliminaHo cliccato subito appena ho visto c'era un nuovo post....forza e resisti!! Un abbraccio a te ed Angela . Antonio
RispondiEliminaCiao
RispondiEliminaPiè...
un pensiero per voi c'è sempre...
ancora in bocca al lupo e un abbraccio!
un saluto affettuoso
RispondiEliminaPresente: nella resistenza, nella vicinanza, nell'abbraccio!
RispondiEliminaOh, cari, un abbraccio intenso! Bel post, riflessivo e riflettente la situazione attuale. Quercia e alloro, due alberi le cui fronde possano dar forza e ombra riposante! ;)
RispondiEliminaAlloro, pianta simbolo di vittoria, fierezza e cultura. Se oggi cingessimo alcuni capi con le corone d'alloro sarebbe soltanto perchè sono dei bolliti, giammai per una delle caratteristiche elencate prima!
RispondiEliminaChe grande piacere rileggerti! Bel post.
RispondiEliminaNon sono d'accordo solo su una frase: "Non è compito dei fiorai, tanto meno degli ex tali, filosofeggiare sul passato o sul futuro".
Non è vero: tutti possiamo e dobbiamo riflettere e filosofeggiare.
Te lo dice Epicuro: "Non è mai tardi per filosofare.... la filosofia è un esercizio che può aiutarci a essere felici"
E una studiosa americana, Martha Nussbaum: "Filosofare ci aiuta a elaborare concezioni della vita in comune più rispondenti ai ns. veri bisogni, alle ns. convinzioni e ai ns, desideri più profondi, una volta selezionati con uno scrutinio attento".
Un abbraccio forte forte a te e a Angela.