sabato 15 giugno 2019

Gigolò di Nicola Pezzoli


Con la fortuna che mi ritrovo, che vada bene sarò il 25° lettore che accede al bando premiante; ma spero di essere il millesimo e oltre, così non avrò il rimpianto di essere arrivato a sbarra appena calata. Ho altresì la speranza che almeno un paio non si presentino all'incasso, per cui prendo per buona l'ultimissima riga dell'Opera e siedo in panchina in attesa.








Premesso che questo è solo un commento, non una recensione (quelle, le rispetto e le ammiro, da esse traendo utili indicazioni su cosa andrò ad affrontare); una recensione, solitamente, approfondisce il concetto di un testo, cosa che non sono in grado di fare né di offrire; un semplice commento non intende approfondire un bel niente, non è una valutazione dell'opera, è semplicemente il risultato finale di una lettura, e potrebbe non collimare con quello che l'autore stesso intendeva veramente trasmettere col suo scritto.
Ho messo più tempo del mio solito a leggere la storia di questo 'gigolò' poiché, per vezzo antico, quando inizio la lettura di un libro non la interrompo fino a che non sia terminata. In questo caso avevo già in "cottura" un altro volume, di critica giornalistica su eventi storici, assai lungo per peso e concentrazione mentale.
Purtroppo la curiosità, che un tempo era dote riservata ad infanzia ed adolescenza, ha contagiato anche le altre fasi della vita, in particolare quella bonariamente definita terza età, che il volgo etichetta, senza pietà alcuna, come vecchiaia.
Ed è per appagare questo residuo di dote infantile che avevo aperto in via eccezionale l'introduzione di questo secondo libro, mettendo in conto di leggerlo poi, appena terminato il precedente.
E qui è necessario il purtroppo-due, visto che quella curiosità ha finito per inguaiarmi: ho voluto terminare lo storico, ma appena possibile tornavo al gigolò e, a capitoli alternati, li ho conclusi entrambi, nell'ordine di entrata in lettura, buon ultimo il gigolò per lasciarmi in bocca il dolce di una lettura che sembrava dovesse essere, come si suol dire, amena, rilassante, lontana dai cliché abituali dello scrivere e, di conseguenza, del leggere.
Ecco, delle tre ipotesi è risultata valida solo la terza.
Non credo di sbagliare di molto definendo l'opera come un racconto d'amore.
Dove amore non è solo sesso, ma anche...
Dove amore non è solo sentimento, ma anche...
Dove pietà è amore, senza sesso e sentimento, ma anche...
A tutto tondo, lasciando pochissimo all'immaginazione di chi legge, in ogni settore del racconto.
Un romanzo che non è solo  ̷b̷i̷a̷n̷c̷o̷ ̷e̷/̷o̷ ̷n̷e̷r̷o̷  nero e/o azzurro, ma in cui bisogna leggere attentamente tutte le varie sfumature, barrando a piacere quelle che potrebbero non soddisfare.
Un drone (quegli uccelli metallici volanti, tipo mini elicotteri, che passa e ripassa sugli obiettivi trasmettendo quello che inquadra a curiosi in postazione di lettura dei risultati delle riprese), ecco l'autore esamina tutte le forme dell'amore come fa un drone nel riprendere paesaggi, a 360 gradi, che passandole e ripassandole diventano di almeno 720 e pure qualche spicchio in più. Con un vantaggio non da poco, infatti i droni non lanciano medaglioni sul parabrezza; vantaggio relativo, visto che un domani, ormai prossimo, potranno lanciare bombe che non manderanno in frantumi solo il parabrezza...
Un drone che non si limita a vedere e raccontare quello che vede: per meglio documentare si cala letteralmente all'interno dei suoi obiettivi, riportando l'intimo delle sensazioni che di volta in volta prova.
Credo che farà piacere a Nicola, vatikanista accanito, se vado a pescare nell'antico catechismo cattolico romano per dare un'idea più precisa sul contenuto del testo. Faccio riferimento a quella parte che cataloga i peccati in quattro categorie, da cui diramano poi le varie estensioni.
È possibile peccare nei pensieri, nelle parole, nelle opere e nelle omissioni.
A dar retta, siamo tutti peccati semoventi.
Ecco, in questo libro si trovano tutti, all'unisono, accavallati uno sull'altro.
E tra tutti, pur senza essere il più visitato, quello delle omissioni mi pare sia il più sofferto.
I pensieri, le parole e le opere lasciano comunque un dolce sapore di vissuto.
Le omissioni sono quelle che portano ai "se" che finiscono per apparire amara constatazione di qualcosa che poteva essere, non è stato e non sarà mai più.
C'è da dire, nonostante l'esposizione di tanti peccati, che un libro non è un confessionale, né di chiesa né di 'grandi fratelli; un libro è un palcoscenico, che apre il sipario ad eletti accomodati in una platea virtuale. Eletti che, a dar retta all'autore, per tanti che siano sono sempre pochi. E non c'è neanche il dubbio che, affermando questo, possa mentire, visto che la lettura non è più un piacere ma una seccatura da evitare quanto più possibile. Invitando i ragazzi, o i giovani in genere, alla lettura non si raccolgono pernacchie solo perché non le sanno fare... Manco più quelle.

Nota di allungo a questo commento che mi pare troppo conciso, stringato, per i miei gusti poco più che monosillabico.
Ho letto da qualche parte, forse scritto proprio dall'autore, che questa è l'opera sua migliore.
Non metto lingua, anche perché è umano ritenere l'ultimo parto più doloroso dei precedenti, per cui il suo frutto, la sua ultima creatura, riceve un'affezione particolare che, senza nulla togliere ai figliuoli precedenti, attira maggiore amore ed affetto. I figli sono tutti piezz 'e core, ma l'ultimo nato è sempre un pezzo prediletto.
Fino alla prossima gestazione con relativo ulteriore parto.
Che, va da sé, non dovrà mai essere l'ultimo.
È per questo che credo che l'opera migliore sia sempre quella che deve ancora venire.

3 commenti:

  1. L'immagine del drone che non si limita a spiare e raccontare, ma si cala letteralmente all'interno dei suoi obiettivi per poi riportare l'intimo delle sensazioni vissute, è splendida, oltre che azzeccata assai.
    Grazie!

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  2. lo comprerò e lo leggerò al più presto, viva Zio Scriba!

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