Valle del Belice
In
occasione della visita dell'ennesimo Mattarella in quella Valle, mi è
tornata in mente questa poesia, scritta da Francesco Zaffuto appunto
nel 1968, poco dopo quel terremoto. Gli eventi simili che si sono
susseguiti da allora la rendono perennemente attuale. Alle
chiacchiere, alle promesse (da quelle più antiche a quelle più
recenti) non sono mai seguiti i fatti, quelli veri. Al governo, al
potere, si sono susseguiti tutti i colori dell'arcobaleno, con tante
sfumature: cambi e scambi di poltrone, a scaldare onorevoli
deretani... Certo, a sentire le promesse in vista delle prossime
elezioni, tutto cambierà, esattamente come capita a ogni tornata
elettorale. Come dire che chiunque vinca siamo a cavallo.
Valle del Belice
Panico
misto
a dolore
che
umilia lo sguardo
di
colui che cerca il suo
tra
cose che marciscono distrutte
Il
suo delle cose
Il
suo degli amori
dei
pianti
delle
ansie
dei
pochi momenti felici
delle
illusioni che scompaiono
dietro
mucchi di pietre cadute
E noi
siamo vecchi
e il
magma della terra
ancora
ribolle
assesta
colline e monti
in
nuovi ordini
in un
corollario disumano
ignorando
le genti
Poi
le jene
i
corvi
i
falchi
gli
spolpatori di cadaveri
le
genti dall'occhio furbo
i
migliori che abbiamo
i più
onorati nei pregi
pronti
a saltare sulle ultime membra
che
rimangono ancora a brandelli sulle ossa
e
spolpare con foga indigesta
E noi
restiamo stupidamente vecchi
mentre
il magma della terra ribolle
e assesta
colline e monti.
Francesco Zaffuto, 1968
Anche ieri, quasi si volesse commemorare il fatto terribile di cinquant'anni fa, due scosse di terremoto si sono registrate a Gibellina, nel Belice.
RispondiEliminaLa pena per quelle sfortunate persone e la rabbia per la scandalosa ricostruzione, mi fan sentire vicina a quella gente.
Francesco Zaffuto, penso a quel tempo giovanissimo, era già un grande poeta e questa poesia lo conferma.
La terra in moto e noi che "stupidamente vecchi" e quindi immobili. Sic!
Ciao.
La terra in moto e noi che RESTIAMO stupidamente vecchi e quindi immobili.
RispondiEliminaUna parola m'era rimasta incastrata nella tastiera... pardon.
Il senso era chiaro. Anzi, credo che se quel "restiamo" fosse rimasto in tastiera sarebbe stato meglio. Dà l'impressione di confermare un presente che sarà presente anche nel futuro come lo è stato nel passato. Lo stare "stupidamente vecchi" di Francesco già allora indicava un immobilismo che la cronaca di questi cinquant'anni ha poi amaramente confermato. E le troppe chiacchiere per il prossimo immediato futuro fanno ritenere che l'assioma del Gattopardo si ripeterà ancora: tante parole e promesse di cambiamento per non cambiare niente. E noi, stupidamente vecchi non solo come metafora, staremo a guardare.
RispondiElimina(Grazie del consiglio, prof. So che lei è molto pignolo riguardo la scrittura, e fa bene, mentre io scrivo direttamente nella finestrella e talvolta mi capita di pentirmene. I buoni propositi durano però lo spazio di un amen e così... va bè, a lei questo non importa e la saluto).
EliminaLeggendo il Gattopardo, da ragazzina, non mi riuscì di capire appieno il significato del celebre "che tutto cambi perchè niente cambi" e solo più tardi ne capii il diabolico progetto che tenni sempre a mente, dovendo scegliere.
Ciao.
(Oddio, l'ho rifatto... ora rileggerò sperando... )