domenica 14 gennaio 2018

Valle del Belice

In occasione della visita dell'ennesimo Mattarella in quella Valle, mi è tornata in mente questa poesia, scritta da Francesco Zaffuto appunto nel 1968, poco dopo quel terremoto. Gli eventi simili che si sono susseguiti da allora la rendono perennemente attuale. Alle chiacchiere, alle promesse (da quelle più antiche a quelle più recenti) non sono mai seguiti i fatti, quelli veri. Al governo, al potere, si sono susseguiti tutti i colori dell'arcobaleno, con tante sfumature: cambi e scambi di poltrone, a scaldare onorevoli deretani... Certo, a sentire le promesse in vista delle prossime elezioni, tutto cambierà, esattamente come capita a ogni tornata elettorale. Come dire che chiunque vinca siamo a cavallo.
Valle del Belice

Panico
misto a dolore
che umilia lo sguardo
di colui che cerca il suo
tra cose che marciscono distrutte
Il suo delle cose
Il suo degli amori
dei pianti
delle ansie
dei pochi momenti felici
delle illusioni che scompaiono
dietro mucchi di pietre cadute
E noi siamo vecchi
e il magma della terra
ancora ribolle
assesta colline e monti
in nuovi ordini
in un corollario disumano
ignorando le genti
Poi le jene
i corvi
i falchi
gli spolpatori di cadaveri
le genti dall'occhio furbo
i migliori che abbiamo
i più onorati nei pregi
pronti a saltare sulle ultime membra
che rimangono ancora a brandelli sulle ossa
e spolpare con foga indigesta
E noi restiamo stupidamente vecchi
mentre il magma della terra ribolle
e assesta colline e monti.

Francesco Zaffuto, 1968

4 commenti:

  1. Anche ieri, quasi si volesse commemorare il fatto terribile di cinquant'anni fa, due scosse di terremoto si sono registrate a Gibellina, nel Belice.
    La pena per quelle sfortunate persone e la rabbia per la scandalosa ricostruzione, mi fan sentire vicina a quella gente.
    Francesco Zaffuto, penso a quel tempo giovanissimo, era già un grande poeta e questa poesia lo conferma.
    La terra in moto e noi che "stupidamente vecchi" e quindi immobili. Sic!
    Ciao.

    RispondiElimina
  2. La terra in moto e noi che RESTIAMO stupidamente vecchi e quindi immobili.
    Una parola m'era rimasta incastrata nella tastiera... pardon.

    RispondiElimina
  3. Il senso era chiaro. Anzi, credo che se quel "restiamo" fosse rimasto in tastiera sarebbe stato meglio. Dà l'impressione di confermare un presente che sarà presente anche nel futuro come lo è stato nel passato. Lo stare "stupidamente vecchi" di Francesco già allora indicava un immobilismo che la cronaca di questi cinquant'anni ha poi amaramente confermato. E le troppe chiacchiere per il prossimo immediato futuro fanno ritenere che l'assioma del Gattopardo si ripeterà ancora: tante parole e promesse di cambiamento per non cambiare niente. E noi, stupidamente vecchi non solo come metafora, staremo a guardare.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. (Grazie del consiglio, prof. So che lei è molto pignolo riguardo la scrittura, e fa bene, mentre io scrivo direttamente nella finestrella e talvolta mi capita di pentirmene. I buoni propositi durano però lo spazio di un amen e così... va bè, a lei questo non importa e la saluto).
      Leggendo il Gattopardo, da ragazzina, non mi riuscì di capire appieno il significato del celebre "che tutto cambi perchè niente cambi" e solo più tardi ne capii il diabolico progetto che tenni sempre a mente, dovendo scegliere.
      Ciao.
      (Oddio, l'ho rifatto... ora rileggerò sperando... )

      Elimina