mercoledì 3 aprile 2013

Ricordo pasqualino

Un suspir

E piôv a zil ròt e l’aqua la s’insteca
stra i còp slabré e zò par al duzàj.
Sbalutêdi da e lans d’una vintê,
e sbrèsa al goz, dri la vidariê.
Luntân e sbat un òs,
e ogni böta cl’arbomba
l’è un suspir ch’u s’amöla
da e baracôn dla nòt.
E pasa l’infarmir par amurtê al lus,
e in chêv dla sêla e da l’utom avis.
Sol cl’òm smanarlê u n’i da bêd.
U s’adâna int’ e lët, tòt ingiavlì,
e sturzend la bòca a la finëstra,
e rugia cun la bêva e j’òcc svarsê:
“A voj turnê a ca! A ca, da mi fiôla!...”.
Dis en fa, li l’al fè srê,
pasèndal par mat:
la ca, za vinduda,
pr’andê a stê in zitê…
(Sergio Chiodini – 1979)

(Un sospiro: Piove a dirotto  e l’acqua si infiltra / tra i coppi sbrecciati e giù attraverso le grondaie. / Agitate dall’ansimare di una ventata, / scivolano le gocce, lungo la vetrata. / In lontananza sbatacchia una porta / e ogni colpo che rimbomba / è un sospiro che si abbandona / dal baraccone della notte. / Passa l’infermiere a spegnere le luci, / e dal fondo della sala dà l’ultimo avviso. / Solo quell’uomo discinto non gli dà retta. / Si sfianca nel letto, in preda alla collera, / e storcendo la bocca verso la finestra, / urla con la bocca e gli occhi stravolti: / “Voglio tornare a casa! A casa, da mia figlia!...”. / Dieci anni fa, lei lo fece rinchiudere, / con la taccia di matto: / la casa, già venduta, / per andare ad abitare in città…).



 Perché questa poesia e perché questo post…

Mattina di Pasqua: vado a prendere Angela, per un pranzo a casa, tutti insieme.
Contrariamente alle previsioni meteo, la giornata è bella, il cielo abbastanza terso, la leggera brezza che viene dal mare non disturba più di tanto.
Nella struttura è un via-vai di auguri… 
Buona Pasqua…
Auguri dati e ricevuti senza un costrutto particolare; per una volta sostituiscono i 'buon giorno' e i 'buona sera' della quotidianità.
E, anche questi, dati e ricevuti in un ambiente in cui nulla invoglierebbe a vedere il “buono” in qualsivoglia cosa, un modo come altri per scambiare un saluto, senza l’impegno di un seguito.
Auguri dati meccanicamente, automatici, quasi non sentiti, sovente senza risposta.
C’è già l’addetta alle pulizie che spinge il suo carrellone, schivando le carrozzine e i sedili che alcuni visitatori hanno spostato per stare meglio vicini agli ospiti.
Buona Pasqua… 
... A Pina, a Maria Teresa, ad Alberto, ad Errica, a Lilly… a tutti coloro che il turno ha voluto qui presenti.
E tanti auguri a quelli che non il turno ma il destino vuole qui anche oggi, giorno di festa.
Con una stretta di mano e un abbraccio: ad Antonio, a Francesco, a Mario, a Rosa, a Natalina, a Giuseppe…
A Giuseppe…
Circa ottant’anni, autonomo nel deambulare, pancetta in evidenza, testa glabra, un viso quasi senza rughe…
Nonostante la ritualità del gesto, con la stretta di mano e gli auguri ci si guarda in viso, occhi negli occhi per l’istante di durata del saluto.
E dagli occhi di Giuseppe, oggi, scendono due timide lacrime, che la sua dignità non è riuscita a bloccare.
“Buona Pasqua, Giusè…”.
“Grazie, anche a voi…”.
Una specie di sorriso, di quelli che spostano leggermente le labbra verso l’esterno, in un esile tentativo di far credere che va tutto bene.
In poco meno di due anni di frequentazione quotidiana, non ho mai visto un visitatore suo personale, un parente, un amico, un conoscente…
E neanche ne ha mai parlato.
Quasi da pensare a una solitudine cercata e voluta, forse da prima del suo ricovero.
Oltre ad altri acciacchi, l’unico parente che gli sta addosso giorno e notte è fratel Diabete, come lo chiamerebbe il santo di Assisi.
A modo suo è lucido, e le due lacrime che scendono lente sulle gote lo dimostrano.
Per chi non sa, è un poveretto che la sfortuna ha relegato in una solitudine di cui non dimostra solitamente il peso; salvo oggi, che il giorno di “festa” amareggia più del solito.
Chi sa (e io so): ha due figli, entrambi avvocati, entrambi più che latitanti sia nei confronti del padre che della struttura che lo ospita, negandosi a questa quando li cerca per comunicazioni o necessità contingenti.
A chi mi dava queste notizie avevo detto, porgendola come una battuta, cinica ma innocente:
“Verranno per il funerale, come è successo a molti altri, abbandonati in vita e pianti in morte”.
La risposta, anche questa innocentemente cinica:
“Ci sono buone possibilità che non si facciano vivi neanche allora; hanno venduto la casa e si sono spartiti tutti i suoi averi; hanno fatto tutto in modo astuto, senza ricorrere all’interdizione per incapacità di intendere e volere, per evitare a priori il rischio di coinvolgimenti. Ci sono buone possibilità che l’inumazione del padre finisca a carico del Comune…”.
Quelle lacrime sul viso voglion dire tante cose, canterebbe Solo Bobby, ma in quelle tante cose  ci saranno il rimpianto, il dispiacere, la solitudine… non saranno mai più lacrime d’amore.
Vorrei essere medico o infermiere, per iniettare nelle vene ai due figli quel detto che recita:
oggi, voi siete quello che io fui;
oggi, io sono quello che voi sarete.






19 commenti:

  1. Non trovo parole per commentare.
    Solo un'immensa desolazione e dolore, non pietà, ma tanto dolore ....

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  2. Ciao, triste storia mi dispiace per quel poveretto, i figli non si rendono conto del male che fanno ai genitori cancellandoli dalle loro vite, vanno avanti per le loro strade, egoisticamente, capiranno a loro volta, ciao buona giornata rosa..

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  3. Caro Pietro, una poesia che ci fa riflettere, povero questo uomo che a dato tanto e non riceve niente...
    Buona giornata caro amico.
    Tomaso

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  4. Leggendo la poesia, mi chiedevo il senso...di cosa avesse a che fare con il titolo...ricordo pasqualino ...poi ho visto la tua spiegazione e mi son detto meno male...c'è una spiegazione!...così la leggo senza riuscire a interrompermi...mi sale la commozione, quasi disperazione...giuro!...vorrei non ci fosse stata una spiegazione...vorrei fosse rimasta solo una poesia...così....scritta chissà da chi...o presa chissà da dove!
    Ciao Pietro e quel detto teniamolo sempre tutti presente!

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  5. Leggendo, speravo che la solitudine di quell'uomo fosse davvero cercata e voluta (perché a volte, anche se raramente, capita). E invece, puntuali, ecco saltar fuori i simpatici figli...

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  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  7. Triste. Reale.
    Orrendo.
    La solitudine è pace solo quando è cercata come una boccata d'aria; altrimenti è una galera.
    Complimenti ai figli

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  8. che tristezza, però è più vero di quanto si pensi e capita spessissimo.

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  9. Ciao Gattonero, questo tuo racconto spinge a riflettere su come il denaro renda ciechi e miseri nell'anima, ma ciò che mi rattrista è il comportamento dei figli verso questo povero signore.
    Per fortuna nessuno è mai veramente solo... Spero che si rendano conto per tempo del loro tremendo sbaglio, per evitare rimpianti dolorosi.

    PS: Riguardo alla presentazione sul tuo profilo... Mi ha fatto scoppiare in mente quella frase carina di Gandhi "Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo" :)

    Con l'ottimismo del "fare"...

    Sogni d'oro...!

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  10. per fortuna la Pasqua è passata e fino la prossimo Natale potremo sopportare il senso del vuoto ... ciao

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  11. Pietro, eccomi di ritorno.
    Quanta desolazione nella vita, non se ne capisce il senso.

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  12. Ciao Pietro.
    Ho trovato il tuo commento e ti ringrazio della visita.
    Mi ha colpito la tua osservazione e vorrei risponderti qui. Non sono sportiva, ma ho un figlio maratoneta e un amico velista, entrambi certamente non a livello agonistico, ma entrambi appassionati del loro sport.
    Ci fu un'occasione in cui, per caso, eravamo insime noi tre e in una discussione entrambi mi hanno detto che lo sport, almeno come lo praticano loro, è soprattutto una competizione con la parte di te che meno affiora nella vita quotidiana, mentre viene in superficie quando ti stai misurando con te stesso. Mi dicevano entrambi che entri in una dimensione diversa e appagante e in un "colloquio" con te stesso che ti rivela e ti rende consapevole dei tuoi aspetti più istintivi ed emozionali.
    Non so perché non ho provato, ma prendo per buono quello che mi hanno detto perché me lo hanno detto in due e da loro trapelava un entusiasmo autentico.

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    1. Caro Pietro, condivido quello che hai scritto, ma non so molto in proposito, ho pubblicato il post perché la notizia mi è sembrata interessante nell'ambito di un blog che parla di un'attività dedicata agli anziani.
      Marco Olmo ha iniziato a correre solo perché c’era una corsa di paese e ne era nata una sfida tra amici.
      Era un boscaiolo poi ha iniziato un'attività di camionista e infine operaio per ventun anni in una cementeria della provincia piemontese, un montanaro calato nella civiltà industriale.
      L'atletica si sa, non è il calcio, è uno sport povero, ma non ho idea di quanto guadagnino i maratoneti che hanno successo. Apparentemente sembra molto per lui: di Marco Olmo è stato scritto un libro, fatto un film che gli hanno sicuramente fruttato dei bei "soldoni" come dici tu. Questo sport gli deve aver reso molto di più di una vita di lavoro.
      E quanto alla domanda "se portano qualcosa di buono" non credo che portino granché per le popolazioni che ci vivono, forse qualche lavoretto, non so.
      Ma sono tante le ingiustizie, le disparità e le sofferenze che spettano ad alcuni e ad altri no.

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  13. Adesso il bel tempo sembra che sia tornato, ma per alcuni non ci sarà bel tempo. Ed è al di fuori della mia portata di comprensione l'ingratitudine crudele di quei due.

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  14. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  15. Caro Pietro, leggere questo post mi ha riportato alla mente Rosaria, anche lei abbandonata dalla figlia e dalla madre. Rosaria che ho conosciuto al centro ha 45 anni sta su una sedia a rotelle e strilla sempre, strilla per rabbia. A pasqua prima di venire a casa per un giorno, la mattina sono andata da lei con un piccolo regalo e per farle gli auguri e mi ha ringraziato con una voce molto garbata e gentile.
    Anche lei è stata abbandonata e il centro la cura e non la caccia anche se ormai sta li da più di un anno.
    Pietro caro, camminando tra queste mure dove la sofferenza e il dolore impregna l'aria e ogni respiro ed è proprio in questi posti che si scopre la malvagità umana, si, la malvagità. Ma si scopre anche tanta bontà e umanità.
    Ti abbraccio e porta un bacio ad Angela da parte mia.Ciao!

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  16. Ciao Pietro,
    il tuo post verte su un argomento che avrei voluto trattare anch’io diverse volte, sono stato tentato, ma non l’ho fatto, perché contiene delle implicazioni di enorme portata.
    Parlare di gratitudine e ingratitudine, di amore e disamore non è facile, si rischierebbe di cominciare adesso e terminare fra dieci anni, insomma difficilmente se ne uscirebbe.
    Dunque, limiterò la mia riflessione a questo: è inaccettabile che esistano persone tanto egoiste da disconoscere consanguinei o familiari, colpevoli solo d’esser vecchi e quindi vissuti come un “peso inutile”.
    Quel che peggio è che certi soggetti pubblici (vedi i “vermi” di turno) stanno facendo a gara per alimentare lo strappo generazionale già esistente e approfondire il solco fra vecchi e giovani.
    Ti confesso che faccio sempre più fatica a riconoscermi in questo mondo!
    Per terminare, voglio congratularmi per il tuo modo di scrivere, davvero interessante ed encomiabile.
    Un cordiale saluto e a presto!

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  17. Senza parole. Un abbraccio silenzioso al sig. Giuseppe: se abitassi lì vicino, andrei a trovarlo.

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