lunedì 28 novembre 2022

A un anno che se ne va

Per questo fine anno ho avuto due sorprese. 

La prima, oserei dire la più inattesa, è la conferma che questo anno  ̷m̷a̷l̷e̷d̷e̷t̷t̷o̷ benedetto, incredibilmente, forse sta arrivando alla fine. Credo che in passato un anno così  ̷o̷d̷i̷a̷t̷o̷  disamato non ci sia mai stato, perlomeno da quando il tempo viene calcolato in anni. L'augurio che corre in giro per il mondo è che quello a venire sia migliore; che poi, non dovrebbe sforzarsi molto per esserlo...
Succede che con il crescere degli anni (solo di quelli) lo scorrere del tempo appaia sempre più veloce. 'Sembrava' sempre più veloce: quello che sta per defungere è stato un anno lungo, neanche paragonabile ad alcuno dei precedenti; e neanche alla fame, che si usa a raffronto come misura di lunghezza dello spasmo. Di solito i festeggiamenti per la dipartita del vecchio si fondono con quelli per l'anno ormai in  dirittura d'arrivo, che con gli accidenti in corso, fa presagire poco di buono. 
Credo che il 2022 riceverà tante di quelle  ̷m̷a̷l̷e̷d̷i̷z̷i̷o̷n̷i̷  benedizioni che in nessuna religione conosciuta siano mai state emesse.

La seconda sorpresa è stata l'uscita di un libro che avevo avuto la possibilità di leggere, in bozza, alcuni mesi fa. Lo avevo visto più che altro in funzione tipografica, puntando a segnalare piccoli errori di battitura, accentazioni ritenute errate, punteggiature da riposizionare, qualche termine con migliori applicazioni.
Leggendolo, appunto in bozza, col fatto di avere avuto più occhio al testo grafico che al contenuto in sé, mi aveva dato l'impressione di una stesura destinata a chi mastica di filosofia e dintorni. Quindi lontano almeno le classiche mille miglia dai miei interessi di lettura.

L'Autore è conosciuto più che altro in ambito locale, ma ha ricevuto riconoscimenti sia fuori regione che all'estero per altre sue pubblicazioni.
Che sono due: Zeig la prima, un lungo racconto distopico, con un personaggio che attraversa, nel corso del libro, due dimensioni contrapposte, dove in una regna un ordine ferreo che robotizza gli abitanti, mentre nell'altra il disordine li porta a una forma di pazzia senza freni.
Il suo secondo libro, Oltrepassare, è una disamina impietosa di quanto di peggio il progresso ha compiuto nei luoghi in cui è nato e vive. Una denuncia romanzata, ma neanche troppo, dei danni provocati dalla cementificazione selvaggia di un paese marino, nonché del male fisico portato in zona da un paio di fabbriche che, portando ricchezza, hanno fatto rilevare in maniera drammatica l'acuirsi di malattie, in particolare tumorali, in una zona prettamente agricola, che in precedenza viveva la nascita, la vita e la morte solo come eventi naturalmente succedanei e affatto influenzabili da fattori esterni.
Nella sua prima opera l'Autore scrive da autore, un racconto dall'esterno, descrive luoghi e personaggi in maniere asettica, non intromissiva, un romanzo a tutto campo. Nel suo secondo libro si presenta come voce narrante, interviene da dietro le quinte, anche qui presentandosi come regista, suggeritore, cronista di quanto avvenuto nel tempo nel suo proprio paese.

In questa sua recente opera, Martino Ciano ha lasciato cadere i veli, presentandosi di persona, nella classica prima persona al singolare, che accantona l'anonimato per raccontare un passato e un presente e un futuro che non danno spazio ad altro se non a ricordi appositamente creati e descritti. In una maniera assolutamente viscerale, quasi vivisezionando la sua mente e il suo corpo, dando l'impressione di una follia... ben diversa da quella che comunemente è detta pazzia. 
La vera sorpresa l'ho avuta quando, comprato il libro, lo avevo riposto, convinto com'ero di averlo già letto, per la cui ri-lettura mi sarei preso tutto il tempo, magari tenendolo in serbo per le previste giornate di pioggia e maltempo tempestoso, che mi avrebbero costretto allo stacco delle linee elettrica e telefonica, che in un passato recente mi avevano fulminato tutto l'ambaradan tecnologico. Poi la curiosità aveva preso il sopravvento: la visione di un libro in bozza è un invito, neanche tanto tacito, alla lettura del libro vero, quello fresco di stampa, rilegato, copertinato... il libro ha un sapore e un profumo diversi da quelli offerti da un insieme di fogli A4, tenuti uniti da una pinzettata angolare.
Ritenevo, nell'acquisto, di trovarmi fra le mani un qualcosa di dèjà vu, o meglio di dèjà lu, per di più di lettura recente, quindi potenzialmente noiosa. Invece...
In una giornata di sole, sbrigate le consuete faccenduole, nell'arco della giornata mi sono letto tutto il libro; letto in maniera ingorda, con l'unica pausa del pasto, che in tempi andati era invece occasione di proseguimento di letture nuove o iniziate. Una stupida abitudine (dovuta alla solitudine dei pasteggi ante-matrimonio, nei quali avevo il 'vizio' di abbinare ai piatti, sempre, una lettura; qualsiasi, di un quotidiano o di un libro o di una corrispondenza) che mia moglie aveva subito stroncato minacciando danni fisici e, prima di questi, uno sciopero di letto che, in sostanza, diceva: tu mi dai (attenzione ai pasti) e io ti dò (attenzione a letto). Avevo ceduto alla 'violenza'...
 
Questo di cui vado a dire è un lungo racconto, di cui l'Autore offre da subito una mappa, mettendo in guardia il lettore già in premessa, avvertendolo su quanto andrà a leggere:

AVVERTIRE PER SOVVERTIRE 
"Ogni contraddizione è voluta. Ogni errore è voluto. Ogni descrizione è evanescente. Ogni malvagità è ricercata. Ogni parola è una bugia. Questo è il racconto di una mente confusa, quindi vera, eterna, libera di falsificare, di contraddirsi, di amare, di uccidersi, di non ricordare, di omettere, di colpevolizzarsi, di essere, di non essere. Tu, lettore, sei autore e spettatore quanto me".

Sembra un promo, un originale lancio di promozione, una specie di modo di dire per attirare lettori. Invece è una vera e propria premessa/promessa, che il testo mantiene. 
Elevata a potenza... 
E infatti, in un lungo soliloquio fa entrare tutte le 'qualità' annunciate, e altre ancora, che forse ha voluto tenere in serbo come sorpresa direi natalizia, visto che ormai ci siamo sotto. Ma non c'è alcuno spirito betlemmiano in questa storia, anzi...
Presentandosi in prima persona ha potuto evitare il refrain su fatti e personaggi di pura fantasia, quindi assolutamente casuali, in caso di simiglianza con altre realtà ricorrenti.
Soliloquio, senza capitoli, senza sottotitoli, senza occhielli che diano la possibilità di trarre qualche respiro, indurre a pur brevi soste. Cinque soli capoversi, i classici punto-e-accapo, danno una breve tregua a una lettura che ammalia, fino all'epilogo, tenuto volutamente separato a conclusione di una storia che altrimenti non concede respiro. Epilogo diviso dal testo originario, staccato da questo da una intera pagina bianca, a indicare una conclusione che mitiga un pochino la crudezza di tutto il racconto.
Nel corso della storia l'Autore bestemmia e prega, uccide, confessa e ritratta, riconfessa e ancora ritratta... alla fine non si riesce a capire chi sia morto e chi abbia ucciso chi. Senza che nulla arrivi ad essere granguignolesco, in una forma che sa di noire, ma affatto classico.
C'è anche la parte sensuale, in cui c'è chi della copula ha fatto punizione e chi della stessa ha fatto espiazione. E non manca la scoperta di una nudità vista non tanto come fatto fisico, religiosamente  peccaminoso, quanto come uno spogliare/sfogliare il proprio intimo, quello più profondo, quello che neanche a se stessi si vorrebbe mai mostrare.
E, buon ultimo ma sempre immanente, c'è Thomas Bernhard.
Un Autore che il nostro Autore ama, di cui ha letto tutte le opere e che qui è presente quasi senza mai apparire, persecutore e nel contempo maestro, faro, guida, in un percorso che porta il Nostro alla scoperta di un  essere-non-essere, di un vivere-non-vivere, di un morire-non-morire, che riporta, quasi a forza, alle domande che da millenni ci ossessionano: chi siamo veramente e perché pensiamo di essere, quando in realtà (forse) non siamo?
Nascere, vivere, morire: è tutto vero, o ci siamo creati un itinerario obbligato per giustificare in qualche modo la nostra presenza qui sulla Terra?
L'Autore non dà risposte, si limita a buttare il velato interrogativo, lasciando al lettore il tentativo di risposta. 
Come premesso/promesso in apertura. 

2 commenti:

  1. Sul 2022 così brutto direi che dissento... viviamo un ventennio e passa di merda, il nuovo millennio è stato nei primi suoi 22 anni di merda, tanto da farci rimpiangere il Secolo breve, così detestato, ma in realtà anche pieno di cose positive, e di resistenze vere a quelle negative. Invece in questo ventennio c'è stato solo un appiattirsi, tra guerre, menzogne (tante menzogne), un mondo a misura di furbi (che durano poco). Quindi direi 2022 in linea con quanto successo prima, almeno per il mio modo di pensare. Sul libro molto interessante, di quelle letture da non staccarci gli occhi (a parte quando vai a letto, che hai altre incombenze...). Bravo.

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    1. Verissimo, quasi tutto. Sui 22 anni di merda, sull'appiattimento generale che ci costringe a ritenere sempre gli ultimi periodi peggiori dei precedenti quando, in realtà, a ben guardare, tra una palla e l'altra, tutti sono in linea, come dici tu. Sono meno d'accordo quando tiri in causa il letto con le sue incombenze. Purtroppo l'età, e altro, quelle incombenze le hanno accantonate... non dimenticate, ma sai com'è: quando sul ponte sventola bandiera bianca, non è detto che a sostenerla ci sia un'asta. Al limite un dito... medio... in tenera, commossa e commovente, erezione. Comunque patetica.

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