martedì 4 gennaio 2011

Fiori e opere di bene

Quella mattina non ero stato in negozio.

Sarò stato al lavoro, quello mio ufficiale, oppure in giro per chiacchere, dal giornalaio o dal barbitonsore.

Al rientro, verso l’ora di pranzo, col negozio in fase di chiusura, la moglie mi aveva accennato i movimenti in uscita della mattinata.

Tra le varie piccole vendite, mi raccontava della cessione di un ficus benjamin, una pianta bellissima che da un po’ di tempo riempiva tutto un lato della vetrina verso la piazza.

L’aveva venduta a un signore (‘un bel ragazzo’; che era già un ottimo motivo per averlo da subito in uggia. Lei i confronti sui bei ragazzi li faceva, forse, su di me, quindi andava sempre sul velluto: come confrontare un meraviglioso gatto, magari nero, con un rospo; e il rospo, nei confronti, potevo essere solo io), che però, al momento di pagare, si era accorto di non avere soldi a sufficienza.

Oltre che bello, il giovanotto doveva avere anche un cervello sopraffino, poiché, in un lampo di genio, aveva subito trovato la soluzione al problema.

Come detto in altri episodi, adiacente il nostro negozio, c’era un tabaccaio che, oltre a rifornirmi del veleno per i polmoni, era anche un amico e, alla bisogna, era pronto ad aiutare nella lavorazione o il trasporto dei prodotti del negozio stesso.

Ricambiato, soprattutto il mercoledì, che era il giorno di prelievo dal deposito degli scatoloni di sigarette.

Il ‘bel ragazzo’ era andato in tabaccheria, aveva comprato una cambiale in bianco e l’aveva regolarmente bollata; tornato da noi l’aveva compilata per l’importo richiesto per quella pianta, con i suoi dati, firma e data di scadenza per la messa all’incasso… dopo una quindicina di giorni.

(Qui è d’obbligo un inciso: io sono contrarissimo alla pena di morte, per qualsiasi motivo e in qualsiasi modo essa venga applicata; tra questi modi trovo che il più odioso e aberrante sia la lapidazione, anche perché, guarda caso, il più delle volte vittime sono donne. Però come tutte le più ferme convinzioni, anche questa ha perlomeno un’eccezione: ad esempio, una commerciante che si fa abbindolare da un ‘bel ragazzo’ commette un reato di macroingenuità; e questo è un reato da lapidazione. Magari con palline di argilla espansa o di polistirolo, ovvero, per essere più drastici e incisivi, con palline da ping-pong , ma quando ci vuole ci vuole. Fine dell’inciso).

Già a sentire la voce ‘cambiale’ avevo iniziato il suo smembramento verbale; vista la scadenza, l’avevo fatta a pezzi; visto l’indirizzo di destinazione, l’avevo infilata direttamente nel tritacarne, che mi avrebbe dato polpette almeno fino alla fine dell’anno.

Avrei dovuto portare la pianta nella parte vecchia della città, tutta vicoli e senza possibilità di parcheggio. E non è che una ‘farfalla’ fosse in grado di farmi superare i sicuri ostacoli che avrei trovato…

Cessati i tuoni e i fulmini, la seconda immediata reazione era stata: ‘non la porto’; quando l’individuo fosse venuto a reclamare gli avrei raccontato, per esempio, che non avevo trovato il destinatario, e che se nel frattempo avesse portato i contanti avrei provato a cercare meglio.

La moglie, nel frattempo ormai tritata, era stata abbacinata dal ‘bel ragazzo’; io ero stato colpito dalla calligrafia del documento: una scrittura veramente bella, nitida senza apparire infantile.

L’indirizzo sulla busta destinava il dono ‘X cognome Adele’, abitante, come detto, nella parte vecchia della città; il bigliettino di accompagno diceva ‘Perdonami Claudio’; il tutto nella stessa bella calligrafia della cambiale.

Mi ero detto (tra me e me, senza dirlo alla moglie, che ne avrebbe tratto motivo per chiedere di essere perdonata) che un tipo che scriveva così bene non poteva essere un fregatore, e magari avrebbe fatto onore al suo ‘pagherò’, smentendo le mie nere previsioni.

Anche se il pensiero che questo tizio riconquistasse la ragazza con l’invio di una pianta e soprattutto con la firma di una cambiale, mi lasciava ampiamente perplesso.

E comunque, fossi stato in negozio, lo avrei indirizzato a qualcosa di fiorito; che so, un bel ramo di cympidium ben confezionato, che oltre alla bella figura gli avrebbe consentito di pagare in contanti con quello che aveva in tasca.

Accantonati i dubbi, all’indomani: preparazione della pianta, una lucidatina a tutte le foglie, eliminazione di qualche piccolo ingiallimento, coprivaso, nastro d’ornamento, pinzatura del biglietto da allegare al dono, cellophane, e partenza.

Come già mi era noto, avevo dovuto lasciare la macchina in un parcheggio fuori dalla zona, e mi ero incamminato verso la via indicata dal bell’amanuense, con la pianta, alta circa un metro e mezzo, ma ingombrante, fra le braccia.

Tenendola dal vaso, dovevo continuamente spostarla da una parte all’altra per evitare scontri con i passanti e con i pali della segnaletica.

Era un palazzone vecchio, che mai sarebbe diventato antico, poiché dava l’impressione di un crollo imminente.

L’entrata era costituita da un grande arco, senza cancello, che introduceva in un cortile, da cui dipartivano quattro scalcinati scaloni.

Entrando nel cortile, per non smentire il mio animo floreale, avevo pensato che, comunque, la pianta non avrebbe avuto vita lunga: era chiuso dagli alti muri del caseggiato, e quel cortile sembrava sapere dell’esistenza del sole o per sentito dire o per una sbirciata alle riviste che spuntavano da una specie di cassonetto per i rifiuti.

Niente citofoni, niente buche per le lettere, non un’anima in giro a cui chiedere informazioni.

Da un piccolo terrazzino al secondo piano si era affacciata una signora in camicia da notte, per stendere qualcosa, e le avevo chiesto notizie della destinataria della pianta.

Mi pare di ricordare che avesse la sigaretta tra le labbra, e aveva pure l’aria già scocciata in pieno mattino; si era limitata a indicarmi lo scalone di destra e con quattro dita di una mano a indicarmi il piano.

Nel prosieguo del mio lavoro, avevo messo insieme le chiavi per tutti i tipi di ascensore; e una buona quantità di monete da dieci lire per i condomìni taccagni che avevano piazzato la macchinetta mangiasoldi per salire e per scendere.

Niente ascensore, ovviamente.

Alla fine dell’arrampicata, un pianerottolo con tre porte di altrettanti alloggi.

Avrei giurato che non ci fossero i nomi neanche qui, ma mi sbagliavo, e c’era pure un campanello funzionante.

Plin-plon plin-plon…

Silenzio assoluto.

Plin-plon plin-plon plin-plon plin-plon, più per delusione rabbiosa che per convinzione di avere risposta.

Avevo però ottenuto l’attenzione di una vicina, che silenziosamente aveva socchiuso la porta, fermata dalla catenella di sicurezza.

Nonostante fossimo, la pianta ed io, chiaramente impalati davanti alla porta fronte la sua, mi aveva chiesto chi cercassi.

“Ah, la Lina, non c’è, è in ospedale, poverina…”.

Il ‘poverina’ escludeva che potesse trattarsi di un’infermiera o di una portantina; poverina poteva essere solo una persona in stato di ricovero.

“Guardi, io devo solo lasciare questa pianta, non c’è niente da pagare…”.

“E’ proprio bella… chi la manda?”.

(E’ d’uopo precisare che la privacy di allora aveva maglie molto larghe, per cui sapere e comunicare chi fosse il mittente non era ancora considerato reato).

“Un certo Claudio…”.

“Ah, sì, è il figlio; un birichino, è anche colpa sua se la Lina va e viene dall’ospedale; ogni tanto vengono anche i carabinieri a cercarlo qui, ma lui non abita più con la madre…”.

D’immediato mi era passato per la mente un insulto, che avevo subito rimosso poiché offensivo per questa madre (che appariva come una santa donna) e assolutamente indifferente per questo Claudio, cui l’essere figlio di … non poteva purtroppo essere imputato.

La gentile vecchietta aveva detto ‘birichino’: evidentemente il suo vocabolario non le consentiva termini come mascalzone farabutto delinquente, ma almeno ‘briccone’ poteva farselo scappare, non mi sarei scandalizzato.

E, visto che il ‘birichino’ mi aveva probabilmente fatto fesso, quella specie di vezzeggiativo mi era sembrato proprio fuori luogo.

La signora mi aveva rassicurato in merito alla pianta, l’avrebbe curata lei fino al ritorno della Lina, di lasciarla, ché tanto lì nessuno andava a rubare.

Su quest’ultimo punto non avevo il minimo dubbio.

Non so se capita ad altri, a me succede: in un decimo di secondo di pensare ’mi ha fregato’e ‘me la riporto’, cui si era sovrapposto un più articolato ‘ma un briccone che manda una pianta alla mamma malata forse è davvero soltanto un birichino’.

Insomma, la pianta era rimasta lì, nonostante vedessi la ‘farfalla’ allontanarsi, spernacchiante.

Al rientro ho finito il massacro della moglie, pur accarezzando la vaga possibilità che il ‘pagherò’ mantenesse la sua promessa.

Alla scadenza, deposito in banca della gentil farfalletta, e dopo una decina di giorni rientro, con aggravio delle spese di mancato incasso.

Conclusione: ci avevamo rimesso un incasso ma non eravamo andati in rovina per questo; la moglie, ancora oggi, come sente la parola ‘cambiale’ sbianca e chiede pietà.

Rimane la speranza che quel ‘biricone’ abbia messo la testa a posto, e sia rimasto soltanto un allegro birichino.


29 commenti:

  1. eh eh con l'inciso mi sono ribaltato dalle risate...
    un saluto

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  2. Mettila così: il birichino ti ha regalato senza volerlo l'ennesimo bel racconto... grande idea la lapidazione con palline da ping pong... :D

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  3. Tu hai il cuore più grande di tutti i felini fiorai ke io conosca! Il benjamin (lasciamelo kiamare così) sarà stato sicuramente il più bel regalo ke il Claudio ha fatto a sua madre e lei lo avrà curato come un figlio!
    Tu ke con i fiori ci sai fare, perkè non ne regali uno solo a tua moglie avvolto in una cambiale? Tranquillo, quello non avrà mai scadenza!
    Elisena

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  4. @ELI: la cambiale senza scadenza l'ho firmata io quando l'ho sposata; le regalerò una paletta di cactus...

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  5. eh
    ma sei un gatto dal cuore enorme,
    se non l'hai letto ti consiglio "storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare" di Sepúlveda, anche quel gatto ha un cuore come una casa...
    quel furbacchione ha solo fregato anche la mamma, sicuramente!
    però te la prendi troppo con tua moglie, povera gattina!

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  6. @Itsas: già letto e stragoduto, ce l'ho in casa, e mò che mi hai dato il 'la' lo riprendo.

    Quanto alla moglie, che tanto gattina poi non è, credo sia punita abbastanza dall'avermi vicino da xxxx e più anni: l'essere costretta in muta adorazione per tanto tempo l'ha convinta a chiedere la mia santificazione, ma non da subito, come si usa, bensì da ieri, dall'altroieri, da quando mi ha conosciuto...
    Scherzo, mi sembra chiaro; appena trovo il coraggio la lapido veramente, a colpi di budino.

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  7. è andata a finire che il pensiero alla signora malata gliel'hai fatto tu ma il merito se lo prende il briccone. Incovenienti per chi ha il cuore grande.

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  8. HAI FATTO UN REGALO AD UNA DONNA SOLA CHE SOFFRE PER UN FIGLIO BIRICHINO..
    NON MALE COME INIZIO DI ANNO
    :)

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  9. Ti ha dato l'occasione di scrivere questo delizioso racconto (forse un po' caro, ma ne valeva la pena)

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  10. Magari era un messaggio cifrato:
    Mamma, basta! Tuo figlio ora LA PIANTA di fare il birichino!
    L'ultima birbonata l'avrà fatta a te, caro gattone ;)
    Comunque Claudio..se stai leggendo..grazie di tutto..
    a me 'sto racconto è troppo piaciuto!

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  11. La realtà supera sempre la fantasia. Bello il racconto...

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  12. @GRACE: fossi sicuro che con quella pianta ha chiuso il suo periodo di birichinaggio, gli firmerei io una cambiale per comprarne un'altra.
    Vedi, non è tanto dalla perdita della pianta che mi sono sentito, diciamo, pugnalato, quanto dalla valutazione data a lui attraverso la sua scrittura: a ben guardare, ingenua mia moglie, ma la colleonaggine vera l'avevo fatta io. Ovviamente al rientro dalla banca ho appallottolato il documento e l'ho divorato seduta stante; l'avessi tenuto come ricordo lo avrei messo nel blog per avere conforto al mio giudizio.

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  13. Avrei avuto qualche esitazione in più.
    Però in fondo il tuo è stato proprio un bel gesto.

    Baci

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  14. Che bello...l'ho letto d'un fiato...Io al posto di tua moglie non mi sarei fatta lasciare la cambiale, dal bel ragazzo. Avrei messo i soldi di tasca mia, senza dire niente al marito. Così il marito non mi avrebbe rimproverata...
    Ciao!! Buon anno ancora!

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  15. Te l'ho mai detto che scrivi bene? Però, ... palline di pongo, no? E poi: mi confermi, dunque, che i ficus sono carucci! No, sai, io ho le mie piccole curiosità ... ne avrei altre ancora .. ma l'ospite dopo un po' ...

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  16. @ADRIANO: allora, e quando dico allora intendo proprio allora senza sconti, costavano abbastanza. Sicuramente adesso costeranno moooolto meno: 'allora' costavano qualche migliaio di lire, adesso basta un centinaio di euro...
    Quanto all'ospite che dopo un po'... ho la mia personale filosofia: l'ospite, dopo un po' neanche tanto, diventa di famiglia, riceve le chiavi di casa e quel che è mio diventa anche suo.
    (Senza sentirmi retrogrado, la moglie mia resta solo mia, questo è sacrosanto).

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  17. @ADRIANObis: mi erano sfuggite le palline di pongo. Negativo, potrebbero far male. Insisto sui budini, che tra tutti i materiali mi sembra il più... dolce.

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  18. letto tutto d'un fiato... è riuscito ad aver ragione dei miei occhi emicraniosi... :)

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  19. Gatto, sei troppo forte!!!
    Anche il polisterolo potrebbero far del male, meglio una cascata di baci...sono sicuramente più piacevoli.

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  20. Ah! Gattonero, ma che bravo che sei!
    Hai fatto contenta una povera mamma all'ospedale, con un figlio sciagurato che è la causa del suo male.
    I budini nella scatoletta o fuori dalla scatoletta?
    Ciao!
    Heidi

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  21. Un birichino bello e gentile, per di più con una bella grafia. Sono proprio quelli giusti per abbindolare le signore. Sarebbe bello un (continua).
    Ciao Gatto.

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  22. E ovviamente usi tutt'ora questo ricatto meschino per far sentire tua moglie in colpa eh?! ;) heheheheheheh geniale

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  23. Il racconto è bellissimo, mi hai rapito…pur essendo un fatto semplice, di vita quotidiana mi è piaciuto molto il modo in cui l’hai raccontato.
    Ma come mai se avevi tutto questi dubbi hai portato ugualmente la pianta? Sei troppo buono!

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  24. Inizio dalla fine, per comodità.
    @Martina: non so dalle tue parti, ma so che l'essere 'buoni' fa rima con 'co....ni'; l'essere 'troppo buoni' fa la stessa rima, rinforzata. Ecco, io ero, e sono, troppo buono.

    @Maraptica: conosci qualche donna che dopo tot anni di matrimonio si fa ricattare? Alla fine dell'avventura, il torto era passato a me: io che sapevo avevo solo da non portare la pianta, e niente era.

    @Alberto: no, è finita così, basta e ne avanza.

    @Heidi: budini caserecci, quelli che si sciolgono solo a guardarli. Purtroppo sono il tipo che prima di assassinare una zanzara le chiedo scusa.

    @Zicin: quelli sempre; 'quasi' sempre, non in questa occasione... C'era il rischio che, per riceverne a bizzeffe, mi ritrovassi col negozio straripante di cambiali. La moglie è la tipa che se a tavola dico che una cosa in particolare mi piace, quella cosa me la ritrovo mattino mezzogiorno e sera nel piatto, e non per un paio di giorni.

    @Valepi: ogni volta mi riprometto concisione, e ogni volta ci casco, come avessi bevuto una dozzina di birre, con lo stesso effetto dilagante. Perdonami.

    @Mari: la tua ipotesi sul mettere i soldi di tasca propria cozza col fatto che i soldi li avrebbe messi di tasca mia. Come, in effetti, ha fatto. Ma, come ho risposto alla Grace, la fregatura non è consistita tanto nella perdita dell'incasso quanto nella mia dabbenaggine nel consegnarla nonostante i dubbi.

    @A TUTTI: evidentemente non sono il solo 'troppo buono' dell'universo. Grazie per la solidarietà e per i consigli.

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  25. Vedi molte volte l'apparenza inganna... hehehehehe
    Gattone sei proprio un gentleman ma soprattutto con un cuore grande... e sicuramente quella mamma malata contenta ti sta ancora ringraziando... non certo il figlio!!!
    Ciao Gattone felice giornata... un abbraccio!!!

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  26. ma nooo, quando la lettura è piacevole non c'è problema di lunghezza
    intanto...
    hai ricevuto un premio… qui!

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  27. Gatto, ho trovato ora il tempo di leggere anche questo racconto - e come sempre ti adoro, per la sensibilità, la delicatezza, l'ironia... insomma, tutte le cose che già sai.
    Mmmmmeeeeeeewwwwwwwwww dalla tua gattaviva :-)

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  28. Bellissima storia :-)))
    e se qualcuno mi regalasse un ficus benjamin così bello, gli perdonerei tutto :-)

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