"Il mare fino a qui", di Simona Fruzzetti


Me lo sono trovato, come previsto, ieri al risveglio. Un romanzo breve, uno scorcio di vita racchiuso in una settimana, il racconto del rapporto tra due donne, vicendevolmente sconosciute, che nasce e finisce in un arco di tempo brevissimo. 
Intenso, dove i dialoghi e le immagini che la fantasia della Fruzzetti ha saputo proiettare nel cielo limpido di un paesino del Galles hanno riempito giorno dopo giorno tutta la settimana.
Dolcissimo, nel suo amarevole procedere, nel suo raccontare il rapporto, tanto breve quanto coinvolgente, tra le due donne, che dalla vita hanno avuto, entrambe, amore e dolore; ne racconta il modo di godere l'uno e affrontare l'altro in maniera quasi sinestetica da parte della protagonista del racconto, e assolutamente pragmatica da parte della (solo inizialmente) comprimaria.
Una frase del racconto mi è rimasta impressa in modo particolare: "Non si può perdere qualcosa che non si è mai avuto". È quando quel qualcosa c'è stato, lo si è avuto, che diventa doloroso non riuscire a ritrovare. Se poi quel "qualcosa" è stato qualcuno ecco che l'accettazione della sua perdita può finire per obnubilare la mente, impedendole di prendere atto di quello che fu, che è stato, che è.
In poche pagine è possibile ricevere una specie di lezione di vita, per il modo differente di affrontarla senza quel qualcuno che in precedenza la completava.

Un romanzo breve che piccolo non è, che scorre veloce, asciutto, contrariamente allo stile Fruzzetti, conciso nei dialoghi, quasi unidirezionali tra le due donne, per lasciare al lettore la piena libertà della interpretazione dei segni, dei sogni e dei paesaggi che con la solita accuratezza propone. 
Da piccolo lettore ritengo che questo racconto, nell'universo Simona, brillerà di luce propria, proprio perché fuori dalle schematiche allegre sue proprie.   

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