Un camice di troppo

Simona Fruzzetti è già ben conosciuta per la pubblicazione di precedenti libri, tutti ambientati nel nord dell'Europa, tutti ugualmente apprezzati per la simpatia ironica dei personaggi, dei quali evidenzia tic e pregi, sempre in una cornice di una (quasi) pacifica convivenza. Quella serena convivenza che in un non ben definibile altrove è ormai un ricordo, che si allontana sempre più, a ritroso nel tempo. 

Per chi ama la sintesi: delizioso e deliziante, piacevole e rilassante.
Per chi, invece, ne vuol sapere di più e ha due minuti di tempo da perdere, ecco il commento di un antico e vecchio lettore.
La premessa e l'epilogo offrono uno spaccato di quella che è ed era la sanità inglese, affatto dissimile da quella che è ed era quella italiana. Qui come là si sta arrivando allo sfascio totale di quanto fu fiore all'occhiello di queste Nazioni nei decenni successivi all'ultimo conflitto mondiale. 
Su questa constatazione versiamo l'ennesima lacrima di rimpianto e passiamo ai dettagli del racconto vero e proprio.
Tutto si svolge in un piccolo paese del nord europeo, uno di quelli che sprizzano serenità e gioia da ogni finestra e da ogni stradella, una bomboniera ornata di nastri colorati e sorrisi e pettegolezzi. Come ogni piccolo paese che si rispetti ma che, pur accettando le nuove tecnologie, non ha rinunciato alla sua propria umanità.
Tutto va a meraviglia, fino all'arrivo di un tizio, aitante, belloccio e pure affascinante, che suscita la curiosità di tutta la comunità, che vede in lui soltanto un nuovo ospite, più che altro valutato come motivo di future chiacchiere e spettegolamenti.
 
Il resto del racconto si può riassumere in una recita, su un palcoscenico virtuale, in un teatro virtuale, probabilmente presente nel piccolo paese, a sua volta apertamente virtuale.

In quella recita, due protagonisti, il nuovo arrivato e una stanziale, lui doc e lei pure, si alternano in una simpatica e originale alternanza che, in un susseguirsi di prima persona, singolarmente plurali (una forma di par condicio sui generis) se ne dicono e fanno di tutti i colori, mascherando i loro sentimenti dietro l'apparentemente cinica difesa di status personali conquistati nel tempo, ciascuno in territori e ambiti diversi, apparentati da un camice bianco che è bandiera di entrambi.

Un po' tutto il piccolo paese giostra intorno ai due, a supporto del racconto e con compiti variegati, in cui spicca la saggezza di una vecchina, già oggetto delle affettuose attenzioni dell'Autrice in testi precedenti, la cui lettura sarebbe di aiuto nell'inquadramento dei personaggi di questo nuovo racconto.

La recita dei due mi porta alla mente il diagramma del DNA, laddove le due spirali si incrociano, si toccano, si baciano e puntualmente si indispettiscono a vicenda, allontanandosi in un giro largo, quasi a sfuggirsi, per poi ritrovarsi puntualmente, pronte a incrociarsi, pronte a toccarsi, pronte a baciarsi, con una sequenzialità che fa pensare a una durata infinita della tresca... salvo prevedibili imprevisti.

Nota a margine, che nulla ha a che vedere col racconto: come la sanità, sia nord- che sud-europea, anche i lavandini non sono più quelli di una volta... 
Leggere per credere.   

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