martedì 20 luglio 2021

Gioventù abbrustolita (I)

Non ho avuto un'infanzia propriamente felice, e anche l'adolescenza ha seguito la stessa buona strada.
Ma è in questo secondo periodo di vita che avevo davanti grandi progetti per il futuro.
Per la verità i progetti li avevano altri, ma era giocoforza farli miei. Nelle previsioni di questi altri, sarei stato prete, in seconda battuta confratello laico. A supporto della prima possibilità pesavano le mie prestazioni brillanti di chierichetto, attento e rispettoso nei tempi delle cerimonie, preciso e acculturato nelle risposte dei dialoghi in lingua vaticana. Che non era dote comune tra i compagni (modestia a parte).
Alle migliaia di Dominus vobiscum ricevuti nel corso degli anni, rispondevo prontamente e correttamente; vero, ne capivo poco, ma tant'è, l'immagine era quella. Così come le preghiere, tutte in rigoroso latino, delle quali capivo un nulla assoluto, ma davo l'idea di uno che in un probabile futuro le avrebbe capite e predicate in omelie strappalacrime, e applausi e ola da stadio. 
In effetti mi ero convinto che quello sarebbe stato un ottimo avvenire. Non che avessi ben chiari i diritti e doveri del sacerdote, ma vedevo che tutti quelli che conoscevo erano ben pasciuti, belli rotondetti. E per uno che aveva una fame perenne, da tenia incorporata, era un bel pensare.
Nei miei sogni ero modesto, non aspiravo a diventare papa e neanche vescovo: avevo un po' di confusione nelle gradazioni del sacerdozio, per cui mi sarei accontentato di diventare cardinale. A questo sogno aveva contribuito la partecipazione in costume alla processione di san Giuseppe, che era il patrono della nostra comunità. In una lunga colonna erano inseriti tutti i santi del paradiso; beh, non proprio tutti, solo quelli più noti, quelli che già in chiesa o nelle immaginette avevamo imparato a vedere ed apprezzare, di cui sapevano tutte le vite e soprattutto i miracoli.
Tutti maschietti, ché le orfanelle erano in un altro settore, e non le avrebbero mai prestate per un avvenimento che di religioso aveva un po' poco. In chiesa grande le sbirciavamo al di là di una fitta grata, eretta a loro protezione in una navata laterale prospiciente la nostra, oltre tutto allontanata da una marea di suore che occupavano per intero quella centrale.
A dire il vero, le sbirciavamo senza sapere bene il perché: curiosità inconsce su qualcosa che sapevamo essere diverso da noi, ma non sapevamo in cosa e perché. Qualcosa considerato prezioso, visto che noi le grate divisorie non le avevamo; eppure le suore ci ritenevano piccoli demoni in braghe corte... noi avremmo dovuto avere le sbarre, non quelle bambine, peraltro presentate come angioletti in terra.
Bene, la processione di cui prima era chiusa dal cardinale; e quel cardinale, per due anni di seguito lo avevo (indegnamente, lo ammetto) impersonato io. Avevo tutto, dalla papalina alla berretta, quella che nei filmati, mostrati con dovizia e ripetizioni periodiche, vedevamo imporre solennemente ai nuovi porporati, nientepopodimeno che dalle mani sante del santissimo Padre.
Perfino le scarpette scarlatte e le calze pure, con una coda che mai avrei visto così lunga e sontuosa neanche nei matrimoni principeschi. Le mutande non ricordo, ma non credo; ma tendo, molto a posteriori, ad escluderlo vista la scoperta della destinazione pagana di ogni fine anno come portafortuna.
La colonna seguiva lentamente un percorso, ai cui lati si assiepavano preti e suore e confratelli a volontà; ragazzi pochi, per lo più in visita con le famiglie dall'esterno, noi tutti impegnati in quella recita. Che doveva avere un fondo di serietà, visto che da buon cardinale, nel mio incedere lento, benedicevo a destra e a manca e, accidenti!, tutti si segnavano; pazienza le suorine, nella loro beata ingenuità, ma i preti e i laici...
Della seconda volta mi è rimasta impressa la benedizione impartita ad personam al padre generale della comunità, che per noi era il massimo delle autorità costituite. Era stato nominato da poco più di un mese all'alta carica, e anche lui si era segnato devotamente alla mia infantile benedizione. 
Cinque mesi dopo era morto, all'improvviso, nel sonno.
In seguito, a supporto del mio desiderio, che peraltro faceva seguito al desiderio di altri, avendo letto qualcosa dei tre moschettieri del re, mi pare di Francia o giù di lì, un modello cardinalizio più preciso lo aveva intravisto nel cardinale Richelieu. Con questi avevo in comune solo due doti: la sua iniziale giovane età e l'amore per i gatti; al momento ero molto più giovane di lui e quanto ai gatti, ne conoscevo solo uno che bazzicava nel cumulo di rifiuti ammucchiati al fondo del canale di raccolta dello stabile. Non mi amava, ma pare che anche Richelieu non fosse da tutti amato.
Certo, avrei dovuto lavorare, molto e anche di più, sulle sue arti diplomatiche e su un esercizio del potere che superasse, almeno all'apparenza, il tornaconto personale. Avevo le idee chiare, ma non avevo idea di come realizzarle. Quanto alla diplomazia avevo poche speranze: all'epoca ero un piccolo tacchino che per un nonnulla si alterava, talvolta di brutto, ignorando il fatto di essere troppo mini per potermelo impunemente permettere: quando si finiva a botte ne dicevo tante, mai abbastanza da subissare quante ne prendevo.
Come icona secondaria avevo individuato nel suo successore Mazzarino un modello più consono alle mie aspettative e soprattutto capacità; intanto era italiano, come più o meno credo fossi io, era cardinale pur non essendo mai stato prete, ergo presumevo non avesse studiato più di tanto per fare il salto di qualità che lo aveva portato dove era arrivato. Non so se amasse anche lui i gatti, ma tanto, viste le soffiate e le unghie tese di questo mio, era un particolare secondario.

Il tempo di lettura di questo poco più che pistolotto dovrebbe essere inferiore ai cinque minuti; a chi venisse in mente di darmi del prolisso, non respingerò l'accusa, mi limiterò a mandare una benedizione, in latino verace e il ben noto gesto che da secoli viene presentato come bene augurante.
Detto ciò, questo pezzullo ha nulla della "gioventù abbrustolita" del titolo, la vado ad arrostire in vista del prossimo, che per il suo contenuto sarà più difficile da partorire.
Grazie.
 

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