domenica 1 settembre 2019

Divertimenti innocui...

... per bambini scemi.
È (era) una definizione di quegli scherzi, fastidiosi ma in fondo innocui, che caratterizzavano il passaggi dall'infanzia all'adolescenza e poi alla fase adulta, quando, se proseguiti, non erano più scherzi ma vandalismo e stupidità e altro non definibile. Quelli dei bambini detti scemi consistevano nel suonare ai citofoni e fuggire, erano il bicchiere d'acqua gettato in testa a un passante sotto la finestra (scherzetto più raro, poiché a rischio di identificazione, magari con botte a seguire), per i più arditi il lancio di pietre verso i lampioni stradali (anche questo molto rischioso visto che, se individuati, finiva per essere toccato il portafoglio di casa, che era delitto più grave di un lampione centrato)...
Era, appunto...
Definire bambini scemi i ragazzotti che sparano pugni in faccia a ignari viandanti, che picchiano o danno fuoco ai barboni, che tagliano le gomme e sfregiano le auto in sosta, non sono più né bambini né scemi, sono delinquenti della più bell'acqua. La giustificazione più comune al loro agire da farabutti è che lo hanno fatto per combattere la noia... supportata da genitori infami che, se galera ci fosse, dovrebbero finirci con i loro virgulti annoiati.

Per quanto mi riguarda, riferito a questo pezzo: va bene tutto il detto in apertura, meno il fatto che da un po' (molto) tempo non è più lecito chiamarmi bambino. Magari fossi ancora un bambino, scemo un pochino lo sono rimasto, bambino non più... anche se, ogni tanto, credo di esserlo ancora.
Illusione, dolce chimera...
Giovedì scorso, giorno di mercato.
Non amo i mercati, né quelli rionali, né quelli paesani... tanto meno i supermercati, con le loro diramazioni iper, discount, city... E neanche le fiere, che d'estate fanno parte del tipico folklore estivo, nel tentativo di ravvivare antiche usanze, quando dai paesini dell'interno, gli Unni scendevano a fare compere programmate nel corso dell'intero anno.
Compere importanti, con una lunga soppesa negli acquisti, senza possibilità di errori... il reso per cambio idea o per difetto non era ancora regolamentato per legge, e uno sbaglio sarebbe stato riparabile solo l'anno successivo, alla stessa fiera, dove magari il fieraiuolo venditore non avrebbe partecipato. Un torchio o una pigiatrice per l'uva, una carriola, una cucina a legna, attrezzi per i campi o per la cucina... erano tutte spese ben preventivate, dovevano rientrare in quanto previsto, e le trattative per raggiungere lo scopo erano uno spettacolo, con i "niente da fare" e i richiami al tavolo simbolico, che di solito si concludeva con piccoli cedimenti, fino ad avvicinarsi a quanto disponibile per quella determinata spesa. Al termine, le strette di mano a suggello dell'accordo raggiunto.
A malapena, e solo in caso di necessità, vado in quelli definiti tecnologici, per cartucce da stampanti, per un ventilatore, per un frigorifero... tutte cose che il tempo e l'uso costringono ad aggiornare. E che oggi vengono prodotte in vista di un uso temporaneo, già alla nascita destinate all'incremento dei rifiuti detti RAE o similari, i cui componenti saranno ritrovati nei prodotti nuovi di fresco acquisto.
Anche ai mercati, da sempre, vado se ci sono costretto da un obbligo di reciprocità. Stavolta ci ero andato per la ricerca e l'acquisto di pomodori per salsa.
Quella fatta in casa, con la stessa procedura immutata forse da secoli, della quale conosco i vari passaggi ma a cui non posso partecipare; per incompetenza assoluta, non per mancanza di volontà.
Il mio contributo si limita al portare le cassette del prodotto dalla bancarella alla macchina e dalla macchina alla cantina per la lavorazione.
Il mio parere sulla qualità manco lo sto a dare, sia perché ininfluente, sia per evitare un domani di essere coinvolto nella scoperta di scelte sbagliate.
Quindi giovedì mercato per pomodori.
Zoccoli di legno, bermuda, camicia e un cappello a larga tesa, un panama autentico, bianco con fascetta tinta nera.
Cielo, si tratta di un cappello proveniente sicuramente da Panama, dovessi giurare che è un originale non lo farei. Non sono ingenuo al punto da credere che, se anche ci fosse stata, l'etichetta made in Panama sarebbe stata garanzia di autenticità. Qui da noi, nei negozi di qualunque livello, tutto è ormai made in Ciaina, o in Taiuan, o King-kong prima della rivolta... Volendo cercare qualcosa made in Italy, l'unica è andare nei negozi cinesi, che danno la sicurezza assoluta che i prodotti in vendita sono made in Italy, prodotti veramente in Italia; con tanto di garanzia delle etichette. Come non crederci...
Come al solito, senza vergogna mi ero defilato in attesa di disposizioni, cercando il mezzo che vendeva polli arrosto allo spiedo pronti al momento, panini imbottiti, formaggi e salumi, nonché pelati e salse di pomodoro in bottiglia... e macchinetta per il caffè.
Nonostante il caldo, quel giorno più afoso di quello precedente e, secondo le previsioni, meno di quello successivo, volevo solo un caffè, col solito bicchiere d'acqua fresca che qui è sempre a quello abbinato.
Prima di me, una coppia con un paio di frugoli al seguito, che si stava facendo incartare un po' di prodotti locali, formaggi e salumi, destinati a regali; verso persone diverse, quindi impacchettati pezzo per pezzo... Non avevo fretta, né ero in crisi di astinenza da caffè, per cui avevo invitato il giovanotto che li serviva a fare con calma il suo lavoro, ché il mio caffè non si sarebbe raffreddato.
A fianco del camion c'era un tavolinetto di plastica, con tre sedie, occupate da tre anzianotti, una birra da 33 al centro, forse vuota, che parlottavano, sicuramente in merito alla crisi del governo, alle borse, allo spread, agli acquisti e vendite milionarie delle squadre di calcio... o forse solo del caldo, o commenti su curve femminili, memorie di ricordi di un passato-passato, non di pomodoro... le solite chiacchiere da bar, che riempiono le giornate dei pensionati.
Accanto a questi un bidone per i rifiuti, carte bicchieri cucchiaini lattine bottigliette; infilato nel secchio avevo notato un bastone, quelli che un tempo erano definiti "da passeggio", quelli con pomello d'argento che, con la catena d'oro bene in vista sul panciotto indicavano il censo dei proprietari.
Questo era un bastone semplice, con le venature del legno, lucido...  proprio un bel bastone, autarchico.
Per un attimo, ma proprio un attimo, lo avevo ritenuto un rifiuto depositato nei rifiuti, e stavo quasi allungando la mano per recuperarlo. Lo ripeto, per un attimo e solo per un attimo...
Mentre soffiavo nel mio bicchierino per raffreddare il caffè (buono, ancorché nato da una macchinetta posizionata su un camion), uno dei tre si era alzato e aveva ordinato tre caffè; nell'attesa si era seduto continuando a discorrere con i compagni di pettegolezzo.
Dimenticavo: fa parte del rituale, pur parlando tra di loro, guatavano, oltre le curve dette, anche gli altri passanti, salutando di quando in quando il paesano o il parente in transito.
Poiché non mi conoscevano e io non li conoscevo, non ero rientrato nell'orbita dei loro interessi. Se avessi ceduto all'attimo di cui dicevo in merito al bastone, probabilmente mi sarei trovato con la mano tranciata e una denuncia per furto con destrezza.
Caffè, acqua, avevo pagato il mio beveraggio...
La vita è fatta di attimi, senza essere scaramantico un attimo ci sei, l'attimo dopo non ci sei più...
Bene, il mio attimo successivo al pagamento era consistito nell'allungare al giovanotto altre monete, invitandolo a pagarsi anche i caffè dei tre caballeros.
Poi mi ero allontanato, passo tranquillo, non una fuga, il tempo che i tre caffè vedessero la luce e fossero allungati al tavolinetto; non erano tipi da chiedere di pagare alla consegna, sarà sicuramente passato il tempo necessario per la mia eclisse.
Ho poi caricato le cassette di pomodori in macchina e sono uscito dall'area, indirizzato a casa.
Credo di avere un fondo di sadismo nel mio dna, a sera ancora sogghignavo nel pensare alla scena: uno dei tre che chiedeva di pagare, sentirsi dire che i caffè erano stati offerti da quel tizio col cappello e interrogarsi a vicenda sulla sua identità...
Ci vuole poco a mandare in tilt le persone; questo credo sia stato un modo originale per farlo.
Non credo che il tapino operante sul camion abbia riconosciuto il mio cappello come un panama... così come gli era sconosciuto il tizio che ci stava sotto, per cui alla richiesta di lumi avrà allargato le braccia, disarmato.
Ecco, per un giorno ero tornato ad essere il bambino scemo di infiniti anni fa.
Scemo, ma innocuo.

Un prossimo giovedì conto di tornare in quel mercato, a quel mezzo semovente per prendere un caffè. Non mi stupirei se trovassi i tre ancora là piazzati in attesa che il fiume porti loro il mio... cadavere.
Ci andrò senza panama, poiché se è vero che l'abito non fa il monaco. è altrettanto vero che senza tonaca col cavolo che riconosci il monaco.
E il panama potrebbe essere il mio abito, la mia tonaca.

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