Incentivi

Passando, direttamente dal sostantivo al verbo, ne deriva "incentivare", invogliare, sedurre con offerte irripetibili, spingere verso qualcosa, verso l'acquisto di un prodotto che i tempi o le disponibilità economiche impediscono di acquistare, lasciando il desiderio nel fondo dei cassetti del "mi piacerebbe, ma non posso". Tra i settori che non sono, né saranno mai, incentivati, quello della gioielleria spicca fra tutti, nonostante città e paesi siano presenti venditori di gioie, quasi quanto le pizzerie; so di paesi senza farmacia, per via dello scarso (e fortunato) consumo di farmaci, ma con la presenza fissa e antica di venditori d'oro e monili preziosi.
Anche le pompe funebri e loro contorni (fiorai, tasse mortuarie, burocrazie da sbloccare a suon di bolli, spazi cimiteriali...) non hanno chiesto lo stato di calamità, e gli sconti seguono l'andamento delle richieste dei "prodotti" in offerta; ovviamente la quantità di queste fa scendere i costi.
Quanto alle pizzerie, per invogliare il consumo, si spingono al massimo a presentare nuove formule di confezione, raramente sconti tali da spingere ad un maggior consumo di quella cibaria. Ne ricordo una, Pizza Express era la sua ragione sociale, che ai nuovi clienti dava una tesserina con dieci caselle, che venivano barrate a ogni consumazione; completata, dava diritto a una pizza gratuita: per non andare in rovina, la pizza 'regalata' era in sintonia con la media di quelle di volta in volta consumate. Dopo dieci pezzi, il cliente era inquadrato, e se per dieci volte, o poche meno, questi aveva preso una pizza Margherita, non avrebbe potuto agognare a una di ostriche e scaglie di tartufo. Non durò molto, la scesa di qualche centesimo nel prezzo usuale aveva avuto più successo. 
Che poi esistano strani 'incentivi' per rendere più appetitoso questo piatto, ormai internazionale, l'ho scoperto di recente, per via di un magnate che, aperta una nuova pizzeria, ha deciso di offrire ai clienti, come offerta di benvenuto, la detta pizza Margherita a 28 € cadauna; centesimo più centesimo meno il prezzo per gli umani di una tonda in una pizzeria altrettanto umana si aggira intorno ai 5 €. Bevande escluse, nell'uno e nell'altro caso.
Nei mercati rionali a invogliare erano i venditori, che decantavano con grida colorite i loro prodotti, dagli alimentari all'abbigliamento, dai giocattoli agli ultimi ritrovati del fai-da-te. Già il loro vociare era uno spettacolo: era la qualità delle merci o i prezzi sottoterra, tutto andava bene purché portasse all'acquisto. Non mancavano gli ammiccamenti all'età dei possibili acquirenti: così mature matrone erano invitate al banco come signorine, uomini attempati erano sempre giovanotti, così come i ragazzini che, da bambini che erano, venivano promossi sul campo a giovanotti. Le distinzioni di genere erano sempre definite in maniera allettante. Per i ragazzi in erba crescente, alla ricerca di conoscenze a costo zero, erano istruttivi i proclami sui possibili usi relativi, in particolare, alla biancheria intima femminile. Quelli su mutandine e reggipetti erano i più seguiti... magari allontanandosi dalle grinfie materne o altrimenti tutoriali. Non c'erano libri che ne parlassero, a meno che si trattasse di tomi licenziosi, vietati agli imberbi; correva la fantasia, ed era come leggere un libro, la giovane età permetteva di incamerare tutto. Ciascuno a modo proprio e non sempre corrispondente a quanto verbalmente mostrato dai venditori, che sarebbe poi stato corretto dalla vita nel suo compito di insostituibile maestra.
 Il termine "incentivo" è venuto in auge negli ultimi tempi, ed è soprattutto abbinato a mezzi di locomozione, dai monopattini alle biciclette, alle autovetture; non mi risulta godano di incentivo anche i pattini a rotelle, né gli scarponi o racchette da neve, forse destinati a prossimi lanci di denaro tra il popolo festante sotto i balconi, in attesa della manna che aiuterà a risolvere anche gli altri problemi del Paese, che per i demagoghi sarebbero ben più importanti.

Tra questi, ma solo di passaggio, la sanità, in questo momento grigio, esige la massima attenzione, c'è l'obbligo civile e morale di recuperare al più presto quanto perso o sprecato in decenni di quella comunemente nota come mala sanità. Siamo in ballo e, volenti o nolenti, bisogna ballare; così vengono stanziati miliardi a vagonate, per tamponare falle del sistema provocate da malgoverni, a esser buoni, incompetenti e pessime amministrazioni. Ogni tanto uno scandaletto mandava a processo (raramente a condanna) personaggi d'alto rango che avevano attinto ai fondi per arricchirsi, sovente in maniera spudorata. C'è voluta una pandemia di nuovo genere per renderci conto che la sanità pubblica, un tempo quasi unico fiore all'occhiello nazionale, è andata a ramengo. Il tempo dirà se questa corsa ad ostacoli andrà a buon fine... Poi, in piena emergenza, succedono strani sbracamenti per cui, ad esempio, uno stesso prodotto sanitario indispensabile venga pagato, come la misera pizza, intorno ai cinque euro in alcune Regioni, mentre in altre vengono acquistati a ventotto euro l'uno... vallo a spiegare al popolino che di queste manovre sente l'olezzo ma non ne capisce il senso. Se poi questo senso lo capisce la magistratura, è sempre per una forma di accanimento giudiziario che vuole spiegazioni per definire eventuali responsabilità.
Poi ci sarebbe il lavoro: si detassano gli imprenditori che si impegnano ad assumere, a creare posti di lavoro, nel contempo li si invoglia verso nuove tecnologie che, guarda caso, puntano a ridurre la necessità di presenze umane nella produzione di prodotti a larga diffusione. Ai lavoratori e agli ex tali, ma anche a molti che non lo sono mai stati, vengono somministrati fondi, teoricamente per sopravvivere in attesa di un posto, che in realtà si sono rivelati un boomerang, rivelandosi di volta in volta semplici elargizioni a fondo perduto, ovvero fonte di ulteriori truffe, sempre nei confronti del pubblico denaro. Non voglio qui rivangare l'ormai mitica sconfitta della povertà, ma ho il fondato dubbio che questa ipotesi, lungi dall'invogliare alla ricerca di un posto di lavoro abbia, alla fin fine, invogliato solo all'uso del divano. Ovvero al doppio lavoro, in nero, aumentando vieppiù il peso di una delle tante piaghe che ci affliggono: l'evasione fiscale generalizzata. Non è stato raro il caso, nel corso dell'estate, di imprese costrette a ridimensionare le prestazioni per mancanza di persone che accettassero di lavorare in regola con i contributi e le tasse; i lavoratori in sonno avrebbero preferito sommare al reddito statale quello da prestazione, senza assicurazione specifica, peraltro già garantita da una copertura figurativa che avrebbe coperto sia i periodi di eventuale malattia che quelli pensionistici. Il cinico avrebbe quantomeno pensato: chiamali fessi...
E la scuola? È un altro dei problemi che solo adesso esce allo scoperto: ci si rende conto della presenza di istituti d'istruzione fatiscenti, quando non pericolanti o prossimi a crolli fisici; ci si accorge solo adesso dell'esistenza di decine di migliaia di docenti precari, che sono tali in buona parte da anni e anni, ormai prossimi alla pensione, a suo tempo incentivati a mettersi a riposo per ridurre i costi del personale; senza peraltro provvedere per tempo a sostituzioni e assunzioni che consentissero un regolare svolgimento didattico in tutte le scuole di ogni grado. Anche qui i miliardi, stupidamente risparmiati a suo tempo, adesso li dobbiamo risputare in un caos di capacità e competenze. 

Quanto sopra era solo un'introduzione a quello che è lo scopo vero di questo post. Genericamente ho parlato di "incentivi", ma l'imput a parlarne mi è venuto da quelli particolari verso le automobili.
Premesso che non sono un esperto del settore, non nel suo specifico, può essere che il ragionamento che segue sia dettato (anche) da un po' di confusione, o forse proprio da ignoranza congenita.
Dunque, nel corso della quarantena generale, quando per uscire si casa a far passeggiare il cane o a recarsi in farmacia o a fare la spessa alimentare era necessario portare con sé una specie di auto-lasciapassare, il mercato della vendita degli autoveicoli era andato in crisi. Così come tutti gli altri settori costretti a chiudere i battenti nel generale tentativo di contenere il virus dilagante. Quasi tutti gli altri settori hanno ricevuto denari, pochi o tanti è fatto relativo; i lavoratori rimasti a casa hanno avuto la cassa integrazione, che ha consentito di barcamenarsi in attesa di tempi migliori. 
Le produzioni, in alcuni settori portanti dell'economia e dei servizi, avevano dovuto limitare quanto prodotto, vuoi a causa di quarantene mirate, vuoi per mancanza di acquirenti. Non mi pare che l'acquisto delle autovetture fosse nella lista delle libere circolazioni; che tra l'altro proprio libere non erano..
Ma venne il giorno che la necessità di incrementare le vendite di autovetture era impellente; gli incentivi all'acquisto di biciclette, di monopattini e di altri mezzi più a portata di borsa, avevano ottenuto un successo parziale; erano i giovani, soprattutto ad averne usufruito, più per esaltazione che per convinzione. L'acquisto di questi mezzi dava loro un'impressione di libertà superiore a quella di un mezzo motorizzato, comunque legato a costi, tasse e limitazioni, superiori al poter procedere poco più che a piedi. Intanto questi velocipedi avevano una limitata autonomia sia di movimento che territoriale. Inoltre la diffusione, abbinata alla molta sconsideratezza tipica della gioventù, stava creando non pochi problemi alla circolazione.
Rilevato che il lungo periodo di quarantena, a causa del fermo obbligato dei mezzi di locomozione motorizzati, aveva avuto uno dei pochi lati positivi nell'abbassamento dei livelli di smog, in attesa di una ripresa regolare della vita quotidiana, era stato il momento di puntare sull'ecologia come fulcro di una spinta che salvasse capra e cavoli: automobili ecologiche, ultra tecnologiche, prodotte e vendute in vista di una sostituzione graduale del parco macchine, per buona parte vetuste, inquinanti e pericolose.
Va da sé che era indispensabile invogliare, incentivare, spingere i cittadini con qualcosa di veramente appetitoso. E cosa, meglio di un massiccio intervento economico che li invogliasse ad acquistare, a cambiare i vecchi modelli per altri ultramoderni, a prezzi più accessibili?

Fu così che centinaia di milioni furono messi sul piatto degli italiani, col succulento menu della eliminazione del vecchio, del sostegno all'ecologia e, soprattutto, il salvataggio di un settore primario nell'economia nazionale, quanto mai boccheggiante. Le distese di macchine invendute erano uno spettacolo che stringeva il cuore ed era urgente un forte e convincente intervento a suo sostegno. Furono coinvolte le Case madri, i concessionari e i distributori, convincendo tutti all'utilità immediata di un'operazione che avrebbe portato benessere per gli anni a venire. Così ci fu la corsa a chi era disposto a rimettere qualche soldino di tasca propria, in aggiunta al un lauto impegno statale, che sarebbe stato solo l'apertura di una finestra da cui far transitare offerte tipo " chi più ne ha più metta".
Già da subito si era scatenata la corsa alle migliori offerte, con pagine intere sui quotidiani, in spot televisivi e radiofonici, su ogni mezzo di comunicazione utile a diffondere il verbo del risparmio, della convenienza, delle varie opportunità che ciascuna Casa automobilistica offriva, con incentivi a dir poco stratosferici... ma limitati nel tempo. Alla scadenza improrogabile di agosto, erano seguite quella di settembre, poi quella di ottobre; al termine delle quali tutto sarebbe tornato alle origini, i prezzi non sarebbero più stati calmierati e per avere offerte simili sarebbero passati decenni.
Intanto l'economia, con queste manovre pubblicitarie, iniziava a muoversi, ed era cosa buona. In pratica, le automobili ultra-tutto te le tiravano dietro...

Agosto per il mercato automobilistico era passato in sordina, annacquato dagli incentivi e risarcimenti vari distribuiti a pioggia (ci furono regalìe di ogni genere, dalle ristrutturazioni degli immobili ai detti velocipedi, ai bonus vacanze) che avevano distratto da altri più impegnativi.
Settembre: per accedere ai concessionari per vedere dal vivo i modelli e vedere in dettaglio le offerte ci si doveva prenotare; e le file in attesa di udienza dei consulenti erano state quasi le stesse che successivamente si sarebbero formate per effettuare i tamponi anti-Covid-19.
Entrando nei locali di vendita si respirava un'aria festosa, ancorché filtrata dalle mascherine, a indicare che l'emergenza non era ancora finita.
In tutte le pubblicità erano evidenziate tre voci, una complementare alle altre: prezzo effettivo, incentivo statale, contributo rottamazione e intervento diretto dei concessionari; l'ultima voce, la più interessante, dava la cifra definitiva del mezzo prescelto. Da sbattere le palpebre per l'incredulità...

A metà settembre un'amica, aveva deciso di cogliere al volo l'opportunità e cambiare la sua vecchia auto. Sedici anni, la macchina, teoricamente minorenne, ma già vecchia, benzina, 5 porte, una miniauto da città, euro 4, in ottime condizioni sia di motore che di carrozzeria... aveva puntato su una vettura ibrida, elettrica e benzina, munita di ogni confort che la tecnologia potesse offrire. Erano compresi molti optionals che nei modelli precedenti erano a pagamento, ma era possibile aggiungerne altri, esposti in bacheca.
Il cambio colore era uno di quelli, o grigio pastello in pronta consegna, o altri colori con tempi dilazionati per via delle modifiche e costo in supplemento. Vada per il grigio pastello, aveva pensato, l'occasione era troppo ghiotta per fare la pignola sul colore, inoltre non aveva voluto far crescere la cifra stabilità, oltre la quale non aveva intenzione di andare. 
Però il ruotino di scorta... ma come si fa a mettere come optional un ruotino di scorta? Come dire che ad ogni minima foratura sarebbe stato indispensabile l'intervento del carro attrezzi... Mettiamolo, sforava un pochino il budget, ma pazienza.
La misura dell'anticipo e la dilazione erano conditio sine qua non: così o così; il pagamento in contanti non era previsto né accettato. Quello che un tempo era motivo di ulteriori sconti, il pagamento pronta cassa, non era possibile, il sogno da secoli di ogni venditore o commerciante era frantumato... 
La ragazza era approdata al tavolo del consulente appena liberato, mascherinata lei e mascherinato lui, e gli aveva esposto la scelta del modello, intanto chiedendo di vedere da vicino l'oggetto del suo desiderio. Nel grande piazzale sul retro una serie di vetture esponevano le loro bellezze, con fari lubrichi, adescanti, come animali in attesa di essere adottati. La sua c'era, già venduta; era visibile solo l'esterno, poiché in fase di immatricolazione ed era opportuno evitare calpestii e chiacchiere al suo interno. C'era un sole settembrino che costringeva a fare visiera con le mani per riuscire a vedere qualche spicchio di cruscotto o gli spazi per i passeggeri.
Bella, nonostante la nulla possibilità di toccare, almeno con gli occhi, la consistenza del mezzo. 
Era un po' come andare a comprare un cavallo, ma anche un somarello, senza potergli verificare la dentatura. Chiaramente non era esperta di cavalli o di somari, ma sapeva che andando a trattare un purosangue, chi sa cosa vuole controlla subito i denti della bestia e i suoi garretti. Il cruscotto e le ruote, per attinenza di fantasia...
Bucato il primo approccio, rientrati, si erano seduti al tavolo della trattativa, ed erano andati al sodo.
La vettura agognata costava a prezzo nudo circa 15.000 euro, con gli incentivi e pussacaffè il prezzo scendeva a circa 9.500; senza optional questo era il prezzo definitivo.
Certo, almeno il ruotino (e già il termine faceva le scendere il latte alle ginocchia, visto che nella sua vecchia auto la 'ruota' nel sottobagagliaio era ancora intonsa dopo quattordici anni di uso quotidiano della vettura) di scorta sarebbe stato opportuno aggiungerlo. Le era sembrata una barzelletta, ma il consulente manco sorrideva, quindi doveva essere una cosa seria. E il prezzo saliva di poco meno di 200 euro.
Come detto sopra non era possibile il pagamento in contanti, o cash come i saputi dicono, era escluso. L'offerta favolosa consisteva in un anticipo di 2.900 euro e il saldo spalmato su 48 mesi a 248 €/mese.
Ovviamente aggiungendo il ruotino di scorta, non previsto. E alcune tassucce (IPT, contributo alla rottamazione e altre miseriuole) previste a parte e contemplate nel TAEG.
Non era stata lì a farsi vedere micragnosa o pignola, si era fatta dare distinta e biglietto da visita personalizzato, ipotizzando una visita successiva per l'eventuale conclusione del'affare.
Vi risparmio altri barbosi conteggi e faccio mia la sua considerazione nel raccontarmi l'avventura.

Dunque, riallargando il discorso ed entrando nel merito: tutte le sovvenzioni messe in atto sono tuttora a livello personale, vanno agli acquirenti o usufruitori di cose di cui abbattevano il costo, pur non essendo tutti proprio cash, se ne parlerà quando ci saranno i fondi, comunque centellinati e non esenti da possibilità di operazioni truffaldine.
Per il mercato dell'auto, chiaramente sofferente, il contributo (o incentivo, come pomposamente citato nei lanci di promozione) va alle Case costruttrici e ai concessionari o rete vendita che dir si voglia. Pur essendo indirizzati ufficialmente agli acquirenti, tesi a solleticare il loro interesse e, direttamente, anche a quello dei venditori.
Ingenua, la ragazza (e ingenuo io) aveva creduto che con gli incentivi il costo della vettura sarebbe stato prontamente accessibile, e aveva accarezzato il pensierino dell'acquisto. 
Per ogni auto venduta lo Stato verserà (alle Case) il contributo previsto per ciascun modello, abbattendone il costo. Quindi tra questo e i danarucci del compratore si raggiungerebbe più o meno il prezzo pieno del venduto. Bene, bravo, bis! 
Sarebbe valido se la dilazione del netto post-contributo fosse senza interessi, i conti tornerebbero: a chi compra e a chi vende. Invece la misura dei TAN applicati, alla fine del pagamento vanno a coprire (nuovamente) il prezzo di base iniziale.
Erano 15.000 di listino, scesi a 9.500 con i cosiddetti incentivi (all'acquisto), per risalire ai circa 15.000 iniziali. 
In conclusione l'incentivo in piccioli all'acquisto, sbandierato come qualcosa di irripetibile, per le Case risulta un grosso affare, l'incentivo a chi compra è solo il tempo per pagare.
Per curiosità ho guardato un po' in giro: le condizioni sono più o meno le stesse: alla fine il risultato è la vendita a prezzo pieno, scaglionato nel tempo; gli interessi vengono valutati in base ai tempi del saldo, TAN leggermente più basso per periodi più allungati. Si parla allegramente di 60, 72 mesi... un pezzo di vita pagando un prodotto che, si sa, appena mette il cofano fuori dal concessionario già è deprezzato.

Per concludere: credo sia uno dei pochi casi in cui il tempo, che già aveva prerogative non indifferenti (galantuomo, analgesico, anestetico, mnemonico ecc.), tra le quali eccelleva "il tempo è denaro", nel caso citato assume una fisicità tangibile. In sostanza, agli incentivi generici (o, meglio, alla riparazione di eventi precedenti balordamente sballati) alla sanità e alla scuola, si aggiunge questo contributo a fondo perduto alle Case automobilistiche, che potranno continuare a delocalizzare le produzioni e migrare le sedi fiscali in Paesi che offrono tasse ridotte; a quelli personalizzati si erogheranno i fondi di debiti appositamente contratti a livello europeo.
Agli automobilisti, che non possono delocalizzarsi e che le tasse sui mezzi, che piaccia o no, devono pagarle si offre... il tempo. Con la sentita speranza di averne a sufficienza per saldare il debito, e non passarlo in eredità ai fortunati sopravvissuti...  
 

Commenti

  1. Mi hai aperto gli occhi, stiamo valutando un acquisto. Baci

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    1. Può essere che mi sbagli, i miei sono conti della cosiddetta serva, ma mi ha colpito la coincidenza del TAN regolato in modo da dare alle Case quanto vogliono a prezzo pieno. Che se uno potesse pagare tutto cash forse riuscirebbe a spuntare qualcosa di sconto, che qui viene negato. Il dubbio che i miei conti siano fallati mi viene dal fatto che da dopo l'estate le percentuali di vendita sono schizzate alle stelle. E non credo sia proprio normale... perlomeno secondo il mio punto di vista. Una vettura non è un investimento, in alcuni casi è una necessità, ad esempio l'abitare in zone senza servizi di trasporto pubblici, dove per andare a fare la spesa o in farmacia o vai a piedi o chiami ogni volta un taxi. Non si offendano i concessionari (e il governo con loro), ma a me pare, a dirla pulita, una presa per i fondelli.

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