mercoledì 16 ottobre 2019

Un volo pindarico

Lo è, a mio modesto parere, già dal titolo, dove il pensare agli angeli, a questo loro volare, porta da subito all'attesa di trovare nel testo un racconto di fantasia, a un qualcosa che si trova solo vagando ben al di sopra delle nuvole.
Nel prosieguo della lettura, tale impressione iniziale è confermata da una serie di interpretazioni espresse in un libero pensiero e in un altrettanto scioglimento dialettico, che butta alle ortiche ogni vincolo scritturale.
Una libertà assoluta, senza remore o falsi pudori, un caleidoscopio di stili descrittivi, dove il voltare pagina, o al capitolo successivo, non hanno un seguito diretto, restando libera espressione che sembra a sé stante e che invece è tassello da inserire in un mosaico, un puzzle le cui tessere, per essere incastrate, devono essere esaminate attentamente una per una, per arrivare infine ad una creazione artistica uniforme che, nel suo insieme, dà la piacevolezza della visione di un quadro finale di pregio.
Ecco, ogni singolo capitolo de Il volo interrotto degli angeli, è un tassello: leggibile a sé, una storia nella storia, che potrebbe apparire come un esercizio di scrittura che, pur nella sua innegabile qualità, sarebbe relegato, appunto a una bella prova descrittiva, a immagini fotografiche sul tipo dei moderni selfie, in cui il primo piano della singola figura umana farebbe trascurare lo sfondo che ne sia contorno.
.
Un ponte, lungo, legato da 39 arcate a sorreggerlo, alcune più ampie, con più luce, altre con minore vista, tutte e ciascuna create come sostegno al transito tra un punto di partenza ad uno di arrivo.
Che solo il progettista conosce (o 'dovrebbe' conoscere, visti fatti recenti che parlano di ignoranza crassa della materia; ma qui è solo un passaggio casuale, che nulla ha a che vedere con questa nota), il resto del mondo lo scoprirà percorrendolo, il ponte, dall'inizio alla fine.
Ognuna di queste arcate, guardandoci attraverso e spostandosi lungo tutta la lunghezza del ponte, ben fuori dal suo percorso stradale, offre una visuale diversa, che può essere uno spicchio di cielo e mare o di monte e cielo, ma anche di tetti o grattacieli. A prima vista, il panorama che offre ciascuna potrebbe sembrare quasi uguale alla precedente e non diverso da quella successiva.
In realtà ogni arcata è un quadro, in alcuni casi un quadretto che, nel suo apparire ridotto, ha comunque le stesse caratteristiche di quelli a più ampio respiro.
Tutte e ciascuna destinate a un compito unico: consentire al ponte di svolgere in tutta sicurezza il compito per cui viene creato.
.
I 39 capitoli, in alcuni casi quasi telegrafici, sono le volte che uniscono il ponte del racconto, o romanzo o qualsivoglia categoria in cui possa essere inquadrato.
Ogni capitolo offre una visuale a sé. Procedendo nella lettura, che deve essere lenta per godere appieno la vista che di ogni riquadro presenta, come detto, diverso sia dal precedente che dal successivo, che Nicola aiuta a ben distinguere con una terminologia ad hoc per ciascuno.
Non ci sono lunghi dialoghi tra i protagonisti; sono piuttosto monologhi a gittata variabile, come le arcate di un ponte comandano.
Questa lentezza, passo dopo passo, superata la parte centrale, si apre a un finale che obbliga al trotto prima e infine al galoppo, cambiando il ritmo del racconto (o romanzo o altro) da ameno e divertente, in un thriller a cui si vuole dare soluzione al più presto.
Come se il ponte fosse posizionato in leggera discesa e all'improvviso mancassero i freni di una ipotetica autovettura; si può premere il pedale fino a toccare l'asfalto col piede, ma non ci si riesce più a fermare.
.
La storia, il racconto, tratta temi ufficialmente cari al sentire comune, che peraltro vengono ignorati, ridotti, cancellati, a favore di un irrigidimento verso quella che è solo umanità; ci si vuole convincere che essere buoni equivale a essere minchioni, coglioni... le rime quadrano, e anche la sostanza sta prendendo piede, puntando ad annullare sentimenti che sono (o erano?) patrimonio genetico di ciascun essere umano. E, visto che il genere umano fa parte del regno animale, anche gli altri membri di questo 'regno' sono coinvolti, restando animali nel mentre gli umani diventano bestie.
Tratta, il romanzo, di affetto, di amicizia, di amore, e, anche, di altri sentimenti che si contrappongono a questi temi.
Non mancano spunti di vera poesia, che riesce a bilanciarne altri che sono di critica aperta a situazioni viste e affrontate da chiunque nel corso della vita di ogni giorno.
È una storia frutto di fantasia, come specifica Nicola in prima apertura del libro, di un volo pindarico appunto, di un sogno, in un testo che affronta cose serie ed attuali nel modo frizzante che è solito usare in tutte le sue creazioni, e che in fondo rispecchiano realtà e valori innegabili, nonché il suo spirito battagliero e anticonformista ormai sua etichetta indelebile.
.
Qualcuno, in corso della lettura di questo mio scarabocchio, ha fatto caso al punto nero centrato a mo' di divisorio tra un periodo e il successivo? L'ho messo per renderlo più visibile, ma temo sia sfuggito ai più.
Ecco, nel testo del racconto ho individuato un punto tipo questo, non un neo o una macchia ben visibile, proprio solo un piccolo punto, che mi ha lasciato perplesso.
Una sciocchezzuola, che per un attimo ha fatto vacillare tutta l'impalcatura dal romanzo, come se una delle volte del ponte virtuale avesse mostrato una crepa indicativa di un prossimo crollo.
La lettura, dopo quel momentaneo sbandamento, ovviamente è proseguita serena; serena per quanto consentito dall'evolversi delle situazioni descritte.
Punto nero che, ovviamente 2, non specifico qui.
Credo si sia trattato di un attimo di distrazione dell'Autore, niente di più facile che nella fase di una eventuale, auspicabile, ristampa, provvederà a modificare. Rendendo peraltro questa sua prima stesura un testo prezioso che, un domani, potrebbe essere monetizzato dai fortunati primi acquirenti...
Vale come augurio, ovviamente 3.

Dire 'bravo' a Nicola Pezzoli è pleonastico, ma glielo dico ugualmente come rafforzativo del concetto che ho di lui e, più che di lui, di quanto e come scrive.

Per tutto il resto, fine della mia stupidata, che vale poco più di un commento: leggere godere soffrire, è il destino di noi poveri lettori.


1 commento: