lunedì 7 ottobre 2019

Coito, ergo sum

Ho trovato quasi casualmente questo articolo su un blog di Facebook, testi che generalmente non condivido; ma questo è stato offerto oggi dal giornalista Martino Ciano e, come detto in via eccezionale (poiché, a parte le poesie che sono patrimonio dell'umanità, raramente condivido), vado a copiare, anche perché mi dà lo spunto per un allargamento della sua riflessione. Intendendo per 'condivisione' la divulgazione di un pensiero che ritengo, a torto o a ragione, meriti qualcosa di più di una lettura superficiale.
Il titolo?
So che il mio maestro sarà già caduto dalla sedia, inorridito da un simile, incredibile, svarione, tra l'altro avendo parlato di refusi tipografici non molto tempo fa. Prima di essere sbattuto dietro la lavagna, dopo essere stato pestato in un mortaio (a mo' di miscuglio a base di basilico, parmigiano, pecorino, pinoli, un pizzico di sale, olio d'oliva, 1/2 spicchio d'aglio; come questi ingredienti che danno il nome, appunto, al pesto, in particolare genovese), vado a spiegare. 
Una scusa, la ricetta, per fingermi esperto in culinaria, con una salsa semplice, digeribile e casereccia. Anche questo in via eccezionale, direi unica... 
Coito, anziché Cogito, basta l'eliminazione di una consonante per stravolgere completamente il senso del termine: il coito è notoriamente l'atto sessuale che consentiva la perpetuazione della specie (umana ed animale); 'consentiva', poiché oggi i mezzi per eternare la nostra specie stanno diventando altri, lasciando al coito una funzione più che altro godereccia. 
Questo per gli umani, forse per renderli dissimili dagli animali; i quali peraltro non scampano da questo 'progresso'. Succede che l'uomo le inventi tutte per eliminarli, gli animali, salvo poi studiare come salvarne la specie, ricorrendo a clonazioni, che sono un modo scientifico di selezione, non secondo natura ma secondo standard prefissati in laboratorio.
Cogito ergo sum, 'penso, dunque sono'; il non pensare porta automaticamente a un intruppamento al seguito di chi pensa, o riesce a far credere di pensare. Se non si pensa in proprio, non si è, non c'è esistenza, si diventa cloni ante litteram, il che porta dritti all'idea di Ciano sul pensare, oggi come ieri, dell'elettore tipo.
Ovviamente questa sua esternazione troverà contrasti: ciascuno dei personaggi (i pensanti) citati nel suo testo avrà un tot percento di fan che lo osannerà, demolendo nel contempo tutti gli altri, magari ufficialmente alleati. 
Occasionali, come ben sappiamo.
Ciano nel suo articolo ha, forse volutamente o forse per carità di patria, trascurato la citazione dei gruppuscoli che di volta in volta si formano dopo ogni tornata elettorale. Piccoli agglomerati con adepti che, di solito, non seguono un pensiero ma una persona come tale, il famoso (talvolta famigerato) leader, che quando non c'è lo si inventa; quando c'è lo si demolisce. Il quale leader, fino a poco prima, seguiva a sua volta un pensante dal cui carisma era stato ipnotizzato.
L'elettore, secondo Ciano che giustamente lo rimarca, è formalmente ondivago, talvolta in seguito a una tempesta, che lo sbatte su un'altra spiaggia, ma il più delle volte adattandosi ad essere peone, che si lascia cullare dalle maree, in attesa di una affermazione assoluta del pensiero primigenio.
Di qualcuno, non del suo; il coito a lui basta e avanza, non c'è spazio per cogitare...
La gratitudine non è nei menu degli elettori; se un leader promette e mantiene le promesse fatte, non per questo ha la certezza di uno sponsale a vita del suo fan. Se questo non ottiene ciò che in campagna elettorale gli è stato sventolato davanti, ha buoni motivi per cambiare casacca; ma anche se ottenesse tutto, nel possibile cambio della guardia potrebbe cercare offerte nuove, migliorative di quelle già ottenute in precedenza da altro benefattore.
L'elettore, soprattutto dopo l'affossamento delle ideologie che erano il collante delle varie formazioni, pensa a sé, poiché al Paese già pensano i capi-cordata. 
Almeno, a sentire questi quando parlano ex-cathedra... In realtà è provato che costoro sono comuni elettori quando si tratta di patteggiare la concessione di un voto. Pensanti quanto mai, per il bene del Paese? Quando mai, volevo dire...
I gruppetti che nascono a macchia di leopardo, guidati da peone che, da cavalieri e nobildonne promossi da leader illuminati, aspirano a diventare re, o quantomeno principi, tradendo magari la fiducia di chi, avendoli portati sul podio, credeva in una gratitudine eterna.
I capintesta citati nel testo di Ciano sono i pensanti che ufficialmente hanno le redini della guida del Paese. Sorvoliamo sulle capacità di manovra di quelle redini, a chi cogita sono impossibile da ignorare; chi dopo il coito 'buona notte, a domani e alla prossima', continuerà a vedere ciò che altri vedono per lui.
Che siano in una maggioranza o  che siano in opposizione creano giochi di (falso) potere, che piccole percentuali di elettori possono, se vogliono, abbattere; affannati, intanto, a superare la cosiddetta soglia di sbarramento, per poi puntare a divenire aghi della bilancia dei governi, a ricevere da questi almeno un mignolo delle redini per dimostrare ai loro seguaci la 'convenienza' dell'aggregarsi alle loro truppe. Un do ut des, ribadito e rinnovato giorno dopo giorno.
Quelli che una volta erano, poeticamente, definiti aghi della bilancia, oggi, sono spade di Damocle, pendenti su chiunque abbia il potere ufficiale. A meno che, questo potere non diventi assoluto, nel qual caso, queste spade diventano zanzare da cacciare (o schiacciare) con una sola manata.
E diventeranno, in un futuro passato e possibile, le basi della resistenza alla tirannia.
Questa è la democrazia, bellezza, che piaccia o meno. 

RAPPRESENTANZA. UNA SOLUZIONE APOLITICA




Che differenza c’è tra Capitan Salvini che, tra mojito seni tartarughe tatuaggi e pance flosce, chiede pieni poteri e si lancia in analisi politiche post-sbronza, salvo poi autodistruggersi, e il prode Di Maio che ribalta tutto e si allea con il ruffiano Zingaretti, mentre messer Renzi crea il gruppo moderato dei moderati piddini?
Che futuro possiamo aspettarci dal Cavalier Berlusconi che considera questo esecutivo un Governo di estrema sinistra? E cosa possiamo sperare dalla rabbiosa madame Melonì de' Garbatelle che invoca la piazza e sprigiona la sua ira contro tutto e tutti, infiammando un popolo che non sa più interpretare la realtà?
Davvero il Parlamento è quel luogo nel quale la democrazia si esprime, nel quale tutti vengono rappresentati?
Lascio a voi le risposte, perché disquisire mi sembra inutile. La solita pesantezza ammacca il cervello, e le parole si inseguono l’una con l’altra nel tentativo di creare un discorso degno di nota o che abbia ancora un significato. In pochi si rivedono in questo desolante quadro, in cui la politica-social a base di slogan e dirette Facebook ha innescato opinionisti senza opinioni.
Il disfattismo è ormai una necessità.
La democrazia-social non può che lasciare basiti perché ha solo creato leader-seguaci, una categoria che rende il popolo vittima e carnefice delle proprie opinioni. I sondaggi ci parlano di un elettorato mobile, capace di spostarsi con grande facilità da un polo all’altro. Il 40 percento  di qualche anno fa di Renzi è oggi anche il 33 percento di Salvini, ed era anche il 35 percento del Movimento Cinque Stelle.

Da che parte sta, quindi, l’elettore?
Chi è ormai l’elettore?
Troppi ignorano la differenza tra una democrazia parlamentare e il presidenzialismo. Troppi credono di votare per un Governo, ma dimenticano quali sono le dinamiche che ci sono dietro la formazione di un Governo. Sono gli stessi opinionisti-ignoranti che a ogni crisi chiedono di cambiare sistema. E perché? Quali benefici apporterebbe?
In tutto questo dove è finita la dialettica?
Non bisogna essere nostalgici. Non bisogna invocare la Prima Repubblica (o quella antecedente questa, senza alcuna remora o vergogna, che dopo poco meno di ottant'anni ci starebbero, anche solo per umano pudore). 
Certamente, se guardiamo a messinscene come quelle quotidiane ci rendiamo conto che tutto è un gioco, quindi, non ci sono più schieramenti, o colori, o idee.
Solo opinioni e chiacchiere apoliticamente corrette.
©️ by Martino Ciano, giornalista


3 commenti:

  1. io francamente fatico molto con questo modo di fare politica, quella del insultiamoci 5 minuti prima per poi fare il governo il giorno dopo. Mi pare si stia lentmente, e forse nemmeno troppo, scivolando a valle in maniera drammatica.

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    1. Questo testo è solo una fotografia della situazione disastrosa della politica di oggi, ma anche dell'ieri più prossimo. Avessimo politici che fanno vera politica, anche l'elettore sarebbe portato ad un'affezione diversa da quella che è in atto. L'elettore è come un bimbo: si affeziona e si disaffeziona in un batter d'occhio. Se la nostra politica fosse lineare, almeno formalmente corretta (non dico 'onesta', che è un parolone da sempre ignorato, pur se da tutti sbandierato come dote precipua di questo e di quello, quando dovrebbe essere alla base di ogni ideologia), anche l'elettore sarebbe portato a rispettare la politica come (e la democrazia) come bene conquistato. Ricordi certamente quando la domenica i volontari (volontari) andavano casa per casa a diffondere l'Unità, che era bandiera di un partito che credeva nell'opposizione fattiva diretta al cambiamento di un sistema marcescente. In parallelo, non erano da disprezzare gli omologhi che diffondevano, nelle chiese e per le case, Famiglia Cristiana, che a suo modo era legata a un partito, rimasto a lungo di maggioranza relativa. Entrambi questi poli, senza essere immuni da valide critiche reciproche, ci hanno portato a quello che eravamo fino a qualche tempo fa. Ciascuno rispettando il suo ruolo.
      Ecco, quello che tu giustamente non capisci, e altrettanto giustamente rifiuti di capire, è la sintesi perfetta della nostra situazione politica attuale: un mercato, in cui vengono contrattati tutti i temi, e che per spuntare qualcosa in più venderebbe l'anima al diavolo. Anzi, credo che lo abbiano già fatto tutti.
      A questo punto tu, elettore, a chiunque dia l'appoggio, il voto, devi accettare in partenza che quel tuo voto dato in buonafede a un rosso, domani o anche prima, possa andare a favore di un nero o di un giallo o di un verde. Appunto come accenni tu.
      Ed è una situazione generale impossibile da digerire.
      Rimpiangere il primo PC o la prima DC del dopoguerra non è un ritorno al passato, peraltro impossibile. È uguale al rimpianto di un anziano per la sua propria infanzia che, nonostante la fame e i disagi di allora, torna alla mente come un periodo felice; vai a spiegare che non è la fame e i disagi che rimpiangi, ma semplicemente un'età che non tornerà più.
      Per chiudere: la disaffezione degli elettori verso la politica è provocata esclusivamente dai politici, che dei votante hanno fatto vacche, da mungere e in seguito da macellare.
      Uno schifo totale assoluto e irreversibile. A meno che...

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    2. Aggiungo che proprio questo schifo è la causa principale della pratica del non voto, ormai diffusa. Come dare torto a chi rifiuta di recarsi alle urne senza sapere a chi va il proprio voto. Alle prossime elezioni (temo prossimissime, visto l'andamento) solo quelli fanatici di poche (una, per essere preciso) fazioni che hanno trovato il modo di aggregare fan ad oltranza... Temo altresì che nubi oscure si stiano addensando, gonfie di temporale, di diluvio. Senza essere pessimista, ma realista.

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