venerdì 26 maggio 2017

PazzotecaLaPaz, una scommessa


Intervento a cuore aperto sulla lettura di questo libro in formato cartaceo, appena terminata.
Per chi bazzica su facebook (e, credo, su twitter, linkedin e altri, noti come social network) i pareri sulle pubblicazioni sono semplificati: basta 'cliccare' sul pollice eretto del “mi piace” per dare un voto favorevole a un testo, a un video, a una ricetta; i più coraggiosi (eufemismo di incoscienti) cliccano il mi piace pure ai politici.
Il che la dice lunga sul loro valore e peso critico.
Se si tratta di scrivere due righe per spiegare perché qualcosa piace,  è impresa ardua.
Mettere, come si dice, due parole in croce è come scolare una pinta di birra a garganella: il primo quartino disseta, il secondo riempie, tutto il resto stravacca, va fuori controllo.
Con questo timore, di stravaccare, la gente rinuncia a commentare.
Se io fossi uno scrittore mi roderei chiedendomi cosa e perché un mio scritto è piaciuto.
Umanamente, se una mia creazione non piacesse, me ne fregherei del perché non è stata gradita: mi limiterei a consigliare un cambio di canale, cliccando su un telecomando qualunque.
Le mie sono considerazioni prive di senso compiuto, visto che non vogliono essere quella che in volgo è etichettata come “recensione”.
Chiaramente, non lo è.
Intanto, lo dico subito, il libro in questione (o, meglio, il testo ivi contenuto) è un invito al gioco d'azzardo.
Tento di spiegarmi: avendo letto le precedenti opere di questo Autore (che forse noterà la maiuscola iniziale, apprezzandone la finezza) ho mandato a prendere anche quest'ultima sua creatura, lanciando(mi) una sfida, un invito, come ad un gioco; d'azzardo, appunto.
Mi ero detto: visto il titolo, Lui dev'essere rinsavito, magari dopo la penultima fatica (ultima essendo questa sotto esame), è andato in cura, lo hanno sottoposto al TSO... insomma, potrebbe essere stato guarito.
Già il titolo mi dava la quasi certezza che il miracolo fosse avvenuto.
Biblioteca-libri, enoteca-vini, paninoteca-panini, pinacoteca-quadri, zoccoteca-zoccoli/e, parlamentoteca-discaricabusiva...
Precedenti di (quasi) tutto rispetto mi avevano portato alla definizione esatta di “Pazzoteca”: manicomio, comunità (coatta) di gente impazzita...
Ma questi ricoveri sono stati aboliti dalla legge 180 del '78... ed essendo il libro scritto al presente, l'unica alternativa plausibile è "raccolta di pezzi pazzi".
Chiarito il senso del titolo, tanto avrebbe dovuto bastarmi.
Invece no.
Mi ripeto: avendo letto i precedenti libri del Nostro, avevo respinto l'idea che potesse essere recidivo.
Recidivo di una pazzia gettata, senza falsi pudori, in pasto a genti che solo in questa ormai riescono a trovare ristoro.
Il titolo, come detto, era sufficientemente 'parlante'.
Per me, mentalmente complicato, era la dimostrazione, non travisabile, che lo Zio era completamente guarito: nessun pazzo in piena attività ammetterebbe di essere inquadrato come pazzo scrivendo pezzi pazzi.
Si dichiara apertamente tale (pazzo) chi lo è affatto, ovvero su indicazione del proprio legale in particolari momenti negativi criminali; e non è questo uno di quei casi.
Invito al gioco d'azzardo, dicevo...
Domanda: riuscirà Nicola Pezzoli ad “apparire” più pazzo che nei tomi precedenti, in questo neonato volumetto?
Risposta: no, impossibile...
Senza aprire il libro, avevo puntato un dollaro (gli euri sono finiti, anche come moneta virtuale) sulla possibilità che questo libro potesse essere talmente “normale” che i migliori Nobel letterari gli farebbero un baffo.
Capitolo primo: ho perso il dollaro.
Le regole del gioco di azzardo consigliano, in caso di perdita, il raddoppio della posta, in modo da recuperare, e magari guadagnare, nella passata successiva.
Due dollari che il secondo brano non potrà essere più pazzo del primo.
Persi...
Avanti, con raddoppio.
Tutti pezzi più pazzi del pezzo pazzo precedente.
Sarò breve: ci ho rimesso 262.144 $.
Mi sono rovinato.
Rovina virtuale, certo, ma pesantissima per il portaorgoglio di un giocatore non accanito.
La goduria del lettore, invece, fa parte di quei beni acquisiti con reazioni soggettive, non valutabili con la vil moneta.
(Spero che l'Autore, raggranellata con le vendite del tometto una cifra corrispondente al doppio di quanto da me virtualmente impegnato e perso, ascolti i suoi magnanimi lombi e mi faccia riavere quanto malamente azzardato. In qualunque moneta tattilmente apprezzabile. Anche se, al prezzo con cui lo regala, mi sa che dovrò campare almeno un paio di migliaia d'anni ancora).
Detto questo, per non apparire più troglodita di quel che sono, chiudo col tipico commento faiceboochiano:


In cui l'alluce della zampa anteriore indica solo la sciancatura per una martellata, piantando un chiodo su una robusta parete di cartongesso. Dopo, tutti i quadri stavano appesi per levitazione spontanea.
Nota finale: le zappe non sono tra i miei arnesi preferiti...

3 commenti:


  1. NORMALOZZO CHI NON LO LEGGE!! :-))))

    (Grazie Pietro.)

    RispondiElimina
  2. Fossi un autore, darei una sostanziosa percentuale sulle vendite per commentatori come te.
    B e n t o r n a t o !
    P.S.: La legge 180 del '78 prevede strutture per "normali?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non credo esistano persone "normali": ciascuna a modo suo, apertamente o nel proprio intimo, si porta appresso quelle che per gli altri sono 'anormalità'. La legge 180 ha abbattuto i muri di cinta delle pazzoteche, in pratica allargandone i confini. Ci siamo tutti dentro e i veri pazzi sono quelli convinti di non esserlo. Tanti, troppi... e ce ne rendiamo conto ogni volta che prendono il potere, purtroppo con le valigette di possibile distruzione del mondo intero. Chiedi ai Trump, ai Kim Jung, agli Erdogan, ai Putin, agli Assad e a troppi altri non nominabili, se per caso sono pazzi. Intanto sbattono te in manicomio o in galera... per dimostrare che loro pazzi non sono...
      Ciao, buon fine settimana.

      Elimina