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Visualizzazione dei post da febbraio, 2012

LIBERATELA! LIBERATELI!

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Senza altre parole. Ho cambiato idea, ho delle parole: invito tutti, ma veramente tutti i blogger, a pubblicare, tutti insieme, questo appello. Rubate, come ho fatto io, questa immagine e le altre che già sono disseminate in alcuni blog e pubblicatele. Senza aspettare commenti. E' una storia talmente assurda che i commenti sono ormai superflui. Mi piace pensare che nonno Google e babbo Blogger, da cui sappiamo di essere  spiati, per il nostro bene ovvio, notino e prendano atto che dai loro figli e nipoti sale questo grido. Sappiamo anche che, soprattutto il nonno, arriva dove vuole, non ha confini, per cui chiediamogli a gran voce di arrivare dove noi non possiamo, e far sapere al mondo che la povera Italia, pur immersa nel guano, vuole riavere questa persona a casa. E con lei tutti gli altri "eroi", perché questo sono, essendo senza armi, sequestrati in nome di non si sa bene cosa.  Ai sequestratori: in nome di quello per cui combattete, tagliarvi le palle in q...

Il calore dell'amicizia

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L'amicizia è quella cosa che riscalda il cuore, dicono e sarà pure vero, però c'è sempre un ma... Sono all'antica, ho un concetto un poco ristretto: per me 'amicizia' è molto dare e poco ricevere. L'amicizia è in tanti aspetti, è elastica, ma ha molti paletti, e molti sono i freni. Uno: con un'amica metti il cuore in pace a tutti la darà, giammai ad un amico. Però ci sono casi in cui è ingombrante, e, molto raramente, perfino imbarazzante. Esempio, un'amica che insiste: "Datti da fare, tanto nessuno al mondo avrà da ridire", e il concetto che ne ho va a farsi benedire. Dice il vecchio saggio, quello senza amici: "Chi trova un'amica, ha trovato un tesoro". Ma se quell'amica l'hai tenuta in braccio quand'era piccolina, e l'hai allattata, non con latte tuo, e l'hai coccolata, vezzeggiata, già quand'era implume, l'hai veduta crescere, diventare adulta, l'amicizi...

Preferisco il ketchup

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Non ci avevo fatto caso, sto diventando borgno (quasi cecato) e scemo nello stupido tentativo di dimostrare che non sono un robot. L'ho già detto in un commento: i geroglifici mi piace fare finta di leggerli all'Egizio di Torino. Non li capisco, ma il sapere che hanno più di cinquemila anni mi rassicura sul loro essere d'antan. Con i geroglifici, apprendo ogni volta con sommo piacere la considerazione in cui erano tenuti i gatti già da allora; i neri in particolare. Un robot non avrebbe potuto sopravvivere tutto questo tempo; un modello in uscita distrugge quello precedente, senza pietà. Appurato che non sono un robot, per lontanissime ascendenze, perché devo dimostrare con uno stupido giochetto di non esserlo? Quindi, NO   al    CAPTCHA SI'    al    KETCHUP Tra l'altro, fino a poco tempo fa, si trattava di una parolina, in carattere Arial o simile, che nell'uscita casuale talvolta era divertente, con coincidenze strane che invitavan...

Penso che un giorno così...

E' lungo, ve lo dico subito. Temo che nel mio DNA ci sia una cellula impazzita, specificamente diuretica. Quando madamalaprostata mi darà l'altolà, dicendo stop alle fiumarelle, mi limiterò ai plin-plin, con la speranza che non siano plin-plin da calcoli renali. Chi, nonostante il preavviso, volesse eroicamente leggere, si prenda un giorno di ferie o di permesso, o ci sprechi un fine settimana. Io il mio dovere l'ho fatto, che non salti su un alemanno qualunque che dica che non ho avvisato. Autunno scorso. Già inoltrato, ma ancora estivo. Al punto che se al mattino non avessimo trovato il sole ad aspettare la nostra levata, ce ne saremmo stupiti. Era già tutto predisposto, nel caso l'inverno fosse arrivato non ci avrebbe trovati impreparati. La legna per il termocamino l'avevamo presa già a luglio, bella e soprattutto asciutta. Le ramaglie della potatura degli ulivi e delle piante da frutto erano fascinate per bene e messe in seccatura. Le viti aspettavano il...

S.O.S. aggiornamento

Devo entrare dalla porta principale, poiché dalla secondaria sono ancora palettato. Il portinaio, che di nome fa Blogger e di cognome Google, si è portato via le chiavi e non mi fa entrare a casa mia da dove vorrei io. La situazione è fluida, come dicono a Roma, e in ampi dintorni, in questi giorni. Mi sono incaponito, e ho passato tutti i blog, seguendo all'inverso l'ordine cronologico di parto dei post. In una discreta parte ho trovato udienza, talvolta cliccando su "rispondi", in altri già prima non avevo trovato ostacoli (fortunati? sfortunati?), in parecchi altri ancora continua ad apparire l'assurdo invito "scegli" senza la possibilità di scelta, in altri esce "posta commento", e quando ci clicco con l'audio acceso esce un sibilo che sembra una pernacchia abortita. Ho mandato ancora altri messaggi, al portinaio e al suo degno padre: nessuna risposta, nè ai messaggi né con la sistemazione del problema. Mi viene da pensare che so...

S.O.S.

I blog (o si dice blogs?) io li vedo come una lunga fila di bancarelle, piene di libri, di storie, di emozioni, di poesia, di racconti, veri o di fantasia, che sono favole, che fanno sognare un mondo che non c'è più (o forse non c'è mai stato, ma in ogni tempo favole e poesia hanno fatto sognare, e i sognatori non sono migliaia o milioni, nel tempo sono miliardi; e se la scrittura è arrivata a noi, è perché questa ci ha trasmesso tutto il passato e ci fa intravvedere, per chi lo vuole, il futuro). In queste bancarelle virtuali, noi lettori ci soffermiamo, leggiamo, talvolta rileggiamo, gustiamo quello che riteniamo sia da gustare, poi passiamo oltre, alla successiva. Non sempre acquistiamo. La prova dell'acquisto, lo scontrino (non fiscale) di questi acquisti è il cosiddetto "commento". C'è un manometro delle visualizzazioni, ma è (lo è?) anonimo. Se il manometro mi dice che 1000 persone (cifra ipotetica, non reale) hanno visitato un mio post, qualcosa ho...

Quarantadue (più due)

(Oggi, un anno fa, Angela è stata in sala operatoria per sei infinite ore. Vorrei raccontarle, ma è un’esperienza ben nota a chiunque (da un intervento all’appendice, a un parto o all’ablazione di un tumore) abbia sostato nelle sale d’attesa. Sarebbe una storia di fumo e di sudori freddi. Preferisco vedere questa data da un’altra angolazione). “Quarantadue (più due) gatti, in fila per tre…”. No, non sono gatti, e sono in fila indiana, uno ap presso all’altro. Due da maritati, quarantadue da sposati. Era il ’68, quando ci siamo messi insieme; ma non eravamo stati influenzati né dai movimenti studenteschi né dalla nascente libertà sessuale. Eravamo fuori dal giro, ormai da tempo. Lei sola, io solo: dui balengu (letterale: due poveri deficienti,  sprovveduti,  imbranati; figurato: due poveri tapini) in una grande città; come due parti di una meringa, che la crema aveva  (ha) unificato. Nel periodo ‘pre’ si era buscata la pleurite; due mesi in ospedale (no...