Quella mattina non ero stato in negozio. Sarò stato al lavoro, quello mio ufficiale, oppure in giro per chiacchere, dal giornalaio o dal barbitonsore. Al rientro, verso l’ora di pranzo, col negozio in fase di chiusura, la moglie mi aveva accennato i movimenti in uscita della mattinata. Tra le varie piccole vendite, mi raccontava della cessione di un ficus benjamin , una pianta bellissima che da un po’ di tempo riempiva tutto un lato della vetrina verso la piazza. L’aveva venduta a un signore (‘un bel ragazzo’; che era già un ottimo motivo per averlo da subito in uggia. Lei i confronti sui bei ragazzi li faceva, forse, su di me, quindi andava sempre sul velluto: come confrontare un meraviglioso gatto, magari nero, con un rospo; e il rospo, nei confronti, potevo essere solo io), che però, al momento di pagare, si era accorto di non avere soldi a sufficienza. Oltre che bello, il giovanotto doveva avere anche un cervello sopraffino, poiché, in un lampo di genio, aveva subito trovato la so