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Visualizzazione dei post da dicembre, 2010

AUGURI

Ho poco tempo, gli auguri li faccio da qui, prima o poi arriveranno a tutti, tanti che siano, non bastano mai. Vanno bene per la salute, vanno bene per i portafogli, vanno bene per la serenità, in famiglia e nella società; andrebbero bene anche per la politica, ma la vedo assai dura, è un genere che ormai fa solo paura (oltre che schifo). La cosa importante è che sul ponte non sventoli mai la bandiera bianca. A U G U R I 2011

Una prece per la pace

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La pace è cercata da tutti, a parole, citata assai, con cuore ed amore. C’è chi per lei prega e in lei ci spera, ma più si va avanti più è una chimera. Per difender la pace si fa la guerra, gente ammazzata che va sottoterra. Siam tutti armati, tutti in difesa, guardiamo in cagnesco la mano tesa. Con pietre o lame o bombardieri, la pace uccidiamo, oggi come ieri. Millanta morti portan la scritta ‘riposa in pace’; ma la pace è finita. E questa pace, il micio orante chiede che sia immantinente. Ma c’è una pace che non si sogna, è quella dei sensi, nessuno l’agogna. Si gioca solo una partita, con il pallone che corre, veloce, cercando il suo clone. Si scende in campo, novanta minuti, o son novant’anni, quelli vissuti. Poi c’è il recupero, poi i supplementi, più passa il tempo più sono pesanti. Poi, senza sosta, ci sono i rigori, a bruciare, stentati, gli ultimi ardori. Si può provare con la pastiglietta, per farne una in più, ma poco conta. Forse si riesce ancora a godere, ma non è più lo

Alla donna

Donna, scruto i tuoi occhi di speranza, mutati da un passato di paure, che ti volle sempre debole, sempre schiava d’un Dio, che era uomo. Non fermasti mai il tuo cammino, poiché tu eri anche lì, sola, dove lo stesso Cristo esangue, decise di spirare a questa terra, ma tu, col fardello che ti lasciava, continuavi ad adorare quel viso morto. E nessuno volle ascoltare il tuo messaggio, e ancora sola non t’arrendevi, lasciavi una carezza, ad un figlio che moriva, baciavi sulla fronte un marito che partiva, e nello strazio del tuo dolore, continuasti a rammendare quel lenzuolo. E il tuo pianto, la tua collera, a nessuno mai fece pena, bruciata come strega in una piazza, lapidata, per la rabbia d’un marito, violentata da un branco senza volto. Non c’è giustizia in questa storia, c’è un passato, che nel tempo si tramuta, ma non cambia o non vuol farlo. E quella donna, che nel buio d’una stanza, accarezza, sul suo ventre, il suo bambino, spera che quel futuro, che porta in grembo, sappia sempr

Fiore rubato

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In illo tempore  è l'incipit usuale di molti racconti evangelici. Indica un tempo senza tempo, comunque inteso come lontano, molto lontano. Ebbene, a quel tempo ,  tra le svariate attività che hanno occupato la mia vita, immagazzinate poi come esperienze, c'è anche quella di fiorista. Attenzione: fiorista, non fioraio. Venditore di fiori, non coltivatore degli stessi, anche se nell'uso comune i due termini si equivalgono. Mai avuto il pollice verde; semmai il mio pollice era nero... di inchiostro. Anche definirmi fiorista, a dire il vero, è una forzatura, un alzarmi di grado assolutamente abusivo... In realtà ero un aiuto-fiorista, e perfino così quell'abito mi starebbe molto largo. Era andata così: lei, la moglie, aveva voluto la bicicletta del negozio di fiori e io dovevo pedalare. Nel vero senso della parola: non aveva la patente e non la voleva, da qui le levatacce prima dell'alba per portarla al mercato specifico per fioristi, le consegne delle varie com

Percezioni

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Mi sono visto esile filo d’erba piegato dalle brezze della vita mentre alba sorgeva, resistere ai neri inverni e alle lunghe notti senza cielo. Mi sono visto fragile arbusto curvato dalle raffiche d’una tempesta scatenata dall’uomo, rincorrere orizzonti lontani ed effimere speranze d’un domani. Mi sono visto albero forzuto stendere rami verdigni nell’azzurro verso il sole, a proteggere esili fili d’erba affacciati alle soglie della vita. Mi vedo vetusta quercia apparire salda agli uomini in transito oltre il visibile. Ma opache eco rimbalzano, sordi rimbombi al becco del picchio… … e si sentono i passi del taglialegna. Angelo Roberto Campiselli (1981) Dedicata a tutti i tagliatori di mestiere: a chi taglia fondi alla cieca, a chi taglia teste alla rinfusa, a chi taglia stipendi e pensioni, a chi taglia la sanità fregandosene della gente che muore, a chi taglia la scuola perché l'ignoranza crea consenso..... per tutti il taglialegna deve arrivare. Anche per loro.