mercoledì 20 agosto 2014

Mercoledì, 20 Agosto

Qui da me è Ferrarrosto.
Anzi, lo era.
Tra un morto e l'altro s'avvicina il Due Novembre, e in quella data ci saranno molte altre facce nuove da "festeggiare".
Morti in cielo, in terra, in mare, sull'acqua e sott'acqua, sui monti, sulle strade, nei fiumi e nei laghi...
Tutti morti ammazzati, dall'incoscienza, dall'inesperienza, dalla supponenza, da sfide impossibili, da guasti tecnici...
E morti ammazzati nelle culle o nei lettoni, posti in cui i bambini dovrebbero essere al sicuro da tutto, ma soprattutto sicuri da chi li ha generati e messi al mondo.
Le cronache dicono che non è (più) così.
L'Oriana aveva scritto la "Lettera a un bambino mai nato", non mi risulta sia stata ancora scritta una "Lettera a un bambino nato e morto ammazzato".
Ormai ci sarebbe materiale sufficiente a riempire una biblioteca.
E coppie che, ignorando il fatto che da anni esiste anche da noi il divorzio, preferiscono separarsi eliminando in modo definitivo il partner scomodo.
Bon, passiamo ad altro.
Del mio Ferrarrosto volevo parlare, poi la cronaca mi ha portato su un altro binario.
Manco a dirlo, un binario morto, pure quello.
Secondo i sondaggi pre-estate, che non vanno letti ma interpretati alla pari delle leggi, tot miglioni d’itagliani non sarebbero andati in vacanza, costretti a ferie domiciliari da fatti contingenti, comunque negativi.
Per fortuna, altri sondaggi, a estate inoltrata, hanno rilevato che tot miglioni d’itagliani le vacanze se le sono fatte, se le stanno facendo, regolarmente, in barba alle catastrofiche previsioni della vigilia.
Al mare, ai monti, ai laghi, nelle cosiddette città d’arte…
I tot miglioni d’itagliani che hanno rinunciato alla partenza hanno avuto millanta motivi per accantonare un’usanza secolare, vissuta, amaramente, perfino durante l’ultimo conflitto mondiale.
Una parte di questi miglioni di sfortunati è tutt’ora impegnata a spalare acqua, fango, macerie, sogni spappolati da un tempo infame, che non ha avuto il minimo rispetto per il doveroso cambio di stagione.
Un’altra parte, dicono sia la più consistente, affibbia alla “crisi” la responsabilità di questo default estivo.
Bene, tutti costoro, sia i colpiti dal maltempo sia quelli messi ginocchioni dalla crisi, hanno tutta la mia comprensione e, per quello che può valere, la mia solidarietà.
Invece vado a visualizzare il tot miglioni d’itagliani che, vuoi per sfuggire al tempo balordo, vuoi perché della “crisi” se ne sbattono altamente, sono partiti affollando stazioni ferroviarie, aeroporti, traghetti, autostrade intasate; superando incidenti, bagagli ostaggiati, voli annullati…
Seguo costoro con particolare interesse, poiché ho constatato (e tutt’ora vado constatando) che quei tot miglioni d’itagliani fortunati, usufruendo di tutti i mezzi a disposizione, sono finiti tutti qui da me, a festeggiare un Ferrarrosto di sole, di mare, di casino…
Esco da casa e vado ad osservare la situazione per raccontarla in diretta
Parcheggi: pieni, in una specie di trenino da festa di capodanno, musi d'auto annusanti i sederi delle stesse posizionate sul davanti. Sia a destra, strisce blu, che prevedono il pagamento di un ticket (50 €cent per mezz'ora, 100 €cent per un'ora, sconto quantità), che a sinistra, strisce bianche, teoricamente gratuito, col vincolo del disco orario. Come detto, entrambe le zone di parcheggio piene fino all'impossibile, da costringere i pedoni alla ricerca di un varco in seguito alla malaugurata idea di attraversare, salvo brandelli di strisce pedonali sfruttate soprattutto dalle mamme con passeggino pieno.
Carreggiata di traffico: nei due sensi un transito continuo, lento, asfissiante, anche qui musi contro sederi, ma semoventi. A tutte le ore del giorno, della sera e della notte.
Lungomare: parcheggio selvaggio, manco uno spiraglio per appoggiare una bicicletta (che comunque sarebbe a rischio, meglio portarla direttamente in spiaggia).
Poste: non mi servono, ma, in transito, vedo che all’interno l’ufficio è pieno e fuori c’è una lunga coda in attesa. Manco da credere che siano tutti lì per l’aria condizionata, che non c’è, e neanche un ventilatore a smuovere quella afosa.
Farmacia: idem con patate, sguardi trasversali a bloccare i tentativi di sorpasso.
Banca: interno vuoto, impiegati allo sportello chiacchieranti senza disturbo alcuno; all’esterno coda infinita allo sportello del bancomat.
Ciclisti: un buontempone, prima dell’estate, aveva proposto l’inserimento nel Codice della Strada di una norma che consentisse ai ciclisti di pedalare contromano al senso di marcia degli altri veicoli. Vuoi per la stupidità della richiesta, vuoi che, se messa in atto, avrebbe solo sancito per legge un modus operandi già esplicitamente in atto, pare sia stata ritirata. Anche perché avrebbe agevolato scontri anche frontali, in cui, probabilmente, i ciclisti avrebbero avuto la peggio, con il diritto acquisito a risarcimenti sostanziosi dalle assicurazioni. A favore personale in caso di sopravvivenza, altrimenti pro eredi, giustamente dolenti e perloppiù gaudenti. L’ecologia va bene, ma non è detto che andando contromano si sia più ecologici che viaggiando seguendo il giusto flusso direzionale. È pur vero che la perdita di un ecologista è pesante (siamo pochi), ma è anche vero che la perdita di un imbecille sarebbe un vantaggio per la collettività (siamo troppi).
Tanto per dire, davanti a me stava viaggiando un ciclista, nel giusto senso di marcia, ma con la mano sinistra sul manubrio e la destra impegnata a sostenere in braccio un bambino di un anno o poco più. Incrocio una vigilessa, una balenottera famosa per la sua (stupida) inflessibilità nel punire qualunque peto sfuggisse agli automobilisti. “Scusi, può dire qualche parola a quello stronzo col bambino in braccio?”. “Gliel’ho già detto che è pericolosissimo, ma non mi dà retta…”. I ciclisti stanno ben messi, ma anche le balene sono a rischio estinzione, la tipa sarebbe bene se ne rendesse conto.
Domenica scorsa, fino a tarda sera una colonna d’auto, che manco il mitico esodo dall’Egitto di Mosè, aveva fatto pensare a un rientro in massa con conseguente alleggerimento del peso definito turistico…
Illusione: la sera stessa ristoranti, bar, pub, cornetterie, strade, piazze, piene come se nessuno si fosse mosso e quel lungo serpentone fosse stato solo un miraggio.
Supermercati, oggi: già all’apertura liti per accaparrarsi un carrello; più avanti code d’attesa che se ne liberasse qualcuno. All’interno, occhio ai portafogli…
Monnezza: con la differenziata abbiamo (avevamo) un ottimo punteggio, oltre il 70%. Tanta brava gente venuta da lontano non sa cosa sia, non sa che raggiunti determinati obiettivi è prevista una riduzione della tassa sulla raccolta rifiuti, non sa che il tempo di “ammucchia-e-getta” è finito da un pezzo, non sa che l’emergenza rifiuti è nazionale… La raccolta porta-a-porta differenziata, con giorni e prodotti specifici, per costoro è un modo di dire; meglio sarebbe prevedere un più pratico (e incivile) “io butto ovunque e comunque, qualcuno comunque e ovunque dovrà raccogliere”; altrimenti nei commenti sulla vacanza accuseranno il comune di inadeguatezza, di sporcizia, di malaccoglienza, di razzismo (è la prima reazione all’inciviltà congenita). Così strade, marciapiedi, piazze sono divenuti deposito di sacchetti, regolarmente lacerati da animali randagi in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. E per un paio di settimane di “riposo” incivile, il punteggio finirà depauperato; chissenefrega, tanto qualcuno pagherà…
Vabbé, haddapassà‘stajurnata!
Ci sarebbe una domanda da fare, ma sarebbe subito tranciata come demagogica: gli assenti, l’ho detto, hanno mille e mille motivi per non esserci; ma i miglioni d’itagliani presenti hanno sentito parlare della “crisi” e pensano si tratti di quella ucraina, di quella israelo-palestinese, di quella siriana, di quella libica, ecc., ignorando del tutto quella di casa nostra? O anche questa “crisi” fa comodo a chissachì che ci sia e che se ne parli comunque e dovunque? O i Monti di Pietà traboccano di oggetti, colà impegnati pur di onorare le sante vacanze? Succedeva nell’immediato dopoguerra, siamo tornati a quel periodo?




22 commenti:

  1. una descrizione davvero inquietante.....

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    1. Inquietante? So che è brutto come termine, ma, a esser buoni, è imbestialente.
      Ciao.

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. Ho mandato una mail ad Alfano per inserirti nel programma protezione dei pentiti.
      Ciao.

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    2. In questa società di impuniti, una persona che si pente dovrebbe essere premiata, mica mandata da Alfano. :))) Ironie a parte, penso che a volte sia ulite il ripensamento.
      Ciao.

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  3. Stando ai racconti dei più grandi: si stava meglio nel periodo dopoguerra,
    C'era speranza. Dicono loro.

    La gente, fintanto che ha un soldo in tasca se lo spende ...eccome: specie quelli della mia generazione..sinceramente sembra che la maggior parte di noi c'abbia il verme solitario nel portafoglio,


    Gattone: bacio

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    1. Carissima Colombuccia, io faccio parte di quei "grandi" e posso dirti a ragion vissuta che all'epoca non c'era speranza. C'era "certezza", la certezza che peggio di quello che si era passato non poteva tornare e il futuro, pur fatto di sacrifici, non era un buio tunnel senza sbocchi: era una strada da percorrere, andando sempre e solo avanti, passo dopo passo, alla conquista di quello che successivamente sarebbe stato definito "benessere". Lo abbiamo raggiunto e lo abbiamo passato a chi è venuto dopo. Che lo sta vivendo carpe diem, "del doman non v'è certezza", sperperando, come dici tu, fino all'ultimo soldo.
      Quella della tenia in portafoglio è originale.
      Bacia tu che baci♥ anch'io. Ciao.

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    2. Non sono d'accordo con la tua analisi che ci taccia da cicale. Sono nata nel dopoguerra ed ho partecipato (ma eravamo in parecchi) a costruire quell'idea di società che ci pareva il paradiso per tutti. Abbiamo commesso un errore madornale: abbiamo lavorato tanto, silenziosamente e gratuitamente, lasciando che i politici si gloriassero del nostro lavoro. In questo modo si è formata una classe dirigente che non ha lavorato a sufficienza e si è creduta il padreterno. Sono stata volontaria fin dalla giovinezza e mi sono impegnata nel sociale anche sorbendomi lunghe commissioni di lavoro, pensando che di tutto questo ne godessero i miei concittadini... invece ha solo arricchito una classe boriosa che non riconosco più. Qui c'è ancora una rete di volontariato, in ogni settore, che rimedia dove l'amministrazione è carente ma i giovani che dovrebbero sostituire queste forze, hanno il loro bel daffare a cercare un lavoro e molti se ne sono già andati facendo contenta la Ryanair che fa volare, per pochi euro, i loro parenti smistandoli nelle varie città della comunità europea.

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    3. Se la mia delusione, la mia foga discorsiva è stata vissuta come discorso violento me ne scuso e mi dispiace immensamente perchè questo è molto lontano dalla mia indole. Se invece non è così, penso che sui toni che stai usando non sia possibile confrontarsi e ti saluto. Ciao.

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  4. In questo tuo racconto, tutta la cronaca di quest'estate.
    Saluti a presto

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  5. Hai ragione, è una brutta estate. La raccolta dei rifiuti per es. a Riccione consta di cassonetti chiusi a chiave. Difficile per un turista riuscire a districarsi tra chiavi e limitazioni. A Jesolo invece i bidoni sono aperti.

    Bacio

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    1. Nel nostro piccolo anche noi avevamo pensato a un chiavistello per il bidone condominiale. Abbiamo rinunciato, poiché pare che l'inserimento nei bidoni sia una cosa turpe, per cui aperti o chiusi è da evitare. Meglio assai lasciare i sacchetti dove capita, che, appunto, qualcuno raccoglierà. Inoltre se quella delle chiavi fosse stabilita con decreto comunale bisognerebbe che fosse con chiave universale, a meno di pensare che gli addetti facciano concorrenza al ponte Miglio di Roma o ai secondini delle carceri. Inoltre, tanto per parlare, sai quanto ci metterebbero i nostri "ospiti" a scassinare? O forse no, chi glielo farebbe fare: meglio continuare con le usanze contratte nei loro paesi di provenienza, che tanto lavoro hanno dato ai tiggi e ai giornali cartacei per mesi e mesi, e ancora tutt'ora, solo distratti dalle guerre in atto in giro per il mondo.
      Cia♥, buona giornata.

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  6. Come non essere d'accordo con questo tuo post?
    Continuo a sostenere ( forse sbagliando) che la crisi non esiste, almeno per la maggior parte della popolazione italica.
    Mia figlia lavora in un centro commerciale e mi dice che fila alla cassa è più lunga che a Natale, non ci sono posti neppure nel mega parcheggio. Qui da me i ristoranti sono strapieni, come i parcheggi che costano moltissimo e come pure i secchioni dell'immondizia che non vengono svuotati quasi mai. Tranne sotto casa di Marino. Mala tempora....
    Ciao Gatto.

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  7. Deduco che non tutti i miglioni d'itagliani son venuti da me.
    Mi consola il fatto che ovunque, in fatto di rifiuti, siamo messi bene. Vedi, quello che fa girare le palle è il fatto che la più parte di questi itagliani provengono da zone che della non raccolta dei rifiuti ha fatto fede e ciascuno dà il proprio contributo becero; andando in vacanza, trovando strade pulite, bidoni svuotati con regolarità, vigili che, per quanto possibile, segnalano e sanzionano gli incivili, credono di essere arrivati su Marte e per due mesi fanno di tutto per farci tornare sulla Terra. Chi accenna alla loro inciviltà viene tacciato di razzismo.
    Ciau.

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  8. Nel mio piccolo, di questa fantomatica crisi non ho capito una cippa. Parlo di quella di cui si lamenta chi, come me, ha la fortuna di avere un lavoro da dipendente (seppur modesto).
    Fino a un anno fa dovevo mantenermi con uno stipendio di 600 euro netti (più buoni pasto) a fronte di un affitto di 310. Ovviamente non mi passava neanche per la testa di andare in vacanza, ma non avrei mai detto in giro "è colpa della crisi". Magari colpa di un lavoro del cazzo, colpa dell'agenzia delle entrate che mi tartassava anche su una somma del genere, colpa della benzina a quasi due euro al litro... ma la "crisi" non mi ha mai fatto niente. In fondo le voglio addirittura bene.

    Un saluto, caro Pietro

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    1. È un po' come l'<>, ricorrente dagli anni '70, come se le agitazioni sindacali fossero state tutte concentrate in quella stagione.
      È fuor di dubbio che molte sono cambiate nel tempo, ma (facendo riferimento ai tuoi 600 € mensili) mi piace ricordare che quando ho iniziato a lavorare, nel secolo scorso (inteso come poco oltre la metà del 1900), guadagnavo circa 120 mila lire al mese, a fronte di un affitto (camera ammobiliata in centro città) di 7.000 lire al mese; un pasto in trattoria ("Degli Amici", questo era il suo nome) composto da primo, secondo e contorno, frutta o dolce e bevanda (un quartino di vino) mi costava 350 lire; una platea al Fiamma, cine-teatro di lusso, 500 lire... Tram e giornali 25 lire, i cartocci di caldarroste (belli pieni, quasi da sfamarti) 50 lire, come pure i gelati. Ecco, allora c'era una proporzione tra entrata e uscita, che consentiva un discreto accantonamento in previsione di 'vacche magre'.
      Oggi credo la crisi vera è nel sistema di vita, come impostato negli anni del cosiddetto boom, che ha lanciato un consumismo sfrenato, al limite del suicidio economico (e non solo).
      So benissimo che sentir raccontare il vivere di un passato ormai lontano invita chi ascolta o legge al mondaino "che barba , che noia", ma senza questi ricordi non esistono altri parametri di riscontro del cambiamento.
      Ciao, grazie della visita e buona serata.

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  9. Il discorso sulla crisi è relativo. Io ho la sorella di mia nonna materna, che ha 93 anni, la quale mi ha raccontato di quando doveva andare a piedi da un paese all'altro per fare la spesa o per fare un vestito a qualcuno. Mio padre a 16 anni (cioè nel 57) faceva il bracciante per il barone del paese.
    Quella era la miseria. Oggi siamo molto fortunati

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    1. Era una miseria cosciente, non c'era altra scelta, i mezzi pubblici di trasporto erano limitati e, per quelle saccocce, costosi. Anch'io ascoltavo i racconti di mio suocero, finché ci ha tenuto compagnia; e ascoltavo a bocca aperta le camminate notturne sulle creste delle colline, nei boschi, per recarsi al lavoro in paesi vicini ma non prossimi, e il ritorno a casa a notte fonda. Per pochi soldi, che però dovevano bastare, e sono bastati, per tirar su una famiglia composta di moglie (analfabeta come scuola, ma casalinga a tutto spettro), un figlio e due figlie. Il mangiare non è mai mancato (ma lo spreco, anche delle briciole di pane, era impensabile), i vestiti, magari rattoppati a più riprese, erano sempre puliti, lavati al fiume e sbattuti sulle pietre, con la cenere come detersivo.
      Il tutto oggi ormai impensabile...
      Siamo stati molto fortunati, non ce ne rendiamo conto e bruciamo tutta questa fortuna in maniera incosciente.
      Ciao.

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  10. Dal mio osservatorio vedo che a chiudere sono tutti i piccoli esercenti, i negozi storici della città e le piccole attività artigianali. Il comune, dicono, li tartassa troppo e impone l'acquisto di macchinari che non sono in grado di pagare, visto che gli introiti sono diminuiti di molto. Qualche esercente l'ho trovato come commesso in un grande magazzino e questo dimostra il bisogno.
    Chiudono le fabbriche, vuoi per la "moda" del localizzare, vuoi perchè le grandi aziende per cui lavoravano non sono state pagate e le banche non hanno concesso prestiti. Questa crisi è stata pianificata a tavolino.. ne sono sempre più convinta. Tutto viene giustificato da quella parola magica che è diventata la "crisi".... motivo di riforme affrettate che fan comodo a pochi e sono scudo e riparo in ogni altra occasione.
    In crisi è anche la nostra idea di civiltà e pian piano, umiliati giorno dopo giorno, diverremo barbari.
    Ciao.

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  11. Una parte di risposta ai commenti penso sia visibile nel post successivo. Potrà piacere o non piacere, ma un buon fondo di verità ce l'ha. Non credo sia indispensabile tornare al caffè di cicoria o al latte annacquato del dopoguerra, ma sicuramente una raddrizzata alle nostre abitudini bisognerà darla, prima di vendere tutto lo stivale agli emirati arabi.

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    1. La mia memoria è deformata dai "sentito dire". Infatti nell'immediato dopoguerra (il secondo e fin'ora ultimo) ero troppo piccolo per sapere in realtà cosa fosse il caffè, per cui sentir parlare di caffè di cicoria da chi, grande, lo aveva assaporato, è entrato nel mio diario e ci è rimasto. Come è entrato il latte annacquato, anche questo per sentito dire, poiché a me e a decine di altri bambini il latte era negato, fosse pur'anche annacquato. Questo alimento, non allo stato puro sicuramente, era assegnato ai bambini rachitici o comunque più bisognosi di nutrimento del sottoscritto e dei colleghi leggermente più in carne. Noi eravamo cresciuti con la colazione a base di brodaglia, che riempiva lo stomaco affamato, ma non sostituiva il ricordo dell'ormai lontano latte materno.
      È chiaro che la tua disamina ha fondamenti solidi ed è impossibile contestarla.
      In effetti allora il termine "diritto" (ad avere, da chicchessia) non esisteva. Se devo essere sincero, almeno nel mio caso, non c'erano neanche aspettative: si viveva aspettando il domani, con la prospettiva che anche quello sarebbe mancato.

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