sabato 31 luglio 2010
La chioccia: presentazione
Il pollaio, la sede principale dell'Azienda.
Era un pollaio molto aperto.
Al suo interno viveva un po' tutto il regno animale: ovini, bovini, porcini, beduini...
Il grosso, però, era rappresentato dal pollame: galletti e gallinelle, capponi e faraone, polli e tacchini, papaveri e papere, oche e campidoglio, eccetera eccetera.
Tutti razzolavano, i razzolanti, in questo pollaio.
Gli altri, i non razzolanti, studiavano il modo di salire, salire, salire...
Puntavano ai vertici...
Verso, e magari oltre, la chioccia.
In questo zoo poteva mancare un gatto?
Certo che no; almeno un rappresentante del genere felino, doveva esserci.
Ed è il cronista che riscalda vieppiù le vostre già bollenti serate estive.
C'era uno sparuto gruppo di pollastri, destinati alla cura degli interessi della chioccia, lontani dai confini del pollaio.
A questi era stato aggregato il micio.
Questi eroi erano scelti in base a due considerazioni di base:
a) rompevano le palle, e la chioccia (influenzata da 'nessuno tocchi caino'), anziché farli mettere in pentola, aveva scelto di allontanarli, sia per salvargli la pelle che, appunto, per toglierseli dalle palle; pseudo-sindacalisti caduti in disgrazia; nullafacenti, spediti a nullafacere lontano dagli occhi, anche per evitare cattivi esempi agli stakanovisti interni, ecc.
b) erano più o meno bravi, comunque ritenuti degni di rappresentare la chioccia lontano dal pollaio.
Dei primi c'è poco da dire: salvata la pelle, lontani dal pollaio, si erano dati all'ingrasso.
Un fatto penoso, forse, ma, per essere messo in atto da pollastri, astuto.
I secondi, quelli della b), rientravano perloppiù nella norma; intelligenza e capacità sopportabili, no rottura di palle, no lampi di genio, che comunque lontani dal pollaio sarebbero stati peti a perdere, nelle migliaia di chilometri quadrati di territorio in cui erano dispersi.
Di questo secondo gruppo faceva parte il gatto cronista, che vi racconterà cose e fatti che forse già conoscete, ma che potrebbero risultare indispensabili per il proseguimento della vostra monotona esistenza.
Fisicamente era più o meno; giovane più o meno; intelligente più o meno; attivo più o meno; socialmente utile più o meno; miope più o meno...
Insomma era un gatto "più o meno".
E poiché in questi mesi ha imparato a conoscere i suoi lettori, tutti scafati e senza prosciutto sugli occhi, ritiene opportuno precisare che il "più", in questo suo rapido profilo, è presente per via della par condicio. Il "meno" aveva il sopravvento abbondante nel suo bagaglio personale; esclusa la miopia: in quella il "più" vinceva alla grande.
Non poteva rientrare nel novero di quelli allontanati dal pollaio, quelli del punto a), perché era stato pescato all'esterno, scelto tra centinaia di aspiranti, sicuramente più meritevoli; proveniva da esperienze precedenti, che pare lo avessero valorizzato "più" che svalorizzato "meno".
O forse la chioccia era più miope di lui, e nello sceglierlo aveva momentaneamente posato gli occhiali.
Nonostante ciò, credeva di essere il the best del gruppo operativo esterno.
C'era un piccolo problema: per evitare invidie, accidie, clamidie, il fatto di essere il migliore era talmente segreto, che solo questo vostro gatto ne era a conoscenza.
Per tutti, nonostante le quattro zampe e la coda eolica, era un pollo come gli altri e basta.
Come tutti gli altri, compresi quelli che adagiavano le terga sulle sedie (i tacchini sulle poltrone) per sette/otto ore al giorno; come gli impiegati di tutto il mondo.
(Questo gatto, sta ancora studiando come immettere in un proverbio la sua modestia, da tramandare ai posteri; niente come i proverbi è duro a morire, e con un proverbio azzeccato si trova l'eternità).
segue... fra poco
mercoledì 28 luglio 2010
Eco(logico)
lunedì 26 luglio 2010
Pausa gelato
mercoledì 21 luglio 2010
Petali di crisantemo
giovedì 15 luglio 2010
Sono distrutto...
martedì 13 luglio 2010
"Che cazzo fai?"
Premessa: oggi, martedì, fa un caldo boia; l'adsl va e viene; la pelliccia esterna è nera, la pelle interna è verde, ma così verde che il verde leghista al confronto è rosa pallido. Questo verde è provocato da un malanno chiamato "invidia": invidia per tutti i vostri blog, che sono tutti di una bellezza conturbante (potessi copularci, lo farei con ciascuno di essi), ma, soprattutto, non 'toppano' mai. Detto questo, e viste le premesse, disconosco fin d'ora la paternità di quanto vado a tentare di scrivere, e soprattutto di postare.
"Che cazzo fai!", è la frase che si sussurra quando, viaggiando in un senso unico, ti trovi una macchina che ti viene frontalmente.
"Che cazzo fai!", è la frase che ti sibila il pedone che, nonostante tutto, non sei riuscito ad arrotare.
"Che cazzo fai?", è l'urlo, mentre navighi nella tua canoa a propulsione manuale di una pagaia, che senti rimbombare in mezzo all'oceano; viene da un transatlantico cui hai tagliato la strada.
La differenza fra i tre "cazzi" è nei punti, esclamativo e interrogativo.
I primi due indicano chiara disapprovazione, e l'esclamativo è un coprivirgola, cui segue sempre una sequenza di aggettivi squalificativi, che abbracciano amorevolmente tutta la parentela del destinatario della missiva.
Il terzo, invece, punto interrogativo, indica apprensione, solidarietà, affettuosa richiesta di chiarimenti.
I "cazzi" o similcazzi che ho trovato, in particolare su un blog, rientrano in quest'ultima categoria, anche se ho avuto l'impressione che qualche post, oltre alla pena sprizzasse anche profondo compatimento, oltre a risatine sottofondo.
Vado a raccontare gli episodi che mi hanno barzellettato.
Il primo riguardava un mio commento a un post, sul mio blog.
Ho battuto, con la concisione di cui vado fiero, questo commento; ho eseguito tutte le manovre richieste, user pass pubblica, esce una striscia gialla: il tuo post è stato pubblicato.
Sono piuttosto curioso, pertanto vado a rileggermi la creatura. Non c'è.
Richiamo il "pubblica post" e mi trovo il rettangolo bianco, fiordilatte; riclicco sull'invio post, e mi risponde una scritta rossa: il testo nel campo è obbligatorio.
Il testo mi piaceva e volevo pubblicarlo. Da lì è nato Non entro dalla porta, passo dalla finestra , direttamente sul blog del gatto, convinto che fosse un pezzo unico.
Tornato sul commento, che credevo abortito... e me lo ritrovo al suo posto, vispo e sogghignante.
Pubblicazione doppia, forte dubbio di megalomania latente dell'estensore.
Vabbé, è andata così, nella vita c'è di peggio.
Vado avanti un po' di giorni, posteggiando qua e là, ma robe di pisciatine, e comunque tutte in casa d'altri.
Tutto perfetto, nessuna pugnalata dall'adsl, nessun tradimento dal gestore.
Fino a qualche giorno fa, quando la confidenza confidenziale di donna Grace-eccetera, mi ha indotto, me tapino, a una risposta articolata al suo post.
Stessa trafila per l'inoltro, stesso risultato, rettangolo bianco, tutto perso.
Mi era sembrato un bell'articoletto, ho pensato bene di non mandarlo in fumo; quindi rientro a casa del gatto, lo ribatto più o meno identico, perlomeno nella sostanza, e lo invio.
More solito, torno al commento assassinato... e sapete già cosa è successo: mi sono ritrovato ambitesto.
Non bastava: la Grace-eccetera ha pensato bene di riportarlo anche nel suo blog, circondandolo di un'aura immeritata, soprattutto pensando alla seconda figura di merda collezionata.
E siamo a ieri.
Il prof. Perboni, nel blog dell'intervista al coniglio, mi chiedeva un'informazione a vago sfondo educativo.
A Perboni non si può dire di no, quindi ho provveduto a relazionarlo in merito alla sua richiesta.
Solita trafila: testo, posta commento...
Credo che anche voi avrete sentito il "perdirindindina" 6° scala Mercalli, con il dovuto contorno di insulti, diretti a tutto l'apparato; tastiera topo monitor, da neri che sono, erano diventati rossi per la vergogna.
Abbandono la consolle, passo in cucina per un goccio di caffè (niente di meglio come calmante), esco in giardino e mi accendo una sigaretta.
Cielo azzurro, mare in lontananza una tavola, venticello nord-sud: l'ideale per fare una disamina serena della situazione.
E lì è venuto il lampetto di genio.
Torno in plancia, vado direttamente sul blog del gatto, e posteggio la sfida. Poche parole, per attivare il blog.
(E meno male che non ho battuto quello che pensavo, altrimenti chi ci spia mi avrebbe mandato in galera).
Ho fregato non so chi, ma l'ho fregato!
Il post è tornato in vita.
Elimino subito il blog specchietto per le allodole, e finalmente mi rilasso.
Già ieri sera scopro che quello che avevo cancellato era già stato ripreso in un blog parallelo.
Vado a spiegare, con dovizia di particolari, in un commentino cuore in mano, la situazione. Posto... cancellato. Rimando tutto a oggi, sperando in bene.
Questo è tutto.
Anzi, non è tutto: mi piacerebbe sapere come ha fatto la portaerei citata in apertura a trovare quelle due righe, subito cancellate, che mi stanno esponendo al ludibrio universale.
Ma siete tutti orwelliani, adepti del grande fratello, iscritti a radio vaticana, testimoni di geova, siete pidiellini quinta colonna...? Mi sento massacrato dalle vostre capacità.
Comunque, facendo finta di credere che non vi state sganasciando, ringrazio per la solidarietà.
Terrò presente l'alternativa della pergamena; da qualche parte devo ancora avere dei bastoncini di ceralacca (mai buttare qualcosa, non si sa mai...).
sabato 10 luglio 2010
7 Luglio 2010: la parola al coniglio sulla costa
La registrazione l'ho fatta per mia curiosità personale, purtroppo su un piccolo registratore a batteria e cassetta. Essendo assolutamente digiuno di tecnologie web ho fatto capriole mortali per riuscire a mettere in rete un prodotto decente.
Chiedo perdono in anticipo se non ce l'ho fatta del tutto.
Quindi chi avesse rilievi "tecnici" da muovermi, o insulti per offesa del web, mi faccia avere nome/cognome, indirizzo, telefono e codice fiscale: verrò di persona a chiedere scusa.
Metto l'intervista, indegnamente, sul mio blog, perché non sono riuscito a metterla nella sua cornice naturale (il blog del Coniglio), nonostante la fattiva collaborazione della mia solita badante diciottenne. Quello che vi passo è quasi tutto merito suo.
A voi Paola:
Credo ci sia poco da aggiungere.
Voglio, però sottolineare la delicatezza dell'intervistatrice, quando ha definito "esacerbata" la Paola: credo fosse un eufemismo per dire incazzatissima; evidentemente in radio è d'uopo ammorbidire i termini.
Lo sfondo di supporto all'intervista è colpa di Gioia, che con il suo "amore su tutto" mi ha plagiato, costringendomi a offrire un segno di pace anche a chi sta scassando in maniera ossessiva.
Ho pensato: quale miglior segno di distensione se non i fiori?
Questi fiori.
Non i frutti, ma proprio le pale, sode e puntute, sbattute una per una in faccia ai politici, ai giornalisti, ai faccendieri, a chi ha riso e ride tutt'ora, ai mistificatori, ai lecchini per convenienza, ai venduti per necessità, ai ciechi a ragion veduta, e a tutti gli altri che io posso qui dimenticare, ma che gli aquilani ricorderanno per sempre, sulla loro pelle.
Con l'augurio che la voce del Coniglio non sia una voce che grida nel deserto.
Soprattutto nel deserto dell'indifferenza.
(Per sentirla un po' meglio, aspettate la carica completa; ma che lo dico a fare, a maghi del web quali siete tutti voi).
giovedì 8 luglio 2010
L'AQUILA 2009 (?)
misto a dolore
che umilia lo sguardo
di colui che cerca il suo
tra cose che marciscono distrutte
Il suo delle cose
Il suo degli amori
dei pianti
delle ansie
dei pochi momenti felici
delle illusioni che scompaiono
dietro mucchi di pietre cadute
E noi siamo vecchi
e il magma della terra
ancora ribolle
assesta colline e monti
in nuovi ordini
in un corollario disumano
ignorando le genti
Poi le jene
i corvi
i falchi
gli spolpatori di cadaveri
le genti dall'occhio furbo
i migliori che abbiamo
i più onorati nei pregi
pronti a saltare sulle ultime membra
che rimangono ancora a brandelli sulle ossa
e spolpare con foga indigesta
E noi restiamo stupidamente vecchi
mentre il magma della terra ribolle
assesta colline e monti.
Il titolo originale di questa poesia è VALLE DEL BELICE, è stata scritta nel 1968 da Francesco Zaffuto, in occasione del terremoto in quella zona.
L'ho scoperta solo ieri in un suo commento sul blog di Gioia. Gli ho chiesto di pubblicarla su questo blog, per offrirla a chi l'avesse persa.
I vergognosi fatti di ieri a Roma sono l'apice di altrettanto vergognose azioni messe in atto in precedenza, e tutt'ora, da chi nega o manipola la realtà.
Anche a nome di Zaffuto, la dedico agli abruzzesi, e agli aquilani in particolare, affinché la loro determinazione non venga meno e il loro coraggio prenda carica anche dalla nostra rabbia.
martedì 6 luglio 2010
MONICAalias...
@ Gracealiasmonicaaliassarasimeonituttoattaccatoaliaschissàquantealtre:
C'era una canzone che faceva all'incirca così:
"Trottola, trottola, strada facendo trottola...". Non ricordo l'anno di uscita, ma risale a pochi anni dopo il vostro approdo in Val Gina, secolo più secolo meno.
Ecco, con il tuo post, mi hai trottolato, rincoglionito, e Dio solo sa quanto non avrei ulteriormente bisogno di questo stato di grazia.
Senza essere un barattolo.
Per cominciare, il tuo tuffo, con doppio avvitamento, ha fatto del mio cuore uno stantuffo; e meno male che non era pure carpiato, altrimenti ci sarei rimasto stecchito.
Ho alzato gli occhi al cielo, e quella che ho visto scendere non era una delicata leggera piuma ondeggiante nella brezza; era piuttosto una coscia di donna, matura (ti prego notare la finezza della virgola, che specifica la maturità della pera, non della donna) che precipitava, pur con una certa eleganza ma precipitava, verso il basso.
E non essendoci in questo basso, e forse in tutta la Val Gina, un lago, un fiume, un rio pronti ad attutire il tuo rientro a terra, mi ero preparato a raccogliere la frittata.
Non so come hai fatto, ma ti ho visto toccar terra bella vispa come una teresa.
Sospiro, di sollievo.
Appena ripreso, vado avanti nel tuo testo, e incoccio in "flashback".
Devi sapere che il tibetano, per me, è peggio del sardo, per cui, tentando a occhio di capire cosa cavolo volesse dire questo termine, ho concluso che forse è un modo dialettale di definire la lap e poi dance.
Non chiedermi come sono arrivato a questo sbulinamento; l'ho letto così, e così ti ho inquadrato.
Eri avviluppata a un palo...
Non vado oltre, perché ho visto cose che in Val Gina se le sognano, anzi non le possono sognare, poiché fuori dalla portata di menti semplici e pure.
Una volta si diceva 'cose turche', ma queste erano cose ottomane, ottozampe, ottotutto.
Che meraviglia!
Dopo qualche secondo (7200 per la precisione) mi sono accorto dell'abbaglio, e ho proseguito nella lettura.
Non senza un sospiro, profondo, di delusione.
Monica: avresti potuto elencare tutto un calendario delle Monica, in vita andate sante regine, ma l'accostamento principe, almeno per questa generazione di depravati, rimane quello della sigaraia (ed è un peccato che al governo e dintorni non ce ne sia alcuna; sarebbe stato un sollazzo pazzo. Anche l'ultima creatura, ex meteorina di Fede, non va a chiamarsi Giovanna, come quella d'Arco, così da potersi presentare pulzella alla provincia di Napoli? Per inciso, adora Berlusconi, ma è una coincidenza).
Quello che non ho capito è la tua transazione da un nome che ormai è tutto un programma, a quello di Sarasimeonituttoattaccato.
La Sara è stata una splendida sportiva, è tutt'ora una bella donna, intelligente e ironica.
Come spelling tu, nessuno mai.
E meno male che non sei estetista, altrimenti prima di finire tra le tue grinfie, bisognerebbe mettere un quadratino della propria pelle in vitro, e dopo averne ottenuto un paio di metri quadri di riserva, affrontare il martirio.
Quindi, per riuscire a spellingare il nome Monica in quello della Sarasaltoinalto, ci vuole una fantasia stratosferica, ovvero una deformazione mentale che solo un'accentuata 'diversità normale' riesce ad appagare.
Invidia? Gelosia?
Forse hai beccato Will che faceva salto in alto abbarbicato alla Sara?
E, in un impeto d'amore, quello senza confini, ti sei introiettata il suo nome, per potergli dire, mattino mezzogiorno sera e soprattutto notte: "Sarasimeonituttoattaccato sono io, l'altra sarà pure brava e bella, ma è apocrifa"?
Del post originale non ricordo altro, so solo che quello era un capolavoro (sempre soggettivamente parlando) e questo è quello che è: un commento.
Torno un attimo sul tuo "diversamente normale": non è il tuo esserlo che mi preoccupa; mi angoscia, invece, l'anormalità normale.
Come la mia, per fare un esempio prossimo.
Stavolta il bacio conclusivo è del gatto (che si è lavato i denti e che ha le tonsille alla vaniglia fragola e frutti di bosco, per la Sarasimeonituttoattaccato; per la Monica si può scegliere al momento).
Di nuovo fregato, è uscito anche di là. Riletto, non era proprio un'opera d'arte.
So solo che questa adsl mi sta prendendo per il culo.
sabato 3 luglio 2010
La motozappa e i merli
giovedì 1 luglio 2010
Non entro dalla porta, passo dalla finestra....
"Qualche giorno di tempo per rivedere il libro", così il prof annuncia la sua assenza momentanea dal blog, appunto per rivedere la sua opera, prima del 'ok si stampi'.
In una precisazione successiva anticipa che si tratterà di un libretto agile e risparmioso.
Ho capito: si tratterà di un sedicesimo in ciclostile, così suddiviso.
Prima pagina, copertina, con titolo e autore, come tutti i libri. Senza sovracopertina, ché il costo leviterebbe.
Seconda pagina: editore, stampatore, distributore e sede legale di queste tre categorie. Dovrebbe esserci anche la sede legale dell'autore, ma pare sia in una località dal nome impronunciabile; l'unica voce leggibile era 'paradiso', ma l'autore ha ottenuto di non metterla, perchè qualche malpensante l'avrebbe subito collegata a 'fiscale' e lui ha voluto evitare un superlavoro all'agenzia delle entrate, già così impegnata nella ricerca dei veri evasori. Gli altri.
Pagina tre: tutta dedicata alla citazione di enti e personaggi direttamente o indirettamente sponsorizzanti il capolavoro. E' piena zeppa di sigle, stampate in carattere 5 delia (è il corpo più piccolo stampabile a piombo, al computer si può rimpicciolire ulteriormente) per farcele entrare tutte. A me dicono poco, ma agli addetti ai lavori, queste sigle 'parlano'; eccone alcune: sbe msg tre bru let bert bon frat carf mel bram branc cuff vat mar bos bos2 ecc. ecc. fino al pieno pagina.
Quarta pagina: bianca, forse a simboleggiare un certo candore e per arieggiare un po' il peso dell'opera.
Quinta pagina: arititolo, ariautore, a caratteri invertiti. Titolo normale, autore cubitale, per evidenziare l'assenza di falsa modestia. Fondo pagina, in piccolissimo, ancora l'editore.
La sesta: bianca, perchè non va bene iniziare il testo da una pagina pari, che è sempre il lato b di una dispari e pare porti sfortuna.
Dalla settima alla quattordicesima, finalmente il testo!
Alla quindici è previsto, a tutta pagina, un promo per il terzo libro, che dovrebbe uscire non appena esaurita totalmente la vendita di questo secondo tomicchio.
Alla sedicesima c'è il cosiddetto profilo dell'autore, tutto falso, sia per sviare le ricerche dei pollastri acquirenti, inviperiti per avere pagato fior di quattrini un lavoro di otto pagine, quando con un euro o poco più potevano comprare un quotidiano di 54 pagine. Alla cieca, qualunque avessero scelto, sarebbe stato colmo di barzellette più ridanciane delle sue; e, al contrario delle sue, limitate a un piccolo mondo in sfacelo, quelle del quotidiano spaziano su tutto il terracqueo, alimentate dai nostri rappresentanti che da fuori territorio partoriscono le più atrocemente divertenti.
Dimenticavo, il falso profilo è legato anche al fatto di non fornire un filo di arianna alla già citata agenzia delle entrate, che invece di dare la caccia ecc. ecc.
In fondo alla pagina finale: a sinistra un codice a barre, falso anche quello per i già detti motivi; a destra, in carattere definibile micron, il prezzo.
Perchè micron?
Essendo egli stesso, ma per ora in misura ridotta, tendente alla presbiopia, ed essendo a conoscenza che presbiti sono la maggior parte dei suoi lettori, che oltre che presbiti sono notoriamente pigri (inforcare gli occhialini per leggere un prezzo? sarebbe come ammettere un piccolo guaio visivo e costringerebbe a cacciarli dal portaocchiali in coccodrillo, comprati dal vu' cunprà: una faticaccia!), questi leggono il prezzo con occhio sfocato e, come ridere, leggono (credono di leggere), faccio per dire, euro 3,60 e, avendoli in moneta, li porgono al libraiolo.
Questi, inizialmente distratto, va a mettere nel cassettino i soldi, poi, preso dal dubbio, li ricaccia e "Scusi, guardi che sono 36 euro tondi tondi".
Il buon senso, a quel punto, suggerirebbe: "Ah, ho letto male, tenga il libro, mi dia i 3,60; vado a sleccarmi un bel gelato alla salute dell'autore".
Invece: "Ah, ho letto male, ecco la differenza, buona giornata a lei visto che la mia l'ho già bruciata".
Il post era molto più ridotto, e se la dannata non me lo avesse cancellato, la vostra sofferenza sarebbe stata minima e il mio tempo dedicato ad altri giri d'orizzonte, sicuramente più soddisfacenti. Quanto al prof sa benissimo che una copia è già venduta (sarebbero state trenta, se una certa partita fosse andata come invece non è andata. Al prossimo fine campionato, al terzo tomo).