martedì 13 febbraio 2018

Il profumo dei miracoli

Tra gli svariati problemi che mi assillano, che vanno a periodi alternati, ne ho uno ricorrente, leggermente fastidioso ma ormai appuntamento fisso di tutte le notti.
Vado a dormire, mai troppo tardi poiché il dormire è, da sempre, un piacevole compagno del mio esistere. Credo si tratti di un bagaglio genetico famigliare, visto che anche mia sorella ne era affetta. Adesso che dorme per sempre, anche nella morte avrà trovato il lato positivo.
Dicevo, vado a dormire e non dormo mai a vuoto.
Sogno sempre.
A più riprese e con sogni sempre diversi nel corso della notte.
I passaggi da un sogno all'altro hanno cadenze ormai preordinate.
Inizio chiudendo gli occhi appoggiato sul lato sinistro, dormo e sogno, poi per esigenze soggettive mi metto supino per poi cambiare fianco, andando sul destro.
E così via, fino al mattino.
Il dormire prono, che era un tempo la mia posizione preferita, mi è precluso a causa di un problemino sopraggiunto tre anni fa, e ormai irreversibile.
Ma non è questo il problema.
Per voltarmi, dopo il primo sonno e il primo sogno, sosto supino per qualche attimo, a occhi accuratamente chiusi, poiché si tratta di un passaggio delicato che dovrebbe essere momentaneo (sul tipo di una pubblicità nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo di un film). Quando lo è, momentaneo, non ci sono problemi: mi giro per vedere il secondo tempo del film...
Che non è mai il secondo tempo del film visto qualche attimo prima; è sempre un secondo tempo (o forse il primo) di film precedenti, visti magari anni prima.
Il succedersi di queste sequenze così discontinue (un caleidoscopio, con immagini sempre diverse) fa sì che al mattino non riesca a ricordare nulla di omogeneo, magari per analizzare eventuali messaggi subliminali che un singolo sogno mi manderebbe.
È durante quell'intervallo che la notte rischia di spaccarsi in due tronconi netti.
Se riesco a pensare a nulla, magari fissando per qualche attimo con gli occhi chiusi il buio del soffitto, per poi rotolarmi sull'altro lato, è fatta, la nottata è salva.
Altrimenti succede come stanotte passata: i pensieri frullano svegliandomi quasi del tutto, poi continuano a frullare in maniera vorticosa fino alla sveglia totale.
Si tratta di una specie di piano di lavoro ripetitivo, fino ad essere quasi ossessivo nel replicarsi delle sue modalità. Penso all'ieri (che può andare indietro di decenni), all'oggi e al domani. In pratica mi faccio un film da sveglio, dal vivo.
Stanotte sono partito da questa domenica: ho ripassato il monologo di Favino di sabato sera al Festival, poi alla vittoria del Toro (ormai talmente rara da meritare di essere ricordata anche nel pieno di un sogno serio); sono poi passato a lunedì, ieri appunto:
Alla grande, il monologo di Nadia Toffa ha riempito la giornata.

Vado un po' più indietro.
Da un bel po' di tempo in televisione spopolano le trasmissioni che portano commozione, meglio se concluse con qualche lacrima.
Non le guardo, visto che il commuovermi è un altro bagaglio che fa il paio con il dormire.
Tanto piacevole questo quanto seccante il primo.
So che c'è santa Maria delle Poste al sabato sera; mai guardata.
So che c'è una santa Barbara la domenica pomeriggio; mai guardata.
So che c'è un Sanremo, con lustrini e cotillon e soldi (anche miei) a palate; credo che l'ultimo visto sia quello della Zingara della Zanicchi (in un lampo di genio avevo scommesso cinque pizze sulla sua vittoria, e avevo vinto; purtroppo le avevo scommesse con Angela, per cui, caso unico nella storia, le ho vinte e le ho pagate).
Non guardo i programmi, ma leggo i giornali e se un evento di questi viene enfatizzato me lo vado a cercare sul web e me lo guardo. Mi salvo dalla commozione in diretta, e quella postuma vale quanto un raffreddore nei confronti di un'influenza.
Da un po' di mesi pare che i malori di presentatori televisivi siano divenuti epidemia.
I Frizzi, i Giletti, ultima (se non sbaglio) la Toffa, tutti "caduti" nell'adempimento del proprio dovere.
Non commuoversi denoterebbe una freddezza di sentimenti che rasenterebbe il cinismo.

Cambio discorso per un attimo.
Chi scrive, e chi legge, sa che i miracoli (o cosiddetti tali) sono eventi la cui valutazione sfugge all'umana conoscenza. Talvolta si parla di miracoli che in realtà sono semplici coincidenze casuali, ricorrenti in ogni nostro gesto quotidiano. C'è il tizio che disdetta all'ultimo momento il posto in un volo aereo, questo precipita, e come ridere che si parla di miracolo. Anche se freno in tempo prima di impattare la vettura che mi precede, volendo potrebbe essere un miracolo (che se avessi tenuto la distanza di sicurezza, non sarebbe stato miracolo ma semplice prudenza stradale).
Succede, perlomeno nella Chiesa cattolica romana, che ci siano decine di venerabili e beati in attesa (e alla ricerca?) di almeno un miracolo opportunamente sviscerato e conclamato che consenta il passaggio alla santità definitiva.
Miracolo che, o prima o poi, spunta, di solito quando si ritiene opportuno che spunti.
Quando viene accuratamente esaminato da apposite commissioni mediche e teologiche e religiose, viene dato in dotazione al beato predestinato, già in odore (si dice proprio così) di santità. Mai a un santo già affermato, ché non avrebbe senso affibbiare il miracolo a un san Gennaro di Napoli, a un san Nicola di Bari (no, non il cantante, l'altro), a una santa Rosalia di Palermo, a un san Carlo di Milano, o a un altro dello stesso livello che ogni paese ha per protettore. Non sarebbero utili alla Causa...
I miracoli hanno connotazioni diverse: ci sono le Madonne, che dove hanno posato il piede là hanno creato miracoli economici a livello stratosferico, in località prima abbandonate da Dio e dagli uomini  (vedi Portogallo, vedi Francia, vedi, recente, Polonia...).
E ci sono miracoli più terra-terra: ciechi che vedono, storpi che corrono, ubiqui presenti sul posto di lavoro e al mercato; Inps e Guardia di Finanza ne hanno fascicoli a quintali; e solo alcuni vengono divulgati, più per mostrare il lavoro svolto che per convinzione che siano tali.

Torno alla sveglia notturna.
Tralascio il miracolo del Toro, poiché non di interesse universale.
Il monologo di Favino: una prestazione sentita, commovente il giusto, tanto da provocare in lui un non represso attacco di lacrimite. Ci saranno poi polemiche di colore diverso, ma la sua performance come attore rimane a futura memoria.
Ieri, in seguito alla citazione su tutti i quotidiani a livello nazionale, mi sono guardato anche il video della Toffa. Anche questo commovente il giusto e, al contrario del monologo di Favino che era quello di un bravo attore, questo è un monologo che descrive un evento accaduto sulla propria pelle.
Trattandosi di cancro, ci sono due generi che ne possono trattare con una certa competenza: gli oncologi (per esperienze, per capacità medica e tecnica, talvolta per intuito azzeccato sugli interventi di cura), e i soggetti che ne vengono colpiti in prima persona (questi solo per esperienza vissuta e per qualche spiraglio informativo raccolto qua e là).
Per questo accidente il punto interrogativo è per sempre.

Canaglia fu la notte, questa notte.
Che mi ha portato ad alcune considerazioni che non vogliono sminuire l'eroica esposizione della conduttrice, della quale non metto assolutamente in dubbio la buona fede, ma mi hanno proposto alcune perplessità che vado a esporre.
Con la quasi consapevolezza che in queste ci sia qualcosa (o forse di più) sbagliato.
Ripercorro brevemente la vicenda.
Il 2 dicembre scorso la Toffa ha avuto un "malore"; prontamente soccorsa (e qui non faccio più polemiche sulla prontezza di alcuni soccorsi contro l'usuale lentezza di altri) e ricoverata. Il 7 dello stesso mese veniva divulgato il messaggio urbi et orbi che "stava meglio", corredato da una foto di vittoria con una mano e l'altra bene in vista, con lacca nera alle unghie.
Pare che queste unghie laccate siano vietate nei ricoveri ospedalieri generici; probabilmente ancora di più in chirurgia, più ancora se in chirurgia oncologica, dove l'esposizione al rischio infezioni è altissima.
Le notizie successive sulla sua ripresa sono totalmente nebulose, fino alla sua ricomparsa in video.
Dal 7 dicembre in poi, secondo quanto pubblicamente dichiarato, le persone a conoscenza della sua vera situazione "si potrebbero contare sulle dita di una mano": non ho la più pallida idea di quante persone formino lo staff che l'ha avuta in cura e l'ha seguita, non ho la più pallida idea di quanti, soprattutto parenti stretti e/o amici intimi, sapessero.
Non è questo che mi lascia perplesso.

Mi lascia leggermente basito il percorso tecnico della vicenda: dal 7 dicembre in poi le sarebbe stato diagnosticato un tumore, non si sa dove posizionato e di che portata; tumore che avrebbe richiesto un immediato intervento di chirurgia oncologica; seguita da chemioterapia e radioterapia adjuvanti, per le quali è previsto un protocollo d'intervento di almeno una ventina di giorni la prima e una completa cicatrizzazione della ferita per la seconda (soprattutto la radioterapia è ad altissimo rischio di infezione pesante), di solito ipotizzabili in circa un mese, salvo complicanze; in questo frattempo deve essere intervenuto un esperto di parrucche, ma uno bravissimo, che avrebbe preparato una parrucca perfetta basandosi probabilmente solo su fotografie fornitegli da una di quelle circa cinque persone che sapevano.
Ricapitolando: ricovero, esami, intervento chirurgico, intervento di medicina oncologica, parrucca...
Un intervento che, per poco invasivo che sia; cure adiuvanti che, per leggere che siano, per di più in abbinata, lasciano segni nel fisico che non si cancellano in un tempo limitato.
E il tutto in meno di due mesi.
Cure e interventi che abbatterebbero un cavallo, e non per modo di dire, ma l'11 febbraio la conduttrice si presenta in video fresca come una rosa, se possibile più bella di prima; non fosse stato per l'emozione, peraltro poco tradita visto l'argomento trattato, direi molto rilassata per essere appena uscita (completamente guarita) da un'esperienza che per altri (me compreso, mi consenta...) lascia tracce indelebili, sia sul fisico che sul morale.

Dando per scontato, e mi pare di averlo fatto capire, che non credo ai miracoli, a causa di una nottata infame, il sogno da sveglio è che questo miracolo, nel suo svolgimento, non rimanga singolo episodio ma diventi consuetudine e cosa normale per tanti altri, meglio se per tutti.
Così rappresentato mi pare illusorio, appunto per un percorso così fuori dalla realtà, per tutti quelli, e sono tantissimi, che hanno vissuto e vivono questa tragica esperienza.
Mi spiacerebbe, anzi mi seccherebbe assai, se un domani venisse fuori che si è trattato di un monologo alla Favino per acquistare audiens, sulla scia di quella avuta dall'attore.
Fermo restando che l'appello al coraggio e alla combattività mantengono il loro pieno valore e le positività che gli sono proprie.

Se poi qualcuno sapesse cancellare qualche punto interrogativo tra quelli esposti, avrebbe la mia perenne gratitudine.

Nessun commento:

Posta un commento