mercoledì 13 dicembre 2017

Quando il nuovo avanza


Le auto da corsa puntano a correre ad "almeno" 500 all'ora.
I treni per farli arrivare prima stanno eliminando le stazioni intermedie; i pochi minuti di sosta in quelle più importanti (ma ancora intermedie) vengono rosicchiati uno ad ad uno e cumulati fino a guadagnare almeno il quarto d'ora.
Gli aerei fanno la gara per collegare i continenti nel minor tempo possibile; i progettisti vanno a scuola da Kim-Jong-un per apprendere come trasformare gli uccelli di metallo in veri e propri missili. Con passeggeri a bordo e senza testate. Si spera.
È il futuro, bellezza...
Che poi sia un futuro che spende risorse a livello stratosferico solo a vantaggio di pochissimi, che per molto ancora resteranno pochissimi, è un particolare assolutamente insignificante.
D'altra parte si spendono fantastilioni per produrre armi ed armamenti, per poi passare a discussioni infinite per evitarne l'uso. Con poche possibilità di riuscire nell'intento.
Retorica vorrebbe che sarebbe meglio che venissero spesi per migliorare la vita nel mondo, ma per come va il mondo d'oggi questa sarebbe vista come segnale di demagogia anti progresso e retriva.
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Ho messo il logo delle nostre poste per indicare che l'argomento di questo post è un altro.
Queste nostre Poste hanno investito bei soldoni nell'ammodernamento strutturale dell'Azienda, e molti altri (miliardi) ne hanno stanziati per "correre di più" e rendere il cittadino partecipe delle future migliorìe che intende apportare sul territorio, sempre a favore degli utenti.
Poiché di questo futuro credo di essere vittima anonima e di nessun peso (quindi, vergin di servo encomio...) mi è venuto il buzzo di raccontare un episodio che ancora non è concluso pur essendo, forse, in dirittura d'arrivo.
Da me, la posta in cassetta viene distribuita una settimana per un giorno, quella successiva per "ben" due giorni. In quei dì fortunati la cassetta straripa di pubblicità, di mensili cui sono abbonato, di lettere che annunciano crediti/debiti liquidati un paio di mesi prima e altre bazzecole di peso relativo.
Preciso che non abito in una foresta pluviale né in un deserto. Appoggio le mie stanche membra nell'immediato circondario del paese marino, sull'unica strada di transito per arrivare al borgo interno. Poco oltre sono in corso scavi archeologici che fanno risalire questa zona a circa 2500 anni fa, quindi più che stabilizzata in loco.
Sporadici ordini di piccole merci li faccio su internet e questi rispettano sempre tempi e modalità di consegna (perfino quelli che passano da Sda, nota figlia delle Poste nostre).
Ogni tanto, ma molto raramente, arriva una raccomandata, di solito preannunciata dal mittente come data di spedizione e come contenuti di massima. Attesa, quindi indolore.
Poi, una volta nella vita, ne arriva una, spedita da ignoto e paragonabile ai telegrammi di una volta, che creavano un'angoscia cronicizzata nel tempo. Che avevano il vantaggio di essere inoltrati con vettori dedicati e a tutte le ore del giorno.
A meno che non fossero chiaramente forieri di cose belle, matrimoni lauree et similia, riconoscibili dalla ripetitività e identificabili dagli agenti postali come tali poiché in lande sperdute venivano scritturati a mano in barba alla privacy; non c'era da stupirsi che il paese venisse a conoscenza dei messaggi prima dei diretti interessati.
(Ho ancora da parte, con l'immancabile album delle foto, quelli ricevuti in occasione delle nostre nozze; scorrendoli un pensiero grato mi corre verso coloro che ci hanno fatto dono di auguri e felicitazioni. Soprattutto verso quelli che so non esserci più).
Tornando alle raccomandate e al tempo che fu.
In illo tempore venivano consegnate con la posta regolare, la cui distribuzione era prevista giornaliera. La presenza di un plico raccomandato era vincolo al portalettere a non trascurarne la consegna. Se nel suo giro di routine non trovava chi ne firmasse la ricevuta, la rimetteva in borsa e ne tentava la consegna la volta successiva.
Se anche quella andava buca, lasciava un messaggio in cui, con termini appropriati, comunicava il suo tentativo a vuoto con l'invito al ritiro direttamente all'ufficio postale, dove l'avrebbe depositata al rientro dal giro.
Tipo: "Te l'ho portata e non l'hai voluta; se la vuoi te la vai a prendere...".
La frase era più o meno così, non c'erano i finalini aggiunti poi e divenuti prassi di completamento, magari con altre interiezioni colorite.
Oggi, vuoi per la drastica riduzione dei giorni di distribuzione, vuoi per altri fattori di tipo sociologico e organizzativo, quella frase non viene più detta o scritta: viene messa in atto, punto (2.0 of course) e basta. Per la seconda parte, e modernamente aggiornata.
Cronologia:
- mercoledì 6 dicembre: trovo in cassetta un avviso di mancata consegna di una raccomandata, lasciato alle 15,30, in orario di consegna assolutamente inusuale;
- giovedì 7: verso le 12 vado in posta, fiducioso che la mia missiva sia colà giacente. Non lo è, poiché la posta inevasa viene riportata presso un centro di raccolta, nello specifico situato a circa due chilometri presso l'ufficio postale del paese vicino. Ignorando il mittente, accenno alla possibilità di andarmela a prendere... direttamente là: "Non te la darebbero poiché deve essere smaltita assolutamente da qui. E qui ritorna martedì prossimo". Bel colpo. Col pensiero di chi diavolo è questo accidenti di raccomandata: sanzioni stradali no; rilievi dal Comune lo escluderei, anche se le scarse possibilità di cassa potrebbero avere aguzzato l'ingegno ai nostri amministratori per riuscire a raschiare il fondo del barile; convocazioni per le mie visite di controllo salute? quando mai, visto che per avere un appuntamento devi piangere in cinese e quando lo ottieni viene spontaneo l'obbligo di metterti prono alla 'fedele islamico' con tanto di tocco fronte-pavimento per ringraziare la tua buona stella;
- martedì 12: puntuale come l'influenza o le gaffes dei nostri politici, in ufficio postale, sempre sul tardi, vuoi che la diligenza abbia forato la ruota di legno: "Guardo, ma mi pare che non sia arrivata...". Smanettamento sulla tastiera del pc, con inserimento del codice relativo alla mia lettera.
Negativo. Posso almeno sapere da chi arriva? No. Punto (sempre 2.0) e basta. "Torna domani".
- mercoledì 13: sarà il giorno fortunato? Sul tardi, ormai so cosa fare, e il rischio che il pony express abbia perso un ferro alla zampa è sempre possibile. Scotimento di testa iniziale come benvenuto. "Non l'ho ancora vista, forse manca ancora; al limite prova ad andare al deposito, domattina prima delle nove, sperando che te la diano (la raccomandata, mi sembra chiaro...). Comunque aspetta un attimo che sto passando quella arrivata...". Passano i minuti, ne passa davanti al sensore a decine (tra cui le temute color verde carico, notoriamente chiaro regalo per le Feste agli aspiranti suicidi). Niente, ma c'è ancora un plico sigillato, accuratamente cellophanato. Ebbene, qui c'è, finalmente e vivaddio! "C'è, eccola qui... ma non la puoi ritirare oggi, devi venire domani... Vedi sul monitor? Ritiro dal giorno 14/12/2017".

Per completare l'opera dovrei postare domani (toh, è il 14 dicembre!), ma sarebbe una conclusione non scontata. A questo punto mi aspetto di tutto, chi legge aspetti con me.

Il mondo intero corre in avanti, noi pure corriamo ma all'indietro.

P.S.: vista la busta so che non è nulla di tragico, sono tranquillizzato e pronto a tutto. Anche al peggio, tipo che andasse a fuoco l'ufficio postale con il suo contenuto; ovviamente solo le suppellettili e il materiale in giacenza. Ci sono le vittime, io modestia a parte tra quelle, al di qua dello sportello, e ci sono quelle al di là del vetro, arrotate anche loro da un modernismo che non conosce vergogna e limiti alla decenza.
Sarebbe un bel finale per una stupida saga...

3 commenti:

  1. Dovendo consegnare una raccomandata, i postini della mia zona suonano il campanello di casa e, contemporaneamente, infilano la cartolina per il ritiro nella buchetta delle lettere. Hai voglia di chiedere chi è al citofono... loro se ne sono già fuggiti verso un altro sventurato che sicuramente incontrerò alla centrale di zona per il ritiro.
    Il tuo caso però è abnorme ma come si fa a indignarsi se tu tratti la faccenda in modo così leggero e spensierato?
    Scherzo, naturalmente, e apprezzo il tuo ironico, e a tratti scanzonato, modo di approcciarti ai fatti e scriverne.
    Ciao.

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  2. L'ironia credo sia l'unica reazione intelligente a questi episodi. Adirarsi serve a poco, è un po' come il classico "piove, governo ladro!" rivolto a un qualcosa di inesistente.
    Ho ritirato la mia raccomandata che, come anticipato, era solo la conferma di una situazione già in corso (mi capita con gli accrediti sul conto, di cui ricevo notifica con posta ordinaria oltre un mese dopo esserne venuto a conoscenza con la verifica dei movimenti sul conto stesso).
    Come ciliegina sulla torta, ho stampato il post, l'ho messo in una busta e l'ho offerto all'impiegato mio involontario compagno nella vicenda: a me la raccomandata, a lui una specie di promemoria. Che spero sarà accolto con un po' di ironia, così come è stato scritto. Alla prossima necessità postale saprò la sua reazione, sperando che lo abbia letto in un momento di calma e non di stress da sportello.
    Ciao, buone Feste.

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